Sulla morte di Marco Dimitri (13 febbraio 1963 – 13 febbraio 2021)

Marco Dimitri e Luther Blissett

Bologna, Cassero di Porta Saragozza, 1998, s.d. Volantinaggio congiunto Luther Blissett Project / Bambini di Satana. Marco Dimitri e un Luther.

Marco Dimitri è morto ieri, a Bologna, ancora non sappiamo come. Gli articoli usciti a botta calda risvegliano vecchie collere mai sopite, con la loro ambiguità, quel modo di usare il termine «setta», quell’insinuare che forse, chissà…

Paradossalmente, l’articolo più sobrio lo abbiamo letto sul Resto del Carlino, il giornale che con più zelo diede risalto alla sua persecuzione.

Marco è morto nel giorno del suo cinquantottesimo compleanno e nel ventiquattresimo anniversario dell’inizio del processo che gli triturò la vita.

Un processo basato su accuse false, testimonianze gravemente inattendibili, narrazioni – quelle sull’Abuso Rituale Satanico, SRA – che in molti paesi indagini e ricerche scientifiche avevano già derubricato a mere fantasie di complotto.  

Un processo che si concluse con l’assoluzione in primo grado e in appello. La Procura rinunciò al ricorso in Cassazione. Gli imputati furono anche risarciti per l’ingiusta detenzione.

Marco si era fatto quattrocento giorni al carcere della Dozza, molti dei quali in isolamento, per impedire che altri detenuti lo aggredissero. In carcere tentò il suicidio tagliandosi le vene. Fuori i media martellavano e lo dipingevano come un mostro, un corrispettivo italiano del belga Marc Dutroux, il «mostro di Marcinelle». Proprio nell’estate del ’96 Dutroux fu catturato e divenne famigerato in tutto il mondo.

Il processo ai Bambini di Satana fu “cugino” – e forse ispiratore, se non altro per il clima creato – di quello istruito poco tempo dopo, a poche decine di chilometri di distanza, contro i presunti «diavoli della Bassa Modenese». Su questo non possiamo che rinviare all’inchiesta Veleno di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli.

La narrazione di fondo era la stessa: esiste una potente e ramificatissima organizzazione di pedofili satanisti, dedita a stupri rituali e sacrifici umani, che gode di protezioni in alto loco, e di cui fanno parte anche uomini di potere.

Chi ha seguito quel che è successo in America negli ultimi anni riconoscerà i tratti della «Cabal» di cui parlano i seguaci di QAnon. Non è un caso. Quelle storie italiane svoltesi negli anni Novanta – ma che non sono solo degli anni Novanta – sono diramazioni della genealogia tematica di QAnon.

QAnon è un’evoluzione del «Satanic Panic» che investì l’America degli anni Ottanta e che attraversò l’Atlantico all’inizio del decennio successivo, dilagando anche in Europa come «emergenza-pedofilia». In realtà era un ritorno in Europa, il continente dell’«accusa del sangue», della caccia all’eretico e della caccia alle streghe, delle quali il «Satanic Panic» non era che l’ennesima sintesi. Non sono «americanate». Quella merda l’abbiamo inventata noi.

Cosa sanno di tutto questo gli imbecilli che ora sui social agitano un cappio postumo, scrivendo che Marco andava impiccato all’epoca, che la scampò allora ma finalmente gli è toccata, e lo chiamano «mostro» come un quarto di secolo fa, e altre amenità?

Dopo anni di lavoro, WM1 aveva appena finito di ricostruire questa genealogia transatlantica, nel libro La Q di Qomplotto che uscirà a marzo e che a questo punto sarà dedicato a Marco, è davvero il minimo. Tre capitoli si svolgono nell’Emilia Paranoica degli anni Novanta e ricostruiscono il “dittico” Bambini di Satana / Diavoli della Bassa. Lì si parla anche del ruolo che avemmo noi.

Venticinque anni fa, in una città dove regnava la voglia di linciaggio, dove quegli indagati erano già ritenuti colpevoli, dove se entravi in un bar – non c’erano ancora i social network – due volte su tre sentivi qualcuno augurarsi che Marco fosse ucciso in carcere, noi del Luther Blissett Project ci impegnammo a tirare su una campagna di solidarietà, coinvolgendo altre realtà della vita cittadina e, in seguito, ottenendone grane giudiziarie tutte nostre. Usammo tattiche più consuete e altre inaudite, dall’appello pubblico alle beffe mediatiche. Facemmo una controinchiesta su come i media locali avevano imbastito il caso.

La morte di Marco, non ancora spiegata, ci colpisce duro.

Lo sappiamo, è solo la prima scossa di uno sciame sismico di ricordi che durerà chissà quanto.

Nel 2000 Marco Dimitri fu il primissimo webmaster di questo sito. Solo uno dei tanti motivi per cui salutarlo su Giap è doveroso.

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8 commenti su “Sulla morte di Marco Dimitri (13 febbraio 1963 – 13 febbraio 2021)

  1. Ho letto ieri la notizia. Mi ricordo il “puteolente bisogno di morte” (Eco, La voglia di morte, 1981) che pervase Bologna e dintorni (scrivo da Modena, dove, non a caso, pochi anni dopo scoppiò il caso dei diavoli della Bassa). La necrofilia divenne la cifra caratteristica di un’Italia che univa un antico bisogno di scovare l’eretico ad un’ urgenza di morte come purificazione di chiara ascendenza fascista. L’incapacità di accettare l’idea della inesistenza di una catena di causalità (legata ad un sostanziale bisogno del sacro) può produrre sia l’approccio magico-esoterico, sia quello dell’inquisitore che cerca la vittima da immolare. Con la differenza, però, che Marco Dimitri ha pagato per ciò che non aveva commesso, mentre coloro che agitavano cappi e e forconi probabilmente stanno pensando a dove andare a sciare il prossimo fine-settimana. Scrivo al PC e piango….

