di Wu Ming 4
Il tour di presentazioni di Difendere la Terra di Mezzo è agli sgoccioli. Mancano un paio di date a marzo, dopodiché ne avanzeranno forse altre due molto distanziate una dall’altra, a giugno e a settembre. Considerando che ad aprile inizierà il “grand tour” collettivo per L’Armata dei Sonnambuli, sarà giusto evitare le sovrapposizioni e reindirizzare le energie sul nuovo romanzo.
Colgo dunque l’occasione dell’annuncio della presentazione genovese per tirare un paio di somme.
La prima considerazione da fare riguarda l’idea che mi ha spinto a scrivere e pubblicare un libro su J.R.R. Tolkien. Ritenevo che ce ne fosse bisogno, ovvero che servisse un saggio divulgativo in grado di restituire un’immagine più seria e veritiera di un autore troppo spesso snobbato e frettolosamente liquidato. Da fine novembre a oggi ho ricevuto ripetutamente conferma che l’intuizione avuta era giusta. La partecipazione e la qualità delle domande che mi sono state rivolte ad ogni presentazione parlano chiaro. L’interesse è sempre stato alto e in più occasioni mi è stato esplicitamente detto che il libro era necessario.
Non solo. A margine di ogni presentazione c’è sempre stato almeno uno dei partecipanti che è venuto a stringermi la mano e a ringraziarmi personalmente per averlo sgravato dal marchio d’infamia di essere un estimatore di Tolkien. Evidentemente l’etichettatura di Tolkien come autore per nerd irriducibili, o addirittura come autore fascista, è ancora forte, o per lo meno lo è stata negli anni passati, al punto che molti preferivano leggerlo un po’ di nascosto, senza sbandierare il proprio apprezzamento, quasi vergognandosi. Qualcuno, tra il serio e il faceto, mi ha detto che il mio libro è una specie di “sanatoria” che libera la coscienza di non pochi lettori. Se fosse anche solo parzialmente vero, ce ne sarebbe di che essere lusingato.
Anche l’estrema varietà di luoghi dove si sono organizzate le presentazioni fa capire che l’interesse per questo autore, tutto da riscoprire, è assolutamente trasversale. Da Catania ad Aosta; dalle librerie indipendenti ai circoli culturali; dalle fiere librarie alle sedi dei comitati di attivisti sul territorio; dai caffè letterari ai centri sociali.
Ed è proprio in un centro sociale che si terrà la presentazione del 20 marzo a Genova: lo “storico” C.S.O.A. Emiliano Zapata, in via San Pier D’Arena 36. Dalle 19:00 sarà possibile cenare in loco e a seguire, alle 20:30, ci sarà la presentazione. Come si suol dire: la cittadinanza è invitata… e senza bisogno di sapere parlare elfico o di conoscere l’albero genealogico della famiglia Baggins. Io non faccio fuochi d’artificio come Gandalf, ma di certi argomenti non mi stanco facilmente di parlare.
A suggello di queste considerazioni segnalo la più bella recensione di Difendere la Terra di Mezzo che mi sia capitato di leggere: è stata pubblicata su una webzine che si chiama “Atlantide” e non so chi l’abbia scritta, ma spacca.
Per finire, mi è stato chiesto se dopo questo libro continuerò a occuparmi di Tolkien e in che modo. Non ho ancora le idee chiarissime in merito. Per alcuni anni mi sono dedicato ad approfondire soprattutto il lavoro narrativo e saggistico di Tolkien sugli stili eroici. In futuro, se mi sarà possibile, vorrei spostarmi su un altro tema, che ho anticipato in un articolo di qualche settimana fa. Chi vivrà vedrà. E che i Valar ci proteggano…
Innanzitutto buon anno!
Interessante l’idea che pensi di sviluppare su Tolkien, perché il pezzo che hai scritto sulle storie d’amore e i personaggi femminili mi aveva fatto venire in mente alcune riflessioni che non ho postato là per non essere troppo logorroica e non spostare il centro dell’articolo. In effetti Tolkien a me, da donna, pur amandolo moltissimo e leggendolo e rileggendolo appassionatamente, fa l’effetto di arrivare a un punto in cui si apre un vuoto. Una mancanza. I personaggi femminili, appunto, intesi come figure autonome e non come reattivi principalmente alle figure maschili, quindi – ahimé – come eroine più o meno sbozzate e scolpite di storie d’amore. Parlo da lettrice istintiva, ovviamente, ma arriva un punto in cui si sente che manca qualcosa in cui riconoscersi. Il che spinge a pensare più dettagliatamente a cosa scrive Tolkien. (E forse non a caso tante epigone del fantasy hanno poi elaborato storie – scadenti e sovente didascaliche – imperniate su eroine femminili all’avventura.)
Se si riflette che l’essere femminile più dirompente del LotR è Shelob nei suoi cunicoli, più orrenda persino dell’Oscuro Signore, l’antistoria d’amore tra lei, Gollum, Frodo e Sam armato di Pungolo, beh… ma si potrebbe continuare, sia con lei sia con gli altri personaggi.
Sono curiosa di vedere il tuo lavoro.
