La fase di «comunismo di guerra» che il collettivo Wu Ming sta attraversando è destinata a protrarsi più a lungo del previsto. Il nuovo romanzo collettivo, al contrario di quanto annunciato fino a poco tempo fa, non vedrà la luce nel 2021. Il lavoro per terminarlo durerà almeno un altro anno, lo sforzo sarà considerevole e dovremo tenere gli altri motori al minimo… compreso il motore di Giap. Che comunque non si ferma. Tuttalpiù rallenta, soprattutto ora, nel pieno dell’estate.
Non si ferma nemmeno la marcia de La Q di Qomplotto di Wu Ming 1, che ha avuto tre edizioni nei primi tre mesi di presenza in libreria e plausibilmente ne avrà un’altra subito dopo l’estate. Ecco alcuni aggiornamenti, nuove recensioni e una riflessione su cosa potrebbe (non) succedere in autunno.
■ Lo scrittore, blogger e attivista anglo-canadese Cory Doctorow riflette sul cospirazionismo e la sua funzione sistemica a partire da La Q di Qomplotto. Per la precisione, a partire da una lunga intervista in inglese in cui WM1 ha esposto alcune delle tesi del libro.
■ Su Carmilla Paolo Lago dedica a La Q di Qomplotto un lungo excursus intitolato «Al Bar Pilade tra bombe e complotti».
«L’operazione realizzata da Wu Ming 1 a partire dal romanzo di Eco […] potrebbe essere definita come una “amplificazione” del Pendolo di Foucault, cioè una vera e propria espansione narrativa. Lo scrittore, infatti, aggiunge delle situazioni narrative non presenti nell’opera originaria creando anche un nuovo personaggio, Valentina Belbo, la giovane cugina di Iacopo. Del resto, La Q di Qomplotto è costruita come un’opera intertestuale e incline al pastiche (inteso come pratica ‘imitativa’), un mastodontico contenitore che include innumerevoli riferimenti alla cultura, alla società e alla politica.»
■ Su Doppiozero Enrico Manera accetta la sfida della mastodonticità di cui sopra e cerca di scrivere una recensione proporzionata al suo oggetto. Ne deriva un vero e proprio essai nel corso del quale Manera cerca di dedicare a ogni aspetto del libro un accento, un’enfasi, una messa a fuoco ancorché breve.
«La Q di Qomplotto è un’opera dall’architettura testuale complessa che, grazie a differenti stili di scrittura, contiene altri libri e rinvia a molteplici fonti e sottotemi; un’opera che restituisce al lettore molte più cose di quelle che si aspetta e offre risorse culturali di grande profondità per provare a sciogliere alcuni nodi problematici del presente, per questo capace di andare oltre i limiti dell’indagine giornalistica o dell’operazione di debunking.»
■ Cosa si dice de La Q di Qomplotto su Goodreads. Pareri di lettrici e lettori.
■ Ci sarà la tranche autunnale del tour di presentazioni? Speriamo, non è mica detto…
Come anticipato, non sono previste date a luglio e agosto. Il tour riprenderà a settembre e proseguirà fino alla metà di ottobre circa. Forse.
Dipende da quali altri scarichi di barile, spauracchi e prese per i fondelli deciderà di infliggerci la classe dominante, quella che ci governa tramite l’Emergenza nel modo odioso, ipocrita e vigliacco che analizziamo ormai da un anno e mezzo.
Incessanti campagne d’odio e minacce di repressione contro capri espiatori: ieri chiunque criticava la gestione della pandemia era un «negazionista», oggi chiunque abbia dubbi è un «no vax». Etichetta che tra l’altro esiste solo ed esclusivamente in Italia, coniata nella seconda metà del decennio scorso come calco diffamatorio di «no tav»: «Non se ne può più di tutti questi No Tav No Triv No Vax ecc.»
Controriforme neoliberali in extremis, forse l’ultimo assalto alla diligenza prima del cambio di paradigma, e nessun reale cambio di rotta sulla privatizzazione della sanità pubblica.
Stupro del territorio a colpi di Grandi Opere – magari dipinte di «green» – per «ripartire dopo la pandemia».
