Ufo 78, speciale n.5 | Uno scritto dell’ufologo Paolo Fiorino (CISU) e altre recensioni, pillole mesmeriche, segnalazioni varie

[Come suol dirsi, «riceviamo e volentieri pubblichiamo». Altrettanto volentieri, segnaliamo un testo apparso sul blog La bottega del Barbieri. Gli autori dei due pezzi, il torinese Paolo Fiorino e il milanese Giuliano Spagnul, sono molto diversi tra loro, e certamente hanno scritto l’uno all’insaputa dell’altro. Li accomuna il fatto di essere evocati in –  e per molti versi convocati daUfo 78 in quanto protagonisti del mondo a cui il romanzo rende omaggio, animatori delle sottoculture dell’epoca. Quelle legate all’ufologia (ma non solo), nel caso di Fiorino; quelle legate alla fantascienza (ma non solo!) nel caso di Spagnul. Senza le loro attività di allora, e soprattutto senza tutte le indagini e riflessioni fatte da allora, Ufo 78 non esisterebbe. Siamo dunque felici che abbiano deciso di intervenire, dedicando tempo, sinapsi, memorie e sensibilità al nostro libro. A seguire i loro interventi, altre recensioni, un intervento a Radio 1 e una «pillola» video realizzata da Mariano Tomatis. Buona lettura (e ascolto, e visione). WM ]

di Paolo Fiorino*

Lo ammetto: da tempo ero in attesa di questo romanzo del collettivo Wu Ming, nella consapevolezza che nel mio piccolo in parte vi avevo “partecipato” – si veda l’Umberto Ravarino ovvero «Berto Musinè», nominativo rappresentante nient’altro che un simpatico omaggio al nostro esserci incontrati – e proprio per questo, ma non solo, ero curioso di conoscere cosa ne era venuto fuori. Una volta partorito, dopo una lunga gestazione e diverse rivisitazioni susseguitesi nel tempo, l’attesa era tale che lo stesso giorno dell’uscita nelle librerie mi sono fiondato ad acquistarlo divorandolo praticamente nel giro di due giorni, per poi replicarne subito la lettura.

All’iniziale lentezza, da taluni definita – a mio avviso impropriamente – esasperante, è sopravvenuto quasi subito uno stile di scrittura vivace e incalzante, eloquente e avvincente, ricca di attese e scenari tra loro interagenti anche se all’apparenza disomogenei in un insieme di racconti fortemente evocativi.

Il riflusso

Si tratta di un romanzo a sfondo politico e sociale ma non solo (come ben evidenzia la magistrale e solo all’apparenza irriverente copertina illustrata da Andrea Alberti), a cavallo tra eventi d’epoca (Ufo compresi), interpretazioni particolari e a tratti suggestive, personaggi inventati – è bene dirlo – ma in parte modellati su persone reali in una finzione a proprio uso e consumo per ricreare – in un creare? – l’ambiente dell’epoca. Un romanzo che può lasciare disarmato e attonito il lettore che quell’anno non l’ha vissuto, in quanto il non esserci stato fa ovviamente la differenza. Un anno di transizione o cerniera, per dirla con Fabio Camilletti (Italia lunare), ma sarebbe meglio dire anni – ovvero quelli dal 1977 al 1979 – che gli ufologi di stampo razionalista, come li definiscono anche i Wu Ming, reputano uno spartiacque. Anni roventi (il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro con tanto di seduta spiritica figlia di un’occultura non della deviazione ma deviante), unici, anomali e a tratti sincronici che inaugurano la stagione del riflusso tuttora in fieri, ovvero la non sempre percepita e tantomeno vissuta emergenza permanente in cui siamo tuttora sommersi.

Paolo VI.

Al funerale di Aldo Moro l’amico papa Paolo VI nell’omelia, con toni duri e aspri quasi sprezzanti e di sfida, pronuncerà un «Tu non hai esaudito la nostra supplica». È l’urlo disperato a Dio, a quel D(d)io che anni prima i Nomadi avevano decretato morto, il «dov’eri quando ti abbiamo cercato?», la ribellione quasi oltraggiosa di un papa che a me, giovane seminarista, parve quasi un «ci sei o non ci sei? E se ci sei, dov’eri? Dove sei?» Di lì a pochi mesi morì anche lui e chissà se ne ebbe risposta.

