Un feticcio di «working class», ovvero: il mito razzista dei «proletari che votano Trump»

Donald Trump a pugno chiuso

[Chi ripete la narrazione tossica su Donald Trump che ha avuto, tout court, «il voto della working class», ha una minima idea di cosa sia la classe lavoratrice americana, di come abbia votato o non votato, e perché?
Plausibilmente no.
Quanti sanno che Trump è stato votato da una netta – anche più netta che in passato – minoranza della società americana, e la fascia di reddito dove ha ottenuto il miglior risultato è quella dai 250.000 dollari all’anno in su?
A quanto pare, pochissimi.
Ecco perché pubblichiamo un contributo che ci è appena arrivato dagli Usa e ci sembra contenere importanti spunti.
N.B. Il titolo è nostro, quello di Valentina era «Benvenuti a Trumplandia».
Buona lettura. WM]

di Valentina Fulginiti

1.

Lavoro in un’università della Ivy League nel nord-est degli USA: una piccola isola felice di politica liberale e di privilegio economico. I miei studenti sono gentili, miti, studiosi. Forse sarà perché insegno nel collegio delle arti liberali, ma i giovani che incontro quotidianamente sono idealisti—anche se rispettosi delle regole fino all’ossequio—attenti a riciclare, aperti alla diversità sessuale e di genere, educati, sensibili, colti. Molti di loro sono privilegiati dalla nascita (come chiunque in questo paese possa permettersi di sborsare fino a 50.000 dollari annui tra retta e spese di vitto e alloggio). Anche i conservatori (pochi, per la verità) sono gentili, civili — ragazzi che sembrano usciti da un film dei primi anni ’50, con le loro cravatte regimental, i pantaloni beige, i blazer blu, la riga tra i capelli. Tutto è ovattato, quasi irreale. Anche nelle discussioni politiche (rare, perché tra persone beneducate non si parla di politica a meno che non si sia già tutti d’accordo), si avverte la costante preoccupazione a non urtare le altrui sensibilità, a non emettere alcuna nota dissonante.

È la mattina del 9 novembre, e il campus è avvolto in una calma innaturale. Nell’ultimo anno e mezzo la nostra comunità è stata segnata da diverse tragedie. In agosto, il suicidio di un ragazzo giovanissimo e talentuoso. All’apertura dell’anno accademico, l’assurda morte di un diciannovenne in una rissa scoppiata ai margini del campus. La scorsa primavera, la morte inaspettata e prematura della Rettrice, stroncata da un cancro fulminante. Occasioni tragiche, che hanno portato a momenti di silenzio, riflessione, raccoglimento. Eppure in nessuna in queste occasioni il campus si era immerso in un silenzio tanto raggelato e spettrale.

Gli studenti dei miei corsi sono traumatizzati. Per quasi tutti si trattava del primo voto: il paragone con i loro fratelli maggiori, diventati maggiorenni nell’epoca di Obama, è impietoso. Ripenso all’entusiasmo che, appena un anno fa, alcuni dei miei ragazzi avevano mostrato nel promuovere la campagna di Bernie; ricordo le loro animate discussioni, i capannelli cospiratori nei cambi d’ora, gli zaini e le bottiglie riutilizzabili per l’acqua tappezzate di adesivi, e la progressiva delusione a mano a mano che la vittoria del loro candidato alle primarie si faceva sempre più irreale. Tutto ciò sembra appartenere a un passato ormai remoto.

Nell’attesa della lezione alcuni — i più giovani — provano a sdrammatizzare, chi con una battuta, chi con la promessa di emigrare in Canada. La lezione di lingua italiana li distrae. Per un’ora, alle prese con i verbi riflessivi e il presente indicativo, dimenticano l’attualità; ma mentre lasciano la mia aula, li vedo ripiombare nello stesso silenzio apatico e disperato. Nella mia seconda lezione (un corso sulla cultura italo-americana e le sue intersezioni con razza, genere e sessualità) il clima è decisamente più cupo. Robert*, studente di lettere, entra in classe e annuncia con voce rotta (ma in perfetto italiano) di essere «senza parole». Mike, un ragazzo riflessivo e sensibile, senz’altro tra i più diligenti e motivati della classe, fatica a trattenere le lacrime mentre partecipa alla nostra analisi testuale e deve uscire brevemente durante la lezione. X, figlia di due immigrati, le lacrime non prova nemmeno a nasconderle: a più riprese si lascia andare a un pianto tanto silenzioso quanto incontrollabile. Mi viene difficile trovare paragoni. L’unico che mi viene in mente è l’11 settembre (un paragone sentito più volte ieri sera rispetto al tonfo del Dow Jones, 800 punti persi in un solo giorno). Mi tornano in mente le reazioni sgomente e traumatizzate che seguono un attentato terroristico. Si apre così l’era Trump: il terrore al potere.

2.

In facoltà tra i colleghi il clima non è molto diverso. Alcuni hanno lo stesso sguardo vitreo dei miei studenti. «Buona giornata», scandisce con voce rotta E., una delle ultime colleghe assunte, naturalizzata da quasi vent’anni eppure incredula di fronte alla caporetto democratica.

Poi ci siamo noi: gli italiani che ricordano fin troppo bene i tre cicli elettorali dominati da Berlusconi, quasi due decenni passati a fissare in volto la Gorgone; noi che l’abbiamo visto subito, fin dalle primarie, che la minaccia di Trump non andava né sottovalutata né derisa ma presa terribilmente sul serio; noi che abbiamo riconosciuto i segni e speravamo (pregavamo!) di sbagliarci. Noi che abbiamo visto l’insipida inconsistenza della campagna di Clinton e la sanguigna volgarità del Capo, e abbiamo tremato. La stessa terrificante sottomissione all’avversario; una campagna elettorale sbagliata dall’inizio alla fine, perché priva di un’identità e di una narrazione proprie, e di fatto asservita all’agenda dettata da Trump, il quale ha saputo invece imbastire una narrazione potente, accattivante, galvanizzante, per quanto retorica e superficiale.

Nel pomeriggio, al silenzio segue il vociare; piccoli capannelli si formano; tra gli spezzoni di frasi, «electoral college», «rust belt», «nobody» e «the polls were wrong» sono i più ricorrenti. Si cerca, invano, di ricomporre i pezzi del puzzle.

La cosiddetta fallacia del giocatore, la difficoltà estrema di immaginare un sommovimento dello status quo, il fatto che i sondaggisti e gli analisti fossero tutti pro-Clinton (con l’eccezione di Nate Silver che ha saggiamente evitato di sbilanciarsi fino all’ultimo), lo schieramento pro-Clinton di quasi tutta la stampa tradizionale e di area liberal, dal New York Times fino a diverse testate locali di tradizione repubblicana, e la stessa impensabilità di Trump presidente: sono molti i motivi che spiegano lo choc. Ma viene quasi da pensare che i sondaggi abbiano sbagliato anche perché a volte non bastano i numeri: quell’immagine che i sondaggi restituivano mossa e sfocata forse avrebbero potuto darcela i tanto vituperati saperi umanistici e discorsivi: la retorica, l’analisi delle strategie comunicative, l’analisi critica. Per fare un esempio, il regista Michael Moore ci aveva azzeccato, con mesi d’anticipo, anche quando le statistiche davano la Clinton in netto vantaggio. Sarà un caso?

3.