Licenziamenti di massa, et ce n’est qu’un début.
Il virocentrismo analizzato ne La Q di Qomplotto copre tutto questo e porta ad attribuire ogni responsabilità della situazione al virus e di conseguenza ai cittadini e ai loro comportamenti presuntamente noncuranti nei confronti del virus.
Il tutto ricorrendo al solito «doppio legame» schizogeno:
– Siamo campioni d’Europa, facciamo festa! Ah, così hai fatto festa? Sei un delinquente, è colpa tua se adesso devo prendere provvedimenti.
– La tal cosa non è obbligatoria, ci mancherebbe altro, ma se non la fai non ti faccio più vivere.
– Il vaccino è la via d’uscita, chi lo nega è un ritardato mentale e un criminale, ma se pensi che vaccinandoci ne usciremo sei un coglione, questa situazione durerà chissà quanto.
Ecc. ecc.
Non stupisce che ci siano «no vax». Alla luce di questa gestione e di queste retoriche incongrue, è stupefacente che non ce ne siano molti di più. Ma virocentrismo, ratiosuprematismo e SFP (Sindrome del foratore di palloncini) impediscono di capirlo.
Insomma, potrebbe succedere di tutto, green pass o non green pass. Per scaramanzia, dunque, ancora non comunichiamo date e luoghi.
Per ora è tutto. Da qui al prossimo speciale, aggiornamenti sul nostro canale Telegram, qui.
La Q di Qomplotto è in libreria ed è anche ordinabile dal sito delle Edizioni Alegre.
Alberto Prunetti recensisce La Q di Qomplotto su Il lavoro culturale:
Wu Ming 1, La Q di Qomplotto, Roma, Alegre, 2021, pp. 592, euro 20.
Un libro che non si può recensire, né riassumere. Costruito in maniera apparentemente poco centripeta, sembra lanciarsi in mille vie di fuga. E poi lo chiudi e ti rendi conto che è una delle più efficaci stroricizzazioni di quello che abbiamo vissuto tra l’Europa e gli Stati Uniti negli ultimi anni. Dentro c’è il trapassato prossimo e l’imperfetto, Nanni Balestrini e il pendolo di Foucault, Luther Blisset e i satanisti, Charles Manson e Paul is Dead e tante, troppe altre cose per elencarle tutte. Non è debunking. Anzi, il libro nasce proprio dal disagio dell’autore per l’inutilità del debunking (e dall’eterogenesi degli hoax, direi), dal fastidio verso l’atteggiamento saccente dei “bucatori” professionali dei palloncini, ossia delle bufale. Piuttosto quest’ultimo libro solista di Wu Ming 1 è un catalogo ragionato del mondo alla rovescia, che reclama a viva voce la forza della scrittura per tornare a incantare il mondo. E che nelle fantasie di complotto — descritte come strutturalmente funzionali al sistema che pretendono di denunciare — cerca di leggere il sintomo della vita vera nella falsa vita. A margine, è incredibile in quest’opera come la dimensione espositiva del saggio si intrecci con quella poetica e ludica della narrativa (che poi è il fulcro del tema degli UNO, gli Unidentified Narrative Objects, così come enunciato dallo stesso Wu Mung 1). Così, vai avanti per pagine e pagine e ti aggrappi alla carta come in un romanzo ben costruito. Così arrivi alla seconda parte, pensi sia una postfazione, e invece tiene in maniera formidabile, come e anche più della prima parte. E il pendolo della récit continua ad oscillare. Eco ne sarebbe entusiasta.