Il 1978 è l’anno in cui anche le vocazioni sacerdotali si riducono in maniera drastica e i seminari si svuotano. Da lì in poi si preme sempre più a relegare nell’oblio il nostro recente passato, al punto da volerne quasi stravolgere gli ideali, i valori fondativi dei nostri padri costituzionali. Un paradigmatico oggi che è di ieri.

La percezione del sociale e della collettività viene meno, i circoli e le sezioni dei partiti sul territorio chiudono, le tessere di partito non vengono rinnovate, i partiti evaporano (Tangentopoli), gli oratori e le parrocchie si svuotano, l’impegno e coinvolgimento sociale – per taluni l’additato «buonismo» o «cattocomunismo» – viene ripudiato, fra colleghi di lavoro la solidarietà viene meno, quando si va a votare il primo partito in assoluto è quello degli astenuti e non votanti (circa un 40% alle ultime elezioni), i «diversi» (da cosa e da chi poi?) vengono osteggiati, additati e presi di mira talora con violenza inaudita in nome di valori farisaici (dio patria razza e famiglia nonostante gli “allargamenti”) proclamati con ostentati rosari, crocifissi, divisioni sociali insanabili, razzismi, nostalgie fasciste, posizioni pregiudiziali. La (non) comunicazione diviene prevalentemente virtuale, ci si parla ed ascolta sempre di meno, le coppie si lasciano con uno sterile e distaccato messaggino, sul noi prevale l’io, sul pubblico e sociale il privato, in una visione consumistica, edonistica ed onanistica della realtà in cui il superfluo – bisogno questo sì  insanabile – diviene il necessario. E questo mentre guerre (ovvero la florida industria bellica), il disastro ecologico ed ambientale, le pandemie, i respingimenti, i muri e i fili spinati presenti anche dentro di noi, i populismi, i corporativismi, le demagogie, i regimi, le autocrazie e teocrazie, la fame, le povertà (non ultima e secondaria quella dell’istruzione), l’ignoranza e le teorie della cospirazione hanno il sopravvento.

Scenari di riflusso in parte emergenti anche in UFO 78, richiamati a suo tempo da Paolo Morando nel suo Dancing days 1978-1979. I due anni che hanno cambiato l’Italia, fatti nostri nel convegno di Bologna del 2018 e che i Wu Ming hanno assorbito, in cui le piazze vengono sostituite dalle cattedrali discoteche (John Travolta e La febbre del sabato sera) definite nuovo luogo di aggregazione. Improvvisamente sembra che alla maggior parte della gente interessi più il fine settimana che il piano Pandolfi, i tormenti dell’amore (come suggerito dal libretto Scenario riscoperto da Morando) più di quelli della stabilità di governo. Sono per lo meno i grandi quotidiani a decidere sulle loro prime pagine, con inchieste sull’adulterio e sulle casalinghe, sull’importanza della moda e sulla mania del jogging, che ormai – pericolosamente – la gente si allontana dal “politico” («meglio gli Ufo che le P 38» titolerà un giornale) per dedicarsi quasi esclusivamente al “privato” fino all’anno prima osteggiato e combattuto (il vade retro a ciò che era reputato borghese).

Per alcuni, in verità non pochi, la fuga dall’impegno sociale si manifesta anche in altri modi: c’è chi si rifugia in una religiosità alternativa – i viaggi in India, le «nuove spiritualità», le religioni orientali – e chi diviene schiavo delle droghe che, paradossalmente, nella non accettazione di un modo di vivere che è morte, proprio per questo sovente conducono alla morte.

Una vertigine assoluta e in un susseguirsi di avvenimenti senza eguali di un Novecento tutto italiano: tre papi; le dimissioni del presidente Leone e l’elezione di Pertini; i colpi di coda della lotta armata e dello stragismo (in 11 mesi 2089 attentati, 32 morti, 376 feriti); il compromesso storico; la disoccupazione (ben 1.600.000 persone senza lavoro); scioperi a catena; la crisi economica; la piaga della tossicodipendenza (oltre 60 morti per droga); la linea della fermezza; la legge Basaglia e quella sull’aborto; la riforma del servizio sanitario nazionale.