Com’è possibile, mi domando, che nessuno si aspettasse la vittoria di Trump?
Certo, noi che viviamo nella piccola bolla liberale di Ithaca—un isolotto blu nel mare rosso repubblicano che è lo stato di New York (ben distinto dalla città di New York City) corriamo il rischio di separarci dal resto della società, convinti che la nostra quotidianità fatta di zone pedonali, biciclette e mercati della terra sia la normalità. Ma bastava allontanarsi di una ventina di chilometri per respirare un’aria diversa. Si esce da Ithaca per andare verso Groton, Dryden, Cortland, in direzione di Syracuse: un mare di cartelli blu per Trump/Pence, raramente punteggiati dall’azzurro chiaro di qualche cartello pro Clinton e – un po’ più spesso – da quelli per Bernie. Diamine, anche dentro Ithaca bastava andare a fare la spesa al Walmart locale per vedere le magliette «HILLARY FOR PRISON 2016» (per tacere di altri slogan ben più volgari) e i pick-up ricoperti di adesivi strillanti, più «maleducati» di una canzone di Vasco.

C’è ben poco a tenere a galla queste aree semi-rurali, tra laghetti da cartolina e dolci colline: molte fattorie, alcune pericolanti e abbandonate, altre riconvertite in vigneti e birrerie, più che altro popolate di turisti e di qualche festa di addio al nubilato; qualche piccola università statale e qualche college a vocazione professionale; case fatiscenti e macchine lasciate ad arrugginire sotto un eterno cartello “Vendesi”; qua e là un ambulatorio, magari specializzato nel trattamento del dolore – che si tratti di un «pill mill», una di quelle discutibili cliniche spuntate come funghi negli ultimi dieci anni e che distribuiscono legalmente ricette per oppiacei? Ogni tanto appare uno strip mall, un susseguirsi amorfo di supermercati e grandi magazzini. Pochissimi i servizi: un raro ufficio postale, un bar sgangherato, un diner di provincia dove consumare caffè, uova e bacon a qualsiasi ora del giorno. Un’abitazione dove ha soggiornato qualche personaggio storico trasformata in attrazione turistica. Una Main Street lucidata e pulita, con mattoni a vista e coccarde tricolori, circondata da vie deserte e case in rovina. Lungo le strade semi-abbandonate di cittadine un tempo fiorenti, la metà dei negozi ha le vetrine coperte di compensato. E se pure in questo stato la grande mela, con i suoi 8 milioni di abitanti cosmopoliti e post-razziali, è bastata pressoché da sola a controbilanciare la marea rossa dei collegi rurali regalando alla Clinton tutti i 29 voti dei grandi elettori in blocco, vista da qui la fotografia appare nitida. Non stupisce che Trump, con la sua virulenta retorica anti-cinese, abbia vinto nella cosiddetta «rust belt», la fascia del nord de-industrializzato e arrugginito, tra le contee dell’industria mineraria ormai smantellata e nelle aree rurali devastate dall’epidemia di oppiacei.

4.

Eliminiamo, una volta per tutte, un clamoroso fraintendimento: una delle più grandi menzogne di queste elezioni post-fattuali (in cui la verità è stata sostituita dalla continua riscrittura di una finzione, e in cui le narrazioni hanno riaffermato, ancora una volta, il loro potere attraverso media vecchi e nuovi) è che «la classe operaia» si sia schierata per Trump. C’è un elemento di verità in questa affermazione, ma la questione è molto più complessa di così; e non solo per via di altri fattori come la maggior astensione del voto nero e di tutto il voto democratico (oltre sette milioni di voti persi dal 2012 a oggi), le politiche di soppressione del diritto di voto attive soprattutto in Wisconsin, North Carolina e Arizona (guarda caso), la sopravvalutazione del blocco latino da parte dei Democratici oppure la «sorpresa» nel voto delle donne bianche laureate, che si è rivelato più pro-Trump di quanto non ci si aspettasse. Sia ben chiaro, questi fattori sono tutti reali e hanno avuto un peso determinante; ma decine di analisti li già hanno rilevati, scrivendone in modo ben più approfondito e corretto di quanto non riuscirei a fare io con la mia laurea in Lettere Moderne.

Ancora Trump a pugno chiuso

Quella di Trump non è la «rivolta della classe operaia». Perché dire che i «Reagan democrats» della «rust belt» corrispondono, in toto, alla «working class» significa cancellare la pluralità di altre esperienze, voci, conflitti e facce che pure compongono la classe lavoratrice in questo paese. Le contraddizioni sono moltissime. Gli elettori bianchi della West Virginia, dell’Ohio centrale, della Pennsylvania e del Michigan rurali rimpiangono i bei tempi in cui un diploma di scuola superiore dava accesso a lavori di fabbrica ben pagati e dignitosi, ma non rimpiangono necessariamente i sindacati forti che quei salari dignitosi li garantivano. Come imprenditore Trump è a dir poco ostile ai sindacati, e come candidato è contrario all’innalzamento del salario minimo a 15$; anzi, una delle sue presunte strategie per riportare le fabbriche negli USA è deprimere gli stipendi della classe operaia per renderli di nuovo «competitivi». (Queste cose Trump le ha affermate in campagna elettorale anche se, bisogna ammetterlo, le ha dette un po’ di sfuggita tra una giravolta e l’altra).

In questa particolare visione della «working class», non si trova alcuna solidarietà con le altre voci che pure compongono la lotta di classe in questo paese: le madri single che beneficerebbero di politiche lavorative attente al genere; tutte le persone a cui l’Affordable Care Act (per quanto imperfetta, parziale e criticabile) aveva garantito un minimo di copertura sanitaria e che si troverebbero senza assicurazione dall’oggi al domani; i lavoratori e le lavoratrici precari e sotto-qualificati che devono mettere insieme due lavori per portare a casa un mezzo stipendio. Al contrario, fra i sostenitori di Trump con cui mi è capitato di parlare (qualche conoscente purtroppo ce l’ho anch’io), si avverte un profondo risentimento all’idea che le proprie tasse siano usate per aiutare chi non se lo merita, gli altri. Chi sono gli altri? I parassiti. Gli immigrati. I rifugiati. Gli ispanici. (Questi ultimi sono sempre tutti visti come «clandestini», anche se magari hanno la green card da quindici anni e probabilmente pagano più tasse di quante ne abbia mai pagate Trump in vita sua). Le madri single. I neri. Gli «Islamici». Gli «Orientali». I vituperati Millennials—una definizione pseudo-generazionale ed anti-intellettualistica dei giovani, che mette insieme i diciottenni e chi ormai va per i trentacinque.

È successo, a farla breve, che la sinistra (tutta: quella radicale e quella moderata) si è lasciata rubare il semantema della classe operaia. E il principale artefice di questo disastro culturale e politico è stato proprio il clintonismo (così come le varie declinazioni del centrosinistra europeo), nell’illusione che tutti fossero diventati ricchi di colpo grazie all’esplodere dell’economia dot.com e del terziario globale. In questo vuoto si sono fatte strada le narrazioni tossiche, la nostalgia, la paura della complessità, la xenofobia, il razzismo, il discorso esclusivo dei suprematisti bianchi e dell’integralismo cristiano.