Salve a tutti, seguo da parecchio ma data la qualità dei già tanti commenti non sono mai intervenuto; volevo segnalare un parallelismo interessante che ho scoperto oggi rileggendo la Dialettica dell’illuminismo: tra la seconda e la terza pagina della prefazione si trova “Nella riflessione critica sulla propria colpa il pensiero si vede quindi privato, non solo dell’uso affermativo della terminologia scientifica, ma anche di quella dell’opposizione. Non si presenta più una sola espressione che non tenda a cospirare con indirizzi di pensiero dominanti, e ciò che una lingua consunta non fa già per conto proprio, è surrogato senza fallo dai meccanismi sociali […]Rendere completamente superflue le funzioni d[ella censura] sembra l’ambizione del sistema educativo. Nella convinzione che, senza limitarsi strettamente all’accertamento dei fatti e al calcolo delle probabilità, lo spirito conoscente sarebbe troppo esposto alla ciarlataneria e alla superstizione, esso prepara il terreno inaridito ad accogliere avidamente superstizione e ciarlataneria. Come la proibizione ha sempre aperto l’acceso al prodotto più nocivo, così il divieto dell’immaginazione teoretica apre la strada alla follia politica. E nella misura in cui gli uomini non sono caduti in sua balia, vengono privati dai meccanismi di censura (esterni o inculcati nel loro intimi) dei mezzi necessari per resistere”.
Le pp.262-270 di La Q di Qomplotto sembrano dunque riprendere quel filo e collocarsi sul solco aperto da quei grandi pensatori, un solco in cui la critica, volendosi mantenere fedele alla sua istanza emancipativa deve conoscere i rischi autodistruttivi dell’illuminismo, cercando di accogliere nella ragione critica anche l’opposto della razionalità superando e così evitando dicotomie illuministiche portatrici di cecità e mitologie caratteristiche. Queste sarebbero presenti nel Ratiosuprematismo e nella “SFP”, ma anche nel lessico e nel ritmo digeribile dello stile consigliato per scrivere articoli online o negli articoli scientifici. Forme di selezione dello stile che inaridendo il linguaggio e la varietà espressiva del disagio in nome del “realismo”, preparano il terreno per accogliere qualunque forma di superstizione e ciarlateneria che dia espressione al rifiuto della realtà, al sublime, al desiderio di sentirsi speciali, non interscambiabili (come nel linguaggio statistico delle assicurazioni sulla vita – un altro esempio dalla Dialettica).
Notevole il carattere profetico del libro di Horkheimer e Adorno, un autentico “classico”.
Impressioni dello storico Carlo Greppi su La Q di Qomplotto (tratte da qui):
«Chiunque di noi ha creduto ad almeno una fantasia di complotto»: credo sia vero per tutti/e; io solo leggendo questo libro in almeno due passaggi ho visto stanato platealmente un me di qualche anno fa, ed è stato liberatorio. Ma non è questo il punto di La Q di Qomplotto, non l’unico almeno, anche se ti costringe a un corpo a corpo costante con immaginario (tuo, nostro, vostro, loro) e realtà che stordisce, a essere sinceri. QAnon è la miccia (nel libro; degli ultimi anni) e il punto di arrivo di un genoma plurisecolare, che si replica dai Templari ai Beatles, dalle streghe al moral panic sulla pedofilia degli anni Novanta, e in decine di altre leggende d’odio o vulgate cospirazioniste che hanno avuto lunga vita – ci sono gli ebrei, ovviamente, e i massoni e i maghi e le scie chimiche, e i vaccini – e si sono fuse in inossidabili filoni esplosi con la rete.
C’è un sacrosanto e sublime tentativo, in queste pagine, di capire come e perché si casca nel “rabbit hole” e c’è una furia forse eccessiva contro chi invece condanna i “complottisti”, prendendo inevitabilmente qualche granchio per tracotante superficialità (e mi ci metto dentro pure io): «Tutta l’acqua del mare non basta a lavare una macchia di sangue intellettuale», si legge verso la fine del libro (è Breton che cita Lautréamont che WM cita in un sogno in cui parla con i personaggi del Pendolo di Eco, per capire fin dove arriva il trip).
C’è talmente tanta roba, qui dentro, che non inizio neanche – anche se lo stavo facendo, ma scrivo dal cellulare e allora mi fermo. Il masso gettato nello stagno, forse, e lo dico con parole mie perché si trova spesso in varie formulazioni, è che le fantasie di complotto confondono le acque, e rendono impossibile individuare e riconoscere i complotti veri – i quali ovviamente esistono. Che, a quanto pare, mai nella storia sono stati sventati da un/una cospirazionista. Ed è un aspetto che fa ulteriormente riflettere: questo libro ribadisce che la strada è sempre impervia, e che nell’educazione alla complessità non esistono scorciatoie. Ma sono, di nuovo, parole mie.