In questo scenario fanno la loro comparsa anche la kosmische musik, il film icona Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg («Non siamo soli!») e – a seguire? – gli Ufo, in un’ineguagliabile e incomprensibile ondata – anche mediatica – senza pari, seguito e precedenti (se si esclude, ma solo in parte, il 1954), tanto che lo si è battezzato l’«anno degli Ufo» o  «degli umanoidi» considerato l’alto numero di atterraggi con presenza di entità animate antropomorfe, gli «extraterrestri» ovvero «i marziani» di un tempo (gli «altri» da un «altrove» anch’esso non ben identificato), al punto che la rivista Panorama del 14 marzo 1978 gli dedica un ampio servizio con tanto di copertina («Una voglia matta di UFO chi li vede chi ci crede»). È la “febbre” non solo del sabato sera ma degli Ufo che  in un «gran traffico», quasi un’«invasione», come «se si fosse al cinema», «imperversano», «danno spettacolo» e, come scriverà Morando, rappresentano il «demone ufologico che sta consumando gli italiani».

Il vulnus

Da «(vero) ufologo» che ha interagito con i Wu Ming, iniziando la lettura sono partito in quarta a ricercare i riferimenti al nostro vissuto di allora ma un pugno allo stomaco ha avuto quasi da subito il sopravvento facendo emergere in me dei vulnus mai completamente cicatrizzati.

Mauro Rostagno, 1942 – 1988

Tra gli scenari che vengono proposti, il dramma della tossicodipendenza e la controversa comunità di recupero Thanur, da me inizialmente identificata con quella di San Patrignano – «Sanpa» – fondata da Vincenzo Muccioli proprio nel 1978, la cui storia viene richiamata dall’echeggiante ingresso di capitali da parte dell’alta borghesia milanese e dai richiami vagamente esoterici. D’altronde, pochi probabilmente ne sono a conoscenza,  Muccioli – che ricopriva il ruolo di medium – in quella che è stata definita la San Patrignano primordiale e mitologica si era interessato insieme ad alcuni amici alla parapsicologia e allo spiritismo, creando il gruppo del Cenacolo, e molti erano i libri sull’argomento presenti nella biblioteca, tra i quali Il mattino dei maghi di Louis Pauwels e Jacques Bergier.

In realtà i Wu Ming, più che a San Patrignano (che aveva un coté esoterico però non fricchettone), si riferiscono a Saman, comunità terapeutica di recupero per tossicodipendenti con sede a Lenzi, in provincia di Trapani. Fondata nel 1980 dall’ex editore Francesco Cardella insieme all’ex leader di Lotta Continua Mauro Rostagno e alla compagna di questi, Elisabetta «Chicca» Roveri, Saman era partita come comune degli arancioni di Osho Rajneesh e centro di meditazione.

Ulteriori scenari sono quelli legati allo stragismo e alla lotta armata. Anche qui ben pochi sanno che alcuni ufologi fecero parte attiva delle Brigate Rosse e dei Nuclei Armati Rivoluzionari o che una simpatizzante ufofila da me frequentata fu arrestata in quanto, unitamente ad altri compagni e compagne, fiancheggiatrice di Prima Linea.

Orbene: mio fratello Guido in quegli anni iniziò ad avvicinarsi alle «sostanze» e di lì a non molto, a 21 anni, mi morì fra le braccia a seguito di un overdose d’eroina.

Poco prima, a 54 anni, era morto anche mio papà Giuseppe, ex-partigiano (nomi di battaglia Clelia e Genz), molto addentro alla vicenda Gladio e che mi raccontò risvolti prima ancora che venissero di dominio pubblico.

E poi il 1978, all’epoca ero ancora in seminario tutto preso da uno stage prolungato in una parrocchia torinese di periferia e frequentavo per quel che mi riusciva non solo la facoltà di teologia ma anche gli ufologi, è l’anno che mi portò a fare delle scelte contrapposte, direi radicali, e ad essere quello che sono divenuto oggi. Ho ricordi molto netti di quel periodo, dell’impegno profuso in molti ambiti, la partecipazione al sociale, il mettersi in gioco in prima persona, di quando fui fermato con modalità aggressive ad un posto di blocco dopo il sequestro Moro solo perché indossavo un eskimo, una lunga sciarpa multicolore di lana, coltivavo una barba fluente con capelli lunghi, a tracolla un tascapane (che di “rosso” conteneva solo la Bibbia di Gerusalemme).