Sempre Trump a pugno chiuso

La sinistra si è così disfatta dell’identità di classe: la sinistra moderata con il suo appeal centrista alla classe media; e quella radicale prima col suo slogan, tanto inclusivo quanto ingenuo, «Siamo il 99%» (come se non ci fosse differenza tra chi frequenta l’università e chi nelle aule ci va a passare lo straccio), e poi con la sua preferenza per le determinazioni identitarie. Così facendo, tra l’altro, si è privato il lavoro de-strutturato (quello ai gradini più bassi della scala dei servizi, quello sotto-pagato e sotto-qualificato, spesso femminile, talora illegale) di una propria identità di classe. Non è un caso che, a fronte del tradimento storico dei sindacati ufficiali, le lotte più radicali siano quelle che partono dall’autorganizzazione in luoghi atipici e quelle per l’innalzamento del salario minimo, dai lavoratori nei fast-food a chi fa le pulizie nei grandi alberghi, dove spesso i lavoratori (e di conseguenza i sindacalisti) parlano in spagnolo.

Ma dall’altra parte dello schieramento politico, esser parte della «working class» conferisce di colpo una nuova visibilità politica, una credibilità e un’autorevolezza altrimenti perdute. Così i membri della classe media bianca che sentono scivolare la loro egemonia e rimpiangono i bei tempi andati si presentano come la classe lavoratrice, indipendentemente dal loro effettivo reddito. Basta dare un’occhiata ai dati: Trump ha prevalso tra le fasce dal reddito medio e alto, da cinquantamila dollari all’anno all’insù. Negli USA 50.000 dollari sono il salario annuale di un insegnante con anzianità di servizio o di un impiegato con un lavoro decente: non per forza dei nababbi, ma nemmeno parte della classe operaia. Per alcuni l’emergenza economica percepita non sta nell’effettiva povertà ma anche e soprattutto nell’ansia per un potere d’acquisto perduto, nella paura di scivolare più in basso e anche nella certezza di «aver perso il proprio legittimo posto in prima fila» – un posto che, non bisogna dimenticarlo, era garantito anche dal razzismo istituzionale e sistemico, dall’esclusione delle donne, dei marginali, del «diverso».

Quella che ha spinto alla vittoria prima la Brexit e oggi Trump è un feticcio di working class: depurata di ogni diversità, non inclusiva ma esclusiva, fondata non su un comune ideale di solidarietà ma sulla comune appartenenza razziale; una comunità che rimpiange i tempi in cui si dormiva senza il chiavistello alla porta, ma che sogna muri, cancelli e divieti d’ingresso. È, soprattutto, un’immagine prevalentemente maschile, virile, di una classe che si vorrebbe operaia o artigiana (nessuna solidarietà per chi lavora nel settore dei servizi, magari ai ranghi più bassi). È una classe che rimpiange i tempi in cui studiare non serviva o comunque non era richiesto, e che infatti, indipendentemente dal titolo di studi posseduto, si fa forte di un certo anti-intellettualismo (nessuna solidarietà per i neolaureati indebitati fino al collo, visti come dei mocciosi viziati, o per i professori a contratto pagati 2,000 dollari a corso, il cui lavoro non viene considerato «serio»). Se non interamente maschile, è comunque una classe rigidamente «eterosessuale», i maschi nelle fabbriche o al fronte e le donne al loro posto, in pochi ruoli codificati e rassicuranti. È, infine, un’immagine di un bianco uniforme e monocromatico. Così definita, questa non è una classe sociale, ma un mito delle origini.

5.

Ho aspettato un paio di giorni per scrivere questa conclusione. Come sempre accade in questi casi, dopo i primi giorni di panico, confusione e disperazione, le situazioni si sedimentano e si viene a patti lentamente con quanto è accaduto. Mentre nelle grandi città la protesta incendia l’aria, il vento della protesta è arrivato persino nella mite Ithaca: veglie a lume di candela, un sit-in notturno, una marcia pacifica e affollata sul campus. Nel frattempo attraverso la nazione si moltiplicano le testimonianze di aggressioni e intimidazioni razziste (non tutte vere, ma purtroppo molte confermate); e i quotidiani alternano acute e pregnanti disamine del fallimento di Clinton ai primi tentativi di normalizzazione. Fra i miei studenti c’è chi, galvanizzato dalla sconfitta, intende moltiplicare gli sforzi, mobilitarsi e protestare e magari riprendersi la DNC; ma molti sembrano semplicemente esausti da una campagna elettorale lunghissima e dalle molte delusioni, e vorrebbero che tutto questo potesse essere cancellato con un tratto di penna. È un desiderio umano e comprensibile, anche se, purtroppo, moltissimi non potranno permettersi il lusso di chiudere gli occhi.

La negazione, la rabbia, il tentativo di venire a patti, la depressione, l’accettazione: sono queste le fasi (non per forza in quest’ordine) dell’elaborazione del lutto secondo il modello Kübler-Ross. Le vedo riflesse nei mille atteggiamenti delle persone che incontro ogni giorno. La rabbia di chi urla «not my president», non è il mio presidente. Il tentativo di venire a patti con la sconfitta, per esempio aggrappandosi alla vittoria popolare, o all’assurda speranza di un salvataggio in extremis da parte dei grandi elettori. La negazione di chi promette di emigrare in Canada o vorrebbe che tutto ciò non fosse mai successo. La depressione di chi da quattro giorni non fa che piangere e ripetere, «I can’t even», «non riesco neppure ad articolare le parole, a finire le mie frasi». E la bieca accettazione che già fa capolino da qualche editoriale, nei giornali che fino a ieri dipingevano Trump come il demonio e che hanno già attaccato col mantra del «lasciamolo lavorare».

La mia speranza è questa: che la rabbia prevalga sulla depressione apatica, sul tentativo di normalizzare l’orrore, sul tentativo di venire a patti con la marea fumante che già monta; ma che si tratti di una rabbia razionale, lucida, organizzata e nonviolenta.

* Tutti i nomi sono stati modificati per proteggere la privacy.

ALTRE LETTURE UTILI

Donald Trump a Gorino – di Euronomade

Perché non c’è nessuna «rivoluzione» – di Bruno Cartosio

Reflections on the recent election – di Alain Badiou

Please stop saying poor people did this – di Julianne E. Shepherd

Non han vinto Trump e il populismo, han perso Hillary e il centrismo – di Mazzetta

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123 commenti su “Un feticcio di «working class», ovvero: il mito razzista dei «proletari che votano Trump»

  1. Almeno per me non è affatto sorprendente ritrovare a livello macroscopico dinamiche molto simili a quelle che posso osservare nel mio microcosmo. Alcuni giorni prima delle elezioni americane, quassù nel “nordest” è accaduta una cosa che ha straziato l’anima a molt* di noi. Monfalcone è finita in mano ai fascisti.... → [Continua a leggere]
    • Cazzo! Ho fatto servizio civile li, nei preistorici anni ’80… Ricordo che quando tornavo dalle licenze all’alba in treno mi salutava la scritta “Anarchy in Bisiacary”… Mi apriva il cuore ogni volta! ;-)
      Non posso pensarla in mano ai fascisti!!!!