Le prime persone delle quali dovremmo sempre diffidare, in sostanza, siamo innanzitutto noi stessi. E direi che questo è un grande messaggio, anche se so che WM1 preferirebbe vederlo circolare su altre piattaforme.
Ma, nel dubbio, lo faccio anche qui [su Facebook, N.d.R.].
Ciao a tutti!E’ la prima volta che scrivo qui sul blog anche se seguo il vostro lavoro da parecchio tempo. Volevo fare alcune domande sul tuo libro: sarà resa disponibile l’indice dei nomi della Q di Qomplotto? So che esiste e veniva dato alle presentazioni ma non sono riuscito a procurarmelo.
[Spoiler alert di Judas and the Black Messiah]
Di recente ho visto Judas and the Black Messiah, il film che racconta l’infiltrazione del BPP di Chicago da parte dell’FBI e il conseguente omicidio di Fred Hampton, per tutto il film avevo la sensazione di aver già sentito il nome di Fed Hampton, così ho passato un paio d’ore a cercarlo ne la Q di Qomplotto, fino a trovarlo nella parte del sogno, l’ultima dove ho cercato, perchè mi dava un senso di stonatura trovarlo lì.
Il film è davvero ben fatto, si ha sempre la sensazione che il complotto possa fallire da un momento all’altro, c’è un senso di precarietà nonostante la sproporzione del potere fra Black Panther e FBI. E’ veramente un esempio da manuale di ipotesi reale di complotto.
Penso sia merito della Q di Qomplotto se mi appasionato tanto vedere il film.
Ho anche un’altra domanda, letteraria diciamo così: perchè non c’è riferimento nel romanzo alla Storia della Colonna infame di Manzoni? Mi sembra un’opera che affronta tutti i temi che analizzi: fantasia di complotto, processi sommari in tempo di pandemia. Sarebbe stato ridondante?
Grazie e davvero tanti complimenti per il lavoro eccezionale che state facendo qui su Giap!
Ciao Ogun, scusa il ritardo nel rispondere!
L’indice dei nomi pubblicato in opuscolo si può ordinare alla libreria Modo Infoshop di Bologna, info@modoinfoshop.com
La SdCI l’ho usata molto nel corso che ho tenuto a Tor Vergata di cui parlo nei credits, che è stato prezioso per la messa in ordine (dispositio) di argomenti e argomentazioni, ma nel lavoro di asciugatura sono scomparse un paio di citazioni moderatamente lunghe dal testo di Manzoni, è rimasto solo un riferimento en passant dentro il sogno ipermnestico della seconda parte.
Grazie per la riflessione su JaTBM, conosco molto bene la storia di Fred Hampton ma il film non l’ho ancora visto.
Buongiorno, segnalo un saggio breve, che è anche una recensione critica all’ultimo libro di Wu Ming 1, sull’infalsificabilità delle teorie del complotto e sull’inutilità di classificazioni che distinguono le buone teorie del complotto da quelle cattive. Le teorie del complotto sono ideologie antisistema.
Il complottismo è un’ideologia
https://www.indiscreto.org/il-complottismo-e-unideologia/
Il commento risulta troppo breve per cui aggiungo una citazione:
“con il manuale di Wu Ming 1 sotto mano, qualche altro reazionario potrebbe agevolmente bollare il patriarcato degli studi femministi come un complotto fantasticato, all’opera da secoli, in cui un gruppo vastissimo di attori – i maschi – opprime donne per lo più inconsapevoli e in attesa di essere “risvegliate”. L’inconveniente di questi schematismi, in cui la soggettività di ciascuno ha pretese di oggettività valevoli per tutti, è che si usano concettualizzazioni astratte per confermare i propri pregiudizi”
Uuuh, che pastrocchio… 😬 Rispondo con calma, quando avrò un po’ di tempo.