Ecco… Beh… Oggi siamo sul Financial Times. Immortalati mentre indichiamo agli inglesi il cazzo di Nettuno (quello vero, che si vede solo da una certa prospettiva) e andiamo in pellegrinaggio sui luoghi della Resistenza bolognese. Buona lettura. Non abbiamo tempo di tradurre il pezzo, se qualcun* vuol farlo, grazie mille.
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Non ho mai tradotto nulla ma insomma
E’ una soleggiata mattina primaverile e sono sotto l’imponente statua del Nettuno, nella splendida Piazza Maggiore di Bologna, in attesa di un colpetto sulla spalla. Questo è il mio punto di ritrovo con Wu Ming 1. Non so che aspetto abbia, tutti e quattro i membri del collettivo letterario sotto pesudonimo hanno sempre rifiutato di farsi fotografare. Ma sto facendo del mio meglio per sembrare furtivo, un po’ come un eccentrico straniero che cerchi, non riuscendoci, di sembrare del luogo.
La messinscena alla Graham Greene funziona. Il colpetto sulla spalla arriva mentre sto fotografando il Nettuno. Roberto Bui, ovvero Wun Ming 1, mi chiede se sono Peter e ci stringiamo la mano. “Ho un angolo migliore da cui farti fare una foto”, dice, e mi trascina verso l’altro lato della fontana.
“E’ una scherzo famoso”. Indica l’edificio dietro di noi. “C’era un convento qui. E questa è la vista che avrebbero avuto le suore.” Guardo di nuovo dalla prospettiva del Nettuno da dietro e di tre quarti. Il braccio sinistro del dio è nascosto, ad eccezione del suo pollice, che sembra spuntare con estatico slancio dai suoi lombi “Sembra il suo pene,” spiega, senza che ce ne sia bisogno, la mia guida. “Lo scultore l’ha fatto apposta, per indispettire le suore. Perlomeno così dice la gente.”
Questo è un tipico momento alla Wu Ming. Il gruppo si dedica al recupero dell’elemento folcloristico del passato italiano, scandagliando il Paese in cerca delle storie dimenticate o nascoste. Usa questo materiale nei suoi romanzi eruditi e nel celebre blog, Giap, che analizza gli affari pubblici e sociali con sdegno malcelato per quei leader che hanno portato l’Italia nell’attuale stato di disordine. Non deve sorprendere che il gruppo abbia idee di sinistra. La loro città natale, Bologna, sede dell’università più antica d’Europa, è considerata una roccaforte progressista, con un motto edonistico: “la dotta, la grassa, la rossa”. Ma sono sospettosi anche del populismo semplicistico: ne testimonia la loro recente critica a Beppe Grillo, il comico diventato politico del cui Movimento Cinque Stelle diffidano.
Camminiamo per pochi metri, e ci fermiamo di fronte ad un muro coperto da foto che ritraggono quelli che, per la maggior parte, sono giovani di alcune decadi fa. “Sono partigiani caduti durante la guerra,” spiega. “Li ho mostrati a mia figlia di 3 anni e le ho detto che erano eroi. Mi ha chiesto perchè non indossassero delle maschere.” Sorridiamo entrambi amaramente. “Le ho detto che gli eroi a quei tempi avevano un aspetto diverso.”
I membri di Wu Ming, anch’essi senza maschere, hanno scritto un nuovo libro, Altai, ed invece che accettare la mia richiesta per una semplice intervista, si sono offerti di portarmi per un giorno in giro per luoghi che hanno promesso avrei trovato “interessanti”. Raramente incontrano la stampa tutti insieme. “Sei uno dei pochi,” dice Wu Ming 1 mentre attraversiamo a piedi la città per incontrare gli altri. “E’ un grande privilegio” dice con marcata ironia.
Incontriamo gli altri tre membri fuori dall’appartamento di Wu Ming 2. I numeri 4 e 5 arrivano poco dopo (Wu Ming 3 ha lasciato il gruppo nel 2008) e ci presentiamo. E’ uno dei miti riguardo al collettivo che siano rigorosamente anonimi: tutt’altro. Dicono che semplicemente non gli piace l’idea della notorietà. Divisi in due macchine, ci dirigiamo verso la campagna.