  2. Monfalcone è stata la Caporetto del PD(partito destro) nella ricorrenza della rivoluzione d’ottobre, e Trump la distruzione dell’ipocrisia facciale USA. Condivido in larga parte quanto scritto in questo post, molte delle cose dette per molti noi sono scontate, per altri no. E comunque è interessante notare come pur vivendo lontano... → [Continua a leggere]
  3. “Trump può essere spaventoso e pericoloso a numerosi livelli, ma non si era sbagliato quando ha sottolineato (nel suo solito modo goffo) che i Clinton e altri democratici prigionieri di Wall Street hanno venduto come schiavi la gente che lavora e gli operai della nazione in nome del libero scambio.... → [Continua a leggere]
  4. Qualche rilievo su 2-3 cose (tutto il resto lo quoto, soprattutto la considerazione generale e finale sul feticcio della working clas):1. il voto delle donne bianche laureate pro Trump mi sembra poco significativo, si tratta di appena il 9% dell’elettorato [faccio riferimento agli exit poll della Edison Research usati da... → [Continua a leggere]
    • Ciao Girolamo, grazie delle tue riflessioni, che in generale mi trovano molto d’accordo. Le semplificazioni che descrivi al punto 3 e 4, per esempio, sono marchiane eppure si leggono da moltissime parti. Sul voto femminile per Trump (aspettando ovviamente le analisi dei flussi elettorali, più approfondite dell’immagine che ci danno... → [Continua a leggere]
      • Ciao Valentina, ricambio i saluti e rilancio segnalando questo editoriale di connessioni precarie che, in modo diverso, mi pare ponga al centro del discorso di nuovo la mitizzazione, o feticizzazione, della working class, dalla cui feticizzazione taluni fanno discendere l’esistenza di rudi razze pagane e nuovi barbari convertibili.

  5. Oltre a quanto già menzionato, altre osservazioni:1) Clinton ha vinto le elezioni, i voti saranno contati per altre settimane (soprattutto in California che, essendo lo stato più lontano da Washington, ha più tempo per farlo), ma pare che abbia già più di 2 milioni di voti di quanto abbia preso... → [Continua a leggere]
    • in quel 53% di donne (bianche) pro-Trump le donne laureate sono pochissime, come ha fatto notare Girolamo, teniamolo presente

    • Al tuo punto #1 aggiungo solo una cosa, che il collegio elettorale non è “solo” un retaggio del sistema elettorale ma un meccanismo che affonda le sue radici nel sistema della schiavitù. Anche questo, qualcosa vorrà pur dire.

      • Uhm, correzione: nella mia risposta precedente volevo dire, “non è solo un retaggio del sistema elettorale 800esco.” Ho fatto invio prima di pensare e gli effetti si vedono. :-)

        • Vanno anche segnalate alcune cose positive, da questa tornata elettorale: in Arizona (of all places), Oregon, e nello stato di Washington (oltre ad un quarto stato che ora mi sfugge) sono passate misure di innalzamento dello stipendio minimo. A livello locale i sindacati e le associazioni hanno ottenuto risultati concreti,... → [Continua a leggere]
  6. un bellissimo articolo, complimenti. Riesce a rendere lo sconcerto dei molti americani contrari a Trump, in particolare lo sconcerto dei giovani studenti che vivono in un ecosistema privilegiato ed elitario. Sono pienamente d’accordo con l’analisi sul voto a Trump espressa dall’autrice, e ho apprezzato molto il passaggio sugli italiani che... → [Continua a leggere]
  7. Interessante tra l’altro notare che quando il termine “classe operaia” o semplicemente “classe” viene utilizzato dai movimenti radicali, magari associato alla parola “lotta”, i liberalprogressisti alzano gli occhi al cielo con un sospiro di compatimento. Invece utilizzare il termine “classe operaia” a cazzo di cane per scaricare su chiunque la... → [Continua a leggere]
    • …e una parte dei suddetti movimenti radicali, soprattutto certi «veri comunisti», ci casca pure.

    • totalmente d’accordo con Tuco. e secondo me è lo stesso identico meccanismo che porta ad esagerare le sparate di Trump, senza rendersi conto che in Italia succede ben di peggio da anni. un piccolo esempio odierno: l’intervista di Trump alla CBS, della quale la stampa italiana ha riportato solo il... → [Continua a leggere]
  8. giustamente va detto chiaro e tondo che la classe lavoratrice (e in generale le classi più basse) non hanno votato per Trump o almeno non nei termini in cui certi commentatori dicono. Detto questo, il grafico postato però manca di un dato (secondo me importante): le percentuali di persone che... → [Continua a leggere]
    • Io credo che nel post la risposta sia già contenuta: la razza. Persone che guadagnano poco possono votare un miliardario, clamorosamente contro il proprio interesse, perché l’andazzo, l’ambiente intorno, la peer pressure, l’educazione ricevuta, le finte emergenze mediatiche e in generale il funzionamento del sistema portano a odiare o comunque... → [Continua a leggere]
      • In pratica l’elite economica e politica repubblicana promette il mantenimento del privilegio bianco e patriarcale come ultima scialuppa di salvataggio a chi rischia la proletarizzazione. Come ho detto prima, è una scialuppa che fa acqua da tutte le parti, perché ogni politica discriminatoria nei confronti dei lavoratori non bianchi finisce... → [Continua a leggere]
      • ma è il sistema elettorale americano ad essere stato studiato dai Padri Fondatori per tutelare le elite econimiche. Parlate come se il sistema elettorale americano lasciasse un’ alternativa a Trump, a parte votare per la Clinton. Il popolo non aveva scelta, (dico popolo per farla breve). ... → [Continua a leggere]
      • perfettamente d’accordo, infatti rileggendo il mio post mi sono accorto che non ho sottolineato abbastanza che la “working class” si è astenuta in maggioranza (o almeno secondo i dati che sono riuscito a trovare).Riguardo alla tua frase “Negli USA – non solo negli USA, certamente, ma là avviene in modo... → [Continua a leggere]
        • È una constatazione. Ma è anche una critica. Non nel senso del «non è così»; nel senso che, se non si va oltre, la razza “nasconde” la classe, la natura di classe del razzismo, l’uso del razzismo per impedire la ricomposizione di classe. È quello contro cui metteva in guardia... → [Continua a leggere]
          • P.S. Naturalmente, quando parliamo di “razza”, intendiamo la *questione* della razza, la sua rappresentazione, la costruzione culturale razzista. Bisogna sempre tenere presente che, da un punto di vista oggettivo e scientifico, le razze non esistono.

            • Le razze non esistono, ma il razzismo e i razzisti sì. Esistono perché sono funzionali allo sfruttamento. E ora che il razzismo biologico non è più socialmente accettabile, il razzismo si presenta come culturalismo, come identitarismo.

            • sì ovvio, infatti era incerto se usare o no il termine “razza” nel mio post, ma supponevo che su questo blog si capisse il senso ;)Per quello che riguarda classe e razza, guarda con me sfondi una porta aperta, essendo marxista. In ogni caso, io sono proprio l’ultimo in grado... → [Continua a leggere]
  9. […] detta «anfibologia», l’uso intenzionale dell’ambiguità sintattica o semantica. Come nel titolo del post precedente di Giap: «Il mito razzista dei “proletari che votano Trump”. Frase che ha due possibili […]