Pe-re-pe-peeee! Finalmente s’ode a destra uno squillo di tromba. Mi chiedevo quanto tempo ci avrebbero messo i destrorsi a battere un colpo su Difendere la Terra di Mezzo. La risposta è: sei mesi. Bei riflessi, non c’è che dire. Lo fanno su Totalità – Magazine online di Cultura e Politica, nel cui comitato direttivo figurano, tra gli altri, Franco Cardini, Giordano Bruno Guerri, Marcello Veneziani: http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=5096&categoria=6&sezione=1
Titolo e sottotitolo del pezzo sono già un programma: “Wu Ming 4 non capisce Tolkien – Replica all’intervento firmato da un nome collettivo che evidentemente si vergogna talmente di quel che scrive da non firmare esplicitamente”.
Fantastico. Oltre ai tre avverbi (tutti in “…mente”) nella stessa frase, ci mancava la vergogna come motivo d’assunzione di uno pseudonimo letterario. Chissà cosa ne avrebbero pensato tali Lewis Carroll, George Eliot, Mark Twain, Joseph Conrad, Louis-Ferdinand Céline, George Orwell, ecc… Quanto invece alla totale mancanza di vergogna per scrivere scemenze ora si sa a chi possiamo rivolgerci.
Sui contenuti della recensione, che dire? Con sei mesi a disposizione per studiare una difesa ci si poteva aspettare almeno un po’ di controargomentazioni. Invece purtroppo, la solita solfa: un mix di frecciatine velenose, accuse d’ignoranza, e vittimismo contro i cattivoni comunisti che vogliono delegittimare tutte le letture eccetto la propria. Non una citazione da Tolkien, non una riga di confronto sulle pagine dell’autore. A un certo punto si insinua perfino che avrei copiato dai saggi di De Turris e Giuliano! Meraviglioso :-D
Immancabili un paio di trucchetti retorici per evitare di parlare delle magagne vere.
Si sostiene che avrei utilizzato contro le letture tradizionaliste l’argomento della loro esclusiva italianità, tradendo la mia esterofilia e provincialismo. Ovviamente nel libro ciò che imputo ai tradizionalisti nostrani non è già l’originalità, bensì il solipsismo e l’autarchia di cui questa pretesa originalità si è nutrita, riuscendo a far passare per conoscitori di Tolkien personaggi che su di lui collezionano strafalcioni marchiani e rivelatori (segnalati nel libro, ma dei quali il recensore saggiamente tace, per carità di parte).
Oppure mi si accusa di avere passato sotto silenzio “gli aspetti condivisibili delle letture tolkieniane oggetto di attacco polemico per evidenziarne solo i lati […]criticabili.”
Quali “aspetti condivisibili”? L’idea che Tolkien sia un autore ingiustamente sottovalutato dalla critica letteraria? O le ragioni del suo successo popolare versus il successo di critica? Be’, su questo si può stare tranquilli: su entrambe le questioni io e certi autarchici esegeti italiani non condividiamo affatto le stesse analisi. Non c’è proprio nessuna primazia o scomoda vicinanza da tacere. Taciturna rimane invece la recensione riguardo alla mia demolizione della lettura simbolista dei suddetti soggetti, laddove dimostro pagine alla mano cosa scrive Tolkien e cosa ne fanno derivare costoro, attraverso il metodo della lettura a singhiozzo e della citazione monca. E pur tacendo, non ci risparmia il solito vittimismo (giacché la lingua batte là dove il dente duole): dimostrare con gli strumenti della critica e delle lettura tematica che le tesi simboliste e tradizionaliste sono prive di valore ermeneutico-letterario significherebbe volerle censurare e cancellare. Pare infatti che sia assai più pluralista e dialettico affermare senza argomentazioni che io non capisco Tolkien. E tanto basta. Ottima linea di difesa, complimenti.
Dulcis in fundo, tre chicche.
La prima è l’accusa di avere sminuito “l’ipotesi di lavoro avanzata con molte cautele” da un singolo autore circa la presenza della dumeziliana tripartizione funzionale nella Terra di Mezzo. In questo caso mi dichiaro colpevole. Colpevole di non prendere sul serio un’ipotesi che nessuno studioso di Tolkien al mondo ha mai preso sul serio.
A seguire, l’immancabile stoccatina all'”ormai datato” Furio Jesi. Interessante come a distanza di trentaquattro anni dalla morte, Jesi per la destra continui a essere una fastidiosa spina nel… fianco.
Infine mi si imputa “l’incapacità di cogliere il retroterra culturale” dell’opera di Tolkien. Cercasi invano argomentazioni che suffraghino l’asserzione… e tuttavia il quinto capitolo di Difendere la Terra di Mezzo parla specificamente del tema, rintracciando le origini delle figure centrali del ciclo dell’Anello proprio nel retroterra culturale, artistico e letterario, di Tolkien, nonché citando letteratura primaria, secondaria, epistolario, ecc. Ma si sa che io non capisco Tolkien. E tanto basta, appunto.
Dunque, avanti il prossimo. Se c’è.
A codesto Malinverni che esordisce con una dotta citazione di Mario Vegetti, qualcuno gliel’avrà detto che Vegetti è comunista?
Franco Cardini, Giordano Bruno Guerri, Marcello Veneziani. Mancano Pigi Battista e Galli Della Loggia e lo zoccolo duro della “squadra” di Ideazione è al completo.
È già tanto che l’articolo non fosse riassumubile in “faziosi parrucconi intellettuali comunisti che non capiscono nulla”.
Appuntatevi al petto pure questa medaglia, va. :)