Reggio Emilia, città medaglia d’oro per la Resistenza, famosa nel mondo per i suoi asili nido: dal cancello di via Salvador Allende, sul retro dell’Ipercoop, gli alunni entrano in file ordinate nell’edificio basso delle “Vasco Agosti“. Una bimba di prima elementare stampa un bacio sulla guancia del papà e a bruciapelo gli domanda perché la sua scuola si chiama così.
Il padre non sa la risposta, ma in pausa pranzo fa una ricerchina su Internet e scopre che al pomeriggio, quando andrà a riprendere sua figlia, dovrà dirle che Vasco Agosti è ricordato perché morì a Rarati, in Etiopia, l’8 agosto 1937, mentre partecipava alle grandi operazioni di “polizia coloniale” contro la resistenza dei partigiani locali, inquadrato nelle truppe dell’Italia fascista. E per completezza, dovrà aggiungere che Vasco aveva partecipato, da volontario, anche alla riconquista della Libia, dal 1923 al 1927, avendo sempre come nemici dei guerriglieri antifascisti.
Sarà che i miei figli hanno frequentato la scuola primaria XXI Aprile – giorno della Liberazione di Bologna – ma trovo davvero disgustoso che bambini e bambine tra i 6 e gli 11 anni debbano studiare tra quattro mura che portano il nome di un soldato invasore. Se poi quel soldato è l’equivalente di un tedesco della Wehrmacht sull’Appennino Tosco-Emiliano, morto in uno scontro con le Brigate Garibaldi, e per questo insignito di medaglia d’oro, ecco che il disgusto si trasforma in una domanda: perché i genitori non chiedono di cambiare nome alla scuola?
Negli articoli dedicati a Yekatit 12, abbiamo scritto chiaro e tondo che la topografia coloniale disseminata nella Penisola dev’essere trasformata in un’occasione per “agire la memoria”, e non per rimuovere, con un maquillage in buona fede, le testimonianze di un’epoca e dei suoi crimini. Non crediamo si debbano rinominare tutte le vie “Pietro Toselli” d’Italia: preferiamo piuttosto individuare soluzioni creative per raccontare chi fosse quel tizio. Tuttavia, di fronte a una scuola primaria dedicata a una medaglia d’oro per la repressione di una resistenza antifascista, ci viene difficile immaginare che quell’intitolazione possa uscire indenne da una presa di coscienza dei crimini del colonialismo italiano.
Scene come quella di Reggio Emilia si verificano ogni mattina in decine e decine di città italiane. A Ferrara, una scuola elementare porta il nome di Giorgio Bombonati, ucciso nei pressi di Lechemti, in Etiopia, iniseme ad Antonio Locatelli, durante una missione di contro-guerriglia, il 27 giugno 1936. A Locatelli è dedicato un liceo scientifico di Bergamo. A Reginaldo Giuliani, cappellano militare della Camicie Nere, morto nella battaglia del passo Uarieu, nel Tembien, sono intitolate una scuola materna di Borgo Veneto (PD), una primaria di Carpi d’Adige (VR) e una di Azzio (VA), nonché le scuole medie di Dolo (VE). A Scauri (LT), ci si riferisce alla scuola “Ragazzi del Mondo” come al Plesso “Balbo”, in quanto si trova in via Italo Balbo, “generale e Ministro dell’Aeronautica”.
Dell’Istituto Oliveti – Panetta, a Locri, abbiamo già parlato, ma il caso forse più eclatante è quello delle ex-scuole medie Dialma Ruggiero di La Spezia. Qui viene da pensare che si tratti di omonimia, e al momento non possiamo escluderlo. Dialma Ruggiero era uno spezzino, militare di carriera, tenente colonnello del Battaglione Eritreo. Partecipò all’invasione della Tripolitania, alla Prima Guerra Mondiale, e poi all’aggressione fascista contro l’Etiopia, durante la quale morì, a passo Mecan, il 31 marzo 1936. Le scuole che portavano il suo nome nel 2002 sono diventate un centro giovanile, per tutti “il Dialma”. L’intitolazione infatti non è cambiata, dalle scuole alla nuova struttura, nonostante il centro giovanile avesse, almeno in passato, una programmazione molto attenta proprio al tema del colonialismo, con conferenze sulla deportazione dei sudditi libici in Italia e spettacoli come Acqua di Colonia di Frosini/Timpano. Ho scritto all’indirizzo che si trova in Rete, per capire meglio la storia del posto, ma ancora non ho ricevuto attenzione. Dialma Ruggiero, medaglia d’oro, è ricordato (salvo omonimie) anche da una via della città (la cui provincia è medaglia d’oro per la Resistenza).