Fra le mie carte, rivisitate di recente dopo la lettura di UFO 78, ho trovato fotocopie di alcuni fogli dattiloscritti firmati «Gruppo bar riuniti!!!» redatti da un numero non esiguo di giovani che – nel loro disagio –  non si identificavano né con i militanti delle sedi di partito, né con i gruppi extraparlamentari di sinistra (lotta armata compresa) e destra (all’epoca era molto attiva in quartiere una cellula del Fronte della Gioventù), tantomeno con i «babbi parrocchiani», come venivamo definiti. Ebbene, uno di questi fogli inizia con un «E se parlassimo d’amore?» – non quello della neotestamentaria Lettera ai Romani per intenderci – concludendo con queste parole.

«Oggi sotto l’incalzare della solitudine, della confusione d’animo, si avverte perentorio questo bisogno sentimentale, questo recupero dell’amore parlato che può anche essere un impegno, una lotta sociale per un futuro migliore.»

Non me ne ricordavo proprio. Si tratta chiaramente di un manifesto del privato che emerge e vuole identificarsi con il sociale, il noi che diviene io o la somma di due io. Se non è riflusso questo…

Capite bene, mi si scusi la paronomasia, che il riemergere di questa intensità di emozioni non mi ha fatto del tutto bene, pur nella consapevolezza dello zaino – ovvero la nostra vita – che ciascuno di noi si porta sulle spalle.

La genesi: gli Ufo e l’ambiente ufologico

È questo l’aspetto che mi incuriosiva maggiormente, considerata la mia lunga militanza ufologica. Il 10 novembre 2018 i Wu Ming presentarono a Bologna il romanzo dedicato a Bogdanov, Proletkult, proprio mentre il gruppo ufologico cui appartengo, ovvero il CISU (Centro Italiano Studi Ufologici), svolgeva – nel quarantesimo anniversario di quegli avvistamenti – un convegno sull’ondata UFO del 1978 a cui presenziava anche Mariano Tomatis. Tale coincidenza li spinse a riprendere in mano il romanzo Viva Posadas!, che nel frattempo aveva cambiato titolo di lavoro e si chiamava La grande ondata del 1978.

Contestualmente, di lì a poco, Wu Ming 1 fece una visita alla nostra sede torinese recuperando come una spugna informazioni e anche materiale cartaceo. Un altro incontro lo ebbe con me a Torino l’8 settembre 2019 nel corso della presentazione de La macchina del vento (il suo romanzo su Ventotene) organizzato dallo spazio sociale Neruda, considerando che già in precedenza, nel corso della stesura di Un viaggio che non promettiamo breve (2016), aveva effettuato insieme a Tomatis un blitz nella mia ufo-casa-museo raccogliendo materiale e informazioni sulle leggende del monte Musinè – di fatto il Quarzerone di UFO 78 – e la Valle di Susa, il tutto ampiamente utilizzato nella realizzazione di questo libro. Se il raffronto, Covid permettendo, fosse stato con modalità reciproche maggiormente coltivato, sono del parere che ne sarebbe uscito un qualcosa non necessariamente d’altro o migliore ma di respiro più ampio.

Ma tutto il collettivo dei Wu Ming si è messo all’opera per raccogliere suggestioni, informazioni e materiale sugli scenari del 1978, mettendo in campo le sue variegate expertise e facendo l’incetta di testi tra bancarelle e fiere del libro, nonché sulla temperie degli anni Settanta nelle emeroteche e biblioteche sia personali sia pubbliche. Dopo queste ricerche, letture e confronti rivolti anche all’esterno, un lavoro del tutto e per tutto collettivo, è seguita la creazione e la stesura di questo magistrale romanzo che ruota attorno alla figura di Zanka, ispirato a Peter Kolosimo, “rivoluzionario” personaggio caro ai Wu Ming con i suoi «antichi cosmonauti» su cui scrissero un articolo circa quindici anni fa in prospettiva di ricavarne un libro, ipotesi di lavoro poi naufragata per motivi che esulano da questo mio scritto.

Gianni Settimo, 1929 – 2017.

Vi è poi il GRUCAT, Gruppo ricercatori ufologi e clipeologi associati Torino – ispirato a quella che nel 1978 era la sede torinese del CUN, con alcuni aderenti del CTRU, Centro Torinese Ricerche Ufologiche e del Gruppo Clypeus diretto da Gianni Settimo, che qui diventa Paolo Sesto – che nel finale diviene CIRUT, Centro italiano ricerche ufologiche Torino, ovvero l’attuale CISU.  È comunque bene precisare, a scanso di equivoci e futili fraintendimenti, che i Wu Ming si sono sì liberamente ispirati in parte al CISU, ma che né il GRUCAT né il CIRUT sono il CISU.

