Criminalizzare chi fa jogging e passeggiate: l’ordinanza dell’Emilia-Romagna sotto la lente del giurista

[WM:] Quella delle ordinanze è un’epidemia che escresce su un’epidemia. Lo abbiamo scritto nel Diario virale settimane fa, e non è mai stato tanto vero come nelle ultime 48 ore. Regioni e comuni hanno rigurgitato decine, forse centinaia di ordinanze finalizzate a spaventare chi ancora esce a fare un’attività motoria o, semplicemente, a prendere una boccata d’aria, anche nel rispetto delle regole finora vigenti e senza assembrarsi con nessuno.

Qui sotto ospitiamo un’analisi dell’ordinanza della regione Emilia-Romagna, scritta da Luca Casarotti, giurista, membro del gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki e coordinatore del Legal Team della Wu Ming Foundation. Analisi che tornerà utile a tutte e tutti: è altamente probabile che nelle prossime ore l’ennesimo decreto del premier recepisca quelle istanze.

Dell’incredibile demonizzazione del jogging, dei risvolti più moralistici che sanitari di questo sbrocco generale, si è discusso molto in calce all’ultimo post di Wolf Bukowski. Sembra quasi che il problema del Paese non sia il disastroso sovraccarico del sistema sanitario, no, il problema è… il jogging. Chi fa jogging è un irresponsabile, «non fa la sua parte», «è un provocatore», per il semplice fatto di mostrarsi fuori di casa «svilisce lo sforzo» (manca solo «bellico») di chi ha accolto l’invito a stare in casa col maggior zelo possibile e spara dalle finestre l’Inno di Mameli.

Da lì a dare direttamente al jogging la colpa del sovraccarico della sanità poteva sembrare un passo lunghissimo, ma con dichiarazioni come quella del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini se n’è già compiuto mezzo:

«Se qualcuno mi viene a spiegare che rinunciare al jogging se non si è in sicurezza è un problema drammatico, lo prendo con me e lo porto a vedere i reparti ospedalieri.»

Questo è un chiaro esempio di bullshit, nella precisa accezione proposta dal filosofo americano Harry G. Frankfurt: un’affermazione che non è vera né falsa ma soltanto non-pertinente e insensata.

Come si è fatto notare nella discussione linkata, siamo di fronte a una variante del notissimo imperativo: «Mangia anche se non ti piace, ché in Africa i bambini muoiono di fame!», cioè il più noto esempio di collegamento para-logico dall’esito inutilmente colpevolizzante, dal quale, plausibilmente, sono derivati solo disturbi dell’alimentazione.

Dovrebbe essere ovvio, e invece tocca farlo notare: chi fa jogging o passeggia a distanza di sicurezza non ha responsabilità per l’aggravarsi della situazione negli ospedali. Quella responsabilità ce l’ha invece la stessa classe politica di cui Bonaccini è perfetto rappresentante. Classe politica che oggi colpevolizza chi passeggia, ma per trent’anni ha attuato «riforme» neoliberali e tagli di reparti e posti-letto. Su aziendalizzazione, esternalizzazioni, ingresso dei privati, regionalizzazioni in chiave neoliberale il consenso era trasversale, bipartisan. Ne sono responsabili tutti i governi. Ma se lo fai notare, se indichi cause e responsabilità, quando va bene ti senti rispondere che «non è il momento!», che «ne parleremo dopo!». Si stenta a capire che, nell’emergenza perenne, un vero «dopo» non c’è mai.

In ogni caso, siamo certi di una cosa: smettere di correre o passeggiare non porterebbe alcun miglioramento della situazione negli ospedali, perché le due cose sono irrelate.

L’altro mezzo passo verso l’accusa ai podisti di riempire gli ospedali lo compiono direttamente i poliziotti o carabinieri che ti fermano, come testimonia l’aneddoto di Wu Ming 2 che riportiamo in calce a questo post.

Se i poteri pubblici pensano che le loro misure non stiano funzionando, cerchino il colpevole nello specchio. Perché il punto è questo: sono misure raffazzonate e al tempo stesso autoritarie, incoerenti e al tempo stesso classiste, discriminatorie. Sono misure pensate da incompetenti – si veda la bella idea di versare tonnellate di varechina sulle strade – prese su fomento dei media e per avere tanti like sui social.

E invece i responsabili del disastro danno la colpa a chi fa jogging, ai «furbetti dell’autocertificazione» ecc. È molto facile e comodo additare capri espiatori, colpire verso il basso, dare a noi la colpa delle loro responsabilità, storiche e recenti.

Vedremo fino a dove si spingeranno, e anche se riusciranno a fermarsi: sono prigionieri dello stesso terrore che vanno seminando.

Nel frattempo, è importante fornire strumenti di interpretazione e autodifesa sia alle oltre cinquantamila persone già denunciate, sia a chiunque non accetti di murarsi vivo. (Distanziarsi è una cosa, murarsi vivi tutt’altra.) La testimonianza dal centro di Bologna linkata da Luca nel suo post dimostra che in questi giorni la lettura di Giap aiuta a non calare le braghe di fronte a chiunque abbia una divisa.

È un servizio che continueremo a fornire, almeno finché saremo on line. Ma ora passiamo la parola a Luca. Buona lettura. [WM]

di Luca Casarotti

Questo post è un addendum all’articolo L’emergenza per decreto, pubblicato lo scorso 13 marzo sul sito di Jacobin Italia. Esattamente come i dpcm dell’8, 9 e 11 marzo che ho analizzato in quell’articolo, il decreto del presidente della regione Emilia Romagna emanato mercoledì 18 marzo ha uno scopo essenzialmente retorico, e contiene formulazioni vaghe, addirittura in contraddizione con le premesse stesse dell’atto.

Vediamone passo per passo il breve dispositivo. Art. 1, comma I: «Al fine di evitare assembramenti di persone, sono chiusi al pubblico parchi e giardini pubblici.» Leggendo questa frase ci si rende conto di quanto sia involontariamente (e piuttosto macabramente) ironica: parchi pubblici chiusi al pubblico. Quindi, in pratica, non più pubblici, almeno nella possibilità di fruirne. Al netto di quanto siano rivelatori certi lapsus calami (sarebbe bastato scrivere «parchi e giardini pubblici sono chiusi»), questo è uno dei pochi punti in cui l’ordinanza dispone effettivamente qualcosa che non è già stato disposto altrove, vale a dire nei famigerati dpcm che abbiamo imparato a conoscere dall’inizio dell’emergenza.

La disposizione non fa altro che generalizzare a tutto il territorio regionale le iniziative già assunte da alcuni sindaci Emiliani: ne ha parlato in dettaglio Wolf  Bukowski. Da notare che la norma non è indirizzata alla collettività, come sarebbe accaduto se, ipotizziamo, si fosse invece scelto di introdurre un divieto di frequentare parchi e giardini pubblici. Destinataria della norma è l’autorità: «sono chiusi parchi e giardini», infatti, significa che l’autorità pubblica deve mettere in atto la chiusura e sorvegliare sul suo mantenimento. La scelta è probabilmente consapevole. Intendo dire questo: chi ha scritto la disposizione sapeva benissimo di trovare collaborazione e appoggio nelle amministrazioni locali.

Proseguiamo. Questa è la parte restante dell’art. 1:

«L’uso della bicicletta e lo spostamento a piedi sono consentiti esclusivamente per le motivazioni ammesse per gli spostamenti delle persone fisiche (lavoro, ragioni di salute o altre necessità come gli acquisti di generi alimentari). Nel caso in cui la motivazione sia l’attività motoria (passeggiata per ragioni di salute) o l’uscita con l’animale di compagnia per le sue esigenze fisiologiche, si è obbligati a restare in prossimità della propria abitazione.»

Per quanto la formulazione si sforzi di essere iper dettagliata, con il risultato – come succede quasi sempre in questi casi – di apparire incredibilmente circonvoluta, qui non si dice nulla che non sia già stabilito nell’art. 1, comma 1, lett. a), del Dpcm dell’8 marzo: «Evitare ogni spostamento delle persone fisiche […] salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute.»

Anzi, a ben vedere, le ipotesi minute e gli esempi pratici dell’ordinanza di Bonaccini finiscono con il creare ancora più confusione. Perché fare il caso specifico degli spostamenti in bicicletta e a piedi, se poi si ribadisce che questi «sono consentiti esclusivamente per le motivazioni ammesse per gli spostamenti delle persone fisiche»? Bastava già il Dpcm, che vale per ogni «spostamento delle persone fisiche»: a piedi, in bicicletta, in monopattino, su un triciclo e con tutti gli altri mezzi di locomozione. A che pro, allora, quest’esemplificazione?

La risposta è che quest’esemplificazione, guardacaso, addita proprio i comportamenti – uscite in bicicletta, footing, passeggiate con il cane – su cui si è appuntato lo stigma della riprovazione social-giornalistica, e di rimando politica. Bonaccini ha scelto di menzionarli tutti espressamente nella sua ordinanza, e di tradurre in norma dell’ordinamento lo stigma sociale, anche se la norma non fa altro che ribadire quanto già stabilito nel Dpcm dell’8 marzo: è questo lo scopo retorico di cui parlavo all’inizio. Scopo retorico che però ha come effetto una stretta nei controlli: ci arrivo tra un momento.

Altra domanda: cosa vuol dire che «nel caso in cui la motivazione sia l’attività motoria (passeggiata per ragioni di salute) o l’uscita con l’animale di compagnia per le sue esigenze fisiologiche, si è obbligati a restare in prossimità della propria abitazione»? Cosa s’intende per «prossimità»? C’è chi si è sentito dire «100 metri», come nell’impressionante aneddoto raccontato in questo commento, chi «300 metri», come dice quest’articolo di ZIC. Dato che nessuna norma giuridica definisce il concetto di «prossimità» (tant’è che, si legge ancora nell’articolo di ZIC, alcuni sindaci stanno già pensando di stabilire distanze fisse), bisogna intendere il termine nel suo significato comune. Per capirci, questo è il lemma «prossimità» nel dizionario Treccani:

«[dal lat. proximĭtas -atis, der. di proxĭmus «prossimo»]. – Grande vicinanza (nello spazio e, meno com., nel tempo): il clima del paese è mite per la p. del mare; una casa comoda per la p. della stazione (o per la sua p. alla stazione); la p. della scadenza mi dà molta ansia; la p. di una ricorrenza, di una festività etc.»

Un significato, se non del tutto vago, quantomeno variabile in base al contesto. È l’uso di termini dalla denotazione così imprecisa che apre lo spazio alla discrezionalità. E anche al ricorso improprio al diritto penale, come dimostrano le denunce per violazione dell’art. 650 cod. pen. che hanno cominciato a grandinare dall’inizio dell’emergenza, e che – stando a Repubblica – hanno raggiunto l’incredibile cifra di cinquantatremila in otto giorni.

A questo proposito è importante ribadire una cosa. Anche l’art. 1 dell’ordinanza di Bonaccini, nonostante usi l’espressione «si è obbligati a restare in prossimità della propria abitazione», non introduce un divieto la cui violazione integra il reato di cui all’art. 650 del codice penale. Questo perché, come i Dpcm dell’8, 9 e 11 marzo, anche l’ordinanza è formulata in termini generali e astratti, non individuali e concreti. Vale a dire che non è rivolta a una o più persone determinate (come, ad esempio, me o i tre membri del collettivo Wu Ming), e non è stata emanata in circostanze concretamente verificatesi. Si rivolge invece in generale a tutti gli abitanti della regione, e ipotizza preventivamente alcune situazioni che potrebbero verificarsi in concreto. Che potrebbero verificarsi in concreto, non che si sono già verificate.

L’art. 650 c.p., ripetiamolo ancora una volta, punisce la trasgressione ai provvedimenti legalmente dati dall’autorità: e un provvedimento, per essere tale, deve avere, congiuntamente, le caratteristiche dell’individualità e della concretezza. Caratteristiche che l’ordinanza di Bonaccini, generale e astratta, non ha. Sull’uso del diritto penale in quest’emergenza torno a breve, per un’ultima considerazione.

Prima finiamo di esaminare il testo dell’ordinanza. Art. 2:
«Al fine di ulteriormente contrastare le forme di assembramento di persone a tutela della salute pubblica sul territorio regionale, l’apertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, […] posti nelle aree di servizio e di rifornimento carburante: a) è consentita lungo la rete autostradale […] e lungo la rete delle strade extraurbane principali […] b) è consentita limitatamente alla fascia oraria che va dalle ore sei alle ore 18 dal lunedì alla domenica, per gli esercizi posti lungo le strade extraurbane secondarie […] c) non è consentita nelle aree di servizio e rifornimento ubicate nei tratti stradali comunque classificati che attraversano centri abitati.»

Trascuriamo i difetti formali, come la precisazione inutile che la fascia oraria di cui alla lettera b) «va […] dal lunedì alla domenica»: per stabilire che la fascia oraria sarebbe valsa 7 giorni su 7 bastava semplicemente scrivere «dalle ore 6 alle ore 18», senza aggiungere altro; o al più «tutti i giorni dalle ore 6 alle ore 18». Come mai Bonaccini ha imposto un divieto di apertura a bar e simili nelle stazioni di servizio dei centri abitati?

Nel preambolo del decreto, la misura è motivata così:
«la ratio della deroga disposta per gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande posti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo la rete stradale per tali esercizi dal DPCM dell’11 marzo [risiede] nella possibilità di offrire un ristoro a coloro che per ragioni di lavoro si trovino ad affrontare viaggi a lunga percorrenza.»
E questa deroga, continua il preambolo, non è ritenuta «giustificabile per gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande posti nelle aree di servizio e rifornimento carburante posti all’interno dei centri abitati che viceversa si prestano ad essere luoghi di aggregazione e di potenziale contagio, parimenti a quelli per cui è già stata disposta la chiusura con il richiamato DPCM.»

A me sembra che la misura adottata non sia logicamente consequenziale alla motivazione che ne viene data. Nel preambolo del decreto di Bonaccini si dice che la ragione per cui il DPCM dell’11 marzo ha mantenuto aperti i bar delle stazioni di servizio è offrire un punto di ristoro a chi affronta lunghi viaggi lavorativi: eppure, per effetto dello stesso decreto di Bonaccini, chi per lavoro attraversa l’Emilia Romagna deve farsi anche carico di trovare un bar aperto fuori dai centri abitati, prendendo magari strade che non c’entrano nulla con il suo itinerario. Tutto ciò, da notare, è fondato su un «si prestano»: che è il modo con cui la lingua normativa dice «non si sa se sia davvero così, ma nel dubbio meglio ordinare». Il principio di precauzione è giusto, nessuno lo mette in dubbio: ma sarebbe altrettanto giusto che le basi di una restrizione fossero più solide di un «si prestano» e di un «potenziale».

Anche qui, il decreto vuole soprattutto dare un’impressione: quella che il presidente della regione non sta a guardare, ma prende iniziative, affronta di petto le pessime abitudini dei cittadini, dà giri di vite.

L’art. 3 del decreto è una disposizione finale, che stabilisce la durata delle misure dal 19 marzo al 3 aprile.

Torno, per concludere, al ruolo del diritto penale nell’emergenza. In questi giorni, chi dovesse sintonizzarsi su Sky TG24 vedrebbe di tanto in tanto apparire in sovraimpressione una scritta che recita, vado a memoria: «le violazioni sono reati e precedenti penali». È un esempio perfetto di come l’emergenza usa il diritto penale. Quella scritta ci vuole convincere che esiste una sorta di passaggio immediato tra la contestazione di una violazione e l’avere un precedente a carico. Nel messaggio ipersemplificato che domina il discorso pubblico, e di cui la scritta di Sky TG24 è la sintesi brutale, pare che alla denuncia segua necessariamente il precedente penale: niente diritto di difesa, niente diritto al processo. Violazione = denuncia = sanzione. Sulla fondatezza delle denunce, sull’effettiva configurabilità dei reati contestati sono ancora in pochi a interrogarsi.

Ripetiamolo di nuovo, a scanso di equivoci. La diffusività del virus e il bisogno di cautelare sé stessi e gli altri non sono in discussione. Il punto è questo: abbiamo già, e ragionevolmente, paura per la nostra salute. Così come temiamo, altrettanto ragionevolmente, le conseguenze fisiche e psicologiche delle misure di contenimento. Quest’ubiquità del diritto penale, in cui pare che dobbiamo incorrere a ogni nostro movimento, serve solo a gettarci ancor più nel panico, ma non ci è di nessun aiuto nell’affrontare il contagio in modo razionale.

Si tratta, in definitiva, di non accettare l’idea che i governati debbano essere tenuti in stato di minorità, minacciandoli per ogni loro comportamento di una sanzione criminale, nella convinzione che altrimenti non obbediscano. Ma si tratta anche, se vogliamo, di riservare al diritto penale la funzione che dev’essergli propria: quella di extrema ratio, con cui punire solo i comportamenti realmente offensivi.

Un principio elementare che, da due secoli, non i critici del diritto, ma tutti i giuristi, almeno a parole, sono d’accordo nell’affermare.

[Aggiornamento: in fondo a questo stesso post, Luca Casarotti commenta la circolare ministeriale uscita la sera del 21 marzo, che recepisce il contenuto di ordinanze come quella appena commentata. Luca segnala anche le prese di posizione di alcuni importanti giuristi sulle denunce appioppate in questi giorni.]

Una testimonianza di Wu Ming 2

Stamattina, portato a passeggio dal mio cane, sono passato di fianco a un gruppo di finanzieri che controllavano un vecchio. Mentre Scotty cagava, mi sono fermato ad ascoltare. Gli contestavano di non essere in prossimità della sua abitazione: aveva camminato per un chilometro. Il vecchio ribatteva che se prendi l’auto e vai a 60 all’ora dove c’è il limite dei 50, sai di aver commesso un’infrazione. Ma se uno ti dice di rimanere «in prossimità» della tua abitazione, come c’è scritto nell’ultimo decreto del governatore Bunazzén, come fai a sapere dove inizi a trasgredire il divieto? Si può multare uno che non può sapere se sta violando la legge?