  2. Ricordo che alcuni anni fa, sull’intricato caso giudiziario legato a Marco Dimitri e ai *Bambini di Satana*, la giornalista Antonella Beccaria scrisse un breve saggio ricostruendo tutta la complicata vicenda. È possibile scaricare gratuitamente (l’opera è rilasciata con licenza Creative Commons) il libro da *Xaaraan*, il blog della Beccaria. Metto in calce il link al sito dove è possibile reperire l’intero testo uscito nel 2006, introdotto da una breve prefazione di Carlo Lucarelli:
    http://antonella.beccaria.org/libri/bambini_di_satana_interno.pdf
    Questo, invece, è il sito della giornalista:
    http://antonella.beccaria.org/

  3. Una curiosità, sapendo che vi siete occupati di wikipedia e dei suoi meccanismi magari ne sapete qualcosa.
    Come mai su wikipedia in inglese appare una pagina su Marco Dimitri, anche abbastanza approfondita, mentre nella versione italiana manca?
    Curiosando nel tab ‘Talk’ si scopre che in passato tale pagina è esistita.(‘My involvement with this article thus far is merely transferring it from the Italian Wikipedia and adding categories and so forth’).
    Curiosando nella discussione si legge di un intervento di un autore identificato con IP che dice che in Italia non si sa nulla di Dimitri, dimostrando la cosa con una ricerca su Repubblica che darebbe zero (periodo 01/01/2012 – 01/02/2013, ci sta che in quel periodo l’interesse fosse ormai scemato)
    Sapete perché e quando è stata rimossa?

    • La voce Marco Dimitri su Wikipedia in lingua italiana fu cancellata il 23 febbraio 2013, in esito a una procedura il cui svolgimento si può ancora vedere qui:

      https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Pagine_da_cancellare/Marco_Dimitri

      Fra le dichiarazioni degli utenti che presero parte alla votazione, cito solo il seguente commento dell’utente Blackcat, in data 21 febbraio 2013:

      “di Dimitri conosco benissimo l’iter giudiziario, avendolo seguito fin da allora e avendo (1996) in parte contribuito a spargere materiale controinformativo sulla vicenda, perché fu oggetto all’epoca di una vera e propria caccia alle streghe […]. Massima solidarietà a Dimitri, quindi, anche se sulla questione di enciclopedicità non mi esprimo per la rilevanza border-line dell’attività da lui svolta finora”.

      • Ho letto un po’ la discussione e mi è parsa abbastanza strumentale ed evidentemente dettata da antipatie personali e dal desiderio, mal celato se non addirittura palese in alcuni interventi, di oscurare una vicenda che ha avuto e dovrebbe avere ancora una grande rilevanza. Molti interventi sembravano inviti a stendere un pietoso velo, in almeno un caso si dice apertamente che siccome l’imputato era stato scagionato il caso perdeva interesse, il che porta a concludere che sarebbero enciclopedici solo i casi giudiziari in cui si arriva a una condanna.
        La vicenda è stata, a suo tempo, al centro dell’attenzione pubblica, prima per la campagna mediatica e poi, purtroppo molto meno, per come il castello montato dall’accusa è pateticamente franato. Ho letto il testo linkato sopra della Beccaria, sebbene io ne ricordi poco è evidente che all’epoca il caso e tutte le sue conseguenze hanno avuto un’eco notevole, anche fuori dall’Italia.
        Mi ha colpito in particolare l’atteggiamento di chi redarguiva chi era contrario alla cancellazione ricordandogli che doveva argomentare mentre non ho letto osservazioni a voti per la cancellazione che si limitavano a dire “non è enciclopedico”.
        Quando c’è una cancellazione come questa è definitiva, ha una durata specifica, è appellabile?

  4. Il Corriere Bologna utilizza addirittura come titolo il “Charles Manson italiano”. Per uno che è stato assolto in tutti i gradi di giudizio non mi sembra corretto (eufemismo) associare il suo nome ad un folle criminale riconosciuto. La ritrosia di molti giornali nel rimarcare e condannare l’errore giudiziario dell’epoca parrebbe uno strascico del clima di linciaggio di quegli anni, di cui (vado a memoria, ma non sono sicuro) questi stessi giornali furono corresponsabili. Però mi chiedo: questo ripetersi di isterie collettive con tema pedofilia, sempre in Emilia, può essere causato da una memoria regionale di leggende del passato (forse medioevale) di antichi riti satanici? Fra parentesi, con connotati completamente diversi, però ci fu un altro caso molto montato dai media che vedeva il tema di bambini vittime di adulti, quello dei bimbi di Bibbiano

    • Non riguarda solo l’Emilia, pensa ai casi di panico satanico incentrato su scuole e asili: negli anni Zero ne scoppiarono a Brescia, Bergamo, Rignano Flaminio… E pensa a quante volte la magistratura imbocca la pista «esoterico-satanica», come ha raccontato Selene Pascarella qui. Terreno fertile per queste malepiante c’è in tutta Italia, è il nostro retaggio culturale, secoli di inquisizione, cacce agli eretici e poi alle streghe, la controriforma, le campagne della chiesa sull’«accusa del sangue» (ed eravamo già a fine Ottocento – inizio Novecento)… Tutta quella roba non se n’è mai andata, il passato non scompare: si sedimenta. E interagisce con le contraddizioni della società e con un sistema dell’informazione basato sul sensazionalismo.