A seguire, l’ufofilo Jimmy Fruzzetti e la sua ufologia “alternativa”, fatta di attese, cieli scrutati e sostanze psichedeliche. Si tratta di un  personaggio provocatoriamente inventato, preso in prestito da gruppi all’epoca in attesa del contatto e dediti agli skywatch, oppure suggerito da certi ambienti romani non istituzionalizzati emersi negli anni Novanta ovvero quell’ufologia autoproclamatasi «radicale», «altra» e «politica».

Di spessore l’inserimento dell’innovativa antropologa Milena Cravero che inizia il suo ufo-viaggio in una Torino cupa e militarizzata. Entra poi in scena il monte Quarzerone, come ho già scritto di fatto il Musinè, «su cui fiorivano leggende clipeologiche, ufologiche e parapsicologiche». In questo contesto le storie di presunto rapimento “alieno” collegate ad attività eversive nere sono riprese da fatti di cronaca tratti dai miei archivi.

A differenza di alcuni esponenti delle frange più “scientiste” – dove talora la scienza è assimilabile alla religione – o di area “cicappina” i quali reputano che il Cisu non ne esca affatto bene ma sbertucciato, io ho trovato molto stimolanti e costruttive le riflessioni relative all’ambiente ufologico, che a ben pensarci non si discostano molto dalla realtà. Si parla di «ufofili» (affascinati dal fenomeno ma che rifiutano i pregiudizi e la smania di riconoscere e classificare), di «ufologi paranoici» (come Sommovigo e Bernacca, credenti negli extraterrestri, fautori delle teorie della cospirazione e facenti uso di inusuali strumentazioni quali il «rilevatore GNDN») e «ufologi razionalisti» (tutti statistiche e metodo scientifico).

Questi ultimi schedano avvenimenti e persone, effettuano indagini sul campo e redigono circonstanziati rapporti, hanno un manuale di metodologia d’indagine e coltivano la smania di classificare e talora di identificare l’evento narrato ad ogni costo, sono in genere degli incalliti raccoglitori e collezionisti senza eguali, nel contempo talora guardano gli altri con sufficienza,  supponenza e pregiudizio, formano sottocomitati nel comitato (i prescelti e i giusti). E poi ci sono i Jimmy a cui non importa nulla il classificare e l’identificare in quanto per loro, oltre a considerare l’aspetto socio-psicologico ed antropologico, la domanda è un’altra, ovvero cosa rappresentano le storie avvincenti degli incontri ravvicinati o le «luci nel cielo», cosa fanno scoprire, perché a loro dire alla fine contano le proiezioni, i desideri e le speranze, non ultimo le attese. Un andare oltre nello stupor e nella meraviglia, senza pregiudiziali, in quello che io definisco approccio nel vuoto insaturo.

Si può supporre che il timore dei Wu Ming, seppur non incalzante, fosse che gli ufologi che Jimmy definisce «razionalisti» si sentissero tout court presi per i fondelli. A ben pensarci reputo invece  che quella che emerge dal romanzo è una rappresentazione molto più complessa ed è anche un divertito omaggio. Lo stesso Jimmy, d’altronde, in fondo è talora bonariamente sfottuto dall’antropologa Milena quando ricade nell’errore che imputa agli altri, cioè di tagliare con l’accetta per catalogare singoli e gruppi. In altri termini la dicotomia tra «razionalisti» e «paranoici» va interpretata per quello che è, ovvero la semplificazione polemica di un «ufofilo». Un approccio davvero singolare e “dall’esterno” che mi trova d’accordo.

J. Posadas, 1912 – 1981

Ci sono poi personaggi chiaramente – ma anche molto liberamente – ispirati a figure reali, come nel caso di Zanka/Kolosimo o Casella/Posadas, però non è che ciascun personaggio o gruppo corrisponda in modo automatico e biunivoco a un soggetto reale. Juan Romulo Posadas, nato Homero Rómulo Cristalli Frasnelli (Argentina, 1912 – Roma,  1981), fu un dirigente politico e teorico trotskista. Nella sua teoria includeva anche tesi sui dischi volanti, ritenendo che gli incontri ravvicinati fossero la prova dell’esistenza di civiltà socialiste superiori.