I finanzieri gli hanno attaccato il pippone sui posti in terapia intensiva che rischiano di implodere, a causa di gente che non rispetta le regole. Il vecchio ha risposto dicendo che lui lo metterebbe volentieri per iscritto, che se sta male per il virus non lo devono neanche curare, così non prende il posto a nessuno. – Ho 83 anni, – ha insistito. – E non speravo nemmeno d’arrivarci, a quest’età. Se il tempo in più che mi è concesso devo viverlo così, tappato in casa, da solo, tanto vale che crepo.

I finanzieri lo hanno lasciato andare: – Per stavolta passi, ma d’ora in poi rimanga nelle strade sotto casa sua. – Il vecchio ha risposto: – Sì, sì, – come si fa per dare ragione a un rompicoglioni. Ha intrecciato le mani dietro la schiena e ha invertito la rotta della sua passeggiata.

Il portico, peraltro, era più affollato del solito. Non certo un assembramento, ma più gente rispetto all’ultima volta che c’ero passato, circa una settimana fa. Prima di allora, i parchi erano aperti, e il cane lo portavo ai giardini. Poi li hanno chiusi, e il cane lo portavo in un bosco segreto dietro la facoltà di Chimica Industriale. Poi il portiere della facoltà mi ha detto che non si poteva, e il giorno dopo hanno chiuso il cancello e affisso un cartello «Vietato l’ingresso ai cani». Ora il portico è diventato il luogo dove la maggior parte delle persone del quartiere si fa passeggiare dal proprio cane.

Coi parchi aperti, c’era meno fitto.

E infine… Quarantena Molotov!

Nei giorni in cui qualunque uscita di casa diventa un’escursione, in diversi casi pure rischiosa, Alpinismo Molotov racconta la sopravvivenza anti-emergenziale di una minima pratica conflittuale: camminare.

«In questo contesto quelle che in altra situazione sarebbero normalissime passeggiate diventano “altro”, diventano vere e proprie escursioni molotov. Anzi, in questo scenario di parchi chiusi, controlli e barriere, è possibile che siano le uscite più molotov che ci sia mai capitato di fare. In fondo “[…] l’alpinismo è ‘molotov’ nella misura in cui fa emergere nuove contraddizioni e nuovi strumenti concettuali, narrativi cognitivi per affrontarle. Si va in montagna per tornare con “nuove armi” da sfoderare nella nostra quotidianità Si va in montagna consapevoli che si procede sempre in bilico”. (cfr. il manifesto di Alpinismo Molotov).
Mai come in questo momento abbiamo bisogno di far “emergere nuove contraddizioni” e dotarci di “nuovi strumenti, concettuali – narrativi – cognitivi”.
Da qui l’idea di raccontare le nostre escursioni – poco importa se di chilometri lungo fossi o di poche centinaia di metri per fare la spesa – nel tentativo di inquadrare da prospettive oblique quel che ci circonda e restituire ex post, almeno nel racconto, la dimensione collettiva di quel procedere a passo oratorio che oggi ci è negata.»

Aggiornamento, 21/03/2020

di Luca Casarotti

Nella serata di venerdì 20 marzo è stata emanata un’ordinanza del ministero della salute che ricalca nella sostanza il contenuto del decreto Bonaccini, e di quelli analoghi adottati in altre regioni.

Era prevedibile. L’unico dubbio riguardava la fonte che sarebbe stata scelta per estendere su tutto il territorio statale le restrizioni volute dalle regioni. Alla fine non si è optato per un nuovo Dpcm, ma per un’ordinanza ministeriale, efficace dal 21 al 25 marzo. Ma dato che le altre misure di cui è disposta l’efficacia fino al 25 marzo (cioè la chiusura delle attività commerciali stabilita dal dpcm dell’11 marzo) verranno quasi certamente prorogate, verrà quasi certamente prorogata anche quest’ordinanza.

Ordinanza che non fa le esemplificazioni minute in cui si diffonde il decreto Bonaccini (uscite in bicicletta, passeggiate con il cane e via elencando le cause dell’indignazione social-giornalistico-politica). Il lessico del ministero è più asciutto, più astratto di quello della presidenza dell’Emilia Romagna. Ecco cosa dispone l’ordinanza (art. 1):

«a) è vietato l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici; b) non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto; resta consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona; c) sono chiusi gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, posti all’interno delle stazioni ferroviarie e lacustri, nonché nelle aree di servizio e rifornimento carburante, con esclusione di quelli situati lungo le autostrade, che possono vendere solo prodotti da asporto da consumarsi al di fuori dei locali; restano aperti quelli siti negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro; d) nei giorni festivi e prefestivi, nonché in quegli altri che immediatamente precedono o seguono tali giorni, è vietato ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale, comprese le seconde case utilizzate per vacanza.»

Il decreto Bonaccini ordina la chiusura di parchi e giardini pubblici. L’ordinanza ministeriale vieta invece di accedervi. Divieto senza sanzione, come al solito. Con la conseguenza che, anche in questo caso, una contestazione dell’art. 650 del codice penale per la trasgressione al divieto non può essere fondata. La lettera b) ha un contenuto in tutto e per tutto identico a quello del decreto Bonaccini. Stesso divieto senza sanzione, la cui trasgressione quindi non integra l’art. 650 c.p., e stessa formulazione indeterminata (in prossimità della propria abitazione).

Intanto, giuristi autorevoli hanno preso posizione sulla fondatezza delle denunce. Questi, ad esempio, sono alcuni passaggi di un articolo di Gian Luigi Gatta (professore ordinario di diritto penale e direttore del dipartimento di scienze giuridiche alla Statale di Milano), apparso sulla rivista Sistema Penale:

«come giuristi non possiamo fare a meno di riflettere su ciò che stiamo vivendo, in termini di limitazioni di diritti e libertà fondamentali: è qualcosa di semplicemente inimmaginabile in uno stato di diritto, in condizioni normali […]: la tenuta dello stato di diritto, anche di fronte all’emergenza, richiede infatti limiti e controlli al potere del Governo di incidere restrittivamente su diritti e libertà fondamentali. […] Nell’introdurre svariate limitazioni, i dpcm hanno sempre richiamato il d.l. n. 6/2020. Senonché, a mio avviso, è lecito dubitare che quel decreto-legge rappresenti effettivamente una valida base legale. il giudice penale ben potrebbe dubitare della legittimità dei provvedimenti adottati con DPCM, al di fuori delle originarie zone-rosse (istituite all’epoca del d.l. n. 6/2020) […]. Il giudice penale potrebbe allora ritenere illegittimo il provvedimento la cui inosservanza si contesta all’imputato e, di conseguenza, disapplicarlo e pronunciare un’assoluzione. Oppure potrebbe sollevare questione di legittimità costituzionale.»

P.S. Nei commenti qui sotto, Luca si occupa anche dell’ordinanza del Friuli-Venezia Giulia, «totalmente priva di senso giuridico».

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206 commenti su “Criminalizzare chi fa jogging e passeggiate: l’ordinanza dell’Emilia-Romagna sotto la lente del giurista

  1. Cercavo sul sito della World Health Organization qualcosa che si potesse ricollegare a questo fioccare di divieti, e ovviamente non c’è nulla. Al più si legge che chi ha sintomi deve stare dentro ma nessun riferimento alla necessità di star tutti barricati in casa né tanto meno di evitare di fare attività fisica all’aperto. Del resto in altre sezioni del sito l’attività fisica è più che consigliata per motivi di salute, e probabilmente il sistema immunitario ne beneficia.
    Ad ogni modo c’è un grosso problema che non pensavo di dover affrontare in questo frangente, e cioè l’immedesimazione dei rappresentanti nel potere in sé. Lo faceva notare Roberto Gastaldo su Mastondon riguardo il Piemonte: “Qualcuno mi sa spiegare come, nel cervello di un ‘giornalista’ la frase “Il governatore Cirio vuole chiudere i parchi” diventa “il piemonte chiede la chiusura dei parchi”? Manco sotto Luigi XIV”;
    io l’avevo purtroppo già vissuto col sempre troppo citato sindaco di Messina che l’altro giorno nella quotidiana conferenza presenzialista praticamente gridava “perché nelle mie aree pubbliche di cui io sono proprietario, non consento a nessuno di passeggiare”. Facevo notare nel secondo post di Wolf come gongolasse perché la Regione Sicilia ha recepito le sue ordinanze (principio di sussidiarietà applicato terribilmente bene) e a questo punto temo che questa esplosione di ordinanze comunali e regionali spingeranno il delirio al punto che il governo nazionale vieterà ogni attività fisica. Ad ogni modo almeno il governo della regione Emilia Romagna riconosce una passeggiata come necessità per motivi di salute, in Sicilia neanche quello. Vi presento il terribile articolo 1 del decreto approvato ieri da Musumeci (e ho letto dei commenti “finalmente” da parte di gente che io boh): “Articolo 1(Ulteriori misure urgenti per il contenimento del contagio)1.Le uscite per gli acquisti essenziali, ad eccezione di quelle per i farmaci, vanno limitate ad una sola volta al giorno e ad un solo componente del nucleo familiare.2.E’ vietata la pratica di ogni attività motoria e sportiva all’aperto, anchein forma individuale.3.Gli spostamenti con l’animale da affezione, per le sue esigenze fisiologiche, sono consentiti solamente in prossimità della propria abitazione.”

    • Con l’aggravante che il decreto del Presidente della Regione Siciliana Musumeci non è circoscritto ad un periodo specifico, ma “ha validità fino a nuovo provvedimento”.

    • Mi accorgo adesso che nell’ordinanza siciliana all’Art. 3 Comma 4 c’è anche scritto che “Nelle rivendite di tabacchi è vietato l’uso di apparecchi da intrattenimento e per il gioco”.

      Cioè, fino a ieri in Sicilia non si poteva andare in libreria, ma si poteva andare a giocare al videopoker.

  2. Su Repubblica in questo momento. Roma.

    “Verificare tutti i veicoli con specifici posti di blocco e non più solo con i normali controlli a campione effettuati fino ad oggi. E’ la nuova disposizione per le pattuglie della Polizia Locale del Campidoglio che sarà operativa “a partire da questo fine settimana” e “fino a nuova diversa disposizione” contenuta in delle circolari dirette ai singoli gruppi territoriali. “I veicoli devono essere tutti accodati e sottoposti al controllo, la eventuale fila di vetture deve interrompersi solo in presenza di evidente situazione di pericolosità per la sicurezza della circolazione”, si legge nel testo di una dei queste circolari.

    Al servizio vengono assegnate, per le giornate di sabato e domenica, pattuglie per turno con orario 7-13 e 14-20. L’obiettivo del provvedimento, specifica uno dei documenti, è “di far capire a tutti che la Polizia Locale e nazionale sta eseguendo in concreto controlli mirati, senza ovviamente ingenerare paura ingiustificata o altro ma timore e rispetto per i controlli certamente sì”

    Verificare tutti i veicoli anche creando code.. e poi nell’ultima frase si parla di controlli mirati senza ingenerare paura ingiustificata o altro

    • rassicurante come la foto utilizzata sopra al titolo: un militare “in posa”, in mimetica con il mitra puntato contro il lettore, a fianco di un foglio che riassume le norme dell’isolamento.

      • E ancora, titolo:
        “Coronavirus, il caso Olanda: Rutte e l’immunità di gregge”
        Poi nell’articolo:
        “In Olanda le scuole sono state chiuse lunedì scorso così come i bar e i ristoranti, ma non è stata adottata nessuna misura di quarantena. Il solo accorgimento suggerito è quello di non avvicinarsi a più di 1,5 metri dagli sconosciuti. Da un paio di giorni, tuttavia, gli olandesi hanno preferito chiudersi dentro casa.”
        https://www.repubblica.it/esteri/2020/03/20/news/coronavirus_l_olanda_e_il_solo_paese_europeo_che_ancora_crede_nell_immunita_di_gregge_-251760182/

        • Una delle contraddizioni più interessanti riguardo a questi divieti è che anche se fossero cancellati tutti di botto la maggior parte delle persone continuerebbe comunque ad evitar di uscire.

          Si è molto osservato come le scene di panico viste in alcuni supermercati esteri siano state quasi del tutto assenti sulla penisola, a riprova del fatto che la popolazione si stia autoregolando senza che sia necessario apporre obblighi (il virus fa già paura di per sè)

          Al contrario i divieti agiscono in modo illogico nel reprimere atteggiamenti più che leciti e per nulla collegati alla diffusione del virus e che anzi, a volte sono più sicuri dei comportamenti permessi.

          Giusto ieri riportavo su Mastodon questo aneddoto:

          ”Stamattina tizio che passa i domiciliari al paesello doveva andare in edicola. L’unica del paese, a 2-3 Km da dove sta. Mascherina, guanti e salta in sella in bici per star il meno possibile all’esterno.
          Ma a neanche 200 metri dall’edicola…
          ALT! Fermato dai Carabinieri e obbligato a tornare a casa e rifare nuovamente il percorso ma a piedi”

          I divieti vengono applicati con lo scopo teorico di contenere la diffusione del virus ma poiché sono formulati in base a criteri de panza, si arriva al controsenso che se io uscissi di casa indossando una tuta anticontagio virale con tanto di guanti, maschera, respiratore e bombola d’aria, tutti disinfettati prima d’uscire e mi tenessi a 30 metri di distanza da chiunque, potrei essere fermato, multato, denunciato e rimandato a casa. Se invece attraversassi la città senza alcuna accortezza per andare a lavorare in manifattura a strettissimo contatto coi colleghi e dunque con l’alta possibilità di contagiarli tutti, non ci sarebbe alcun problema.

          • A proposito dei decreti in base a criteri de panza ,ecco qui l’ordinanza del sindaco di Castellamonte (To) ,cittadina di circa 8000 abitanti in canavese,territorio pedemontano, parte pianeggiante e cittadino e parte collinare e rurale; se non fosse tragico farebbe ridere https://www.obiettivonews.it/2020/03/20/castellamonte-nuove-misure-restrittive-per-chi-esce-a-piedi-obbligatoria-mascherina-o-foulard/

            Il sindaco ordina di uscire con mascherina, ma visto che non si trovano, va bene anche un foulard. Poi i cani possono pisciare a max 400 mt da casa e lo sport si può fare a max 500 mt (almeno dopo aver pestato tutte le merde dei cani uscendo da casa hai ancora spazio per pulirti le suole prima di rientrare, facendo attenzione a non ripestarle tutte). Poi divieto di sedersi sulle panchine.. e altre amenità. Da notare come in alcune zone del comune ,quelle più isolate nei boschi, tutto ciò sia completamente inutile. Io penso che abbia voluto dare una dimostrazione di forza dopo il primo contagiato in città ieri. In canavese negli ultimi giorni c’è un aumento che fa paura, ma se si pensa che “i nuovi contagi” di oggi sono in realtà i risultati dei tamponi effettuati quanti giorni fa?3-4, su persone che stavano già male da in media una settimana e che avranno avuto una incubazione media di un’altra settimana, ecco che si arriva come minimo al 4-5 marzo, cioè prima della chiusura. Sul territorio c’è ancora un discreto numero di fabbriche e un grosso call Center (a Ivrea), il quale a oggi ha registrato 4 casi, una fabbrica con 80 addetti è stata chiusa il 13 per sanificazione dopo il primo caso. Io temo che saliranno ancora per un bel pò.. e ovviamente la colpa sarà di chi esce senza mascherina -o foulard- e -pensa un pò -va a lavorare!

        • La situazione olandese a mio avviso merita attenzione. Qualche giorno fa parlando con persone che vivono là e che hanno figlie e figli era evidente come socialmente fosse ribaltata la percezione della casa come luogo sicuro nel quale riparare per contratare l’epidemia (come qui pare essere dato per scontato dal discorso pubblico e ufficiale). In Olanda in poche parole sembrerebbe essere condiviso il fatto che tenere a casa i bambini equivale a farli ammalare, questa è la prassi che d’abitudine adotta ogni inverno chi ha figli per contrastare l’influenza. Questo darebbe una delle possibili cornici di senso alla proposta di Rutte, sarà interessante seguirne gli sviluppi

  3. Consideriamo pero` che, paradossalmente, l’espandersi del malcontento e un incremento del dissenso potrebbe causare l’introduzione di misure di controllo estremamente invasive della privacy, e dannose per la liberta` nel post-COVID, come gia` sta` accadendo tra l’altro in Corea del Sud https://www.sciencemag.org/news/2020/03/coronavirus-cases-have-dropped-sharply-south-korea-whats-secret-its-success : l’autorita` potrebbe decretare come legale l’accesso a dati personali di qualsiasi genere, telefoni, carte di credito etc. allo scopo di tracciare non solo i movimenti di persone infette, ma anche quelli di “untori”. E passerebbe senza mormorii. Yuval Noah Harari (https://www.ynharari.com/ ) in un articolo apparso sul Financial Times di oggi ci informa per sempio che in questa “tecnica” e` gia` stata adottata dal governo di Netanyahu in Israele, tra l’altro paese all’avanguardia in fatto di Security Related Infrsatructures, https://www.ft.com/content/19d90308-6858-11ea-a3c9-1fe6fedcca75 . The times they are a changin folks e sarebbe probabilmente opportuno fare un “mic drop” ( https://www.ilpost.it/2016/05/02/storia-mic-drop/ ) ma con i nostri cari telefoni da passeggio.

  4. Ieri alla radio telefona una tale Adriana da Trieste e, al termine del suo intervento, conclude: «chi non rispetta le regole è un assassino».

    La giornalista prima fa un verso indecifrabile (un sorriso nervoso? deglutisce?) e poi dice che l’espressione è un po’ forte ma sì, effettivamente, c’è bisogno di darci un po’ tutti «una calmata»

    Sapevatelo! Sul servizio pubblico (rai radio 3), qui, a un’ora e 16 minuti: https://www.raiplayradio.it/audio/2020/03/Prima-Pagina-del-19-marzo-2020-faa53795-9c4a-46f8-b167-8b648d3369ef.html

    • Io sono sconcertato dalla totale mancanza di senso critico con cui una giornalista arriva a proferire tale, perfetta, inversione di senso. Chi corre (tutti, anche chi segue le norme) e così facendo cura la propria salute e rinforza, anche, il proprio sistema immunitario, si dovrebbe “dare una calmata” e dovrebbe smettere di essere irragionevole. Non certo loro, che mettono alla berlina persone che esercitano un diritto che, ancora, non è stato loro revocato, in un crescendo di isteria per cui, su un sito di una testata nazionale che non nomino per mio disgusto, una vecchietta che passeggia e una coppia di coniugi corrono assieme sono additati ad untori, contrapponendo alle loro attività perfettamente lecite le immagini di un Ospedale.
      Forse sono un sempliciotto a stupirmi, ma di solito ho fede nella ragionevolezza delle persone. Ho subito pensato a questo passaggio in “Vita di Galileo”.