  10. D’accordo, affermare che «Trump ha vinto grazie alla classe operaia» è assurdo, ma anche attribuire la sua vittoria principalmente a un rigurgito maggioritario di razzismo, xenofobia, omofobia, misoginia e quant’altro mi sembra poco utile. Alcuni degli elettori di Trump sono indubbiamente operai; alcuni degli elettori di Trump sono indubbiamente razzisti,... → [Continua a leggere]
    • Però: perché venire qui a sfondare porte aperte? Chi difende Clinton su Giap? Chi difende i “centrosinistra”? Nel post c’è scritto che il clintonismo è il principale responsabile dello sfascio della società USA, e noi diciamo da anni la stessa cosa – anche con più radicalità – a proposito del... → [Continua a leggere]
      • Non mi pare di aver detto che su Giap qualcuno difende Clinton o i centrosinistra. Quanto al discorso «razza», ho semplicemente un’opinione diversa dalla tua: io penso che molti abbiano votato Trump non per «difendere il privilegio bianco», ma semplicemente fregandosene di questo aspetto. Avrebbero votato per qualsiasi cosa tranne... → [Continua a leggere]
        • Scusa, ma un bianco che “se ne frega” del privilegio bianco sta semplicemente perpetrando il privilegio bianco. O si rifiuta di riconoscerlo e farci i conti (ci è cresciuto dentro e non è in grado di vederlo da fuori), oppure gli va bene così. Qualcuno lo dice esplicitamente, la maggioranza... → [Continua a leggere]
          • Io credo che quel costo i membri della working class l’avrebbero pagato in ogni caso, proprio perché membri della working class: al di là che siano afroamericani, latinos, nativi, migranti, minoranze o bianchi. Così come qui lo pago io, così come lo paga mia moglie (che appartiene ad almeno due... → [Continua a leggere]
            • Forse è su cosa sia il razzismo che non ci intendiamo.Il razzismo è il principio regolatore della divisione del lavoro su scala mondiale, e giustifica lo «scambio ineguale» tra paesi ricchi e paesi poveri.Questi ultimi, in realtà, sono ricchissimi di risorse e materie prime, ma sono esautorati di default dall’esserne... → [Continua a leggere]
            • Se il razzismo sia o no un problema lo possono dire solo quell* che lo subiscono sulla propria pelle. E le mobilitazioni delle comunità afroamericane dell’ultimo anno ci dicono che lo è.

    • Nel tuo discorso manca un tassello fondamentale: è il capitalismo che ha bisogno di creare discriminazioni, di razzializzare il mercato del lavoro, di dividere il lavoro in base al genere, ecc. Ne ha bisogno proprio per impedire la ricomposizione di classe. I diritti civili non sono un lusso da borghesi.... → [Continua a leggere]
  11. Io da queste elezioni traggo l’ennesima conclusione. Che i numeri delle elezioni contano poco, proprio dal punto di vista matematico/statistico. E che dalle elezioni non si capisce niente di quello che il paese pensa, soprattutto la famigerata pancia del paese. I numeri dicono che alla fine sia Trump che Clinton... → [Continua a leggere]
  12. […] Fulginiti, docente di Studi Romanzi alla Cornell University di Ithaca, nello stato di New York, ha scritto su “Giap”, il blog del collettivo Wu Ming, a proposito dei miti sul voto “popolare” (della […]

  13. Trump non è un fulmine a ciel sereno e nemmeno l’inizio di nulla. È un esito storico abbastanza scontato. E del resto negli USA hanno eletto, solo negli ultimi cinquant’anni, gente come Nixon, Reagan e G.W. Bush. Certo, Trump non solo è ricco ma lo ostenta anche. E dice esplicitamente... → [Continua a leggere]
    • Ecco, questa cosa che hai appena detto a proposito del suffragio è importantissima, perché sento questo metadiscorso della limitazione del diritto di voto sempre più presente negli ambienti che frequento, e lo temo. Lo temo perché mi sembra che abbia la forza pervasiva e persuasiva del discorso sulla “casta” che... → [Continua a leggere]
  14. A lato di queste ottime analisi socio-politiche, per chi non l’ha letto, consiglio anche l’analisi psico-sociale di Bruno Tinti, su Il Fatto Quotidiano di oggi, dal titolo “Trump ha illuso l’elettorato bisognoso di credere nella vittoria”. Merita.

    Vi riporto solo le prime righe:
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    • Lo riattacco che non è venuto:Nel 1998 People Magazine chiese a Donald Trump se avrebbe mai corso per la Presidenza degli Usa. Lui rispose così: “Se mai dovessi correre lo farei come Repubblicano. Loro sono il gruppo di elettori più stupido del Paese. Credono a ogni cosa che dice Fox... → [Continua a leggere]
  15. Due considerazioni

    1) Non riesco a capire perché siamo così tristi che una criminale di guerra abbia perso le elezioni
    2) Che credibilità possono avere le stime del NYT sulla divisione del voto per fasce di reddito?
    Lo stesso giornale dava il 93% di possibilità di vittoria della Clinton

    • Ecco, questo commento lo abbiamo sbloccato solo per usarlo come cattivo esempio. Un commento lasciato senza aver letto nemmeno una riga del post, senza sapere dove si sta intervenendo, a chi ci si sta rivolgendo. Due righe buttate a cazzo dopo una rapida occhiata e uno “pfui”. Un commento consistente... → [Continua a leggere]
      • In generale, noto che non si vuole commentare il dato di fatto – alla base dei ragionamenti qui sopra – che Trump è stato eletto da una ristretta minoranza della popolazione americana. Queste non sono stime dei perfidi giornali liberal, sono i dati ufficiali dell’affluenza, comparati al numero degli “eligibles”... → [Continua a leggere]
        • A quanto scritto sopra da WM e WM1 aggiungo solo questo: da nessuna parte nel mio post si evince un giudizio positivo verso HRC o il clintonismo (anzi). E figuriamoci quanto mi dispiace per accordi come il NAFTA o la TPP, visto che contesto tali forme di governance globale da... → [Continua a leggere]
        • io credo che ci sia poco da commentare sul fatto che Trump non è stato eletto dalle classi lavoratrici (e dalle persone con redditi bassi in generale). Cioè questo è un fatto. Punto. Chi dice il contrario o mente o parla senza sapere di che sta parlando. Riallacciandomi al mio... → [Continua a leggere]
          • scusate non so perchè mi è stata tagliata la parte centrale del mio post. Riposto la parte inizialeio credo che ci sia poco da commentare sul fatto che Trump non è stato eletto dalle classi lavoratrici (e dalle persone con redditi bassi in generale). Cioè questo è un fatto. Punto.... → [Continua a leggere]
            • scusate credo che sia un problema dei segni minore e maggioreio credo che ci sia poco da commentare sul fatto che Trump non è stato eletto dalle classi lavoratrici (e dalle persone con redditi bassi in generale). Cioè questo è un fatto. Punto. Chi dice il contrario o mente o... → [Continua a leggere]
              • Tutto quello che appare tra i segni “<" e ">” è interpretato da WordPress come un comando html, quindi viene nascosto.

  16. Rovesciare l’ordine del discorso su HR Clinton è un artificio retorico di bassa lega, che denota la bassa lega dei (pochi) neuroni di chi lo formula. È, pari pari, lo stesso discorso del “chi vota NO vota come CasaClown, Salvini, Meloni”. Chiarito questo, due brevi considerazioni. La prima: dire che... → [Continua a leggere]
  17. Un effetto interessante della vittoria di Trump sarà quello sulla geopolitca. Se tiene fede alle sue enunciazioni, vedremo Trump sostituire l’attuale politica del doppio contenimento attivo nei confronti di Russia e Cina con una politica di accordi finalizzati alla spartizione delle aree d’influenza. Quindi, in base al principio di certi... → [Continua a leggere]
    • Se non va bene il New York Times, può andar bene il Los Angeles Times, che invece la vittoria di Trump l’aveva prevista? Anche loro dicono che non c’è stata riscossa popolare trumpiana e che la classe lavoratrice è rimasta a casa. http://www.latimes.com/politics/la-na-pol-election-turnout-20161111-story.htmlSulla questione geopolitica, certi sedicenti “antimper” ci hanno... → [Continua a leggere]
      • Un esempio di cosa si è arrivati a credere nel magico mondo dei «comunisti per Trump».


        N.B. È lo stesso magico mondo dove ci si indigna per qualunque analisi sul rischio di un «rossobrunismo diffuso».