In questo contesto a mio avviso risulta indovinata la figura dell’antropologa Milena, di cui si avverte la mancanza  e a cui mi piacerebbe porre una domanda: perché il mondo ufologico è prettamente composto da figure maschili? L’«insolito» e l’«occultura» pullulano di figure femminili: abbiamo le streghe e le masche, le fate, le veggenti, le medium, le contattiste, le visionare, le maghe mentre (come in parte accade nel mondo dell’illusionismo) le ufologhe risultano veramente rare e per nulla emergenti. Un bel dilemma che in parte Mariano Tomatis, su altri fronti, analizza nel suo libro Incantagioni di recente pubblicazione e di cui consiglio la lettura. D’altronde, proprio nel 1978, il papa dei 33 giorni Albino Luciani con sorpresa se ne uscì fuori con l’enunciazione che «Dio è madre» e quindi – ne traggo – donna.

Mi accorgo di essermi dilungato non poco ma lo scrivere è crescita, confronto, condivisione e bellezza. Vorrei fare un appunto, che poi tale non è. Io avrei aperto, pur senza dilungarmi,  altri scenari. Per intanto avrei inserito l’ufologia “ufficiale”, quella demandata ai militari che si sono ben guardati all’epoca di condividerla con i civili (gli scienziati che non si sono voluti sporcare le mani e perdere la dignità), che proprio per questo a partire anch’essa dal 1977 ha avuto una svolta qualitativamente insufficiente oltre che deludente. Nel contempo avrei dato spazio alla legge Basaglia e a tutte le discussioni relative il disagio psichico e la cosiddetta “normalità”, facendo presa sul contemporaneo esperimento dello psicanalista e docente di antropologia culturale Franco Cagnetta, organizzato a Jesolo proprio nel 1978 nell’ambito della «festa popolare di Marco Cavallo» o «festa dei folli», una manifestazione a base di Ufo e alieni “dissacrati” per i cosiddetti “matti” rinnovata secondo esperienze e suggestioni della nuova psichiatria.

Per ultimo, senza con questo voler risultare irriverente, avrei evitato di dedicare uno specifico capitolo, a mio avviso consistente in uno stringato e sterile elenco di notizie relative agli Ufo di quell’anno, ma avrei inserito qua e là gli eventi di cronaca più eclatanti ponendo in evidenza i diversi approcci da parte del variegato e a tratti diviso mondo ufologico, comprese le reazioni del mondo culturale, scientifico, militare e in genere dell’opinione pubblica, cui ampio spazio – anche qui senza pari nel tempo –  venne dato all’epoca dagli organi di informazione e disinformazione. È l’anno in cui gli ufologi coronano un sogno e vedono la loro rivista in vendita nelle edicole con tanto di locandine esposte (era bello e gratificante il leggersi). Un anno, l’Anno, in cui noi stessi senza ma e senza se, parlammo di «psicosi da ufo» (altri di «follia collettiva»), proprio perché gli ufo assunsero a fenomeno di costume e di massa. Una psicosi avviatasi già dal 1977, anno ricco di segnalazioni, numerosi scherzi e falsi atterraggi, contatti mancati (la «fantaparapsicologia»), contattisti mariuoli, messaggi luminosi, basi UFO e piste d’atterraggio, sedute spiritiche a base di extraterrestri e tanto di inusuale richiesta formalizzata alle stazioni dei Carabinieri di raccogliere e verbalizzare le segnalazioni sul territorio nazionale.

Dopo quasi 45 anni siamo ancora qui ad interrogarci su queste “anomalie” (il riflusso, il mutamento del paradigma culturale e gli avvistamenti Ufo ma non solo) chiedendoci – talora facendoci fuorviare da teoremi della cospirazione – se il tutto fu progettato a tavolino. C’è chi ha prospettato teoremi che chiamano in causa massoneria, servizi segreti deviati e non, militari, i mezzi di informazione, la cosiddetta guerra psicologica ovvero i “grandi burattinai”. Nel corso di tutti questi anni mi sono guardato dalle illusorie teorie che chiamano in causa il vuoto esistenziale o gli Ufo dei periodi di crisi, facili e banali strade senza uscita e a senso unico. Ben difficilmente, a mio parere, si giungerà a una risposta. Ed intanto – come allora o forse di più – siamo immersi nel pantano dell’oggi, nel qui e nell’ora. 

