«Mi sembra di essere in un film surreale», dichiarava Giuseppe Conte il 23 maggio, mentre i media facevano le pulci al suo intrigante curriculum. Quel pomeriggio, Wu Ming 1 si trovava al Dams di Torino, e stava parlando (anche) di film surreali, o meglio, surrealisti.
Capita di frequente: «surreale» e «surrealismo» sono termini usati senza più alcun riferimento agli artisti e agitatori che più o meno cent’anni fa li introdussero nel vocabolario.
A meno che Conte non avesse in mente Man Ray o la coppia Buñuel – Dalí. Forse andrebbe rivisto Un chien andalou cercando parallelismi con la contrattazione per il governo grillo-leghista. Il tizio che traina due pianoforti potrebbe essere Mattarella, e i due asini morti sopra i pianoforti sono…
A Trento, nei giorni dall’11 al 13 maggio scorsi, si è svolta l’adunata degli Alpini. A Trento perché, nella città allora conquistata e sottomessa, si doveva celebrare il centenario della vittoria italiana nella Prima guerra mondiale. E quale modo migliore di celebrarlo se non molestare e palpeggiare tutte le donne che capitavano a tiro?
Che c’entra il «film surreale» evocato da Conte con le mani sulle tette a festeggiare, sbronzi marci, l’imperialismo italiano?
Di primo acchito, nulla. Ma l’accostamento, per la tecnica utilizzata e gli effetti che crea, è pienamente nello spirito del surrealismo. E se si pensa che il prossimo 4 novembre, festa delle forze armate e centenario preciso spaccato della vittoria, a fare le pompe magne potrebbe esserci il governo che va formandosi…
Nella conferenza tenuta a Torino, Wu Ming 1 ha parlato appunto della Grande guerra e del surrealismo. Titolo e sottotitolo recitavano: «Un voyage de ce genre au paradis des pièges». L’influenza della pittura e del cinema surrealista ne L’invisibile Ovunque.
In pratica, ha «aperto l’officina» del nostro strano libro uscito nel 2015. Perché?
Primo, perché lo aveva chiesto l’amico Giaime Alonge, che insieme a Giulia Carluccio ha organizzato il seminario «Scritture 2. Intrecci tra cinema, letteratura, media»;
secondo, perché non smettiamo di occuparci della Grande guerra, e il centenario morente ci riserverà ancora sorprese e orrori;
terzo, perché per capire dove si trova adesso — poeticamente parlando — Wu Ming e farsi una (vaga) idea di cosa attendersi dal «romanzo russo», è utile ripartire da L’Invisibile Ovunque, libro che marca una cesura nella nostra produzione;
quarto, perché seguitiamo a occuparci di avanguardie storiche: anche il «romanzo russo» parla di un’avanguardia.
Quattro motivi, come i quattro racconti concatenati del libro.
Qui sopra (o cliccando qui) potete navigare la presentazione multimediale preparata per il seminario, cioè la parte visiva della conferenza. Ci sono testi, immagini, video. C’è «l’occhio allo stato selvaggio». Manca l’audio, la voce di Wu Ming 1 che commenta, illustra i passaggi, integra con altre citazioni e brevi aneddoti. Metteremo on line anche quella. Anche così, però, è un bel viaggio nel paradis des pièges.
Buona visione.
P.S. Giuseppe Conte è omonimo di un grande poeta, che non merita tutto questo, ma in qualche modo lo aveva previsto. Una sua poesia si intitola Essere collettivo e termina così: «[…] chi sarò alla fine, in quanti / moriremo?»