        • P.S. A proposito di Vladimir Ilich Trump che spazza via Goldman Sachs e JP Morgan:«[Trump’s victory] is seen by investors as the best possible thing to happen to the big banks. The share price of Goldman Sachs has rallied about 5% since the vote, to the highest in a year.... → [Continua a leggere]
      • Che quella di Trump non sia politicamente una “riscossa popolare”, ma anzi sia roba reazionaria siamo pienamente d’accordo. La composizione sociologica di un elettorato non corrisponde certo alla sua direzione politica che la guida e agli interessi di classe che questa guida rappresenta. Ma, in termini di analisi sociologica del... → [Continua a leggere]
        • OT. A Trieste ha votato il 47% degli aventi diritto, e Cosolini ha perso perché i suoi potenziali elettori se ne sono stati a casa. Ha pesato moltissimo la ferriera, senza dubbio. Ma c’è dell’altro. Erano stati proprio gli spin doctors di Cosolini, tra uno spritz e l’altro in Cavana,... → [Continua a leggere]
    • Non credo ai dati sul reddito del NYT perchè il giornale non è credibile viste tutte le stupidaggini che ha sfornato. @ginseng, abbi pazienza, ma la stupidaggine l’hai detta tu. I dati degli exit poll non sono del NYT o della CNN, ma della Edison Research, alla quale fa riferimento... → [Continua a leggere]
  18. C’è uno che da ieri cerca di lasciare commenti dove ci chiama «fascistelli», «fascisti», «deficienti», «questo blog non lo legge nessuno», «vendete 4 copie», «siete 4 gatti». Noi ovviamente non li sblocchiamo e li gettiamo nella rumenta dove meritano di stare. Al che lui dice che per il fatto di... → [Continua a leggere]
  19. Dall’intro: “ha ottenuto il miglior risultato dai 250.000 dollari all’anno in su”. Dopo: “Trump ha prevalso tra le fasce dal reddito medio e alto, da cinquantamila dollari all’anno all’insù”. C’e` un bel po’ di differenza tra 50 e 250 mila dollari l’anno.

    • Scusa, ma prima di lasciare questo commento non potevi fermarti un momento a pensare che «ha prevalso tra» e «ha avuto il miglior risultato in» non sono la stessa cosa? Per capire il rapporto tra i due dati citati bastava guardare il grafico, che mostra Trump prevalere tra chi guadagna... → [Continua a leggere]
      • Guardando il grafico mi pare che il miglior risultato sia tra i 50.000 e i 100.000 (distacco di quattro punti). Sarebbe bello avere dati piu` dettagliati, incluse le percentuali di voto per fascia di reddito come dice Kente un po’ di commenti piu` in su, ma anche una fascia di... → [Continua a leggere]
        • Parto dal fondo: dati più dettagliati ce ne sono, Valentina nel post li ha linkati. Sul sito della CNN li trovi scorporati secondo vari parametri: genere, razza, età, istruzione, religione, e anche varie combinazioni di questi parametri. Se ne deduce che il voto a Trump è 1) tutto bianco; 2)... → [Continua a leggere]
          • P.S. Ogni volta che uso questo tipo di dati ci tengo a precisare che stiamo parlando solo di chi ha votato, cioè meno della metà degli aventi diritto. Quando si cerca di fare lo “spaccato” della parte di società che ha votato Trump, bisogna sempre pensare che corrisponde numericamente a... → [Continua a leggere]
      • Ma come fa Trump a vincere nel sondaggio tra i redditi alti e nel voto reale a vincere nelle contee a reddito e valore immobiliare più basso? Se quel sondaggio valesse qualcosa di più della carta o dello schermo su cui è stato scritto, allora Trump dovrebbe vincere a Manhattan,... → [Continua a leggere]
        • Ginseng, però le zone a valore immobiliare più alto non sono solo quelle che citi, dove vivono intellettuali, artisti e intellighenzia. In California la zona più costosa in assoluto dove comprare casa – e anche la seconda più costosa in tutti gli USA – è Newport Beach, dove ha vinto... → [Continua a leggere]
          • Parliamo ad esempio di Manhattan o più in generale di New York. Ancora non si trovano i dati seggio per seggio delle presidenziali, ma questa mappa relativa all’elezione del sindaco (nel 2013 ha vinto il democratico De Blasio col 73%) è significativa. http://www.huffingtonpost.com/2013/11/06/who-voted-for-joe-lhota_n_4227989.html A Manhattan i repubblicani vincono in tutto... → [Continua a leggere]
            • Ecco qua i dati di New York seggio per seggio per le presidenziali 2016:https://www.dnainfo.com/new-york/numbers/clinton-trump-president-vice-president-every-neighborhood-map-election-results-voting-general-primary-nycLa mappa è navigabile: clickando su un seggio si apre una finestra con le percentuali.Ho fatto alcuni test a campione. A Manhattan in alcuni seggi dell’ Upper East Side vicino a Central Park Trump arriva al 30%.... → [Continua a leggere]
  20. Sulla working class, capita di imbattersi di recente in queste narrazioni, un poco paradossali:a) “la classe operaia non esiste più”; b) “la classe operaia è composta da ignoranti che votano a destra” (Brexit, Trump, Lega). c) “La classe operaia siamo tutti noi che ci facciamo un culo così” (“e le tasse ci... → [Continua a leggere]
  21. Scusate, c’è un punto nella parte finale del testo di Valentina, e poi nei commenti, che non mi torna. L’idea di feticcio. Un conto è ridimensionare la fetta di working class che ha votato per Trump, e connotarla secondo categorie etniche e di genere e anagrafiche (sebbene le donne bianche... → [Continua a leggere]
    • Il feticcio è l’immagine povera, piatta, monocromatica e obsoleta (anzi, da noi sarebbe obsoleta, negli USA è del tutto mitica) di working class che ci hanno propinato molti commentatori e che sta alla base della propaganda populista e dell’alt-right. In pratica si riduce quasi solo alla lower middle class bianca... → [Continua a leggere]
    • Quale conflitto di classe avrebbe espresso quella parte di wwc di cui parliamo, votando Trump? Un *miliardario* fascista, che ce l’ha coi negri, coi froci, con le donne, coi poveri, coi parassiti, con le zecche rosse, come un tuiach qualunque? Al massimo avrà espresso un rancore sociale vissuto privatamente. Un... → [Continua a leggere]
  22. Concordo pienamente sulla “feticciosità” del richiamo alla working class sbandierato dai sostenitori e dagli apologeti di Trump. Vorrei fare una considerazione a latere, forse un po’ off-topic, in merito a un’obiezione che sento spesso, poco fa espressa addirittura da Renzi (in merito al muro).Il discorso di cui parlo fa più... → [Continua a leggere]
    • Io chiedo scusa davvero, ma questa cosa mi fa impazzire. Sala chiede più esercito, l’ossessione della sicurezza. Ma per te è normale che a milano ci siano degli spacciatori che si ammazzano per strada? Le gang? Io vorrei capire che problema hanno le persone di sinistra su questo fatto.