      “Galileo: […] Guarda qui dentro, Sagredo! Io credo nell’uomo, e questo vuol dire che credo alla sua ragione! Se non avessi questa fede, la mattina non mi sentirei la forza di levarmi dal letto.
      Sagredo: Allora stammi a sentire: io non ci credo. In quarant’anni di esistenza tra gli uomini, non ho fatto che constatare come siano refrattari alla ragione. Mostragli il pennacchio fulvo di una cometa, riempili di inspiegabili paure, e li vedrai correre fuori dalle loro case a tale velocità da rompersi le gambe. Ma digli una frase ragionevole, appoggiala con sette argomenti, e ti rideranno sul muso.
      Galileo: Non è vero. E’ una calunnia. Non capisco come tu possa amare la scienza, se sei convinto di questo. Solo i morti non si lasciano smuovere da un argomento solido!
      Sagredo: Ma come puoi confondere la loro miserabile furbizia con la ragione!
      Galileo: Non parlo della loro furbizia. Lo so: dicono che un asino è un cavallo quando vogliono venderlo, e che un cavallo è un asino quando vogliono comprarlo. E questo per la furbizia! Ma la vecchia donna che, la sera prima del viaggio, pone con la sua mano rozza un fascio di fieno in più davanti al mulo; il navigante che, acquistando le provviste, pensa alle bonacce e alle tempeste; il bambino che si ficca in testa il berretto quando lo hanno convinto che pioverà, tutti costoro sono la mia speranza: perché tutti credono al valore degli argomenti. Sì: io credo alla dolce violenza che la ragione usa agli uomini. A lungo andare, non le sanno resistere. Non c’è uomo che possa starsene inerte a guardarmi, quando io (prende in mano un sasso e lo lascia cadere a terra) lascio cadere un sasso e dico: questo sasso non cade. Non c’è essere umano in grado di far questo. Troppo grande è il potere di seduzione che emana dalla prova pratica; i più cedono subito, e alla lunga tutti. Il pensare è uno dei massimi piaceri concessi al genere umano.”

  5. Il mio migliore amico, con cui sono cresciuto sportivamente e non solo, sta ancora lavorando alla RCS. Ha una fidanzata a casa. Naturalmente si sente esposto al possibile contagio, ma alla sera a casa ci deve tornare.

    Lo stesso dicasi per migliaia di persone che stanno ancora lavorando per garantire a tutti quello che ben sappiamo.

    Però il problema resta quello di urlare dal balcone a chi scende a fare due passi da solo, perché magari mosso da problemi di salute tipo pressione alta, rischio di trombi, diabete, oltre a ansia e claustrofobia.

    Poi siccome la spesa la devo fare, sono costretto a stare 4 ore in piedi in fila fuori dal super, magari sotto il sole o la pioggia.

    In fila non posso parlare con nessuno, nemmeno avvicinarmi troppo.

    Un’altra cosa che ho pensato è questa: se io sono stato in casa per 20 giorni, senza vedere nessuno e lo stesso hanno fatto i miei genitori, possiamo vederci?

    A volte mi sembra di essere stupido. A Milano, nel mio quartiere le strade sono deserte, mentre il serpentone per entrare all’Esselunga non si esaurisce mai.

  6. […] ogni giorno più difficile e per fortuna resistono spazi come Giap in cui si analizza la questione dal punto di vista legale e non solo. E sono più che mai necessarie le analisi e le prese di posizione come quella di Sara […]

  7. E anche in piemonte abbiamo un’ordinanza fotocopia (fotocopia proprio, anche nelle ridicolaggini che sottolineava Luca).

  8. L’Italia, e alla fine praticamente, uno alla volta, tutti gli Stati del mondo, sono in una impasse terribile e inesorabile. Le economie occidentali, liberali, complesse e massimamente privatistiche, dove lo Stato ha una funzione meramente organizzativa e collaterale alla gigantesca produzione di beni e servizi privati, in mille e mille rivoli, non possono in realtà permettersi blocchi totali e quarantene di questo tipo. Non possono permettersi nemmeno start&stop economico-sociali, perché anche il danno economico al tessuto produttivo è virale, serpeggia e si diffonde, e crea perdite esponenziali, che – paradossalmente – si rifletteranno sui servizi erogati dallo Stato, sanità compresa. Eppure quale ministro o presidente di una qualunque democrazia occidentale ha il coraggio di accontentare quel vecchietto dell’articolo quando dice “E non speravo nemmeno d’arrivarci, a quest’età. Se il tempo in più che mi è concesso devo viverlo così, tappato in casa, da solo, tanto vale che crepo.” ? Quale governo emanerebbe ad esempio una direttiva agli ospedali che delimita il campo, per esempio ordinando di non mettere più in terapia intensiva gli ultra-ottantenni con due gravi patologie pregresse ma lasciarli morire in normali letti di Medicina Generale?
    Siamo al paradosso: molti ultra-ottantenni con gravi patologie attive, potendo scegliere, preferirebbero in caso di contagio morire addirittura nel loro letto, circondati dagli affetti e con un bel funerale in paese dove partecipino gli amici di una vita. Nessun Governo al mondo ha la minima intenzione di accontentarli. Credo avvenga perché il politico di turno già conosce le dinamiche successive a provvedimenti di questo tipo. Ad esempio – in una fase iniziale, il firmatario di questo tipo di provvedimento sarebbe presentato come “Dottor Morte” e sputtanato sui social in mille e mille maniere. In seguito poi si farebbero i conti: quanti di questi ultraottantenni si potevano salvare mettendoli in terapia intensiva? Commissioni di tecnici, medici, avvocati, esperti di statistica inizierebbero a far girare le cifre: 10.000-20.000 morti! Ecco che arriverebbero legioni di avvocati, desiderosi di visibilità, a sostenere i puntuali “comitati per la vita” , depositando cause in tribunale per omicidio, strage, eccetera a carico del politico firmatario.
    Ecco che siamo in loop. Un meccanismo diabolico che si sta espandendo un po’ ovunque in occidente, alla stessa velocità del virus stesso.

  9. Sono mamma di due bambini che compieranno 4 e 2 anni nell’isolamento. Viviamo in Veneto, i miei figli non vanno a scuola e all’asilo dal 21 febbraio. È di oggi un’ordinanza di Zaia che fra le altre cose vieta le “passeggiate” a distanza di più di 200 m dalla propria abitazione. Quello che ho notato in tutto il dibattito pubblico sulle ordinanze è come i bambini non vengano mai menzionati. Se un adulto può sempre fingere di avere un impellente bisogno di comprare il pane o il giornale, leggendo i decreti pare che i bambini non abbiano ragione alcuna per uscire di casa, e questo per settimane, o forse mesi. Quando si parla di jogging si allude in modo sarcastico ad adulti che devono smaltire la pancetta, come se la ragione per cui la gente evade di casa fosse quella, e mai a un bambino che deve ha bisogno di fare una corsa o due tiri a pallone. Quando parliamo dei problemi psichiatrici che l’isolamento causerà, pensiamo forse più ad adulti isolati, ma io inizio a preoccuparmi anche delle conseguenze sull’infanzia.

    • Anche noi, molto, molto preoccupati. Siamo tutti e tre genitori. In tutto abbiamo cinque tra figli e figlie, il più piccolo fa le elementari, i/le più grandi fanno le superiori, uno in mezzo fa le medie. La sofferenza che questa reclusione sine die sta causando a bambine e bambini, ragazze e ragazzi, è insondabile, lascerà cicatrici in perenne suppurazione, e come genitore ti si stringe il cuore, ti senti impotente agli occhi di tua figlia o tuo figlio, devi lottare per non sprofondare in un sentimento oscuro, per non sentirti inadeguato come genitore perché non hai saputo proteggerl@ da tutto questo. A tratti sono straziato, mi faccio forza perché continuiamo il nostro lavoro collettivo, e perché siamo riusciti a tenere aperta questa sfera di discorso, che è preziosa.

      • Senza dubbio questa esperienza lascerà in tutti noi dei segni, spero non indelebili. Io vivo solo e pur essendo una persona abbastanza chiusa, mi manca moltissimo non poter passeggiare o anche prendere un caffè mentre faccio la spesa.

        Cerco di tenere a freno la mente, ma progettare in questo limbo è molto difficile. In più sto diventando suscettibile a una certa narrazione, che mi sentire piccolo piccolo perché “non sto salvando vite umane”.

        Da soli è dura, ma è dura anche per chi vive insieme a altre persone. Poi penso ai bambini, che nel momento più gioioso della vita si vedono costretti a diventare praticamente asociali. L’unica cosa che mi conforta è che almeno loro avranno tanto tempo per poter recuperare.

      • Si parla dei problemi legati alla chiusura prolungata della scuola solo – ma che strano! – in termini di profitto. Profitto scolastico ok, ma sempre di resa, performance, “risultato” si parla, scordandosi – o ignorando- che anche a scuola l’aspetto sociale è importante, forse è il più importante. E così si disserta su come dare la maturità (conta per i concorsi, quindi “è importante” tout court, in una società che tra mille pecche ha pure quella di essere lavorista) e si tralascia che la scuola è molto altro rispetto ad un diploma..
        Inoltre in questi giorni (mesi direi, ormai) anche gli spazi esterni alla realtà educativa sono preclusi totalmente a bimbi e ragazzi, che come si scriveva poco più sopra non hanno neanche la “scusa” della spesa o di far fare i bisogni al cane.
        Io ho un bimbo che compirà il suo primo anno in “reclusione”, forse per lui non sarà un trauma – anzi, è in un’età in cui avere i genitori per tutto il giorno forse è un bene, e la carente socialità con coetanei è relativamente meno problematica – ma per bambini più grandi e adolescenti la prolungata assenza di contatti reali con amiche e amici è qualcosa che crea sofferenza profonda ed è in potenza deleteria allo sviluppo sociale ed emotivo

        • straquoto. Soprattutto gli adolescenti patiranno questo periodo in modo per molti insuperabile, un trauma nel trauma. Tremo all’idea di ventenni che avevano appena assaporato la libertà fuori sede grazie all’università e tremo all’idea di quanti e quante hanno un o una fidanzata di cui nemmeno possono parlare perché in famiglia “non sono gay”. E’ così ingiusto e terribile tutto.

      • Da genitore di una bambina di 5 anni vi ringrazio per il vostro ossigeno che liberate on line, prezioso per mantenere le nostre menti lucide.
        Ciao a tutti.

    • … e il paradosso nel paradosso è che il Covid-19 per i bambini è una banale influenza, con rischi praticamente pari a zero. Nella storia dell’umanità si sono sempre protetti i bambini a tutti i costi: la vera ricchezza della società sono le nuove generazioni, quindi una volta che i piccoli sono al sicuro, tocca agli adulti sani, ai genitori, uscire nel bosco a cercare cibo, anche se nel bosco ci sono più lupi del solito. E invece no. Adulti tappati in casa, in piena crisi di paura collettiva, non procacciano più il cibo per i piccoli, attendono che i lupi vadano via, non rischiano nulla. Il capo villaggio esorta tutti a non lavorare, a non cercare di mandare avanti le cose… Una cosa mai vista nell’intera storia dell’Umanità , una cosa che va contro la nostra stessa natura di mammiferi.

    • Condivido assolutamente quello che scrivi, Camilla.
      La città in cui vivo è un deserto, e non si vedono bambini in giro. Nemmeno uno.
      Se mio figlio maggiore, adolescente, tra lezioni online e canali social, ha mantenuto una vita sociale, ancorché a distanza, il minore, 7 anni, è da un mese che non vede un coetaneo e che non ha alcuna vita sociale.

      Ieri siamo andati nella piazzetta a duecento metri da casa per fargli fare pochi giri di corsa del perimetro. Casa mia affaccia su una strada, quindi ci siamo allungati poco più in là. Volevo fargli bruciare un po’ di energie stando a debita distanza da chiunque, ma dopo poco è arrivata la volante della polizia a far sloggiare le altre quattro persone che – ad almeno venti metri una dall’altra – prendevano una boccata d’aria. Dunque siamo rientrati.

      Essendo in prima elementare, gli è stata interrotta a metà l’alfabetizzazione. Un po’ di schede arrivano dalle maestre, ogni tanto, ma è poca roba. Praticamente devo fargli l’homeschooling. E avendo una moglie che lavora full time, il tempo che dedico al piccolo non posso dedicarlo al mio lavoro, che infatti è fermo al palo (e senza ammortizzatori sociali). E comunque io non so nulla di didattica, sto improvvisando.

      Per passarsi il tempo lui disegna molto. Ma il tema, da quando è cominciato tutto questo, è sempre lo stesso: l’assedio. Disegna scene di assedio. In continuazione.

      Nel nostro ultimo giro in bicicletta, davanti all’ennesimo cartello arcobalenato “andrà tutto bene”, mi ha detto: “Perché scrivono che andrà tutto bene…se va tutto a merda?”. Ecco. Spiegaglielo pure che è benaugurale e per farsi coraggio, ma lui non è scemo, a quanto pare.

      All’inizio dell’emergenza si era fabbricato un elmetto con la carta stagnola e lo portava perché così “gli alieni” non gli avrebbero “controllato la mente”.

      A distanza di giorni metto in fila tutti questi indizi e mi rendo conto che le conseguenze psicologiche di questa chiusura totale i bambini le pagheranno negli anni a venire.

      E comunque molta gente avrebbe un gran bisogno di quell’elmetto.

    • Questo è un dramma nel dramma. Io ho un piccolino che deve fare tre anni a maggio, aveva da poco iniziato l’asilo visto che io avrei dovuto iniziare a lavorare (proprio questa settimana, e invece). In parole semplici ho provato a spiegargli perché stiamo sempre a casa, e perché non può vedere neanche i nonni che abitano al piano di sotto e con i quali facciamo le videochiamate. I bambini hanno una forza incredibile e te la trasmettono, però sono al contempo fragili. Quando stamattina per l’ennesima volta mi chiedeva della nonna al mio diniego mi ha risposto “ma io non ho il virus!” L’altro giorno l’ho portato in spiaggia e si è divertito tanto. Ora che arriva la primavera avrebbe davvero bisogno di star fuori, dopo aver sconfitto tutte le influenze di questo inverno poco rigido ma ricco di malanni, e invece stiamo dentro praticamente sempre, non so se nei prossimi giorni potrò portarlo di nuovo fuori, e il fuori sta diventando il balcone. Mi sembra il delirio ci siamo ancora nel pieno.

    • Credo che questo sia un tema importantissimo, che meriterebbe un approfondimento specifico. Anch’io, papà di un bimbo di sei anni, mi interrogo costantemente. Abito in un paesino del reggiano e il giorno prima della pubblicazione dell’ordinanza oggetto dell’articolo, il “mio” sindaco ha disposto il “divieto di sostare” (ma non di transitare) nelle aree verdi e nei parchi. Pensate al cortocircuito che un provvedimento così stupido – non mi viene in mente un altro termine – può provocare nella testa di un bambino: passo dal parco, vedo lo scivolo o l’altalena, ma non posso giocare. Un altro diritto “sospeso”, quello al gioco.

    • «I BAMBINI – Nel nome dell’emergenza il governo li ha completamente rinchiusi in casa. Nelle ordinanze di loro non c’è traccia, dunque bisogna dare per acquisito che non hanno neanche più diritto all’ora d’aria, come se non fossero sufficienti la chiusura delle scuole e dei parchi e l’impossibilità di qualsiasi contatto con i loro coetanei. Mettiamocelo in testa, i nostri figli non se la stanno passando bene e vivono un’atmosfera pesantissima che lascerà su di loro più di qualche segno. Questa politica delle restrizioni fatta con l’accetta rischia di fare il resto: c’era un segno che non andava oltrepassato e chi decide avrebbe dovuto farsene carico. E’ gravissimo che non sia successo, anche perché i bimbi non vivono tutti nelle stesse condizioni. Alcuni abitano in case spaziose luminose e confortevoli, altri no; alcuni vivono in campagna, altri in città; alcuni hanno una famiglia serena, altri no. Per come la vedo io, è una questione che dovrebbe essere prioritaria e i modi per gestirla ci sarebbero già solo facendo ricorso al buonsenso. Invece non vengono neanche menzionati se non alla voce dell’assegno baby sitter per i genitori che lavorano. E voglio anche banalizzarla, ma facciamoci una domanda: che popolo è quello che rivendica il diritto di portare il cane a pisciare e non quello di portare il figlio a prendere un po’ d’aria? Stiamoci molto attenti gente, non giochiamoci perché stiamo facendo male ai nostri bambini: dopo un periodo di isolamento così lungo il prezzo da pagare potrebbe essere altissimo. E tutto sulla loro pelle.»

      Da: Marco Arturi, Gli effetti collaterali della guerra a Covid-19

  10. La cosa peggiore di questa strategia della criminalizzazione dell’individuo è che trova solidi appigli nella pulsione catartica di trovare un capro espiatorio inevitabilmente presente nella pancia di tante persone: siamo nuovamente al “dagli all’untore”, come ai bei vecchi tempi.

  11. Il paradosso è che non si può fare una passeggiata ma in compenso da casa si possono comprare tutte le cose di tutto mondo H24 mettendo in moto un contagio senza fine.

  12. Circolare dell’VIII gruppo della Polizia Municipale di Roma del 19(03/2020 che da questo weekend impone agli agenti di fermare «TUTTI l VEICOLI E NON SEMPLICEMENTE A CAMPIONE» (maiuscolo originale) specificando:

    «A tal proposito si precisa che le motivazioni sono tassative e non si prestano ad essere
    interpretate estensivamente. In altri termini, e ferma rimanendo la valutazione che in
    concreto ciascun operatore riterrà di effettuare, chi dovesse autocertificare che sta
    andando a correre, ancorché vestito con abiti ginnici, appare poco verosimile.

    L’obiettivo di tali controlli è chiaramente quello di far capire a tutti che la polizia locale e nazionale sta in concreto eseguendo controlli mirati, senza ovviamente ingenerare
    paura ingiustificata od altro, ma timore e rispetto per i controlli certamente si.»

