Rilanciamo dal sito di XM24:
«Quanto sa essere sciocco il potere quando ci si impegna? Siamo stati denunciati dalla polizia mentre cancellavamo l’opera di Blu! E con questa ci conquistiamo la denuncia più stravagante e imbecille dell’anno!»
Così scrivevano i compagni del Laboratorio Crash la mattina di sabato scorso, e c’è poco da aggiungere: se disegni sui muri ti denunciano, se cancelli i disegni ti denunciano… ma solo se non fai parte del «popolo delle spugnette», dei vari Retake e comitati «anti-degrado». In quel caso, il tuo è spirito civico da premiare.
Mentre tutti si chiedono se Bologna d’ora in poi sarà “più brutta”, noi diciamo che una terribile bellezza è nata. L’azione di sabato ha gettato i poteri locali nello scompiglio. Per la prima volta da tanti anni, si vedono alcune “eminenze” costrette a uscire allo scoperto e giustificarsi. Oggi chi ha voluto a ogni costo la mostra Roversimonksy & Co. è sulla difensiva.
Qui nel Principato di (Roversi) Monaco, si parte e si torna insieme. Per far sentire ai compagni denunciati la solidarietà del nostro mondo, e per raccogliere fondi per le spese legali, abbiamo organizzato una serata benefit.
Giovedì 17 marzo dalle h. 18, all’XM24, via Aristotile Fioravanti 24, una serata di concerti, reading, cibo, riffa, libri, serigrafie, umanità.
h. 18 «Scrivi i tuoi (ro)versi» sul Muro (musica, pennelli e bombolette li trovi già lì)
h. 19 Reading musicale con WU MING e GUGLIELMO PAGNOZZI
h. 20 Cena vegan: «Magnate pure questa!»
h. 21.30 estrazione riffa «piglia tutto»
h. 22 Concerti: KONTATTO (d-beat/crust) – INTO THE BAOBAB (punk) – SIEGE STOMPERS (punk/hc)
Vieni in maschera, anche la mascherina va bene.
Anche a Roma si stanno verificando fenomeni singolari. Qui è il commissario straordinario dott.on.di gran. croc. Francesco Paolo Tronca a “disporre” la rimozione delle scritte vandaliche riapparse ieri notte sul muro di Porta Maggiore.
Recita AMA:
“Nelprimo pomeriggio di oggi, su disposizione del Commissario Straordinario di Roma Capitale Francesco Paolo Tronca, un nucleo della Linea Decoro Ama, composto da 2 operatori con l’ausilio di 1 idropulitrice, ha immediatamente rimosso le scritte vandaliche apparse sul muro adiacente al tunnel di piazza Porta Maggiore. Nello stesso punto il personale Ama aveva già effettuato un intervento di rimozione dei graffiti sabato 12 marzo insieme ai volontari di Retake Roma ed altri cittadini nell’ambito dell’iniziativa Wake Up Roma. L’intervento si è svolto con il supporto degli agenti del nucleo “Pics” della Polizia di Roma Capitale.”
Quello che la municipalità non specifica è che la scritta recitava “Né Pubblico Né Privato, Comune” ed era nata alla conclusione di una manifestazione che aveva coinvolto migliaia di persone nel 2014. L’azione della scorsa sera era un tentativo di far ‘riemergere’ la scritta dopo la cancellazione.
Insomma – quasi in concomitanza – mentre a Bologna si denuncia chi cancella, a Roma si denuncia chi riesuma le scritte e chi ordina la cancellazione è il capo della città.
:-PPP
Su rep dicono che uno dei graffiti cancellati sarebbe stato commissionato e pagato dal quartiere. Ciozza o verità?
Verità. Anche se per l’entità del pagamento si era trattato più che altro di un rimborso spese.
In realtà né ciozza né verità, ma quel genere di enunciato che Harry J. Frankfurt ha esplorato nel suo saggio Bullshit (in italiano Stronzate), cioè un discorso ininfluente, diversivo, supercazzolesco. Ne abbiamo parlato qui.
