Bologna, 20 giugno 2024, lato nord del parco don Bosco, viale Aldo Moro, quartiere San Donato. Consigliamo di guardare prima il video, realizzato da attiviste e attivisti presenti quel giorno, e soltanto dopo leggere le righe che seguono.
Attivisti strappati giù dagli alberi, motoseghe azionate a pochi centimetri dai loro corpi, imbragature di sicurezza tagliate, celerini e addetti al disboscamento che si arrampicano tra i rami, pioggia di manganellate, abusi vari, violenza di genere, alberi segati con persone ancora sopra e senza transenne a delimitare l’area. Lunghe ore di violenza poliziesca, per poter abbattere ancora un po’ di verde pubblico.
L’unico commento a queste scene del sindaco Matteo Lepore è stato: «Bloccare un cantiere è un reato molto grave».
Nei giorni seguenti, la sua giunta e media locali compiacenti si sono impegnati allo stremo per imporre un diversivo: pagine e pagine dedicate a scritte apparse nel quartiere, intorno al parco don Bosco, a opera di non si sa chi, contro il PD e l’assessore ai lavori pubblici. Sproloqui sulla «minaccia anarchica», richieste di «isolare i violenti»… Qualunque cosa, pur di non isolare i violenti del video qui sopra. Per i nostri amministratori, significherebbe isolarsi da soli.
Se una cosa del genere fosse avvenuta in una città amministrata dalla destra – la destra dichiarata – avremmo avuto dichiarazioni indignate di Elly Schlein, paginate di Repubblica sul fascismo che torna, interrogazioni parlamentari, appelli firmati da scrittrici e scrittori ecc.
Poiché invece è avvenuta a Bologna, sedicente «città più progressista d’Italia» (ma dove a progredire sono soprattutto cemento e asfalto, e dove è in corso una vera e propria guerra contro gli alberi), bocche cucite. Tra le cose che è meglio non far sapere al resto del Paese, c’è lo stretto rapporto che da tempo il nostro sindaco ha col ministro di polizia Matteo Piantedosi.
C’è stata confusione: quando il 20 giugno sono circolati i primi video molte persone hanno creduto fosse in corso lo sgombero del presidio al don Bosco. Va dunque chiarito che il presidio c’è ancora.
Il presidio ha lo scopo di impedire l’abbattimento di mezzo parco per costruire una nuova scuola media, che – ironia involontaria di promotori e progettisti – dovrebbe chiamarsi Quattrofoglie. Lì accanto ci sono già le scuole Besta, che si potrebbero ristrutturare con una spesa molto più contenuta, ma che l’amministrazione vuole demolire.
Gli alberi lungo viale Aldo Moro sono invece stati sacrificati al tram, e alla pista ciclabile che gli passerà accanto. Opere «green» insomma. A Bologna si sta realizzando una rete tranviaria, ed è tutto un vorticare di concetti in sé giusti, come «trasporto pubblico», «riduzione delle emissioni», eccetera. Un tram è una cosa buona. Solo che questo specifico progetto di tram implica l’abbattimento di migliaia di alberi, nuove colate di cemento, nuovo asfalto, e in prospettiva nuove grandi urbanizzazioni nelle periferie, su suolo ancora libero.
Come dice l’assessore all’urbanistica Raffaele Laudani, Bologna deve espandersi, svilupparsi, allargarsi, diventare «una metropoli da un milione di abitanti».
Perché mai debba farlo, in una regione dove il consumo di suolo è uno dei problemi più gravi, non lo spiegano se non con pseudoconcetti neoliberali come «attrattività». Bologna è sempre più «attrattiva» – per i capitali, per gli studenti danarosi delle università private internazionali, per i turisti che ordinano i taglieri coi dadini di mortadella – ma sempre meno abitabile per chi ci vive.
Le scene presenti nel video vanno inquadrate in questo contesto.
Per approfondire:
Questi anni a Bologna: le balle «green» della giunta Lepore Clancy – Inchiesta in tre puntate (2023)
Il parco e la città. Uno sguardo dal futuro di Bologna (2024)
Ma soprattutto:
Distruggere gli spazi pubblici. Bologna da città progressista a città neoliberista (2024)
Chiunque voglia capire quel che sta accadendo a Bologna, conoscere il modello di città che viene imposto e contro cui (in)sorgono nuove lotte, deve leggere da cima a fondo questo articolo di Mauro Boarelli. Un’analisi esatta e impietosa dei processi in corso, una panoramica tra le più complete proposte finora.
Che disagio la sinistra di destra, mai mi sarei aspettato una reazione così scomposta dalla città più sustainable, green, inclusiva e progressiva d’Italia…
Tra l’altro proprio oggi il Governo ha fatto passare in Commissione Affari Costituzionali e Giustizia alla Camera, con i promotori i ministri Nordio e Piantedosi, la misura contenuta nell’articolo 11 del disegno di legge sulla sicurezza come norma ‘anti-Gandhi’. Questo provvedimento, attualmente in esame presso le commissioni Affari Costituzionali e Giustizia alla Camera, prevede pene detentive fino a un mese per chi blocca una strada da solo e da sei mesi a due anni se l’azione è compiuta da più persone. Teoricamente persino un gruppo di studenti che fa un sit-in di protesta davanti una scuola fermando il traffico per qualche minuto rischia il carcere.
Se non è fascismo questo, fare i “forti” con i deboli, cosa altro è?
Tutto contento il Sindaco Lepore, così potrà cementificare anche le menti.