…
Wu Ming, che in Cinese significa sia “anonimo” che “cinque nomi”, a seconda di come si pronunci la prima sillaba, faceva parte di un gruppo più vasto formatosi negli anni ’90 conosciuto come Luther Blisset. La scelta di quello pseudonimo gli diede istantaneamente un seguito in Inghilterra: Blisset, un calciatore di colore che giocò nel Watford e nella Nazionale Inglese, ottenne un improbabile trasferimento al Milan nel 1983 ma fu rispedito al Wadford dopo solo una stagione.
Il primo romanzo di Luther Blisset (il collettivo, non il giocatore) è stato Q, del 1999, un intricato thriller di idee ambientato nell’Europa della Riforma. Più che la buona accoglienza, sono stati gli scherzi del gruppo ai media ad avergli dato maggiore notorietà.
C’è stata la storia di Harry Kipper, l’artista concettuale Inglese sparito sul confine Italo-Sloveno, che ha spinto una troupe italiana a fare un reportage sulla sua scomparsa. Poi lo scultore Serbo Darko Maver, morto in una prigione in patria durante una campagna di bombardamenti Nato, portando a scrivere entusiaste recensioni dei suoi lavori.
Entrambi erano elaborte imbrogli di Luther Blisset. “(le nostre beffe) erano popolate di artisti immaginari, perchè il mondo dell’arte è popolato di creduloni, che li rendono il bersaglio perfetto,” dice il gruppo oggi.
E’ stato un perfetto momento postmoderno: questo gruppo di giovani goliardici ed eruditi, con un nome collettivo preso da un calciatorucolo inglese, che gioca a tira e molla con giornalisti creduloni e pomposi commentatori d’arte, ciònonostante capace di produrre romanzi di reale importanza storica. “Carnaio ecclesiastico medievale. E’ incredibile,” disse entusiasta di Q Thom Yorke dei Radiohead. “Vorrei che ne fosse fatto un film.” Chi erano queste persone?
…
Guidiamo a fianco di un portico di archi rosei che portano alla basilia di San Luca.
Sono nella macchina con Wu Mings 1 e 2, e mi dicono che ci sono 666 archi in totale, un numero con rimandi satanisti. “Era un luogo di pellegrinaggio ma per poter arrivare alla basilica dovevi camminare con il diavolo,” dice Wu Ming 1. “Il portico è come un serpente, e tu sei nel suo ventre.”
E’ un’immagine inquietante a cui pensare mentre ci lasciamo la città alle spalle. Dopo circa 20 minuti arriviamo nel paese di Sabbiuno e ci fermiano in cima ad un piccolo dirupo. Siamo in piedi sul bordo. Questo è il luogo, spiega il gruppo, indicando in basso, dove furono trovati dozzine di corpi alla fine della guerra. Erano cittadini giustiziati sommariamente dai Nazisti. Un memoriale ai 100 morti – 53 conosciuti, gli altri senza nome – è stato eretto negli anni ’70, mettendo in fila singole lapidi, ognuna con un nome. “E’ un capolavoro di land art,” dice Wu Ming 1.
E’ un luogo quieto, solitario, che ispira rispetto. Wu Ming 3, Giovanni Cattabriga, parla della nuova linea ferroviaria tra Bologna e Firenze che passa qui vicino. “Hanno distrutto il paesaggio, solo per risparmiare una ventina di minuti di viaggio,” dice. “Ora, in un tratto tra le due città largo 20 km, ci sono due autostrade e tre linee ferroviarie.Tutto per aumentare il prodotto interno lordo.”
“Mi piace il rapporto tra la terra e le sue storie,” aggiunge Wu Ming 1, che nel gruppo parla il miglior inglese. “Il paesaggio è un testo. Clicchi su un posto, e ci sono le sue storie, come un sito web.” Wu Ming 3 e 4 camminano fino ad un piccolo museo dedicato al luogo del massacro. Dovrebbe essere aperto ma è chiuso. Non è un’esperienza insolita in Italia, dico, ed annuiscono sconsolati.
Saliamo nelle macchine e guidiamo fino a Rio Conco, un piccolo spiazzo di una strada di campagna, dove c’è un altro memoriale. Elenca 15 vittime che furono fucilate dai nazisti in rappresaglia per l’uccisione di due soldati da parte dei partigiani. La lastra recita “furono costretti a scavarsi le fosse e fucilati all’imbrunire.”