Confermato che era bullshit e che era un rimborso spese. Il murale l’ha fatto gratis e chi gliel’aveva commissionato e rimborsato appoggia l’azione di sabato scorso.
E anche questa era secca ed è rimbalzata via dal muro. Vediamo cosa s’inventano oggi. Il sole è ancora alto.
Dipende sempre da come la metti. Blu ha dipinto il muro della Scuola di Pace, per via di un rapporto di amicizia.
Tramite la scuola, ha avuto un rimborso dal quartiere, tenendo conto della spesa per le vernici e per il cestello meccanico (il muro è molto grande). Quindi: il quartiere non era il committente, se mai il rimborsante, e la cifra era, appunto, più un rimborso che un pagamento per l’opera.
In ogni caso, secondo me faremmo meglio a de-bluizzare questa faccenda: se anche i graffiti li avessero rimossi anonimi cancellatori, secondo me il senso profondo dell’azione non cambierebbe. Discutere se Blu aveva ho no “il diritto” di cancellare le “sue” opere mi pare fuorviante (non che tu l’abbia fatto, ma la questione di ‘sto pagamento/rimborso viene poi giocata in quel senso: se l’avevano pagato, allora non doveva cancellarlo (con tutto che, probabilmente, non l’ha manco cancellato lui-di-persona).
Sgomberato stamattina a #Bologna lo sportello Social Log. Un attacco al cuore pulsante del movimento di lotta per la casa.
L’evento di stasera sarà ancora più incazzato e combattivo.
Alcune impressioni sulla mostra di streetart, dopo la conferenza-stampa e prima del vernissage militarizzato.
Cos’è questa tristezza, che ti investe come un fiume in piena eppure è ferma come una palude?
In uno dei commenti al post precedente qualcuno citava i pezzi delle porte di Ninive a Berlino. Ecco, il tòcco di muro con lo stencil di Banksy secondo me rende bene l’idea del carattere predatorio e, appunto, neocolonialista dell’intera operazione.
Del colonialismo manca però la (innegabile benché deprecabile) grandeur, lo “splendore”, il glamour. Il respiro, insomma. Qui c’è asfissia, e dopo un’oretta che ci penso, l’aggettivo che più mi torna in mente pensando a quelle opere è «miserabili», proprio nel senso stretto del termine: si prova compassione, una compassione angosciata, come se vedessimo la gamba mozzata di un bambino.
“come se vedessimo la gamba mozzata di un bambino”
Sempre bello light, eh Wu Ming 1?
L’effetto di ‘sti pezzi decontestualizzati fa un po’ reperti egizi al British Museum, il che però è anche il lato positivo dell’operazione. Pone domande non banali sul mondo dell’arte e anche la street art, che alla fine indirettamente magari ci guadagna (non economicamente, ok).
I reperti egizi al British Museum rientrano in quella grandeur coloniale, imperiale, di cui parlavo sopra. Qui è tutto molto più piccolino, prosaico, anche pitocco. Su Twitter qualcuno ha scritto che queste sale ricordano «il magazzino di un ricettatore». Un allestimento dozzinale, sembra una fossa comune come potrebbe immaginarla Jeff Koons. E purtroppo, a differenza di quel che scrivi, tutte le domande che mi sono venute in mente erano banali, a partire dalla primissima: «Tutto qui?». A porre domande non banali sulla street art non è questa mostra, ma la resistenza che le si è opposta, dal gesto di Blu al progetto R.U.S.CO. in via Stalingrado.