Ma quanti sono i medagliati d’oro delle “imprese coloniali” italiane che hanno l’onore di una via battezzata col loro nome?
Incrociando i dati sul sito della Presidenza della Repubblica (sezione onorificenze), con i vari stradari e mappe che si trovano online, il risultato sono 174 nominativi. Di questi, ben 133 riguardano operazioni militari che si sono svolte sotto il regime fascista: la riconquista della Libia negli anni Venti, la guerra d’Etiopia, la repressione della resistenza degli arbegnuoc, lo sbarco in Albania del 1939. Restano fuori da questo conteggio “coloniale” le 48 medaglie d’oro al valor militare per l’intervento armato in Spagna, a fianco dei franchisti. Piloti che hanno bombardato Barcellona e ancora oggi sono celebrati nelle nostre strade (o addirittura in un aeroporto civile).
A Milano, tra Spagna e Colonie, ci sono 25 medaglie d’oro trasformate in odonimi. Il capoluogo lombardo, se si dovesse stilare una classifica, sarebbe superato solo da Roma, che ne ha due in più. Uno cammina per via Marcello Pucci, legge “medaglia d’oro”, legge magari anche le date (1906 – 1937), ma non gli viene in mente – non subito almeno – che nel 1937 l’Italia non era ufficialmente in guerra con nessuno, che l’Impero era stato proclamato l’anno prima, e che era quindi formata da partigiani etiopi la “numerosa orda ribelle” contro cui Marcello “trovava fine gloriosa”, “in aspro combattimento”, “alla testa dei suoi ascari”, nelle bande irregolari Uollo.
Lo stesso accade a Genova – 12 medaglie tra Spagna e Colonie – con via Angelo Gianelli – dove alcune targhe riportano anche la dicitura “Africa Orientale 1936 XIV E.F.”. Gianelli, di Chiavari, fu volontario nella Guerra d’Etiopia e poi partecipò ai rastrellamenti contro i “ribelli” nella zona di Harar. A Genova c’è anche una scuola primaria che porta il suo nome, ma qui potrebbe trattarsi di omonimia. Bisogna verificare.
Anche Palermo sembra poter contare 12 di queste strade, ma poiché le targhe non riportano alcuna precisazione, occorre fare un controllo più approfondito, sempre per escludere l’omonimia: da Lucca, per esempio, ci hanno segnalato che sulla mappa abbiamo inserito “via Ferdinando Martini“, pensando che si trattasse del governatore dell’Eritrea d’epoca liberale, mentre in quel caso l’intitolazione è a un uomo politico della DC, che fu partigiano e sindaco di Lucca.
Siamo invece piuttosto sicuri delle 9 strade di Firenze che ricordano medaglie d’oro d’epoca coloniale e della Guerra di Spagna, tra le quali spicca una lunghissima via Reginaldo Giuliani, ma pure Aldo Zucchi e Nicola Tagliaferri, entrambi impegnati a sgominare la resistenza etiope.
Nove ne ha pure Torino, come Rimini, davvero fitta di nomi del genere. Sette si trovano per le vie di Napoli, ma stupisce il caso di Campobasso, che per quanto piccola ne può contare 5, come Piacenza, e Parma quattro. Poi ci sono cittadine particolari come Cortoghiana, frazione di Carbonia, in Sardegna, inaugurata da Mussolini nel’42 col nome di “Villaggio Umberto”: lì la concentrazione di medagliati coloniali è davvero impressionante, come del resto a Li Punti, frazione di Sassari, anche questa cresciuta negli ultimi anni del Ventennio fascista.
Per concludere, torniamo a Reggio Emilia. Molti ricorderanno che gli Offlaga Disco Pax, nella loro hit Robespierre, hanno celebrato la “meravigliosa toponomastica” della cittadina emiliana, con vie intitolate a Carlo Marx, Ho Chi Minh, Che Guevara, Dolores Ibarruri, Maresciallo Tito. Stupisce scoprire che, oltre al già citato Vasco Agosti (titolare anche di una via), due strade del centro storico sono dedicate a Mario Calderini e Antonino Franzoni. Il primo, morto nei pressi di Lechemti, come Locatelli e Bombonati. Il secondo è un capitano dei bersaglieri, palermitano, che partecipò all’invasione della Tripolitania, alla Prima Guerra Mondiale e infine alla Guerra d’Etiopia, morendo nella battaglia dell’Amba Aradam.