      • Alla Bolognina – il quartiere dove vivo – c’è la camionetta dell’esercito che fa la ronda di notte. L’hanno piazzata lì l’anno scorso dopo mesi di campagna martellante del Resto del Carlino, di isteria sul “degrado” e quant’altro.Alla Bolognina c’è una quota di spaccio assolutamente fisiologica, che si può trovare... → [Continua a leggere]
        • a proposito di “militarizzazione” delle città:alcuni dati- La chiamano operazione strade sicure. Se in un primo momento era previsto un contingente non superiore alle 3000 unità tra proroghe e tanto altro si è arrivati a ben 7050 unità impiegate su tutto il territorio nazionale. Cosa presidiano? “Il controllo e sicurezza... → [Continua a leggere]
      • Per me non è normale che esista l’esercito, figuriamoci nelle strade a fare “ordine pubblico”. O meglio, come ammettono persino i fautori per “aumentare la percezione di sicurezza”. Aumentare. La percezione. Di sicurezza. A te fanno impazzire gli spacciatori, a me invece fa impazzire questa frase. Per il resto ti... → [Continua a leggere]
        • A me non fanno impazzire gli spacciatori, mi fanno impazzire quelli come te di sinistra, che hanno un’idea distorta della realtà e credono che il controllo e la gestione della forza sia il problema, perché altrimenti le persone vivrebbero d’amore e d’accordo. E con questa miopia sulla natura umana e... → [Continua a leggere]
          • Io ti ho descritto una situazione molto concreta che vivo tutti i giorni, dandoti gli elementi basilari per inquadrarla. Tu invece fai discorsi astratti sulla natura umana e vai avanti a colpi di «voi di sinistra» ecc.

            • Io ho premesso da subito che è una mia questione personale che mi fa impazzire, OT anche. Non ho risposto al tuo commento, non so neanche se sia il caso di discuterne. Sono d’accordo su molto, non su tutto. Vado avanti a colpi di voi di sinistra perché non vedo... → [Continua a leggere]
              • Spacciatori armati in città non ci dovrebbero stare, ma la retorica securitaria, le opzioni “militariste” e il giornalismo-spazzatura che le richiede a gran voce non risolvono il problema. Non solo non risolvono il problema, ma hanno proprio altre finalità. Sono “non-risposte” e chi le porta avanti – sindaci sceriffi, editorialisti... → [Continua a leggere]
              • Secondo me in città non ci deve stare nessuno di armato ma neanche in campagna. Oppure tutte e tutti armati. Forse è meglio la seconda ipotesi, però tutte tutti, anche i bambini! Pum Pum! Sarei d’accordo, seriamente, lo vedi che non tutti noi di sinistra la pensiamo come dici? Il... → [Continua a leggere]
  23. “Quella che ha spinto alla vittoria prima la Brexit e oggi Trump è un feticcio di working class: depurata di ogni diversità, non inclusiva ma esclusiva, fondata non su un comune ideale di solidarietà ma sulla comune appartenenza razziale”Se è un feticcio, esclusiva e basata su appartenenza razziale, vuol dire... → [Continua a leggere]
    • La questione di genere è *anche* questione di classe dal momento che la divisione del lavoro avviene anche in base al genere e che mediamente le donne sono pagate meno degli uomini per fare lo stesso lavoro (per non parlare del lavoro domestico, che nemmeno viene riconoscito come lavoro). Che... → [Continua a leggere]
  24. «Se è un feticcio, esclusiva e basata su appartenenza razziale, vuol dire che quella vera è inclusiva e solidale. In questo passo io leggo ciò.»Mah, io, sinceramente, no. Un feticcio sostituisce simbolicamente qualcosa, *sta per* qualcosa, e il feticcio descritto da Valentina sostituisce, nei discorsi populisti e destrorsi, la working... → [Continua a leggere]
    • In questo caso, anziché una sostituzione simbolica, avremmo una sineddoche. La parte per il tutto. Si starebbe spacciando una parte di working class, perimetrata su base razziale ed esclusiva, per tutta la working class. Tu, mi sembra di capire, opti per questa descrizione. Noi invece diciamo proprio che quella là... → [Continua a leggere]
      • Scusate, rispondo un po’ a spizzichi e mozzichi, ma vi leggo anche da qui. @Jackie Brown: io sto dicendo tutte e le due cose. Da un lato si delimita una “parte” di working class (quella operaia: i minatori dell’Appalachia, i lavoratori dell’industria lasciati a casa dalla globalizzazione, gli infortunati cronici... → [Continua a leggere]
  25. Vorrei inserirmi in questo ampio discorso che spazia da Trump fino alla Bolognina perchè la questione ricorrente del “degrado” come potenziale risorsa è emerso anche venerdi 11 al Vag, in occasione della presentazione dell’ultimo libro di WM1. Abito nel centro di Bologna in un affascinante, fatiscente edificio bohemien nel quartiere... → [Continua a leggere]
  26. Innanzitutto grazie per il post molto chiaro (ho diffuso la traduzione francese a tutti i miei colleghi).Ieri sera, mi sono imbattuto su raitre su un servizio di “tribuna politics” dalla Magliana.(Qui il link, il servizio in questione inizia al minuto 19.52: http://www.raiplay.it/video/2016/11/Tribuna-Politics-del-15112016-cff3f3ae-234e-4159-822e-0727cfa9fa7f.html)Dopo una rapida introduzione sugli scontri della settimana scorsa... → [Continua a leggere]
  27. [Sorry, è partito invio prima che finissi]Non vedo dimostrazione migliore di quanto sostenuto nel post: le persone intervistate sono tutte bianche, perlopiù non giovani, nessun giovanissimo. Tra chi dice di aver avuto la tessera comunista per anni ma di aver votato Meloni alle ultime elezioni, chi dice che ormai la... → [Continua a leggere]
  28. «Trump non fa parte del sistema, è vero. Trump *è* il sistema. La risalita di Wall Street si deve in larga misura al boom dei titoli bancari che hanno fatto registrare picchi da record. Il tycoon newyorkese ha infatti rapporti privilegiati con la maggior parte delle banche statunitensi che lo... → [Continua a leggere]
  29. Mi riloggo dopo mill’anni per lanciare un po’ di schegge impazzite in varie direzioni, perdonate la prolissità e la confusione.1) A proposito di classe e identità. *Anche da noi, se c’è una cosa che le lotte nella logistica ci stanno insegnando, è che da un pezzo la classe operaia non... → [Continua a leggere]
    • Ciao Talpa, qual “buon” vento! :-)Un paio di notazioni.«Almeno non avremmo dovuto farci cogliere “di sorpresa” dal risultato di adesso» Valentina nel post dice proprio di *non* essersi sorpresa, e noi con lei. Si può essere incazzati per qualcosa anche se non sorprende, anzi! Si può essere incazzati per qualcosa... → [Continua a leggere]
      • Car*, vorrei rispondere alla questione delle alternative, che in modo diverso è sollevata sia da @Talpa che da @diserzione. È una questione fondamentale, soprattutto perché il senso della discussione è individuare vie alternative; e, parlando dell’Italia o dell’Europa, trovare delle strade percorribili che non siano dentro la (falsa) equivalenza tra... → [Continua a leggere]
    • con tutto il rispetto per i teologi della liberazione, è un dato di fatto che dal ‘700 in poi tutti i progressi sociali ottenuti nelle nostre sicuramente imperfette società sono stati ottenuti a prescindere dalla religione (se non contro di essa), non certo grazie alla religione (qualunque religione sia) Sono... → [Continua a leggere]
      • Scusa, ma quindi la lotta è una cattiva lotta perché gli operai credenti pregano? Se pregano bisogna annullare il presidio, sciogliere il picchetto? Si organizza uno sciopero solo se si ha la garanzia che tutti i lavoratori siano atei? La maggior parte delle lotte a livello planetario non si sarebbe... → [Continua a leggere]
  30. non ho mai pensato di escludere i credenti dalle lotte sindacali, sarebbe assurdo. Mi sono espresso male. Chiedo scusa