Ascoltando i quattro membri del gruppo discutere il nostro itinerario, è chiaro che trattino questi luoghi come altari, piccole testimonianze di un periodo della storia recente d’Italia che sta già scomparendo dalla memoria collettiva del Paese. La più grande paura del gruppo è che vengano completamente persi di vista.
Dopo pochi minuti di strada arriviamo al Colle Ameno, un complesso di edifici del 18mo secolo, quand’era una comunità di artisti. In seguito fu preso dall’esercito tedesco per farne un campo di lavoro. Questi luoghi sinistri mi fanno ripensare al precedente avviso del gruppo: qui, in queste colline verdeggianti e sinuose, siamo veramente nel ventre del diavolo.
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L’ultimo romanzo di Wu Ming, Altai, è una specie di seguito di Q, che porta la storia del subbuglio socio-politico del 16mo secolo in nuovi paesaggi: Venezia, Istanbul, Cipro. Questo racconto semi-romanzato dello scontro per il dominio tra l’impero Ottomano e Venezia è raccontato attraverso lo sguardo di una spia, Emmanuele De Zante, che è l’unico personaggio inventato tra tutti i protagonisti, realmente esistiti, del romanzo.
Come Q, il libro è ricco di dettagli storici ma contiene abbastanza colpi di scena ed invenzioni narrative per far continuare a leggere un lettore illanguidito. Il gruppo descrive la sua dichiarazione di intenti – mie parole, non loro – come “raccontare storie, con tutti i mezzi necessari”. Oltre ai romanzi, Wu Ming scrive saggi, prende parte a progetti musicali, e pubblica il proprio blog culturale, uno dei più seguiti in Italia.
Cos’è stato, chiedo, ad averli interessati dei periodi trattati in Q e Altai? “Il 16mo secolo è stato la fondazione della modernità,” risponde Wu MIng 4, “dello stato, del capitalismo, dell’idea dello scontro di civiltà.” Sono stati spinti a scrivere Q, sulla rivolta contadina in Germania, dalla sollevazione zapatista del 1994 nella provincia messicana del Chiapas.
Gli chiedo del loro passato. Due di loro, Wu Mings 2 e 4, erano insieme al liceo a Bologna. Hanno incontrato Wu Ming 1 al pub, e Wu Ming 5, Riccardo Pedrini, un membro della più famosa band punk in Italia, Nabata, si è unito poco dopo la pubblicazione di Q. Il nome Luther Blisset fu scelto, dicono, a caso. “Nonostante ci siano molte leggende metropolitane riguardo al suo significato;” aggiunge Wu Ming 4, Federico Guglielmini. “Alcuni dicono che fosse un presa di posizione anti razzista. Altri che Blissett stesso fosse una beffa, perchè giocava così male.”
La decisione di scrivere un romanzo collettivo fu in parte sperimentale, in parte una critica al culto dell’autore letterario. Il jeu d’esprit non ha funzionato bene nella loro patria, dice Wu Ming 1. “In Italia ci detestano. Il genere di recensione che riceviamo in Gran Bretagna è inconcepibile qui. Trovano estremamente irritante il fatto che scriviamo insieme. Amano questa idea dello scrittore come genio solitario.
“Abbiamo una strana sorta di centralità nel dibattito pubblico,” aggiunge. “E’ una contraddizione in termini: siamo ai margini ma anche al centro” Wu Ming 5, che ha le braccia tatuate stravagantemente ed un’aria leggermente più pericolosa degli altri, è più sicuro dello status sociale del gruppo: “Siamo degli emarginati,” dice.
…
E così andiamo a pranzo, con altre stregonerie.
Il gruppo ha promesso di portarmi in un ristorante che raggiunse una breve fama negli anni ’70 per essere il centro di rituali satanici. “Ma era tutto inventato,” mi assicura Wu Ming 1. Il ristorante, Locanda del Castello, è un vecchio castello, Palazzo de Rossi, ed assomiglia a molte residenze di campagna della provincia italiana.