Io il riferimento ai musei coloniali “ma senza grandeur” lo trovo perfetto. Da un lato c’è l’estrazione del valore dalla recinzione delle terre o dalla rapina (il landlord, appunto) ma dall’altro l’unico primato che al nuovo signore preme esibire è quello morale. Stanno solo salvando la futura storia dell’arte dalla rovina, è così che dicono, anche perché un’esibizionismo di carattere diverso (o un allestimento più trionfale) rischierebbe di rompere un equilibrio. A me pare che sia questa la forma specifica in cui il nuovo colonialismo intraprende la colonizzazione della metropoli: una violenza morale (come sempre) ma senza una dimensione realmente pubblica, come sia pure in modo bamboccio lo era quella del primato nazionale. Che poi tutto questo lo faccia con le carte in regola e “legalmente” non è una stranezza, ma il tratto distintivo di questo genere di belle imprese, solo che ora il vecchio lavoro sporco dello stato viene parzialmente trasferito nella filantropia, le fondazioni, il non-a-scopo-di-lucro, la politica del buon samaritano, la charity della Silicon Valley e tutto un complesso di prestazioni morali che a mio modo di vedere stanno al centro del problema.
Ps. Mi dovete scusare, il contributo che mi sentivo di dare al dibattito è questo, ma visto che ci siamo ne approfitto: Leonardo che regge involontariamente il moccolo ai fascisti è decisamente sopra le righe e sbagliato (e non per ragioni morali, a questo punto ci mancherebbe). E’ sbagliato perché a personalizzare lo contro – come si vede anche in questi giorni – sono proprio quelli che liquidano qualunque gesto politico in una prospettiva psicologica, personale, biografica. Blu non è stato “consigliato male” e Leonardo ha preso una posizione della quale non condivido una virgola senza per forza stabilire chi è e come scrive “sempre”.
Eh, caro Pierpaolo, sull’abuso di ironia da parte di quelli che chiamiamo i «benpensanti del XXI secolo», e sulle conseguenze di tale abuso, il discorso sarebbe lungo. Teniamolo in serbo per un’altra discussione, che prima o poi sarà d’uopo fare.
Leggo sul Corriere Bologna di questa mattina che la fattura per il murale di Blu nel Quartiere Savena è stata acquisita dalla Procura di Bologna:”… nel giorno in cui si apre la mostra organizzata da Genus Bononiae di Fabio Roversi Monaco la vicenda di Blu e della sua scelta di cancellare le opere che finora è stato soprattutto un caso politico e artistico rischia di diventare anche un caso giudiziario”
Se il dibattito sulla funzione dell’arte in questa città si dovesse spostare in tribunale allora significa che Blu ha avuto doppiamente ragione e aveva capito prima di tutti che siamo alla frutta…
A #Bologna siamo arrivati al punto di massima miseria: una parte di potere cittadino rinfaccia a un artista un rimborso spese (peraltro, probabilmente parziale); la magistratura ci apre un caso sopra, e una parte del mondo giornalistico pensa che questo sia un argomento degno di rimpiazzare le questioni vere e di fondo sollevate dalla resistenza culturale di questi giorni. Resistenza non solo di Blu ma di una parte attiva di opinione pubblica che lo appoggia.
Tutto questo, guardacaso, mentre le foto della mostra fanno vedere quanto sia racchia e malconcepita, e mentre Roversi Monaco si muove goffamente fuori dalla sua zona di comfort, indispettito e nervoso, e si contraddice platealmente a ogni esternazione.
Delle implicazioni del gesto di Blu si sta parlando in tutto il mondo (e non è un’iperbole), e nell’ormai atrofizzata Bologna mainstream si parla di fatture e scontrini.
Questo diversivo non funzionerà.
Non sono un’esperta, ma quando Roversi Monaco nell’intervista a Radio Città del Capo dice che le opere di Blu sono ora proprietà di una “cooperativa senza scopo di lucro”, mi pare stia facendo una supercazzola. Tutte le cooperative sociali sono senza scopo di lucro per statuto. Prendiamo lo statuto della cooperativa Dolce, per esempio, e c’è scritto che è senza scopo di lucro (https://www.societadolce.it/wp-content/uploads/2012/08/Statuto.pdf). E’ una formula, non vuol dire una mazza. Lo specifico perché da come ne parla il Magnifico, pare che i pezzi rubati siano andati in beneficenza.
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