    Da un lato si afferma la non interpretabilità dei provvedimenti da parte dei cittadini e subito dopo si auspica la flessibilità interpretativa degli stessi da parte degli agenti. Il passaggio sul fatto che appaia «poco verosimile» dichiarare di spostarsi per attività sportiva indossando abiti ginnici è il culmine dell’incoerenza o, peggio ancora, una vera e propria minaccia a chi, nel rispetto della legge e dei suoi diritti, non si adegui “all’andazzo” securitario che – per i duri di comprendonio – è ribadito da quel lapidario «timore e rispetto per i controlli» (che è lo scopo manifesto della procedura, non il contenimento del virus).

    “Timore e rispetto” dà un’energica spallata all’ormai desueto “ordine e disciplina”. D’altronde in un comune dove la sindaca (spalleggiata in diretta tv da… Barbara D’Urso!), liquida la più grande sospensione dei diritti individuali dai tempi della guerra con un (cito a memoria) «Ma come? Non aspettavate tutti il momento per stare a casa a vedere film e serie tv, e adesso che potete, scoprite la corsa?», non c’è da stupirsi.

    E se non fosse ancora chiaro per tutti, oltre ad indicare ulteriori atteggiamenti di «fermezza» nel presidiare i parchi, si dispone che per tutta la settimana «le pattuglie diffondano utilizzando l’altoparlante di servizio il messaggio che segue:

    NON USCITE DALLE VOSTRE CASE SE NON PER VALIDI MOTIVI COME
    ANDARE AL LAVORO, FARE LA SPESA O ASSISTERE UN FAMILIARE MALATO.
    l TRASGRESSORI SARANNO DENUNCIATI.
    RISPETTATE LE REGOLE, RISPETTATE LE DISTANZE DI SICUREZZA
    »

    Per gli scettici, trovate la fonte originale qui:
    https://static.gedidigital.it/repubblica/pdf/2020/politica/Disposizioni-Operative-Posti-di-Blocco.pdf

  13. I militari per le strade servono davvero a qualcosa?
    di Nicolò Tabarelli

    Tabarelli ragiona sui dati delle persone fermate, delle verifiche delle loro autocertificazioni, delle denunce effettivamente segnalate dal Viminale e (spoiler), conclude che no, l’esercito per le strade non serve a un cazzo. O meglio, non serve a un cazzo se pensiamo che la sua funzione sia quella dichiarata e non quella sottaciuta.

  14. Qui` sta` la barbaria. Se e` vero che cio` che percepiamo non `e la realta` ma che la percezione puo` influire sulla realta` questo dovrebbe farci riflettere su quale in effetti sia la genrazione che sara` piu` colpita da questo virus. Parlo di qualita` e diritti umani che noi adulti apprezziamo e di cui godiamo e che ora ci vengono negati, per i quali i quali soffriamo. Cio` che noi adulti stiamo percependo come una limitazione di liberta`, per un bambino di 2 o 3 anni puo` essere invece un momento di gioia prolungato, quindi positivo in quanto, per esempio, passa piu` tempo “in isolamento” con i genitori. Ancora, un adolescente (o pre/adolescente) gia` abituato a stare a lungo in casa e ad interagire con i suoi coetanei su piattaforme digitali, puo` non vedere questo isolamento con gli stessi occhi di un quarantenne. La percezione come la prospettiva cambia a seconda dell’eta`. Una cosa e` certa: i bambini nati nel 2019 e 2020 percepiranno l’isolamento diversamente da come lo percepiamo noi.

  15. …scusate il mio italiano raffazzonato.

  16. Io non ho bambini ma ho due cani. Uno dei due è molto molto anziano ed è stato da me adottato a settembre. Non si rendono conto della situazione perché ho cercato nei limiti del possibile di non modificare la loro routine, cosa ovviamente impossibile da fare coi bambini. Anche se col più giovane dei due eravamo sempre per parchi e boschi, è un cane che si adatta “bene” anche al contesto urbano, il cane più anziano, invece, ha una idea precisa di cosa sia la libertà. E la sua età la spinge a fare pochissimi compromessi. Gli unici compromessi che accetta, sono quelli con se stessa. Mi ha fatto capire subito che sono io che mi adeguo a lei e non il contrario. E la trovo una bellissima lezione di vita. La mia realtà, come la vostra, è stata brutalmente modificata, in un arco di tempo brevissimo a predisporre cambiamenti così violenti. Quello che cerco di fare più possibile è non modificare la routine e non rinunciare alla mia libertà di uscire. Prima mi sentivo sola. Ora grazie al fatto che qui possiamo esprimere le nostre comuni preoccupazioni mi sento meno sola ma ho molta più paura. Sento però il ” dovere” di fingere uno stato di normalità per i miei animali e questo mi aiuta a non raggiungere una deriva. Mi obbligo a mantenere una situazione di ” normalità “, anche se il mio cervello, in remoto, ha già modificato il suo modo di pensare.

  17. In queste settimane il tema di come comunicare a bambin* e giovan* mi sta impegnando e coinvolgendo in modo fortissimo perchè da qualche anno mi sono ritrovato a lavorare con loro. Non è una cosa che mi tocca da genitore perchè non ho figl*. Sinceramente passo da momenti di grandissima motivazione nel tentare di immaginare stimoli utili per creare condivisione pur a distanza. Per dire, stavo cercando di pescare nella fantascienza di Ursula Le Guin e negli stimoli di Donna Haraway per stimolare racconti e visioni in cui la situazione attuale possa diventare la base già oggi per immaginare un mondo diverso, soprattutto con diversi rapporti ecologici e sociali tra le specie. Poi mi dico, ma che cazzo fai? Nella totale dipendenza da meccanismi di progettazione sociale e da fondi delle amministrazioni pubbliche dalle quali dipendiamo come organizzazione lavorativa non ha senso. E allora penso a me e al senso del mio lavoro che oggi ancora di più mi appare completamente inutile, perchè le uniche cose che mi premono e che vorrei condividere con bambin* e giovan* sono trovare insieme delle modalità per uscire all’aria aperta e non surrogati per stare a casa. Vorrei trovare le parole e le modalità giuste per parlare con loro (è un loro astratto me ne rendo conto) e ripartire da lì. Nei cortili dove abito ci sono ancora un bel pò di bimbe e bimbi che girano, sono delle famiglie di egizian* e marocchin* che abitano e qui. Da ben prima del coronavirus sono abituati loro e le famiglie allo stigma di essere additati come forier* di degrado per il solo fatto che abitato gli spazi comuni dei cortili. Oggi loro per me sono ideale ossigeno, alle volte ho pensato in questi giorni che vorrei affidare a loro le sorti della salute sociale, mi sembrano che esprimano la giusta vitalità.. il punto è sempre quello, come costruire azioni individuali e collettive per rispondere alla situazione? Sta diventando sempre più urgente. Ed un’urgenza che mette in discussione i meccanismi di una vita. Ora più che mai

  18. Anzitutto grazie, siete davvero aria fresca per la mente in questo periodo di clausura. Vivo in Svezia, a Stoccolma, i miei cari sono in Italia, in quarantena. Porto la testimonianza di quanto accade qui per confronto. Il governo ha vietato eventi di grande portata, musei, teatri. Al cinema si può andare ma distanziati. Si consiglia di mantenere distanza sociale e quarantena a chi ha sintomi anche lievi e agli anziani, che spesso vivono soli o nei residence solo per loro. Consigliano però di uscire, fare passeggiate, prendere aria e sole, ma stando attenti agli assembramenti. Alcune scuole hanno chiuso di spontanea volontà (private) e si lavora da casa, ma ritengono assolutamente non necessario chiuderle anche perché la cura dei figli porterebbe i genitori, che coprono ruoli e lavori socialmente indispensabili in questo periodo (sanità per esempio) a stare a casa ad accudirli. Alcune grandi aziende stanno già soffrendo economicamente e hanno dimezzato drasticamente gli effettivi, se non chiuso (settori dell’auto, sport, turistico). Qualche piccolo assalto ai supermercati (pasta e carta igienica). In generale si seguono le direttive dell’WHO ma con un occhio all’immunità di gregge. Gli italiani qui sono in totale paranoia, come si può vedere sui social e vorrebbero fuggire nel “Bel Paese”… la sanità per ora regge, anche se a fatica. In questo istante qui ci sono più di 1600 casi appurati (tampone e dichiarazione di positività solo a coloro che vengono ospedalizzati, gli altri a casa. Quindi direi parecchi di più). Solo nella regione di Stoccolma, area metropolitana con più densità i casi sono più di 600. Il dibattito pubblico però è molto caldo or ora e potrebbero essere prese misure più drastiche. Resistete! Resistiamo!

    • un flash dal Marocco, con cui sono in contatto perché terra del mio ex marito.
      Da ieri decreto reale di coprifuoco simile a quello italiano: le scuole e le frontiere erano chiuse già da qualche giorno, ora sono chiusi d’autorità gli esercizi commerciali eccetto per i beni indispensabili e sono state imposte restrizioni al movimento del tutto analoghe alle nostre.
      Anche lì il re non ha fermato la produzione – anche se so id almeno uno stabilimento PSA (auto) francese delocalizzato che ha deciso di chiudere tanto le vendote sono ferme. Il Marocco è uno dei paesi dove negli ultimi anni hanno cominciato a delocalizzare parecchie produzioni europee, lerealtà produttive sono concentrate in poche aree, ma cominciano ad essere significative.
      Il coprifuoco, come è stato già più volte rilevato, è una misura molto classista, più la forbice sociale è ampia, più le conseguenze sono diverse. Penso ai milioni di persone che abitano nei quartieri popolari delle grandi città, dove la norma è abitare in 5 – 8 persone in 20 mq, spesso senza acqua corrente in casa. Se togli il vicolo ai bambini e alle donne,se toglie le attività informali, il piccolo commercio ambulante in nero agli uomini (e anche alle donne) cosa gli rimane?
      Il governo ha stanziato subito un piano di aiuti che di fatto è aria fresca rispetto alla situazione, ma il peggio, a parte la cifra, è che come sempre chi non è inquadrato non potrà accedere agli ammortizzatori sociali, e lì il settore informale dà da mangiare a milioni di persone.
      Alla base di queste scelte c’è una sessantina di contagi, la progressione sembra per ora estremamente più lenta che qui.
      Immagino che ovviamente gli abitanti dei quartieri poveri continueranno a uscire e i mercatini informali ad esistere: tra morire forse di corona o certamente di fame la scelta è obbligata, ma saranno ancora più esposti agli abusi degli uomini in divisa e di tutti i rappresentanti delle istituzioni. Ma in Marocco “ci si aggiusta” sempre e probabilmente troveranno l’aggiustamento più tradizionale: la bustarella in cambio del silenzio. Alla fine tutta la storia si risolverà nell’ennesima vessazione di chi ha un qualche miserabile potere ai danni dei poveracci. E tnti saluti al corona.
      Perché? perché lo fanno? non possono non sapere che finirà così. Qualcuno in un commento molto lontano parlava dell’adeguamento alla policy mondiale nel Laos, dove pure il problema corona non è rilevante, avanzando l’ipotesi che derivi da direttive che guidano l’allocazione degli aiuti allo sviluppo… forse è questa la ragione sottesa anche in Marocco.

  19. io lavoro in ufficio, sono quindi autorizzata a transitare per la città. Rientrando oggi pomeriggio ho incrociato un giovane musicista di strada che suonava la chitarra (molto bene), mascheramunito, accovacciato a terra a lato di un discount di prima periferia.
    A pochi metri la fila delle persone in attesa di entrare al discount, stranamente nessuno lo ha bullizzato.
    Commossa per il gesto di resistenza, nel lasciargli un’offerta gli ho chiesto se non avesse paura della denuncia, ha risposto: “che altro posso fare in questo momento? andare a rubare non voglio, e comunque non sarei capace”.
    Daje chitarrista resistente!

  20. nel frattempo in cui il jogging è il crimine degli anni ’20 riassumiamo i numeri (al lotto9 che stanno volando.

    – numeri della lombardia inutilizzabili, troppo pochi tamponi i contagiati sicuramente sono enormemente superiori: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/bucci-i-dati-lombardia-sono-inutilizzabili-i-contagiati-sono-1843056.html
    Ma se i contagiati sono sottostimati di 10 volte, la mortalità si abbassa all’1% circa e quindi alla fine siamo andati in sovraccarico per un virus appena più forte di quello influenzale con due settimane di lockdown?

    – morti altrove https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/coronavirus-in-lombardia-9-morti-su-10-mai-giunti-in-terapia-intensiva_16362350-202002a.shtml
    Se solo 231 morti sono avvenute in T.I. e molti sono morti a casa, poi come facciamo a capire se sono morti per il coronavirus? Tamponi postumi? Tamponi fatti a casa quando non li fanno neanche all’ospedale?

    – ma quanti muoiono SOLO per il coronavirus? lo 0,8% del totale dei morti. chi lo dice? l’istituto superiore di sanità, anche se non ha menzionato su che ruota ha fatto uscire i numeri. https://www.lastampa.it/cronaca/2020/03/18/news/coronavirus-l-istituto-superiore-di-sanita-solo-12-le-persone-decedute-senza-patologie-pregresse-1.38605276

    Io chiedo scusa per il tono ironico e irriverente quando magari c’è qualcuno che ha perso cari e magari è stato male lui stesso. Ma scusate, anche a voi che magari ci siete passati, tutto questo vi sembra normale?

    • È arrivata l’ordinanza nazionale, ma è meno restrittiva di quelle locali, e non vieta tout court l’attività fisica: A r t . 1
      (Ulteriori misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale)
      1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sono adottàte, sull’intero
      territorio nazionale, le ulteriori seguenti misure:
      a) è vietato l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici;
      b) non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto; resta consentito svolgere
      individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel
      rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona;
      c) sono chiusi gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, posti all’interno delle
      stazioni ferroviarie e lacustri, nonché nelle aree di servizio e rifornimento carburante, con
      esclusione di quelli situati lungo le autostrade, che possono vendere solo prodotti da asporto
      da consiunarsi al di fuori dei locali; restano aperti quelli siti negli ospedali e negli aeroporti,
      con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un
      metro;
      d) nei giorni festivi e prefestivi, nonché in quegli altri che immediatamente precedono o
      seguono tali giorni, è vietato ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale,
      comprese le seconde case utilizzate per vacanza.

      • È meno restrittiva per modo di dire. Si parla di attività motoria svolta “individualmente”. Quindi, se esco accompagnata dai miei figli minorenni sono fuorilegge? È interessante capirlo perché questo sancirebbe definitivamente la reclusione di tutti i bambini.

      • È un’ordinanza orrenda, ciò detto: per gerarchia istituzionale credo renda nulle quelle più severe, se meramente estese da sindaci (eventuali inasprimenti andrebbero esplicitati a livello ministeriale o perlomeno prefettizio- ma in merito lascio esprimere chi è più competente in materia di diritto, la mia è mera esperienza amministrativa). resta che è un ulteriore passo verso il baratro del securitarismo indiscriminato. Un’acefala restrizione dei diritti, che reputo poco utile ora, deleteria in prospettiva. Chè i precedenti restano

        • Qual è il significato di “nei giorni festivi e prefestivi, nonché in quegli altri che immediatamente precedono o
          seguono tali giorni”? 1-10-100? E nei non festivi, prefestivi, ecc. si può quindi andare?

          • Il significato è che politici e burocrati dei ministeri stanno a Roma dal martedì al giovedì e gli altri giorni in belle ville al mare o in montagna.

    • No! Anche a me non sembra normale.
      ” …malattie come fibrillazione atriale, ictus, insufficienza renale, cancro”. La maggior parte dei decessi, che avviene tra gli 80 e gli 89 anni, con “co-morbosità”. Solo lo 0,8% dei decessi non presentavano patologie pregresse.
      Quanto chiarito in conferenza stampa dall’ISS. Sui dati aggiornati ad oggi (https://coronavirus.jhu.edu/map.html), significa, semplifico, che in Italia sono morte circa 32 persone, anziane, per il solo fatto di aver contratto il Sars-Cov-2.

      Io credo che cercare di soffermarsi anche sui numeri che ci propinano, il più delle volte in modo completamente illogico, sia fondamentale per mantenere la lucidità e possa essere, come scrive Sara Gandini nell’importante articolo più volte citato, “un interessante esercizio di scienza dal basso”.

      E’ passato circa un mese dalla chiusura delle scuole in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, il fondamentale provvedimento che ha spinto una buona parte della popolazione asintomatica e non a rischio, a visitare i nonni (la fascia più a rischio), mentre i genitori delle aree più produttive d’Italia continuavano ad andare a lavoro.
      L’Italia è stato il primo paese che ha chiuso i voli con la Cina, il 2 febbraio. Il paese che ha adottato per primo le misure estreme – “il chiudiamo tutto e state a casa” – presentate ed accettate senza alcun dibattito come la migliore delle opzioni possibili.
      Un mese dopo, sempre secondo i dati che giustificano paure, isterie, clima da caccia all’untore, il diffuso desiderio di sparare ai runner, etc, in ‘Italia c’è un tasso di letalità del nuovo virus dell’8,5%, 40000 positivi, il 9% degli operatori sanitari contagiati per le più volte citate carenze di dispositivi di protezione individuale.
      Altri paesi che avrebbero dovuto passarsela molto peggio, data la loro lentezza nell’applicare misure draconiane, hanno numeri diversi (la Germania su tutte, con il suo mai citato tasso di letalità allo 0,34%).
      Ma l’Italia resta, misteriosamente, un esempio da seguire. Un modello positivo. La lepre che tira la volata della corsa ai provvedimenti più restrittivi, repressivi e anticostituzionali.
      Applicando un basilare procedimento scientifico (del tipo osservazione-ipotesi-raccolta/analisi dei dati-eventuale conferma della ipotesi con formulazione della teoria), si dovrebbe perlomeno mettere in discussione l’assunto iniziale della migliore delle politiche sanitarie possibili.