  31. Secondo me è un grave errore ridurre quelli che definite “comunisti per Trump” agli “stalinisti allo sbando e orfani di tutto”, sia perché non è vero e non rispecchia la complessità e l’articolazione delle posizioni, sia perché, demonizzando in toto una parte, non si ottiene che l’effetto di spingerla verso... → [Continua a leggere]
    • Giusto rilievo, tra i «comunisti per Trump» si trovano anche soggetti provenienti da altri filoni del vecchio movimento comunista. Anche ex-trotzkisti, che – devo ammetterlo – da un pezzo mi risultano indistinguibili dagli stalinisti. Aggiunta questa specifica, ribadisco quanto detto sopra. È un’ulteriore involuzione del “campismo” e non ho problemi... → [Continua a leggere]
      • Nel disordinato elenco di segni e icone contese nell’intersezione tra compagni e fasci, dimenticavo i legionari fiumani e a volte anche lo stesso D’Annunzio (!). Revival molto in voga qualche anno fa, che tutti – anche noi WM – abbiamo sottovalutato e che certo ha contribuito al confusionismo. Oggi si... → [Continua a leggere]
        • Credo che vi stiate concentrando più sui sintomi del male che sulle sue cause, e una medicina che cura i sintomi ma non sconfigge la malattia è poco efficace… a meno che non si ritenga il male incurabile… cosa che, in questo caso specifico, non credo sia affatto vera.La narrazione... → [Continua a leggere]
          • In realtà, in linea generale non ho nulla da obiettare su quanto hai appena scritto, qui su Giap si sono dette (e cercate di fare) per anni cose molto simili, in particolare questa:«includere le lotte in un contesto di lotte più ampio, spiegando che l’elemento di separazione non è la... → [Continua a leggere]
            • Niente da obiettare.

              Sforziamoci anche di prevenire però, anche quello è un lavoro collettivo.

              • Esattamente. E significa anche: prevenire che sempre più compagni cedano al canto delle sirene. Mostrare con la massima chiarezza da quale luogo di merda stiano cantando.

                • Da quale luogo di merda stiano cantando, e che il loro unico interesse è quello di sbranarli.

                  p.s. Non sempre i commenti molto brevi sono privi di senso :-)

  32. Salve a tutti, bentrovati. Io di “comunisti per Trump”, devo dire la verità, ancora non ne ho scovati nella rete. Certo il manifesto linkato da Wu Ming 1 qualche commento più in alto fa abbastanza ridere, ma mi sembra (potrei sbagliare) estetica e fraseologia tipicamente rossobruna, più che “comunista”. Ci... → [Continua a leggere]
    • Per ora al volo ché poi devo mandare la figlia a scuola (appunto :-))Alessandro, su, non è vero che i “comunisti per Trump” non li hai incontrati. Sai anche chi è l’autore della vignetta, c’è la firma, non è un rossobruno, disegnava la vignetta quotidiana su “Liberazione”. Questa vignetta l’abbiamo... → [Continua a leggere]
    • Ma il voto razzista che consolidava il privilegio bianco era quello per Hillary Clinton. Non ho capito. Se significa che *anche* il voto per Clinton consolidava il privilegio bianco, sono d’accordo. L’ antirazzismo, se non mette in discussione il sistema economico, è (quasi) solo imbellettamento. Se invece, come mi... → [Continua a leggere]
    • Se avesse vinto Clinton, hai ragione, probabilmente tutte queste discussioni non ci sarebbero state. Il fenomeno lo conosciamo già e lo combattiamo da anni.Penso che sia uno stratagemma di bassa lega voler associare le posizioni altrui a quelle della “sinistra liberista”, dimenticando che si sta discutendo con compagn* che dalla... → [Continua a leggere]
  33. Pur concordando con la sostanza dell’articolo volevo solo segnalare alcune cose che a mio parere dovrebbero indurre cautela nell’analisi della composizione sociale del voto a Trump, a Clinton e soprattutto, in questo caso, del non voto. Diversamene da come sembrava all’inizio Trump non ha fatto peggio dei suoi predecessori (nemmeno... → [Continua a leggere]
  34. trump mi sembra il prodotto di una sorta di interregno, una lotta tra rappresentanti di mezzi di produzione in declino, emergenti, scalcianti, perdenti, risorgenti. la lotta e’ strettamente economica, hillary rappresentava un mix di mezzi produttivi vincenti ed altri in caduta libera, trump rappresentava mezzi di produzione antichi ma immortali,... → [Continua a leggere]
  35. Lo scenario è la medioevalizzazione della società moderna, latifondizzazione sotto forma di corporation sempre più aggregate e “latifondate virtualmente” (tramite prodotti e servizi) che vanno a sostituirsi al potere articolato delle città in cui la cultura ed il potere vanno svanendo.Fra Trump e Clinton la differenza è piccola, a livello... → [Continua a leggere]
  36. OT (WM1) “su, non è vero che i “comunisti per Trump” non li hai incontrati. (…) Questa vignetta l’abbiamo presa dal blog di un guru di certo “antimperialismo”, ex dirigente del PRC. Un altro ex-dirigente del PRC ha salutato in Trump “il Nikita Krusciov degli USA”. (…) Quindi non facciamo... → [Continua a leggere]
    • Se proprio vuoi… Ma a tuo rischio e pericolo.L’altro è Fulvio Grimaldi, ex componente del Comitato Politico Federale del PRC di Roma. Un suo illuminato parere su noialtri si trova nella colonna destra del qui presente blog. Invece sul suo, di blog, a proposito delle manifestazioni anti-Trump negli USA e... → [Continua a leggere]
      • Su quello che chiamate “stalinismo” ci sarebbe tanto, ma proprio tanto, da discutere. Soprattutto rispetto alla storia italiana. Anche se potrebbe rivelarsi una perdita di tempo astorica.Il caro Lev non era tanto diverso dal buon Peppino, forse sarebbe stato anche più pericoloso a parti invertite. I trotzkisti non sono mai... → [Continua a leggere]
        • A prescindere dalle ipotesi controfattuali, è evidente che l’eponimia del fenomeno segue l’identità del vincitore. Anche in questo caso, comunque, i nomi sono i nomi di *qualcosa*.

  37. Integrazione. Sono proprio tonto. Con la ricerca per immagini di google sono risalito anche al discorso vignetta. Resta però l’osservazione se non sia utile semplificare il “lavoro di ricerca” al passante più o meno casuale :P
    sorry for lo spam

  38. «Andiamo in ordine inverso, partendo dai più coglioni.»

    Un paio di cose su Trump, trumpomani e post-truthologi – Augusto Illuminati su Dinamo Press

  39. Nella risposta di Valentina al discorso che riportavo nel mio commento c’è il punto chiave della questione: il “tanto peggio, tanto meglio” è un atteggiamento da privilegiati. È proprio il privilegio il nodo materiale dietro al trumpismo e mascherato dal feticcio della working class. Vorrei arrivare a questo nodo... → [Continua a leggere]
  40. Avevo scritto un lungo commento, era troppo lungo ed è diventato un articolo che mi permetto di segnalarvi http://www.palermo-grad.com/ma-gli-operai-votano.html

  41. Populismi e nazionalismi sono un espediente delle classi dominanti per imbrigliare la lotta di classe?Se a qualcuno interessa, qui provo a dare una prima risposta… Mi baso su alcuni dati che avevo già citato in questa discussione e ne aggiungo altri. Per questo ho pensato potesse interessare a chi l’aveva... → [Continua a leggere]