Quando Vincenzo, il figlio di Martin Zanka scrittore di successo stanco del proprio personaggio, in un voluto demitizzare chiede al padre: «Ma ci credi davvero? I marziani nella storia e tutte quelle cose lì?», lui dopo qualche tentennamento risponde: «Che vuoi che ti dica? Quelle storie ci hanno dato da campare». Storie ovvero narrazioni. Perché alla fine la vita di ognuno si riduce a questo. Come scrivono i Wu Ming, occorre porre in atto «la sfida di narrare e raggiungere la verità affrontando l’ineffabile, si trattasse anche di lupi mannari e dischi volanti».

In questo, come altri romanzi, i Wu Ming ci invitano ad interrogarci sul senso  della vita e le sue rappresentazioni, personali e sociali, deponendo le armi di ogni assolutismo nel tentativo di non farci fagocitare da essa, in un io che diviene un noi e un noi che diviene un io nel rispetto delle differenze intese come confronto, ricchezza, crescita  e bene prezioso. Un romanzo da leggere, che Paolo Morando ha definito magistrale. Non ne rimarrete delusi.

Torino, 7 novembre 2022

Paolo Fiorino

Paolo Fiorino

* Paolo Fiorino (Torino, 1957) è stato direttore della sezione torinese del Centro Ufologico Nazionale (CUN) nel periodo 1975-1978. Nel 1985 è stato tra i fondatori del Centro Italiano Studi Ufologici (CISU), del cui consiglio direttivo ha fatto parte a più riprese.
Inquirente sul campo molto attivo fin dalla metà degli anni Settanta, ha indagato su centinaia di avvistamenti, in particolare su incontri ravvicinati del terzo tipo e testimonianze di militari. È anche autore di numerosi articoli pubblicati in Italia – su Ufologia, Notiziario Ufo, Ufo. Rivista di informazione ufologica – e all’estero.

Specializzato dal 1978 in casi di IR3 (atterraggi con umanoidi), nel 1984 diventa coordinatore del Progetto Italia 3, per l’archiviazione e catalogazione dei casi italiani del terzo tipo.
Nel 1997 inizia a raccogliere e catalogare gli avvistamenti UFO italiani con testimonianze militari o implicazioni militari (OVNI-F.A.) e stabilisce un regolare contatto tra CISU e Ministero della Difesa, portando infine a una completa desegretazione dei fascicoli UFO da parte dell’Aeronautica Militare Italiana.
Da tempo si interessa anche agli aspetti sociologici dell’argomento UFO, e ha costruito la più grande collezione italiana di oggetti ispirati agli UFO: giocattoli, fumetti, gadget, mobili, pubblicità, musica ecc.
Sta lavorando da tempo al libro più completo mai scritto sulle leggende (antiche e recenti) che avvolgono il Monte Musinè, in Val di Susa: Musinè, una montagna di folklore.

Recensioni e segnalazioni

■ Giuliano Spagnul è fotografo, illustratore, autore di fumetti, saggista e studioso di letteratura e immaginario. Nel 1977 fondò con altri la rivista di critica della fantascienza Un’ambigua utopia, che Jimmy e Milena leggevano dopo aver fatto l’amore e di cui uscirono nove numeri. Nel 2010, curata da Spagnul e da Antonio Caronia, è uscita presso Mimesis la ristampa completa in due volumi. Nel 1979 Spagnul fu tra gli autori del libro Nei labirinti della fantascienza (Feltrinelli, riedito da Mimesis nel 2012), una vera pietra miliare. Nel 2020 ha preso parte all’avventura di pubblicare, 38 anni dopo il nono, il decimo numero di Un’ambigua utopia.

Spagnul si è già occupato di nostri libri, recensendo da par suo Un viaggio che non promettiamo breve (addirittura due volte) e Proletkult. Ora ha recensito Ufo 78, e già nella premessa maneggia e riassesta un’enorme questione, come un chiropratico alle prese con una colonna vertebrale:

«Che [Ufo 78] abbia o no elementi classificabili come fantascientifici poco importa, è quel qualcosa di nuovo, questo sì vero novum, che nasce dalla morte della fantascienza così come l’abbiamo conosciuta nel secolo passato. In quanto dispositivo che ha assolto le sue funzioni, la fantascienza, come ebbe a dire (suscitando uno scandalo ancora non digerito dagli adepti del settore) Antonio Caronia, muore e trasmigra in innumerevoli altri generi. Da allora, dalla morte di quel genere, schiacciato dalla “caduta del cielo dell’immaginario sulla terra del reale” sarà sempre più difficile coltivare quel piacere della vis classificatoria che separa il fantastico da ciò che non lo è, così come il vero avvistamento di un Ufo da quello frutto dell’illusione ottica piuttosto che del bisogno di crederci comunque sia. Ciò che si va a profilare così è un viaggio ambiguo in cui discernere la pista giusta dal depistaggio non sarà opera del puro raziocinio, né del caso, ma bensì frutto di quella visione dovuta a occhi capaci di rivolgersi all’esterno quanto all’interno di un corpo che potremmo definire espanso.»

Prosegue qui.

■ Sul numero di Internazionale che arriva in edicola oggi, il n. 1486, la rubrica «Italieni» – «i libri italiani letti da un corrispondente straniero» – è dedicata a Ufo 78, che Salvatore Aloïse del canale televisivo Arte recensisce molto positivamente. Riportiamo qualche frase:

«In copertina, la Renault 4 in cui fu ritrovato Aldo Moro vola come un ufo, ma la targa è quella reale. E veri sembrano la bibliografia, gli accenni al seguito dell’inchiesta e le varie testimonianze inserite, come se fossero rese oggi. Ci si dimentica ben presto che si tratta di un romanzo. Con Ufo 78, nuova grande prova di Wu Ming, il collettivo bolognese di scrittori realizza un “oggetto narrativo non identificato”. Considerati alieni nel pianeta letterario, rifuggono dalle promozioni classiche: niente tv né foto, solo presentazioni dal vivo. Ufo 78 ripercorre in chiave totalmente originale un anno fondamentale della storia italiana.»

■ Il giornalista e scrittore bolognese Rudi Ghedini recensisce Ufo 78 sul suo blog. Occhio alle numerose rivelazioni però! Magari leggete una volta finito il romanzo. Intanto, un estratto:

Rudi Ghedini

«Ufo 78 ha la parvenza del giallo, della paziente investigazione storica, della fiction mystery, in cui il lettore è continuamente spinto a chiedersi quale sia la verità e quale l’invenzione letteraria. Tutto è dannatamente verosimile […] Forse la frase-chiave sta nascosta ai margini: “Non lo sai che il romanzo è morto? Perché qualcuno li legga, bisogna travestire i romanzi da saggi”. Le note conclusive rimandano alle citazioni autentiche contenute in questo testo […] Dentro questa succulenta spremuta di anni Settanta, quelli della mia età (e con certi gusti di “controcultura”) troveranno riferimenti ai “corrieri cosmici”, la musica tedesca di Tangerine Dream e Ash Ra Temple, Can e Neu! con il loro guru, Rolf-Ulrich Kaiser, la sua Guida alla musica pop, la casa discografica Ohr…»

■ Grazie a Nicoletta Maldini della libreria Trame di Bologna, l’11 novembre si è parlato di Ufo 78 anche a Forrest, trasmissione di Radio 1 condotta da Luca Bottura e Marianna Aprile. L’intervento di Nicoletta si può ascoltare qui.

■ L’ultima puntata della web-serie di Mariano Tomatis Mesmer in pillole parte da Ufo 78 per ricordare quella volta in cui, volendo mettere alla prova il “sensitivo” Uri Geller, un parapsicologo omofobo disegnò un pene come si disegnano sui muri dei cessi. Geller, a quanto pare, indovinò che c’entravano due coglioni. Azzardiamo: uno era il parapsicologo, l’altro era il sensitivo. Buona visione.


■ Oggi e domani saremo in Valsusa – ad Almese, sul monte Musinè e a Mompantero insieme allo stesso Mariano – e in Romagna, a Misano Adriatico (RN), tutti i dettagli qui.

Nei prossimi giorni il Flap 22 toccherà Adria (RO), Fano (PS) e la GKN occupata di Campi Bisenzio (FI).

A proposito, per quell’esperienza di lotta operaia e autogestione sono giornate cruciali, tra gli stipendi che ritardano e la nuova proprietà che cerca di sgomberare il piazzale, preludio allo smantellamento della fabbrica. Convergere sulla GKN, foss’anche per la presentazione di un romanzo, è un modo di restare vigili e solidali.

■ Tutti gli approfondimenti su Ufo 78 sono qui.

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