      Io sono convinto che l’emergenza esista. Anzi che esistano più emergenze che si sovrappongono. Quella ambientale, con un eclatante incidenza di complicanze respiratorie in una delle aree più inquinate d’Europa. Quella sanitaria, con decenni di colpi d’ascia sulla sanità pubblica. Quella politica, con il lalalla sulle orecchie che impedisce qualsiasi ragionamento e spiana la strada a fascismi variamente declinati. E quella climatica che spinge virus ad occupare sempre più velocemente nuove nicchie ecologiche. Una tempesta perfetta che deve essere analizzata con un approccio olistico.

      Continuare a ragionare con calma. Decriptare dati incoerenti. Sottolineare eventi irrelati.
      Vi ringrazio per questo spazio di confronto e riflessione.
      In un momento in cui le mura di casa, le piazze delle città, i boschi notturni, le spiagge assolate, sembrano improvvisamente restringersi, è davvero essenziale.

  21. L’unica risposta che sono riuscito a trovare a questa colpevolizzazione di una cosa consentita è “moriremo democristiani”. Non hanno il coraggio di prendere certe posizioni (per calcolo? Per un sussulto di dignità?) e puntano sul senso di colpa/shaming sociale.
    Oppure pensano che arrivarci per gradi faccia digerire meglio la pillola (e dimenticare tutte le loro responsabilità, passate, e presenti: i militari e le fdo non si possono impiegare più proficuamente che a far multe? Non si può ragionare seriamente sui tamponi, se farli o no? Giusto per dirne due…)

  22. Ciao, volevo segnalare i post di Malvino sul tema: «nulla sarà più come prima» / «tutto sarà come prima», http://malvinodue.blogspot.com/.
    Nel rispondere a un commento su quello di oggi dice: “Se però porge orecchio a chi propone il carcere per chi fa jogging – da solo, eh – sono certo che capirà dove sta il virus”.

  23. Ciao, a noi sembra abbastanza chiaro a questo punto che decreti, provvedimenti e ordinanze non servono più, nelle loro intenzioni, se mai sono servite a questo, a contenere il contagio, ma a contenere ogni possibile dissenso, a prevenirlo prima che curarlo.
    Come fa notare Nephila la stragrande maggioranze delle persone morte, (dati ISS), senza nulla togliere al dolore che porta con sé ogni morte, sono persone anziane con gravi patologie preesistenti. Non si tratta di negare l’esistenza di un virus più stronzo degli altri che provoca in persone a rischio gravi polmoniti. Ma la maggior parte delle persone morte non sono morte per il coronavirus, ma con il coronavirus. E sono morte piuttosto di tumori, di malattie cardiovascolari, di diabete, di inquinamento dell’aria, dell’acqua, della terra, sono morte di tagli alla sanità, di neoliberismo, di rapacità. E tutte queste misure assurde, tra cui sigillare in casa davanti agli smartphone i bambini e le bambine e davanti alla tv ad ammuffire e a farsi terrorizzare le persone anziane, non servono a contenere il virus ma ad innalzare indefinitamente la soglia di tolleranza al controllo, al divieto, alla depressione, alla paura. Servono, con un odioso ricatto morale in odore di alibi, a contenere il dissenso di ora rispetto alla gestione dell’emergenza sanitaria, e il dissenso di un domani molto vicino rispetto agli immani danni sociali ed economici che questa situazione porterà.
    Militarizzare e fascistizzare ulteriormente il paese sta servendo soltanto a questo. E anche se parlare di colpo di stato in assenza di stato sovrano non ha senso, è forse utile iniziare a ragionare in termini di una nuova forma di colpo di stato.
    C’è chi dice, e non solo la stucchevole poesia della Gualtieri, che da questa interruzione della storia, da questa sospensione, ne possa uscire del bene, un cambio di rotta, un andare oltre, un’evoluzione spirituale della nostra umanità. Guardandoci intorno non ci sembra. Ci sembra piuttosto che dagli appartamenti usciranno persone ancora più conformiste, ancora più assuefatte ai dispositivi tecnologici e vogliose di quella disastrosa normalità che ha portato a tutto questo. L’emergenza continuerà sempre ma ci saranno festeggiamenti e ringraziamenti per il ritorno alla normalità.
    Crediamo con Agamben che la nuda vita (a cui siamo ridotti) e l’aver paura di perderla non unisca le persone ma le possa soltanto accecare e separare.
    E’ difficile iniziare a pensare a come uscire tutti insieme (in ogni senso) da questa situazione, ma forse dovremmo iniziare a farlo.
    Bianca Bonavita

  24. Spoiler: questa sera mi sono beccato la denuncia.

    In questi giorni sto comunque andando al lavoro: abito sulla stessa strada dell’ufficio, a pochi numeri civici di distanza, nei pochi metri che faccio a piedi non incontro nessuno, e al lavoro siamo solo in due (anche il mio socio abita molto vicino). Oltre a essere consentito dai decreti (che consigliano il telelavoro, senza obbligarlo), e oltre a dover usare macchine e software dell’ufficio, trovo che andare in sede sia anche una buona pratica: sia per separare il tempo del lavoro da quello del non lavoro, sia per prendere un po’ d’aria, vedere un po’ di luce, scambiare due chiacchiere col mio collega (vivo solo in una casa piccola e sto impazzendo).
    Ma ciò che a Roma di solito è un’enorme fortuna, abitare vicino a dove si lavora, in tempi di quarantena e con le occasioni per camminare ridotte al minimo diventa una prigione. Ho preso allora l’abitudine, quando stacco, di fare un giro largo, niente di che, non saranno neanche cinquecento metri, praticamente il periplo dell’isolato.
    Per noi in questi giorni paradossalmente il lavoro è tanto, più del solito, perché ci stiamo sbattendo per cercare in ogni modo di evitare pesanti danni economici alla casa editrice per via delle conseguenze delle misure, tra cui c’è la chiusura delle librerie. Quindi spesso stacco tardi, tra le 18 e le 20, e a quell’ora per strada non c’è quasi nessuno, facilissimo rispettare le distanze di sicurezza. Lo faccio da dieci giorni e non ho mai avuto problemi.
    Oggi sono andato via particolarmente tardi, dopo le 20, e ho iniziato il mio giro. A metà strada, meno di duecento metri da casa, uno dei militari che presidiano da anni con tanto di camionetta la zona della movida del mio quartiere mi ferma chiedendomi dove stessi andando. Io gli ho ovviamente risposto che stavo tornando a casa. È seguita una sfilza di domande tra cui da dove provenissi, che lavoro facessi, dove abitassi, se avessi l’autocertificazione (che non avevo, sapendo che il modulo può darlo anche la polizia quando ti ferma), i documenti, ecc.
    Quando gli ho detto dove abitavo mi ha chiesto perché stessi andando nella direzione opposta (avrei svoltato al primo incrocio per girare intorno all’isolato e tornare indietro) e quando gli ho risposto che approfittavo per fare due passi mentre tornavo a casa, mi ha detto che è vietato passeggiare (faccio notare che io gli ho detto che facevo due passi per tornare a casa dal lavoro, e lui invece ha subito tirato fuori l’infausta parola, la parola con la P: passeggiata).
    Io ovviamente non ci son stato, gli ho detto che non è vietato passeggiare, che comunque stavo tornando a casa, che ero in prossimità della mia abitazione, e che quindi era tutto consentito. Lui ha iniziato a insistere con toni sgradevoli e ad arrabbiarsi, fino a quando non sono arrivati gli altri cinque che con lui presidiavano la zona della movida. Mi sono ritrovato letteralmente accerchiato, tra l’altro in un assembramento di persone che non rispettavano la distanza di sicurezza né tra me né tra loro (cosa che gli ho fatto notare).
    Hanno prima iniziato a turno a insistere con la storia del divieto assoluto di uscire di casa, poi quando gli ho mostrato dal cellulare il testo del decreto smentendoli hanno cambiato strategia, iniziando a farmi la morale e a colpevolizzarmi elencando tutti i frame tossici di cui abbiamo parlato in questi giorni: «Se tutti facessero due passi le strade sarebbero affollate», «È colpa di quelli come te se c’è il contagio e la sanità è al limite», «Sei un irresponsabile». Per poi passare a insultarmi: «Noi vorremmo stare a casa e invece dobbiamo stare dietro ai deficienti come te che a casa non ci stanno e diffondono il contagio», «Rischiamo la vita per voi stronzi», e altro che non vi ripeto.
    Inutile spiegarli che io, a casa, ci stavo proprio andando, provenendo dal lavoro, e che ero in prossimità della mia abitazione. Non hanno voluto sentire ragioni, tirando fuori anche una bizzarra teoria per cui le misure prevedono obbligatoriamente che in caso di spostamento si debba fare il tragitto più breve dal punto A al punto B è che allungare anche solo di cinquanta metri è vietato.
    Ma ovviamente la cosa che li infastidiva di più, oltre il fare due passi, era l’orario. È stato vano spiegargli che se ho staccato dopo le 20 e i miei legittimi dieci minuti d’ossigeno li prendo a quell’ora rischio ancora meno di contagiare qualcuno perché la strada è deserta. Ragionavano come se ci fosse il coprifuoco e io lo stessi infrangendo.
    Siccome insistevo dicendo che non stavo facendo niente di illecito, hanno chiamato i carabinieri per farmi denunciare (sottolineo: non hanno detto che avrebbero chiamato le forze dell’ordine per controllare e, in caso, denunciare; hanno esplicitamente detto che le avrebbero chiamate per farmi denunciare). Non so perché abbiano chiamato i carabinieri e non la polizia, e ovviamente non so cosa si sono detti ma ho pochi dubbi che la versione fosse di parte e per indisporli preventivamente.
    Tra discussione con loro e attesa dei carabinieri sono passati più di tre quarti d’ora. Nel frattempo i militari hanno, nell’ordine: fermato un povero senzatetto che camminava barcollando; fermato un tipo di colore dando per scontato che spacciasse (per poi dirmi: «Vedi, se esci di casa è pericoloso, puoi trovare lui», e quando ho risposto: «Ma lui che c’entra?» mi hanno detto: «Non è razzismo, è che potete contagiarvi», con una excusatio non petita accusatio manifesta che rivela una coda di paglia lunghissima); guardato male tutti quelli che passavano col cane («Questi cani sono diventati magrissimi a furia di uscire così spesso») e obbligando una di due signore sudamericane che erano uscite col cane a tornare a casa perché lo si può portare a spasso solo da soli (anche se le signore vivevano palesemente insieme, essendo uscite dallo stesso portone, quindi sono comunque a contatto tutto il giorno); parlato male di chi va a correre («Tutti atleti ora»). Queste ultime cose a conferma che per loro non si tratta di rispettare o meno le misure, cosa è permesso e cosa no, ma obbligare le persone a stare barricate in casa in spregio di ogni diritto.
    Poi è arrivata la volante coi due carabinieri che sono scesi rivolgendosi subito ai militari, ignorando le mie parole, per poi rivolgersi solo dopo a me e subito con toni minacciosi, insultando e urlando. Con loro la discussione ha ricalcato quella già avuta coi militari, solo molto più minacciosa, urlata, e a distanza ancora più ravvicinata (tipico atteggiamento di chi ti urla letteralmente in faccia, e meno male che bisogna evitare il contagio). Oltre ad attribuirmi la colpa delle morti di questi giorni, hanno concluso con: «NON DEVI USCIRE E BASTA. DEVI STARE CHIUSO IN CASA QUARANTA GIORNI! [sì, in caps lock]». E hanno iniziato a compilare la denuncia.
    Mentre compilavano uno dei militari mi ha detto: «Hai visto? Se stavi zitto e chiedevi scusa andava tutto bene, hai voluto rispondere e fare storie? Così impari». Capito? Hanno chiamato i carabinieri per denunciarmi ma non perché stessi infrangendo qualcosa, bensì perché avevo osato controbattergli. Gli ho risposto che quindi non ero nel torto, non mi denunciavano per un illecito, mi stavano semplicemente facendo i dispetti. Lui ovviamente ha reagito male, ma vabbè.
    Intanto i carabinieri hanno finito di compilare la denuncia, e anche un’autocertificazione in cui è scritto che alle 20:15 uscivo dal lavoro in via xxx per recarmi al domicilio in via yyy e che stavo passeggiando per tornare a casa (tra l’altro, mi hanno impedito di compilarla da solo, lo hanno fatto loro e mi hanno obbligato a firmarla). Nell’ora e luogo del controllo hanno scritto 21:15, che in realtà era l’ora di quel momento, mentre i militari mi avevano fermato tipo un’ora prima. Ovviamente lo hanno fatto apposta per far sembrare che stessi camminando da un’ora. Hanno anche ovviamente specificato l’indirizzo presso il quale mi hanno fermato, che dovrebbe dimostrare che per tornare a casa stavo facendo un giro troppo lungo.
    Ora, io non sono per niente preoccupato per la denuncia, perché sono abbastanza convinto che sarà archiviata (se dovessero aprire un processo per ognuna di queste denunce la giustizia esploderebbe), al massimo potrebbero darmi l’ammenda di duecentosei euro (lo stesso carabiniere consegnandomela m’ha detto: «Tanto è solo un verbale di duecento euro, ma almeno impari e te ne stai a casa»). E comunque ci sono tutti gli estremi per contestarla, visto che stavo tornando a casa (permesso) dopo aver lavorato (permesso) e mi trovato in prossimità della mia abitazione.
    Non sono preoccupato, però sono arrabbiato, nervoso e angosciato. Non è la prima volta che discuto con polizia, carabinieri o militari, ma essere accerchiato da sei soldati con mitra, e poi ricevere urla in faccia da due carabinieri, è stata una brutta scena. Non ho mai temuto per la mia incolumità fisica, ma sto temendo seriamente per l’incolumità della mia libertà. Mi è sembrata proprio una scena da dittatura militare o da regime fascista, non è stato per niente piacevole, non ve lo nascondo.
    E di nuovo, la totale inutilità delle misure riguardo la prevenzione del contagio. Se avessi lavorato come operaio in fabbrica per tornare a casa avrei potuto attraversare mezza città a qualsiasi ora del giorno, magari in fasce orarie in cui avrei incontrato molta più gente, dopo essere stato a contatto con decine o centinaia di persone, ma questo sarebbe andato bene.
    Scusate la lunghezza ma mi sembra che quest’episodio – oltre a racchiudere incredibilmente *ognuna* delle assurdità di queste settimane *in un colpo solo* – abbia del kafkiano: dal come sono stato fermato a come si è svolta la vicenda, dalle motivazioni fallaci addotte dai militari all’ignorare quanto io mostravo decreto alla mano, dai frame tossici con cui mi hanno buttato merda addossa alla loro violenza – per fortuna per ora solo – verbale. Fino a, soprattutto, l’assurdità dell’essere denunciato perché stavo facendo due passi intorno all’isolato per tornare a casa (ma in realtà perché non ho fatto pippa quando mi hanno fermato).

    • La denuncia che ti sei preso è, molto probabilmente, carta straccia. Come mi ha appena fatto notare Luca, la circolare ministeriale ieri sera non era ancora in vigore. È efficace da oggi. E poi ci sono tutti gli altri motivi già detti.

      Resta che la scena è terribilmente rappresentativa dell’andazzo.

      Tu hai dato filo da torcere ai militari perché hai gli strumenti e la determinazione per farlo. E le testimonianze che stiamo raccogliendo qui aiutano anche a darsi manforte a distanza. Ma quant* altr* invece si fanno intimidire, subiscono l’arbitrio, si fanno conculcare divieti che non sono nemmeno nelle ordinanze se non in modi impliciti e vaghi?

      • E quanto, questa emergenza, aumenterà nella testa di militari, poliziotti e carabinieri la sensazione di poter intimidire, offendere, prevaricare e violare le persone? Quando un soggetto viene criminalizzato urbi et orbi e a mezzo stampa, le forze dell’ordine si sentono subito autorizzate a vessarlo senza dover rispondere a nessuno. Accade con i tossici, gli ultras, i graffitari. Ora il soggetto criminalizzato è chi passeggia, quindi chiunque. E di conseguenza, in quelle teste, si espande la percezione del proprio arbitrio, del proprio potere indiscriminato.
        Quanto tempo ci metteremo per tornare indietro da questo?
        Negli stadi, dopo le “emergenze” degli anni Novanta, non si è più tornati indietro.

        • Penso anche io che quella denuncia sia carta straccia. Infatti il problema, concordo, è il totale arbitrio che ormai sta esercitando chiunque indossi una divisa. A conti fatti io sono stato denunciato per non averne rispettato l’arbitraria autorità e non per aver infranto qualcosa di specifico.

          Sto pensando spesso alla figura di Pertini dipinta da Wu Ming 1 ne “La macchina del vento”: la sua determinazione nel non farsi schiacciare neanche psicologicamente dal confino, il suo continuare a presentarsi al meglio, anche esteriormente, il vestirsi «in modo impeccabile, per ribadire che è superiore ai nemici», una forma di resistenza, per mostrare ai fascisti di non aver chinato la testa.
          In questi giorni mi sto sforzando di alzarmi ogni mattina, fare colazione, radermi, lavarmi, vestirmi, e uscire per andare al lavoro come al solito, evitando il di restare a vegetare tutto il giorno in pigiama, e mi sembra una piccola forma di resistenza. Ovviamente non voglio assolutamente paragonarmi a Pertini, e non voglio neanche condannare chi non ha la fortuna di vivere vicino a dove lavora ed è costretto a restare in casa, ma in questi giorni anche vestirsi e uscire a portare a spasso il cane, andare a correre o a pedalare, far prendere aria ai figli e alle figlie, cercare di modificare il meno possibile la propria vita, sono tutte piccole pratiche di resistenza.