Con calma, nei ritagli di tempo, stiamo inserendo tutto sulla mappa, e forse metteremo a disposizione l’elenco completo dei medagliati, una volta che lo avremo ben verificato, insieme al guerrilla kit di Resistenze in Cirenaica. E già che ci siamo, rilanciamo l’annuncio, in occasione di Yekatit 12, della nascita della Federazione delle Resistenze, che mette insieme collettivi e gruppi all’opera sull’eredità coloniale delle nostre città. Ci trovate anche un programma delle iniziative per la giornata di oggi e il weekend successivo, sempre nel segno dell’anticolonialismo.
In attesa di pubblicare resoconti e fotografie di azioni, che già ci stanno arrivando, diamo appuntamento a tutti e tutte per le strade – a raccontare dove e come sono state guadagnate certe medaglie d’oro.
Ieri, durante l’incontro online organizzato dall’Università L’Orientale di Napoli per Yekatit 12, tre o quattro mentecatti fascisti si sono infilati nella stanza virtuale per urlare le loro minchiate. Noi purtroppo non c’eravamo, nemmeno a distanza, ma ora siamo vicini a chi è stato insultato. C’erano però le nostre compagni di Resistenze in Cirenaica, che raccontano l’episodio in un post dal titolo “Colonialismi e coglionalismi“.
Cose che capitano! Chissà che fine hanno fatto le forze politiche che furono promotrici legislature fa nella massima sede di rappresentanza istituzionale dell’ evento di ieri. A seguito di questa giornata di ricordo e sasat, termine amarico per «pentimento, rimpianto, rimorso, scrupolo, dispiacere», sottolineo che oltre ad essere la culla dell’umanità il corno d’ Africa è anche un’ ecosfera in cui sono attivi gravi processi di estrazione e appropriamento privato di beni comuni e l’ immagine del bucorvo abissino in ricovero coatto al bioparco di Roma ti invita a rifletterci: https://bibliogram.pixelfed.uno/p/CJEOLOXly0y. :-/
Ci stanno arrivando tante testimonianze di azioni guerrigliere e iniziative per Yekatit 12. Alcune sono già raccontate e descritte sul sito di Resistenze in Cirenaica, che ospita per il momento anche l’intera Federazione delle Resistenze.
https://resistenzeincirenaica.com/
Verso metà settimana cercheremo di mettere assieme tutto e di proporre qui su Giap un post riassuntivo delle giornate. L’impressione è che sia nato qualcosa, destinato a crescere.
Se può interessare e sperando che farà piacere a tutti gli antifacisti che si occupano di toponomastica, condivido una notizia che arriva da oltre confine; anche se non riguarda direttamente il colonialismo italiano spero la troviate degna di essere menzionata in quanto riguarada comunque la lotta al nazifascismo. Qualche giorno fà a in Irlanda, il consiglio cittadino ha votato in favore della proposta di dedicare una placca, nel centro di Dublino, a Violet Gibson, nobile irlandese che nell’ Aprile del 1926 sparò ferendolo al naso a Benito Mussolini. La decisone finale verrà presa a Marzo. La notizia ha fatto il giro dei giornali nazionali Iralndesi ed è stata ripresa anche dalla BBC oltre che, in Italia dal CdS:
https://www.corriere.it/cronache/21_febbraio_21/violet-gibson-l-irlanda-riabilita-donna-che-sparo-duce-targa-dublino-cd655da2-7466-11eb-88fd-12da203c2b8b.shtml
La decisione definitiva verrà presa a fine Marzo.
Relativamente alle 48 medaglie di Spagna: confesso di aver trovato una sintassi un po’ mistificatrice, nel paragrafo sull ‘intervento in Spagna e le medaglie, in quanto sussiste il DECRETO LEGISLATIVO LUOGOTENENZIALE 21 agosto 1945, n. 535 .Revoca delle concessioni di medaglie al valore in favore degli appartenenti alla disciolta milizia volontaria sicurezza nazionale e sue specialita’.(GU Serie Generale n.112 del 18-09-1945)entrata in vigore del provvedimento: 03/10/1945. Per cui in effetti l’ aviatore cui è intitolato lo scalo reggino fà parte di tutte e tre gli “insiemi” proposti ma chiaramente la sua medaglia ce l’ ha solo per i 2 contesti colonialisti.