Davanti ad una pasta ed una bottiglia di spumante, chiedo al gruppo quale fosse il senso del tour storico-magico della mattinata. “Cerchiamo storie,” risponde Wu Ming 1. “Storie che siano state raccontate male, che non siano state raccontate affatto, o semplicemente siano state dimenticate. Gli togliamo la polvere di dosso, per trovarne le parti interessanti. Ti parlano dal terreno. E quando ci cammini sopra dici “ahia” ”
Gli chiedo se abbiano intenzione di portare le loro idee di sinistra in campagna elettorale. “Siamo coinvolti nella politica ma come figure culturali, intellettuali,” dice Wu Ming 1. “Il nostro lavoro è di inquadrare delle storie nella giusta prospettiva,” aggiunge Wu Ming 4. Ci salutiamo davanti ai biscotti ed il vino dolce locale.
In Girlfriend in a Coma, il documentario di Bill Emmott e Annalisa Piras sul declino dell’Italia contemporanea, l’autore anti camorra Roberto Saviano dice che nient’altro che una “rinascita morale” del paese è necessaria per permettergli di liberarsi dalle influenze malefiche. E’ un termine magniloquente, che richiede un cambiamento completo su scala quasi rivoluzionaria.
Ma probabilmente Wu Ming ha ragione: i cambiamenti devono salire, letteralmente, dal suolo. Da storie di guerra, massacri, e rivolta politica che ricordino alla gente che c’è una differenza tra bene e male, e che non è sempre così facile fare una distinzione. “Alcuni dicono che le nostre storie riguardano sempre la sconfitta,” dice Wu Ming 2 mentre lasciamo il tavolo. “Ma in realtà riguardano sempre come superare la sconfitta.”
Al netto di qualche sfumatura che personalmente avrei reso in modo diverso (es. penso che al posto di “folkloristico” ci andrebbe “popolare”), di “parti interessanti” che invece era proprio “parti acuminate” (per questo quando ci cammini sopra dici AHIA! :-)), e di “Guglielmini” che in realtà è Guglielmi, al colpo d’occhio mi sembra una buona traduzione, che certamente rende l’idea dell’articolo. Grazie!
figurati, è un piacere, volevo appunto dirti che forse i virgolettati era meglio li traduceste direttamente voi ma sono così babbo che non ho trovato indirizzo cui spedire..un saluto da uno che ha abitato 7 anni in via san leonardo ed ora è tristemente milanese. complimenti per il lavoro
Ma senti Rabelais, a meno che tu non abbia scritto chissà cosa di strano (vado a vedere)….. grazie, per ora ;-)).
E’ un pezzo pure lungo!
Beh, sembrate gli “Umpa Lumpa” della contro-narrativa italiana! :-D
Fra battute, scampagnate in utilitaria e “biscotti with sweet wine” (aka tarallucci&vino) forse il punto di vista del Financial Times sui Wu Ming risente di qualche stereotipo di troppo sull’italianità che i Nostri si sforzano di decriptare. Anyway: l’articolo rimane un pezzo importante per la diffusione worldwide dello spirito wuminghiano.
La notizia più bella secondo me è la pubblicazione di Altai con Verso, una casa editrice veramente potente. Complimenti e in bocca al lupo!
Erano cantucci con vino passito, se non ricordo male :-) Ma può benissimo darsi che ricordi male, sono l’unico a non aver preso il dessert.
Comunque, è un resoconto molto fedele della giornata.
Grazie Rabelais.
Un bell’articolo. Anzi, una buona azione.
(Un film su Q lo sogno da almeno 12 anni. Alla “cricca” di torino, una sera di qualche tempo migliore addietro, ci eravamo divertiti un bel po’ a fare il casting.)
Lunga vita a tutti voi.
Buondi’, ho subodorato che alcuni di voi sono in partenza verso l’UK per presentare Altai. Visto che mi trovo a Londra, come si puo’ sapere dove e quando parlerete del libro?
Grazie e forse a presto!
Ecco le nostre apparizioni a Londra nei prossimi giorni:
http://www.wumingfoundation.com/english/wumingblog/?p=2029
Comprato il biglietto per domani. In Inghilterra ti fanno pagare il biglietto pure per assistere alla promozione di un libro, sono geniali, ti fanno pagare la pubblicita’!…
Magari per contrappasso poi ti regalano il libro…
Ci si vede al London Review Bookshop.