    • Ciao, sono nuova tra voi. Mi limitavo a leggervi per trovare consolazione dinanzi alla sempre più profonda vergogna di appartenere ad un genere ( umano) rappresentato da idioti che cantano ai balconi il loro giubilo per essere stati sottoposti al 41bis. Sia chiaro, ho il massimo rispetto per le vittime, per gli operatori sanitari, ne ho ben più della miriade di persone che recitano istericamente slogans intrisi di retorica fascista. Non ho imparato ieri a lavarmi le mani, che non mi tocco il viso con le mani saranno vent’anni e più ovvero da quando sono finita dallo psichiatra perché non mi avvicinavo alle persone per paura dei microbi…uno scenario pandemico avrebbe dovuto sconvolgermi. Invece, sarà che le prove generali le ho già fatte, è dall’inizio di questo lockdown che mi angoscia più di ogni altra cosa lo strisciante insinuarsi dello Stato di polizia. L’episodio che racconti rappresenta la materializzazione di questa paura che ormai non mi abbandona. Insieme al profondo disgusto che figuri come il tetro Fontana mi provocano al pensiero delle sottili tecniche manipolatorie che utilizzano per colpevolizzare chi colpe non ha. “Vedo gente che non respira e gente che passeggia”. Ovvero accostare l’immagine di chi soddisfa un bisogno primario come il movimento con quello di chi se ne fotte delle vittime e del dolore altrui. Come se lui e tutti gli altri amministratori di Stato, regioni e comuni che tuonano contro i “furbetti” intesi come coloro che mettono la testa fuori casa “senza necessità” si esimessero dal sedersi alle loro tavole opulente per rispetto delle migliaia di bambini che muoiono di stenti. Sono indignata da loro e dai milioni di italiani che continuano a ripetere che bisognastareacasa come se questo c***o di motto glielo avessero impresso nell’unico neurone che possiedono. Scusate il livore ma scene come quella descritta in cui si (con)fondono autoritarismo e ignoranza mi spaventano. Aspettarsi buon senso da parte di esaltati in divisa è pura utopia.

  25. Io porrei la questione della sensatezza delle restrizioni su un altro piano, ovvero su quello dell’effettiva efficacia nel ridurre il contagio. Questo semplice modello (https://rer-covid19.herokuapp.com/) dell’Università di Ferrara fatto per l’Emilia Romagna (ma è chiaramente generalizzabile) mostra che per invertire in breve tempo la curva dei contagi ed avere quindi il mitologico picco, bisognerebbe raggiungere un’efficienza del contenimento almeno del 75%. Per efficienza si intende il tasso di riduzione delle persone che ogni infetto riesce a contagiare che di default è fissato a R=1,75. Più l’efficienza è alta più R si riduce. Per avere un calo dei contagiati R deve diventare minore di 1. Con un tasso di efficienza del 75% quindi i contagiati diminuirebbero, ma si avrebbe un declino così lento da arrivare al prossimo anno ancora in lockdown. Per abbattere realmente il numero dei contagiati ed uscire dalla crisi in tempi ragionevoli (circa un mese) bisogna arrivare almeno all’85%. Si calcola che a Wuhan si sia arrivati a circa il 90%. Il problema è che al di sotto del 75% le restrizioni prese si rivelerebbero praticamente inutili: col 70% si entrerebbe in un plateau che durerebbe fino all’autunno con numeri di terapie intensive superiori a 600, con ancora meno efficienza sarebbe meno straziante non fare niente come voleva fare Boris Johnson visto che ci sarebbero migliaia e migliaia di morti, solo spalmati su un periodo di tempo più lungo. L’eventuale picco con l’inversione del numero di contagi dovuta alle restrizioni ci sarebbe dovuto essere al più tardi questo fine settimana e si sarebbe dovuto cominciare a vedere nei grafici.

    Quando negli ultimi giorni la già strisciante caccia agli irresponsabili e ai runner è stata sempre più evocata da politici e media, mi si è accesa una lampadina. Quale sarebbe la necessità di questa caccia all’untore se stessimo per uscire dalla fase acuta della crisi? Evidentemente non c’è nessuna fine della crisi e le misure di contenimento prese sono la solita cialtronata e il solito crimine degni della nostra fantastica classe dirigente. E se così fosse, una vessazione imposta all’intera popolazione per salvare vite umane diventerebbe una vessazione del tutto gratuita e occorrerebbe un capro espiatorio.

    Ma perché mai restrizioni così stringenti non dovrebbero funzionare? Molto semplice! Se uno parte dal presupposto che R deve essere ridotto dell’85% per rendere il lockdown efficace in un tempo ragionevole appare subito evidente tale efficienza è del tutto fuori portata. E certo non per gli irresponsabili

    Nel modello dell’Università di Ferrara si vede che l’efficienza al momento è ancora attorno al 40%. Forse nei prossimi giorni si vedrà un certo cambio di pendenza, ma anche il modello comincia a spostarlo più in là. Già oggi al TG1 dicevano a mezza voce che forse il picco è spostato alla prossima settimana. Qualche virologo dice tra due. E nel frattempo si pompa a manetta sulla questione della responsabilità individuale. E i dubbi su sto fantomatico picco aumentano. C’è poi una pagina Facebook dove dei matematici aggiornano quotidianamente le curve che approssimano meglio contagiati e morti cercando di darne una descrizione empirica e dopo aver sospeso il giudizio negli ultimi giorni invitando a portare pazienza, questa sera hanno alzato bandiera bianca: Sembra che non ci sia nessun picco all’orizzonte in tempi ragionevoli. Questo, oltre al rischio di escalation delle vittime, dal punto di vista delle autorità vorrebbe dire il totale fallimento del lockdown. Siccome queste stime le conoscono anche loro, si sono così premunite d capro espiatori. Entro lunedì, quando sarà evidente che la curva dei contagi non si è invertita e potremmo averne ancora per mesi, per discolparsi tireranno fuori la storia degli italiani incapaci di essere disciplinati a differenza di cinesi e coreani scatenando con ancor maggior foga la caccia all’untore. Senza dimenticare che man mano che passano i giorni l’altissima letalità italiana appare sempre più stridente con la narrazione fatta dai media sull’Italia più seria di altri nell’affrontare il Covid-19. Il possibile motivo lo accenno a breve, ma di sicuro anche lì bisogna accampare scuse e se le statistiche degli altri paesi sono truccate, il runner è sempre un ottimo serial killer di ammalati.

    A quanto pare quindi potrebbe non esserci nessuna traccia di picchi all’orizzonte anche se continuano a propinarli come un grande miraggio. E niente picchi vuol dire niente fine dell’emergenza. Ma tutto ciò era inevitabile perché a chiunque avesse voluto vedere è evidente che con

    1) milioni di persone che tutt’oggi vengono costrette ogni giorno ad ammassarsi su mezzi pubblici affollati e nei luoghi di lavoro,

    2) la grave scarsità di mascherine e di mezzi di protezione che c’è ancora oggi, non solo per chi è costretto a lavorare, ma anche per lo stesso personale sanitario che spesso si infetta, ma poi per il decreto Speranza (e che speranza vuoi avere?) se non è sintomatico è costretto a lavorare infetto senza isolamento facendo degli ospedali dei focolai dove accoppare a centinaia malati con altre patologie

    3) l’inefficace copertura dei tamponi almeno negli ospedali e nelle case di cura che fa sì che pazienti e operatori infetti non siano prontamente individuati mettendo in ginocchio la struttura dove stanno nel giro di una settimana.

    era del tutto improbabile che si raggiungesse almeno il 75% di efficienza. Tra l’altro gli ospedali come focali, cosa che avviene soprattutto in quelli piccoli, è inevitabile che si trasformassero in veri e propri centri di sterminio di malati e di medici anziani portando la letalità a livelli unici al mondo. E così perderanno la vita migliaia di persone. Però la colpa non può essere dei criminali farabutti e cialtroni che ci governano che non sono stati in grado di pianificare nulla, né tamponi, né mascherine, né protocolli sanitari, ma solo di imporre vessazioni quanto più assurde e insensate possibili alla popolazione instillando paure irrazionali per addormentare il senso critico e nascondere la propria criminale incompetenza e servilità nei confronti del padronato. Né la colpa può essere di questi loro mandanti che devono continuare fino all’ultimo a fare profitti sulla pelle di migliaia di persone.

    E poi non dimenticherei che se Bergamo e Brescia ora sono diventate dei lazzaretti è perché confindustria è riuscita a far si che quella zona, dove ci sono molte importanti industrie, fino all’ultimo non fosse isolata come il lodigiano, cosa denunciata candidamente dal sindaco di Brescia (uno del PD, di certo non è un marxista). E anche adesso che la zona rossa è nazionale, lì la produzione prosegue come se niente fosse, mentre le campane dei paesi suonano ininterrottamente a morto e Fontana si pone i dubbi esistenziali se non sia il caso di imporre la chiusura di tutte le attività non essenziali. Come giustamente ha fatto notare Mauro Vanetti, è singolare che la gravità del contagio nelle province lombarde colpite segua proprio quella della densità di popolazione impiegata nella manifattura.

    E mentre le voci che invocano la chiusura delle fabbriche si moltiplicano (https://laprovinciapavese.gelocal.it/italia-mondo/politica/2020/03/20/news/i-governatori-premono-su-conte-chiudere-aziende-e-uffici-1.38613715) ecco così che il Problema con la P maiuscola, i responsabili del mancato raggiungimento del picco diventano i runner e gli irresponsabili. Come se ci fosse qualcuno più irresponsabile di Conte, del membri di governo, della maggioranza, dei politici tutti, di confindustria e dei sindacati che si sono resi complici di questa strage.

    Ora io non dico che correndo o prendendo una boccata d’aria in solitudine all’aperto non si possa incappare in qualche virus vagante lasciato da uno che è appena passato ma, indicando con P la probabilità di contrarre il coronavirus, sfido chiunque a dire che non è vero che:

    P(all’aperto) << P(al supermercato) << P(al lavoro) << P(sui mezzi pubblici affollati)

    dove << sta per molto minore.

    Il punto è che se qualcuno davvero considera pericolosi sovversivi quelli che escono a correre, per essere un minimo conseguente avrebbe dovuto già dare l'assalto alle sedi delle pubbliche amministrazioni e delle associazioni di categoria che si ostinano a consentire questo crimine contro l'umanità o che non fanno nulla di efficace per fermarlo.

    • Ottimo commento Vincenzo, bisogna però puntualizzare una cosa: in un Paese capitalistico e liberale come il nostro la chiusura totale delle manifatture porterebbe a un tale calo di PIL non solo immediato ma sistemico che non si potrebbe evitare un crack vero e proprio dello Stato, non sarebbe sostenibile nemmeno con il pieno supporto della Bce. Ben presto mancherebbero soldi per cassa integrazione e pensioni , chiuderebbero le banche, ci sarebbero problemi di ordine pubblico eccetera. Il sistema cinese è totalmente diverso, inoltre anche la Cina le manifatture le ha chiuse solo nell’Hubei, non in tutto il Paese. L’economia – tanto più in un sistema liberale come il nostro – non è affatto svincolata dalla capacità di rispondere con adeguati mezzi sanitari. In caso di default dello Stato mancherebbero anche farmaci e attrezzature per gli ospedali, e all’epidemia di coronavirus si aggiungerebbero altri morti per svariati motivi. Non possiamo pensare “prima le vite umane, poi l’economia” perché le due cose in un sistema capitalistico non sono affatto separate, marciano di pari passo.

      • Rilancio la domanda di Tuco: quanto passerà prima che la gente cominci a gettarsi dai balconi?

        …O si ribelli?

        Se questi arresti domiciliari su scala nazionale che ci siamo inventati in quattro e quattr’otto noi italiani, in preda al panico e a cazzo di cane, non stanno funzionando e non hanno prospettiva né potenzialmente fine perché non c’è nessun «picco» dietro l’angolo, la situazione attuale è insostenibile.

        [Aggiungo: noi comunque stiamo ragionando, tutte e tutti, su numeri inaffidabili (si veda il commento di AlexJC più sopra, con relativi link) ma per ora quest’aspetto mettiamolo da parte.]

        Il giochino dei capri espiatori nella migliore delle ipotesi è una toppa temporanea, un diversivo. Quanto riusciranno a stiracchiare la loro narrazione di quest’emergenza prima che esploda loro in faccia, che gli venga in mente una qualche exit strategy, o che arrivi qualche deus ex machina a risolvere la situazione?

        Quale potrebbe essere l’exit strategy? Adesso dicono a mezza voce che si sposteranno di più verso il modello “coreano”, ma intanto prolungano indefinitamente i lockdown. Stanno improvvisando, nell’impossibilità di cambiare narrazione dopo averla pompata all’inverosimile. Loro stessi ne subiscono la fortissima spinta inerziale.

        E il deus ex machina? in teoria sarebbe il vaccino, ma non sarà pronto in tempi brevi.

        Gli altri paesi europei, che ora ci stanno un po’ imitando e un po’ no, cosa faranno?

        Quando sarà chiaro che la strategia «all’italiana» non funziona e ha costi sociali insostenibili, se le loro opinioni pubbliche saranno meno “ovine” della nostra (beeeee, beeeeee), le loro classi dirigenti avranno conservato un barlume di lucidità (mah…) e i loro media mainstream avranno una conduzione meno terroristica della nostra (ecco, forse lì non ci vuole molto), quei paesi potrebbero sganciarsi dal nostro “modello” e sperimentare altre vie.

        Quali? Probabilmente una strategia integrata: lockdown mirati, un po’ di controllo “coreano” (che non è comunque una bella cosa) e tendenza verso la herd immunity. Non ho competenze specifiche per esprimermi sulla plausibilità di quest’ultima, sto riportando la cosa in modo neutro. Ho letto in vari articoli che qualora la herd immunity al Covid-19 fosse possibile, di certo la strategia «all’italiana» la starebbe allontanando nel tempo indefinitamente, tenendoci in ostaggio del virus.

        Se invece anche negli altri paesi predomineranno come da noi il panico, l’intruppamento e quant’altro, allora andranno avanti alla cieca come noi, e anche l’Italia, oltre alla scusa dei «furbetti/untori» potrà dire ancora per un poco: «Visto? Anche tutti gli altri fanno come noi!» Ma anche questa è una toppa, appena più durevole del dare la colpa a chi fa jogging o passeggia.

        [C’è anche la grande incognita di cosa accadrà negli USA, dove la buriana è appena cominciata, ma meriterebbe un ragionamento a parte.]

        Qualcosa deve spezzare l’incantesimo. Questa situazione non si può reggere. Prestissimo molta gente potrebbe cominciare ad ammazzarsi, ad ammazzare, a impazzire, a tentare sortite disperate e gesti al limite del suicida, a dire: meglio la denuncia, meglio le botte, meglio morire di covid-19 piuttosto che andare avanti così.

        Sarà possibile passare da una sommatoria caotica di rivolte individuali a un’azione collettiva?

        In un modo o nell’altro questo lockdown all’italiana finirà. Ma resterà nelle teste delle persone, e intanto avrà prodotto un paesaggio di macerie, e – comunque vada – un vulnus profondo e inguaribile alle nostre libertà, ai nostri diritti sociali e civili.

        E alla prossima epidemia che si farà?

        Quest’estate, faccio anche notare, molto probabilmente avremo la più grave crisi idrica della nostra storia. La siccità è spaventosa. Potrebbero razionarci l’acqua.

        Se non si aggrediscono le cause sistemiche di tutto questo, saremo sempre in balia degli eventi.

        • La verità è che non siamo la Cina, e la nostra economia liberale-liberista, il nostro set di libertà personali (duramente conquistate) , il nostro posizionamento economico-finanziario nel girone dantesco dell’economia globalizzata, il nostro sistema politico di fatto inconsistente poiché sottoposto all’economia (anziché viceversa come è in Cina, dove lo Stato è di fatto un’unica grande holding che controlla l’economia), non consente approcci sistematici di quarantena, controllo totale dei comportamenti, segregazione selettiva, eccetera.
          A questo punto la vulgata è “dobbiamo diventare più cinesi”. Siamo sicuri sia una buona idea. Dichiarazioni dei medici cinesi venuti in Lombardia dicono “assurdo, qui dovete chiudere tutto e tenere in casa tutti, come abbiamo fatto a Whuan.”. Ma questo non è possibile per innumerevoli motivi. Le persone accetterebbero di essere incarcerate nel loro condominio con i militari che portano le “razioni K” di sopravvivenza? Le azienda chiuse per legge non sono in Joint Venture con lo Stato e non hanno il livello di competitività (dovuto soprattutto ai bassi salari e alle estenuanti condizioni di lavoro) di quelle cinesi, quindi fallirebbero semplicemente in poche settimane, creando bubboni di disoccupazione non solo nel loro stabilimento ma anche in tutta la filera del settore di appartenenza. Dunque, come se ne esce, qui in occidente? Come se ne esce in Italia, che tra i Paesi europei è uno dei più indebitati e uno dei meno competitivi commercialmente?
          Facciamo una dittatura tecnico-militaresca autarchica, mettendo come Leader Maximo Assoluto il virologo Burioni e andiamo avanti a tempo indefinito stile Corea del Nord?
          La verità è che nessuno ha il coraggio di dire la verità. Perché siamo in una situazione inizio-novecentesca ma nel 2020. Se non arrivano cure e vaccino efficaci in tempi brevi, in un sistema capitalistico liberale se ne esce semplicemente come se ne è sempre usciti nella storia. (ci sono state epidemie ben peggiori, anche nel recente passato, basti pensare alla Spagnola).
          Se ne esce emanando un regolamento per gli ospedali che dice – per esempio – che gli ultra-ottantenni con due patologie gravi pregresse non vengono più messi in terapia intensiva ma lasciati morire in Medicina Generale o addirittura a casa loro se necessario. Dura eh? Questo è il mondo Capitalista, non avendo controllo verticistico sull’economia non si può fare altro che lasciare che la selezione naturale faccia il suo corso, come sempre. Se lasci libera l’economia e democratico e sempre più debole, ovviamente, lo Stato (poiché una economia quasi totalmente libera per natura delle cose in breve tempo sovrasterà il potere dello Stato) non hai altra scelta.
          Chi direbbe/farebbe mai una cosa del genere, che è la più logica, efficiente e sensata in un sistema come il nostro? Ci ha provato Boris Johnson ma sta facendo di corsa retromarcia: additato subito come “dottor morte”, non è insorta solo la sua opinione pubblica, ma il mondo intero. Il fatto è che qui tutti vogliono la botte piena e la moglie ubriaca, ovvero il bello della democrazia liberale e liberista senza volerne accettare i limiti in termini di controllo verticistico, e di pianificazione dell’economia.

          • Paul, scusa, mi sembra che le tue analisi della situazione, che pure hanno una base fattuale difficilmente contestabile e nei contenuti dicono molto di vero, spesso pencolino, nei toni, verso un’accettazione apologetica del malthusianesimo e del darwinismo sociale liberista.

