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Luca muore il 30 luglio, una domenica. Muore nel suo appartamento di Bologna, nove giorni dopo aver compiuto 59 anni, quindici anni dopo aver lasciato Wu Ming, quattro anni dopo l’ultimo evento insieme, quasi sei mesi dopo l’ultima seduta di chemio, ché tanto non serviva più a niente. Antidolorifici, e via andare.
La notizia non era inattesa, ma quando arriva è inattesa sempre. Comincia a girare nel pomeriggio, raggiungendo persone sparpagliate qua e là per i quattro cantoni d’Europa. Noi compresi. Uno di noi la riceve mentre è sul traghetto per la Grecia.
Luca «non c’è più». Questa la frase di Christiano al telefono da Berlino.
Uno di noi – cioè: uno del quartetto che scrisse Q – «non c’è più» in quel senso lì. Anni di lavoro sul confine tra presenza e assenza, sull’esserci senza apparire, poi arriva quel senso lì.
Nella seconda metà dei Novanta Luca fu, tra le altre cose, Luther Blissett, il cui nome era legione. In quel periodo scrivemmo il romanzo che ci avrebbe cambiato la vita.
Nell’anno 2000 fondammo Wu Ming. Lui uscì dal collettivo otto anni dopo. Tra Manituana e Altai. Nel darne notizia, parlammo di un umore
«non facile da descrivere. È l’umore con cui guadagni l’uscita d’emergenza se il cinema va a fuoco: hai pagato il biglietto, ma pazienza. Il film piaceva a tutti, ma pazienza. […] muoversi, uscire di corsa, non aspettare che il fumo ci soffocasse e le fiamme bruciassero il culo. Questo è tutto quello che possiamo dirvi senza calpestare il diritto alla riservatezza – nostro e di Luca.»
I fatti nostri non li raccontiamo, quelli di uno di noi che se ne va men che meno. Anni dopo, Luca si sentì di farlo e ne scrisse su Giap.
Nel frattempo c’eravamo persi di vista, e ritrovati, e ci saremmo ripersi e di nuovo incontrati. Ogni tanto abbiamo fatto la reunion, come ogni band che si rispetti. La prima volta nel 2011. L’ultima nel 2019: la sala Stabat Mater dell’Archiginnasio stracolma per il ventennale di Q. Chi c’era la ricorderà finché campa.
Poi ci siamo ripersi. Per l’ennesima volta. Stavolta l’ultima. Stavolta indietro non siamo riusciti a tornare.
Anche oggi, come quindici anni fa, l’umore è difficile da descrivere.
Non metteremo in fila aneddoti: la prima volta che lo incontrammo, quel giorno che lui, le ultime parole scambiate… Niente.
Non aggiungeremo a queste altre parole. Almeno per un bel pezzo.
Quel che abbiamo fatto insieme è stato importante, e rimane.
Il resto lo teniamo per noi. Il resto è il rispetto che dobbiamo alla nostra storia comune.
Ciao Luca.