Non ho ben capito. Le medaglia d’oro l’aviatore reggino ce l’ha per gli eventi precedenti la sua morte in Etiopia, tuttavia piloti che bombardarono la repubblica spagnola conservano tuttora le loro medaglie perché appartenenti alla Regia Aeronautica, non alla milizia; un esempio è Guido (Ido) Zannetti, uno dei due fratelli a cui a Forlì è intitolata una via e (con spudorata continuità) la sezione locale dell’Associazione Arma Aeronautica, la cui motivazione per il conferimento della medaglia d’oro comincia così: “Volontario in missioni di guerra per l’affermazione degli ideali fascisti (…)”. Fra l’altro mi sembra di capire che quel decreto sia stato modificato negli anni successivi (Legge 6 marzo 1953, n. 178), fino al punto che le uniche decorazioni non ripristinate (o ripristinabili) sarebbero quelle ottenute da militi in Spagna (c’è stata una sequela di proposte di legge del MSI per tentare di correggere quest’ultima discriminazione); fra i militi decorati c’è il forlivese Corrado Benini, capomanipolo durante la guerra d’Etiopia, caduto nel 1940 a seguito di un attacco degli arbegnuoc, di cui sul sito del quirinale si può leggere “(…) Caduti tutti i suoi LEGIONARI, (…)”. Infine, il Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ha abolito sia il decreto del 1945 sia la legge del 1953.
Il caso di Benini è un paradosso amnesico.
Che il Zannetti, utilizzasse aerei di Stato per bombardare volontariamente i compagni, storicamente e politicamente , mi sembra abbia un senso, la medaglia definiamola inopportuna e anche illeggittima perchè in violazione del diritto internazionale.
Ma il caso del forlivese è un esempio di rimozione tossica severa, degna di massimo spregio alla bandiera :-/.
Per il monumento a Affile ad esempio la Corte d’Appello di Roma ha confermato la condanna del sindaco di Affile Ercole Viri e degli assessori Giampiero Frosoni e Lorenzo Peperoni.
Devo dire di non essere mai stato un amante dell’ oro, evidentemente a ragione.
Mi spiace per l’equivoco che ho contribuito ad alimentare nei commenti.
Hai ragione sull’aviatore Tito Minniti: da come l’abbiamo scritta, sembra che lo zio dell’ex-ministro sia decorato con la MOVM per la guerra civile spagnola, invece lo è per la partecipazione alla Guerra d’Etiopia.
Invece non capisco l’altra osservazione: decreti o no, nelle strade d’Italia ci sono vie intitolate a medagliati fascisti della guerra civile spagnola, e nelle targhe li si definisce: “medaglia d’oro al valor militare”. Dopodiché, se quelle medaglie non hanno più valore, dal punto di vista della guerriglia odonomastica cambia ben poco: le targhe sono lì, i nomi sono quelli, i titoli vengono rivendicati a chiare lettere.
E per ulteriore precisione, specifico che nel conto di 133 MOVM celebrate con odonimi e conferite per azioni “coloniali” del regime fascista, non abbiamo inserito tutte le onorificenze relative al periodo della Seconda Guerra Mondiale, perché quel conflitto fu “anche” coloniale, ma non in maniera specifica. Questa scelta, tuttavia, lascia fuori personaggi come il generale Giuseppe Tellera, morto in Libia, durante uno scontro con l’esercito britannico, ma fin dal 1938 Capo di stato maggiore del Comando Superiore delle forze armate dell’Africa Settentrionale, nominato da Balbo e confermato da Graziani. Il suo nome adesso è mappato, grazie a una segnalazione giunta dall’associazione eQual di Mantova. Tuttavia, significa che le 133 medaglie di cui parliamo nel post sono destinate a crescere di numero, dopo ulteriori ricerche.
Ahimè, dal ’53 al 2010 queste medaglie poterono anche essere ripristinate secondo la lettera dell’art. 1 della citata Legge della Repubblica ” sempreche’ possano escludersi dalla concessione della decorazione natura e finalita’politiche”. Grazie @Haumea per correggere la mia pia illusione. Ora quel richiamo ad una dignità repubblicana, degno di un governo definito da wikipedia “amministrativo ” , che viene sdoganata del tutto 11 anni orsono, è perfettamente inseribile nel senso critico della tua ottimale analisi,
@Wu ming 2: la mia osservazione era una obiezione fatta a partire dalla lettura di quel paragrafo e in particolare dell’ esempio doo zio de Minniti( giuro non avevo coscientemente colto l’ ironia, sebbene conservi in pieno il senso del gusto e percepisco tuttavia amarezza sottesa: ho generalizzato senza verificare per pigrizia e come imparo invece dal caso specifico segnalato da Hauna, quelle medaglie hanno valore per la Repubblica italiana. Mi levo volentieri i panni di avvocato del diavolo e torno a cercare qualcoa di utile.