            Cioè proprio quel darwinismo sociale che, grazie a quel buffone reazionario di Boris Johnson, ha reso (almeno temporaneamente) irricevibile qualunque discorso sull’esistenza di altre strade praticabili oltre ai lockdown “alla cinese” o “all’italiana”. Ogni volta che provi a ragionarci sopra arriva qualcuno che dice: «Sì, come Boris Johnson, che non gliene fotte un cazzo se muoiono i poveracci».

            Il frame «morirà un fottìo di gente ma amen, è così che va, è il capitalismo, baby» è un frame autolesionista per chi lo usa pensando di convincere il prossimo. Non convince nessuno, per precise ragioni che la psicologia e la linguistica cognitiva sanno spiegare e sulle quali non mi dilungo.

            Il compito delle intelligenze critiche è continuare a indagare su vie praticabili che non siano né il darwinismo sociale occidentale né l’autoritarismo cinese, e quindi anche nel nostro ragionare in pubblico dobbiamo stare attenti a non dare per scontato né l’uno né l’altro esito.

            • Capisco, ma siamo sicuri che ci sia una “terza via”?
              La via Coreana, ovvero il famoso “contact tracing” è secondo me un po’ mitizzata e la narrazione che se ne fa contiene equivoci.
              La Corea del Sud aveva chiaramente un piano pronto, probabilmente per guerra batteriologica, e lo ha attuato in modo super-tempestivo. Ad esempio ha chiuso immediatamente i voli, fatto rapidissimamente decine di migliaia di tamponi e quarantene selettive. L’idea che tutto sia merito del “contact tracing” è un po’ un mito. Inoltre anche il sistema delle app ha i suoi punti deboli, sui media Coreani sono usciti molti articoli che ne sottolineavano le assurdità e la scarsa sicurezza… In fase post-emergenziale lo stanno usando anche Cinesi e qui l’efficacia è tutta da dimostrare. E’ uscito un articolo su Internazionale che racconta le storture del sistema e anche la blanda efficacia…
              Il punto è, allora, esiste una “quarta via” ? Personalmente una sorta di quarta via la propongo da settimane, fin dall’inizio dell’emergenza, quando ancora era solo un’ipotesi e qui si facevano gli aperitivi e le “zone rosse” all’italiana.
              Questa via si potrebbe chiamare “Risorgimentale” volendo dare un nome , ma insomma, non è obbligatorio. Mi spiego: credo semplicemente che – fin dall’inizio – si sarebbe dovuta semplicemente fare davvero la guerra al virus. La retorica bellica viene usata molto “Vi chiediamo di stare sul divano per fare questa guerra!” … una retorica utilizzata davvero a sproposito. Non stiamo affatto facendo la guerra al virus. Fare la guerra significa costruire , con uno sforzo appunto simil-bellico – centinaia di nuovi reparti specializzati negli ospedali (anche da campo) e precettare migliaia di medici e operatori sanitari. Finanziare inoltre in modo iper-massiccio la ricerca scientifica e la sperimentazione di farmaci non ancora autorizzati, anche con modifiche urgenti ai regolamenti, e con il blocco di tutte le altre attività dei laboratori di ricerca medica, obbligandoli in massa a concentrarsi solo ed esclusivamente sulle cure per il covid-19 (e ovviamente finanziandoli illimitatamente). Nel frattempo il lavoro- come in guerra- va avanti perché lo sforzo bellico richiede soldi, richiede la produzione. Questo è il metodo occidentale, quello che mantiene i nostri valori e le nostre libertà individuali come punti saldi non negoziabili. Questo sarebbe “andare al fronte” rischiando la vita, come si è fatto tante volte. Tantopiù che il virus non è praticamente pericoloso per i bambini, toccherebbe agli adulti rischiare la vita e fare questo sforzo.
              Non è una opinione fascista, tutt’altro: è una strategia che comprende il combattere (e nel caso dare la vita) per la libertà, per difendere anche a costo di morire il diritto di non rispondere alla domanda “dove stai andando?” e soprattutto “perché ci vai?” . Ci sono voluti molti morti nella storia per ottenere il diritto di mandare a quel Paese un militare che ci fa queste domande. Adesso toccherebbe a noi difenderlo, andando al fronte.

              • L’esaltazione acritica del modello coreano sta generando già ora storture che pavimentano la strada per controlli invasivi permanenti.

                Ma, devo dirti, anche l’esaltazione acritica dei «valori occidentali» è pericolosa, rimuove troppo di quel che l’occidente è davvero ed è stato storicamente, e rischia di presentare l’attuale emergenza come in totale discontinuità con le tendenze precedenti, mentre le nostre società sono basate su radicali disuguaglianze sociali e viaggiavano già belle spedite verso militarizzazioni, restrizioni dei diritti e controlli di vario genere, e proprio a colpi di “emergenze”. L’emergenza covid-19 sta rendendo più netti i contorni, ma molto di quel che sta accadendo era in nuce.

                Penso poi che dovremmo evitare toni “militaristici”, non li userei nemmeno in polemica con il militarismo del mainstream, perché non ci aiutano.

                Niente, era solo per manifestare un certo disagio per come a volte esprimi certe cose, al netto che, come dicevo, i tuoi commenti contengono molte verità di fatto e non sono mai banali.

                • Va bene, allora ti dico “facciamo la Rivoluzione contro la tirannia del virus che ci opprime e sta generando lo smantellamento dei diritti duramente conquistatati!” , anziché tapparci in casa insorgiamo usando tutte le nostre energie e il nostro coraggio di uomini liberi per affrontarlo a viso aperto!”
                  Va meglio? ;)

                  Seriamente, ho compreso il tuo commento e sono d’accordo.

                  • Va meglio, però la tirannia non è quella «del virus», il virus non ha colpe, non solo non è un essere senziente: non è nemmeno un organismo :-) E poi va completato: «uomini e donne libere».

        • WM1, con le sue domande, sposta la discussione in avanti.
          E’ una situazione insostenibile.

          Aggiungo qualche riflessione.

          Sull’exit strategy: l’Italia temporeggia e si guarda intorno. Credo che molto dipenderà dalle strategie adottate dagli altri paesi. Sono d’accordo sul fatto che chi governa sta improvvisando e che sono prigionieri della spinta inerziale della narrazione che hanno pompato, ma potrebbero uscirsene anche solo con un raffazzonato miscuglio di dati confusi e titoloni sui giornali. Si cambia modo di raccogliere/interpretare i dati, si comunica che il picco è raggiunto e che… voilà, l’Italia è stata brava e ne siamo usciti. La gente continuerà a morire in ospedali al collasso e con personale esasperato, ma ci si potrà concentrare sul business della ricostruzione.

          Sul deus ex machina: i tempi del vaccino sarebbero lunghi, ma gli interessi economici in ballo sono enormi. Non sarebbe la prima volta che un farmaco prende clamorose scorciatoie saltando le sperimentazioni richieste. Basta pensare al AZT, farmaco utilizzato prima per la cura del cancro, ritirato dal commercio perché eccessivamente tossico e poi ripresentato per la cura dell’AIDS.

          “Se non si aggrediscono le cause sistemiche di tutto questo, saremo sempre in balia degli eventi”, è un concetto chiave che non segue le perverse dinamiche delle politiche emergenziali.
          E l’aggressione sarà tanto più efficace quanto più saremo capaci di condividere analisi e ricostruire dinamiche collettive.

        • Ed ecco come rispondono su twitter al feed di questo tuo commento:

          “Ma basta con ste minchiate a stare calmi per 2 settimane non succede niente. Smettetela di rompere gli zebedei con ste minchiate. I giovani 100 anni andavano in guerra, volete far cambio?”

          LaGente è convinta che la quarantena dura due settimane, cioè fino a giovedì prossimo. Quando si renderà conto che durerà almeno tre mesi, ma molto probabilmente per tutto il 2020, succederà qualcosa.

        • Sulla questione della strategia da seguire questo articolo spiega in maniera molto convincente perché non possiamo permetterci ora di non sopprimere la diffusione del virus
          https://medium.com/@tomaspueyo/coronavirus-the-hammer-and-the-dance-be9337092b56
          Sostanzialmente il non fare niente avrebbe un costo umano enorme e porterebbe a tassi di letalità superiori al 10%. La mitigazione invece non farebbe che spalmare questa strage su più mesi, ma senza ridurre drasticamente letalità e decessi. La riduzione della diffusione del virus, se fatta bene invece si può fare in circa un mese e dopo di che le cose non tornerebbero come prima, ma le restrizioni potrebbero essere in buona parte allentate, mantenendo alta la sorveglianza, tracciando i casi ed essendo pronti a circoscrivere gli inevitabili focolai che potrebbero ripresentarsi. Nel frattempo la situazione sarebbe più sopportabile e si guadagnerebbe tempo per capire come affrontare la cosa e trovare una o più cure. Il problema è che il lockdown andrebbe fatto bene altrimenti non diventerebbe altro che una mitigazione pesante e lunghissima. Ora con l’ultimo decreto spinti da scioperi, rabbia e dagli stessi amministratori locali sembra che si siano convinti finalmente a fare sul serio, anche se la bastonata delle restrizioni non potevano non darla perché altrimenti sarebbe stata un’ammissione di colpa

      • Il punto che il lockdown o lo fai seriamente o diventa solo uno strumento per rendere più lunga e pesante la crisi con alla fine con aggravio maggiore per l’economia. Con un lockdown ben fatto nel giro di un mese si possono cominciare ad allentare e a ripartire. Il tenere le fabbriche aperte è proprio una questione di scarsa lungimiranza tipica dell’attuale capitalismo che non riesce a vedere nemmeno più in là di un mese. Come dice Yoda “fare o non fare! Non esiste provare”

    • quindi tutti noi adesso adesso andiamo in giro a correre e passeggiare, perchè non fa male al prossimo, fa bene a noi e per protesta. Tra 10 giorni diventiamo il capro espiatorio e i nostri concittadini ci inseguono con i forconi e ci linciano, sotto lo sguardo benevolo delle fdo.
      Mi ricorda Frankenhausen.

      • In queste condizioni, dieci giorni sono un’eternità. Tra dieci giorni, se la curva dei contagi non avrà raggiunto il fantomatico plateau, i tricolori inizieranno ad appassire e Mameli non imperverserà più così tanto. La gente invece inizierà a schiodare di testa, come sta già accadendo, e a sentirsi “tradita”. Tra dieci giorni i bambini – gli unici che non corrono il rischio di ammalarsi – saranno chiusi in casa da due settimane e senza rapporti sociali da 40 giorni. Tra dieci giorni raggiungeremmo il picco delle violenze domestiche, quello sì.
        Le case saranno diventate le versioni mignon dell’Overlook Hotel.

        • i 10 giorni erano un tempo generico.
          In effetti io abito quasi in campagna e, nonostante le pattuglie e le macchine con gli altoparlanti che “invitano” la popolazione a restare nelle proprie case, non soffro così tanto. Poi i miei figli sono un po’ più grandi, facciamo lunghe discussioni e cerchiamo di comprendere insieme tutti gli aspetti della situazione. 10 anni fa (con figli piccoli e più energia fisica) avrei contato le ore.
          Comunque sono convinto anche io che la gente si sentirà presto “tradita”. Il mio punto era che non penso che la maggioranza abbia la maturità per capire che i colpevoli non sono i “disobbedienti runner fancazzisti” che hanno costretto il “papà severo ma giusto” a chiudere tutti in casa. Sento troppo spesso ripetere la formula “obbedite altrimenti dovremo essere più severi”, nel classico schema alla base del concetto di rappresaglia.

      • Scusa, ma è la solita fallacia logica del «ma se tutti facessimo X, succederebbe Y».

        La stragrande maggioranza delle uscite di casa sono fatte da gente che va a lavorare o ha necessità di uscire (spesa, farmacia ecc.) Persino stando al Viminale, almeno fino a oggi, il numero di persone che escono di casa «senza valido motivo» risulta irrisorio. Riporto dall’articolo di Tabarelli linkato sopra:

        «i dati aggiornati al 18 marzo parlavano di 200.514 persone controllate di cui 8.297 denunciate: di tutte le persone controllate, quindi, solo il 4,1% non aveva un buon motivo per essere in giro. Sempre l’altro ieri gli esercizi commerciali controllati sono stati 116.712, da cui sono risultate 195 denunce agli esercenti, ovvero non era conforme alle regole l’1,6% degli esercizi commerciali controllati. Per confrontare questi dati con la tendenza nel corso della scorsa settimana, possiamo osservare che tra l’11 e il 18 marzo le persone controllate sono state 1.226.169 di cui 51.892, il 4,2%, denunciate per “mancato rispetto di un ordine di un’autorità” (ai sensi dell’art. 650 del Codice penale) e solo 1.126 per “dichiarazioni false”, lo 0.09%. Questi dati fanno pensare che la maggior parte delle persone che si muovono abbiano un valido motivo per farlo e che, quindi, non siano strettamente necessari controlli aggiuntivi, tantomeno con l’esercito.»

        Il famoso «40% dei milanesi» che ancora girano contro cui si è scagliato Fontana tre giorni fa sono semplicemente quelli che vanno a lavorare.

        La totalità degli assembramenti che ancora si verificano, sono assembramenti… consentiti. Anzi, obbligati. Quelli sui luoghi di lavoro.

        Invece chi fa jogging o passeggia non fa assembramenti, ma lo stigma sociale è diretto a questi comportamenti innocui.

        Con queste constatazioni di dati di fatto, Frankenhausen c’entra meno di zero.

        • condivido tutti i dati di fatto, il mio accostamento è stato superficiale.
          La situazione però mi ricorda una trappola. I comportamenti innocui e sopratutto inevitabili possono diventare la giustificazione per il fallimento delle scelte tecniche messe in campo.
          Quindi la rabbia verrà diretta altrove, ben lontano dai veri problemi alla base della situazione. E quindi pochi approfondiranno gli aspetti tecnici sociali e politici che ci hanno portato fino a qui.
          In altre parole vedo il rischio chei miei tentativi di “resistenza” diventino funzionali alla narrazione attualmente dominante.
          Non capisco come uscirne.

          • Se ne esce socializzando la resistenza, estendendola, raccontandola, lavorando perché il racconto di queste buone pratiche fori la membrana almeno in un punto. Più persone danno testimonianza, meno opprimente sarà il clima.

            • Io mi trovo in grande difficoltà proprio su questo punto. Non avete anche voi spesso la sensazione – una sensazione frustrante, angosciante, opprimente – di discutere contro dei muri che ripetono a pappagallo frasi su pericolosissime passeggiate o corsette di runner pazzi che si infettano tra loro, poi infettano panchine, che infettano donne incinta, che infettano intere sale parto (pe quanto surreale questa conversazione è avvenuta davvero oggi su Facebook…). Io non so come scalfire questi muri. Fornire dati, articoli, scritti, riflessioni, è apparentemente inutile. Tutto ciò che arriva, in ritorno, è la ripetizione costante di un frame così tanto interiorizzato da apparire ormai pietrificato all’interno delle coscienze delle persone. È frustrante e mi lascia pieno di rabbia, vedere miei simili – persone intelligenti, che stimavo – persi in questa spirale di paura e «guardiacaccismo», per citare non ricordo chi in questi luoghi. E nulla, alla fine desisto, perché mi sembrano conversazioni inutili. Ma mi fa sentire molto solo. Poi vengo qui e mi sento meno solo. Ma pur sempre un po’ solo.

  26. Caro Olden,
    pur concordando pienamente con la tua diagnosi, ritengo che essa non sia la chiusura ma al contrario l’avvio del problema. Ogni argomentazione, dato, analisi e statistica non potrà mai dare la certezza assoluta (di niente, aggiungerei), quindi nell’incertezza interviene la scelta, politica in questo caso.
    Ma la scelta implica la responsabilità. Significa essere chiamati a rendere conto del proprio operato, giustificarsi, cercare di dimostrare che no, non volevamo salvare i profitti di pochi ma l’economia nazionale, che se non avessimo fatto così le cose sarebbero andate peggio… No no! La ghigliottina può arrivare per tutti, specialmente in tempi eccezionali. Meglio quindi depoliticizzare l’intera faccenda, addossare la colpa a entità scorporate come “i runner” (ci penserà la folla linciante a trovargli un corpo), e se poi proprio non ci cascano giocheremo la solita carta del “non c’era scelta” (uno degli assi portanti dell’ideologia liberista).
    In un’ottica liberista tenere aperte le fabbriche
    è assolutamente comprensibile (nel senso che capisco perché lo fanno) e giustificabile (nel senso che è possibile produrre argomentazioni a giustificazione). Ma in un’ottica democratica la “depoliticizzazione” dell’economia politica, il ricorrere all’untore come capro espiatorio, il silenzio della stampa ma soprattutto il compiacente assenso di… quasi tutti quelli che sento parlarne, ritengo siano segnali assolutamente allarmanti.

  27. Caro Red, credo che la mia risposta data poco sopra nella diramazione al commento di Vincenzo possa chiarire anche il mio pensiero in merito alle tue osservazioni.

    • Sì grazie, e a questo punto aggiungerei una cosa, o meglio espliciterei quello che mi pare (ma correggimi se ho capito male) un grosso implicito in quello che dici.
      Il problema non sta in quale “via” scegliere, a quale modello rifarsi, per quale modo di produzione spingere.
      Non esiste una terza quarta quinta via, sia nella gestione dell’emergenza che nelle alternative al modello economico, perché ognuna non è altro che, in fondo, un’astrazione a-storica del risultato di un divenire di un processo storico, privo di senso al di fuori di esso (non a caso Gramsci si interessava di processi di traduzione…). La lotta, giorno per giorno, sui problemi che abbiamo davanti fatta alla luce di idee non negoziabili ma non di “modelli” da sustanziare, è l’unico metodo praticabile. E la china a cui porta questo pensiero è il ripensamento e forse l’abbandono del concetto di “rivoluzione” come categoria politica, concetto che più o meno surrettiziamente informa la quasi totalità del pensiero e della prassi politica della sinistra italiana. E che forse si rivela più che altro di ostacolo: per pensare la rivoluzione bisogna prima pensare l’alternativa, ma in un sistema che non offre alternative che senso ha pensare la rivoluzione?
      Non che non si faccia “lotta giorno per giorno”, anzi, è la parte migliore della sinistra di oggi. Ma credo forse meriterebbe un’analisi più approfondita su quanto e quale impatto ha il concetto di “rivoluzione” (o meglio il suo campo concettuale/semantico) nel discorso politico attuale.