Il blog confederato RIC segnala attraverso un link ai media mainstream l’ennesima caduta di stile della propaganda militarista, che oltre a fornire spie ai servizi russi, corre a celebrare le operazioni di guerra di 80 anni fà: sottolinerei, che minoritarie le operazioni della Marina Militare in Africa o in Spagna, ove mi pare che l’ Aeronautica abbia prodotto maggiori danni, in Grecia(Creta), paese neutrale, ci si diede da fare tra marinai al servizio della nostra patria di navigatori: FAGGIONI Luigi, medaglia d’oro VM, si lanciò oltre che contro la royal navy, belligerante, anche contro una petroliera norvegese con i famigerati barchini esplosivi ..
Recupero questo vecchio post con una piccola riflessione post 25 aprile. Come per molte e molti altri, la giornata di ieri è stata dedicata ad un pellegrinaggio tra le targhe della memoria della resistenza. Camminando per il centro milanese mi sono imbattuto in una strada che non avevo notato prima d’ora, Via Manlio e Gioacchino Savaré. Insospettito dalle date (come ho imparato da questo post) in cui medaglia d’oro e d’argento erano state conferite a padre e figlio Savaré mi sono lanciato in una breve ricerca da smartphone da cui è risultato che sono entrambi stati insigniti di onorificenze per battaglie combattute nell’Africa orientale (Campagna di Etiopia il figlio, Seconda Guerra Mondiale in Somalia il padre). Ed anzi il giovane Savaré è stato fonte di ispirazione per i futuristi, tanto da meritarsi la dedica dell’aeropoema di Marinetti “Canto eroi e macchine della guerra mussoliniana”. Nero (ma solo di rabbia) per questa scoperta, pensando a tutte le lapidi di eroi della resistenza che evidentemente non si meritano di vedersi intitolata una strada a due passi dalla Camera del Lavoro, mi chiedo: al di là della guerriglia odonomastica (che è senz’altro l’espediente più diretto) ci sono strumenti che permettano di segnalare ad amministrazioni che si dipingono tra le più liberal come quella milanese che le loro strade celebrano eroi del colonialismo? Ad una prima occhiata mi è parso proprio che come cittadino io non abbia virtualmente alcuna voce in capitolo.
anch’io faccio un’operazione di recupero del post.
mi capita di avere un figlio di 19 anni, manifestatosi in un piccolo fagiolo su una lastra ecografica il giorno della partenza per il g8 di genova, e disgraziatamente diventato maggiorenne e poi diciannovenne in pieno periodo di lockdown.
la prende con filosofia, impara a suonare la chitarra, consolida un amore geograficamente distante, inizia però ad essere insofferente nei confronti della scuola.
a gennaio di quest’anno “molla”, non sembra farcela più con la scuola, un liceo scientifico romano.
si dice deluso, annoiato, demotivato. anche le riaperture al mondo dell’allentamento del lockdown non sembrano mutare il quadro.
negli ultimi mesi matura (parola decisiva, nella sua sostanza) una solenne decisione: studio quello che voglio io, farò l’esame sul mio programma, sul mio punto di vista.
il gioco di ruolo della maturità di quest’anno – dopo l’elaborato sulle materie di indirizzo – consiste nel mostrare allo studente un’immagine e lasciargli il compito di individuarne le connessioni attraverso i programmi scolastici.
lui fa esattamente quello che voleva fare, imposta un colloquio che spazia dalle lotte contro il nucleare, a “uomini contro” di francesco rosi, e da lì parte la scheggia di odonomastica, dal disprezzo dello stato maggiore per i giovani soldati e dall’assurdità di aver dedicato strade e piazze delle nostre città ai quegli infami, a partire dal più infame di tutti, cadorna. e già che ci siamo voglimo parlare delle strade che glorificano gassatori di africani e gesta atroci di oppressione, anche concentrazionaria, fino ad arrivare a veri e propri genocidi?
contrariamente a quello che si potrebbe pensare, e questo è un segnale di grande maturità della scuola (o forse pura fortuna, chissà…), la commissione si interessa, partecipa, appare contenta di un colloquio sui generis ma di cui sembra riconoscere uno spessore.
lui esce contento, come negli ultimi anni rispetto alla scuola non si era mai visto; la prova orale viene valutata col massimo dei voti: non era necessario, ma è un bel segnale di vita della nostra bistrattata e impareggiabile scuola pubblica!
l’odonomastica diventa materia di esame, pienamente riconosciuta e valutata anche formalmente.
mi sembrava una bella storia, e questo il posto giusto per raccontarla.