  28. Forse ho spedito senza concludere toccando inavvertitamente la tastiera. La domanda che formulo è questa. Siamo di fronte a una plateale ma inconsapevole rimozione della realtà vissuta da tutti i non borghesi o comunque da chi a quello stile non può o non vuole adattarsi, gente che vede i runners ma nemmeno immagina la vita in fabbrica o sul cantiere o la gestione di figli abituati a vivere i quartieri, le strade, etc? Oppure siamo di fronte a scelte consapevoli dei media a cui acriticamente si adattano anche i non-borghesi (falsa coscienza) con l’ovvio risultato di sviare l’attenzione dai reali problemi che hanno alimentato i focolai: le partite dell’Atalanta come delle squadre milanesi, il lavoro che non si ferma nonostante l’assenza di condizioni di tutela, le scarse protezioni date ai medici che sono diventati trasmettitori esponenziali del virus stesso…?

    • In realtà, vedo che ho perso tutta la prima parte e immagino la conclusione risulti poco chiara. In breve stavo riflettendo su quanto sia ideologizzata in senso borghese la platea che sollecita decreti sempre più ristrettivi di libertà pressoché innocue, rimuovendo platealmente i veri comportamenti pericolosi: non fermare lo sport e gli eventi come il carnevale di venezia, etc, non bloccare le produzioni non indispensabili, non requisire subito personale sanitario e strutture sanitarie private, non dotare le strutture sanitarie delle necessarie protezioni (le regioni colpite dopo hanno accumulato un leggero vantaggio in questo senso, questa la principale differenza fra Nord-Est e resto di Italia), legittimare i comportamenti repressivi delle forze dell’ordine, già di per sè fascistoidi, verso soggetti politicamente non-marcati (ogni cittadino è un bersaglio, ogni target ha una platea di ultras che urla, dagli all’assassino runner o passeggiatore), riempire le strade di soldati che non sanno come comportarsi e nella migliore delle ipotesi saranno nel panico più aggressivo…

  29. Pensavo a Mario Mieli che – indossando una tuta da metalmeccanico con una cintura in vita a sottolineare i fianchi stretti e armato di tacchi e rossetto – negli anni ’70 andò davanti ai cancelli di Mirafiori a intervistare gli operai della Fiat, chiedendo loro cosa pensassero dell’omosessualità.

    Pensavo a Mario Mieli e alla sua tuta da metalmeccanico e ho avuto un’illuminazione: ecco come poter correre senza essere fucilato dai/dalle neo-sbirri/e al balcone!

    Oh, caro corridore, cara corritrice, indossa una tuta da operaio/a ed esci di casa a passo veloce, accelera fino alla tua velocità abituale, al tuo passo da maratoneta, esercitati dove e meglio credi.

    Se ti fermano, sostieni che stai andando in fabbrica, che l’auto è fuori uso e la bici non l’hai mai usata e che non sapresti dove acquistarla, dato che i negozi sono chiusi e solo la classe operaia precettata. Lavorare è un tuo dovere per salvare il capitalismo e sei in ritardo. “Devo giungere in orario, devo correre!”.

    E vai. Sfreccia, rinvigorisci i tuoi polpacci, facci sognare con le tue gambe muscolose, corri più veloce di chi vuole addossarti responsabilità che non t’appartengono.

    Ricorda però che questa strategia non funziona nei fine settimana!

  30. Non sono riuscito a seguire le discussioni degli scorsi post quindi rischio di scrivere cose già dette, però in questi giorni mi monta la carogna. Per questo scrivo qui una cosa che forse è uno sbrocco, spero di rimanere nei limiti.

    Se io esco di casa mi devo guardare attorno, sentire in colpa perché posso infettare qualcuno, indossare la mascherina e al contempo non averla perché se no la rubo a chi ne ha più bisogno, ospedali, lavoratori del terzo settore…

    Poi però ti guardi attorno, nei famosi 100-300 metri “di prossimità”.

    Vivo a Bologna, quartiere Bolognina, giro vicino casa: le persone mi scansano, io scanso loro. Ci si saluta. Pattuglie di polizia che fanno le ronde.
    Passo da via Saliceto e nel giro di 100 metri trovo tre (3!) cantieri aperti con la gente che lavora.
    Per chi non conosce la zona: in via Saliceto (zona diciamo di ceto medio/medio-basso) stanno spuntando palazzine come funghi a un ritmo incessante. Sicuramente questo aumento della densità provocherà un appesantimento della zona da molti punti di vista: traffico, “necessità” di supermercati, parcheggi, aumento di affitti… È chiaro che questo fa parte di un processo più ampio di gentrificazione della zona. Si potrebbe dire due cose sul legame tra urbanizzazione e nascita dei virus…
    Ma salto questo punto, perché la carogna mi sale per ciò che vedo davanti ai miei occhi: gli stessi imprenditori che stanno cementificando Bologna e speculando sul mattone, causando aumenti del prezzo della vita e degli affitti, stanno in questi giorni speculando sulla vita degli operai nei cantieri.
    Non ho mai lavorato in un cantiere, ma due cose mi sono entrate in testa: puoi mantenere la distanza di sicurezza in un cantiere? No. Puoi lavarti le mani ogni volta che qualcun altro ha toccato qualcosa? No. Puoi stare otto ore di lavoro con la mascherina in un cantiere? No. Puoi scrivere su qualche foglio che ci sono le condizioni di sicurezza così se gli operai non le rispettano sono cazzi loro? Sì.
    Un’ordinanza decente, se proprio le vogliamo fare, direbbe che è un periodo di emergenza e la vita di chi sta in cantiere non ha prezzo, per cui gli imprenditori che stanno speculando sulla cementificazione della città e che i soldi ce li hanno, devono pagare gli operai per farli stare a casa in sicurezza.

    Vedo questo, mi incazzo, lo scrivo agli amici. Mi rispondono: anche all’Ex-Telecom stanno andando avanti i lavori.
    Ancora per chi non avesse letto gli articoli di Wolf: l’ex-Telecom era una palazzina occupata da centinaia di persone, sgomberata per farne uno “Student Hotel” per studenti ricchi. E qui la carogna sale ancora di più. Perché mi viene in mente quanto l’amministrazione comunale ha, in questi anni, “chiuso tutto”.
    La stessa amministrazione comunale che aveva estrema urgenza di sgomberare XM e la Caserma Sani, oggi non ha l’urgenza di chiudere i cantieri per salvare le persone e favorire l’alleggerimento della terapia intensiva. La stessa amministrazione regionale che minaccia di portare in terapia intensiva chi fa una corsa, permette agli imprenditori di speculare sulla vita di chi sta in cantiere.
    Io rischio una denuncia penale – fatto salvo tutto ciò che scrive Casarotti-, quando, nell’intento di far “ripartire” Bologna, nei giorni in cui si diceva di chiudere tutto, il vice-Sindaco Matteo Lepore causava l’assembramento di 24600 persone che facevano la fila: bastava permettere l’iscrizione online (che in quei giorni però rimaneva a pagamento, alla faccia della digitalizzazione) e si risolveva tutto. Invece toccava fare gli sboroni. Se io rischio una denuncia, perché lui non se ne piglia una per tentata strage?
    Per fortuna non sono un giustizialista e non mi interessa vedere la gente al gabbio, ma ‘sta gente le proprie responsabilità se le deve prendere e le dimissioni sarebbero il minimo.

    So che queste cose sono già state scritte, specialmente sulla Lombardia, ma la “prossimità” (geografica e emozionale) di questi soprusi mi fa incazzare più dello impossibilità di vedere i miei amici e i miei parenti.

    Questa caccia agli untori andrebbe rovesciata con forza. A fare scandalo dovrebbero essere le foto dei cantieri aperti di fianco a casa nostra, non la gente col cane.

    • Molti di quei palazzinari falliranno a breve, non ci sarà un vero mercato immobiliare per almeno due anni, per mancanza di liquidità e per mancanza di fiducia nella ripresa, cose che rendono impossibile la vendita di beni stabili come il cemento, per una chiara impossibilità di stabilire un vero prezzo di mercato. In una prima fase post-emergenziale anche il Capitale pagherà gravi conseguenze, dovrà ristrutturarsi. Poi si presume che sul medio periodo la spinta inflattiva post-crisi farà pagare tutti i costi ai poveracci che vivono di stipendio (come sempre il cetriolo, gira gira, sempre in culo agli stessi va a finire)

  31. Vorrei semplicemente far notare che in Sicilia ieri è stata emanata un’altra ordinanza contingibile e urgente nella quale tra le altre cose si predispone il tampone a tutto il personale medico in ordine di priorità da chi si occupa dell’emergenza fino ai medici e ai pediatri. Che tempismo, eh?

  32. Comunque sui vari social stanno aumentando i post di persone che vengono aggredite verbalmente da vedette ben posizionate sui propri balconi.

    Non oso immaginare cosa accadrà nella malaugurata ipotesi che si arrivi a un peggioramento dell’epidemia.

    Stamattina al super coda di mezz’ora solo perché sono andato all’apertura, con parecchi prodotti che cominciamo a mancare.

    Una persona sola e anziana abituata a andare al negozio sotto casa come fa? Forse muore prima di solitudine o inedia.

    La vea chicca dei super è che nel week end si possono acquistare solo beni di prima necessità. Quindi le corsie con padelle, utensili, pile, vestiario ecc. vengono chiuse. Non si può nemmeno fare la ricarica del cellulare.

    Mah!

  33. Luca Casarotti ha scritto un addendo al suo articolo, dove commenta la circolare ministeriale di ieri sera e segnala le prese di posizione di alcuni importanti giuristi. Lo abbiamo aggiunto al post qui sopra. Buona lettura.

  34. Nell’ordinanza regionale firmata da Zaia in data 20/03 troviamo che

    “Rilevato che le *unanimi* indicazioni del mondo scientifico e delle autorità politico-amministrative sono nel senso che *l’unico* strumento di prevenzione del contagio del virus, assolutamente necessaria a fronte della persistente assenza di mezzi di cura vaccinale, rimane l’eliminazione dei contatti tra persone fisiche non presidiati da idonee misure (quali la distanza) e dispositivi (quali la mascherina), avvenendo la trasmissione del virus solo per contatto stretto tra le persone; vanno quindi quanto più possibile ridotte le occasioni di aggregazione di persone”.

    Tralasciamo per un attimo l’azzeramento di opinioni contrarie del mondo scientifico e politico-amministrativo (il resto del mondo non pervenuto). Tralasciamo pure che, nonostante la presunta unicità dello strumento, questo sia soggetto a deroghe importanti (quali, ad esempio, il recarsi sul posto di lavoro = “vanno quanto più ridotte”?).
    Il testo prosegue :

    “Rilevato che sono state a tali fini adottate importanti e incisive misure, sia di fonte statale che regionale e territoriale, che peraltro non hanno allo stato impedito nuovi contagi né ridotto l’incremento dei contagi stessi”.

    Viene constata l’inefficacia delle misure prese fino ad ora. I contagi continuano e il trend non diminuisce (il fatto che misure di questo tipo, già draconiane, abbiano bisogno di più tempo per dispiegare i loro effetti non viene comunque preso in considerazione). Da qui discende automaticamente la necessità di misure più restrittive : se la cura non funziona, si aumenta il dosaggio. D’altronde è l’unico strumento di cui disponiamo.
    Risultato finale : abbiamo finalmente una precisazione spaziale del nostro liebensraum (termine nazi-fascista che mi pare coerente con le misure prese). Siamo obbligati a rimanere entro e non oltre i 200 metri dalla nostra dimora. La ratio la troviamo nel preambolo :

    “Ritenuto congruo, in termini di bilanciamento di esigenze di tutela della salute pubblica e individuale e delle necessità individuali, di consentire l’attività motoria e l’accompagnamento dell’animale di compagnia alle immediate vicinanze della residenza o dimora e comunque non oltre 200 metri dalla stessa”.

    Insomma, a parer loro la decisione è bilanciata. Sì tutela quello e si permette questo. Nessuno ne esce insoddisfatto anche perché “siamo tutti nella stessa barca”.
    A sottolineare questo bilanciamento, viene citata la sentenza 18/03 del TAR di Napoli che rifiuta la sospensione dell’ordinanza (tra le peggiori) firmata da De Luca adducendo al fatto che

    “[..] va data prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica (leggasi DIVIETO di attività all’aperto) ritiene non foriere di *danno grave e irreparabile* alle posizioni soggettive misure restrittive ancora più radicali di quella qui prevista”.

    Insomma, ora in Veneto non possiamo muoverci oltre i 200 metri (in Campania nemmeno quelli) perché il TAR di Napoli sostiene che tali misure non rechino danno “grave ed irreparabile”. Finché non dovessimo avere incrementi enormi di femminicidi o suicidi o infanticidi (o che?) le misure restrittive “ancora più radicali” potrebbero continuare. A tutela della salute pubblica (cioè di tutti, cioè di chi?) e con il benestare delle “posizioni soggettive”.

    Da Treviso è tutto.

    • Davvero bello questo passaggio:

      «Rilevato che sono state a tali fini adottate importanti e incisive misure, sia di fonte statale che regionale e territoriale, che peraltro non hanno allo stato impedito nuovi contagi né ridotto l’incremento dei contagi stessi.»

      Non sono servite allo scopo dichiarato e strombazzato, ma erano «importanti e incisive».
      Incisive senz’altro. Bisogna però intendersi su cosa sia stato “inciso”.

    • Come giustamente fai notare tu con l’uso degli asterischi è quell’ *unanime* che va tradotto. Lo potremmo tradurre in “dice Burioni e gli altri tecnici nostri consulenti”. In questi giorni è uscito uno studio serio (poi cerco il link) che dimostra che il virus (contrariamente a quello che si pensava fino ad ora) resiste fino a 3 ore nell’aerosol dell’aria. Questo mette in discussione seriamente tutto l’impianto del distanziamento sociale: in 3 ore il virus farà tipo 500 metri,
      non il canonico metro di distanza tanto sbandierato.

      • Però gli articoli e i paper scientifici sui coronavirus linkati anche qui nei giorni scorsi erano tutti riferiti alla sopravvivenza in aerosol dentro spazi chiusi, e tutti suggerivano di ventilare questi ultimi. Certo, la «distanza di sicurezza» è sempre stata una roba del tutto aleatoria, e d’altro canto si ipotizza che il virus si sia diffuso anche grazie alle polveri sottili. Quindi, chiaro che può circolare per chissà quanti metri, però – così dicevano quei paper – aria aperta e ventilazione ne disperdono la concentrazione.

        • Qui mi pare facciano una distinzione importante tra un virus che si diffonde “in aria” (airborne) – e non è il caso del coronavirus – e uno che si diffonde “per via aerea” – ed è il nostro caso.
          https://www.wired.com/story/they-say-coronavirus-isnt-airborne-but-its-definitely-borne-by-air/

        • Vero, ma a questo punto dentro a una fabbrica o dentro a un supermercato si potrebbe avere una sospensione di aerosol praticamente costante con discreta carica virale annessa. Indipendentemente dal metro di distanza delle persone e persino dalle mascherine (a meno che non siano quelle chirurgiche)

          • Forse lo studio è questo: https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMc2004973?fbclid=IwAR2FGAxhveEZ09qqEf2lJt4YAmpiS2YrBG2-9LqlwsGF71QFKfSDx9alCTo

            Ma è fondamentale leggere prima il pezzo postato da WM2, altrimenti si impazzisce.

            • Sì, l’avevo incocciato anch’io, molto importante far notare a quali circostanze concrete di diffusione fanno riferimento questi ricercatori: «nosocomial spread and super-spreading events», cioè diffusione negli ambienti ospedalieri o durante grandi assembramenti.

              • Anche all’aperto resterei cauto specialmente in presenza di elevati valori di PM10 e PM2.5 come evidenziato in questo studio:

                Inhalable Microorganisms in Beijing’s PM2.5 and PM10 Pollutants during a Severe Smog Event

                https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3963435/

                • E c’è stato anche questo:

                  Coronavirus, ricerca medici ambientali: “Polveri sottili accelerano diffusione virus” “Esiste una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Coronavirus-ricerca-medici-ambientali-Polveri-sottili-accelerano-diffusione-virus-f189edd8-c345-42db-be12-77907b5f59bc.html

                  • Precisiamo, però, che nello studio cinese linkato è detto chiaramente che le scoperte fatte non riguardano i virus RNA come il nostro coronavirus (corsivo mio):

                    «Using the current methods, we were able to identify bacterial, archaeal, fungal, and dsDNA viral species in the collected PM samples. Cultivation was used to verify the existence of A. fumigatus. We also attempted to culture other bacteria and fungi species, but not all were successfully cultured (data not shown) since some species were slow-growing or difficult to culture, and the samples were stored at −80 °C before use. RNA viruses such as rhinovirus and influenza virus are undoubtedly important viral agents that affect the public health. Yet in our experience, it appeared to be technically challenging to extract sufficient quantities of RNA for reverse transcription and sequencing from PM samples containing various RNA-degrading containments such as divalent cations.»

                    Chiaro, lo studio è comunque inquietante perché dice che tra le polveri sottili che inaliamo ci sono un sacco di batteri, funghi e qualche virus (ma lo studio mi sembra si concentri soprattutto sui batteri).

                    Da altre parti, come detto, si è ipotizzato che anche il nostro coronavirus viaggi sulle polveri sottili. Non pare proprio un caso se i focolai maggiori corrispondono ad alcune delle zone della Val Padana più inquinate (e la Val Padana è una delle zone più inquinate del mondo). Cio farebbe parte di quelle che chiamiamo «cause sistemiche» dell’epidemia.

                    Ma questo c’entra poco con il generilizzato timore dell’aria aperta di questi giorni, e men che meno con la colpevolizzazione di chiunque metta il naso fuori di casa, anche se lo fa in luoghi e momenti in cui le polveri sottili sono rare o assenti.

                    Luoghi: zone del paese poco inquinate o molto ventilate, paesini, campagne, boschi, riviere… Non ha senso impedire di passeggiare o correre in questi contesti.

                    Momenti: chi fa jogging o passeggiate in città in questi giorni, persino in Padania, lo fa in una situazione in cui i valori di PM10, biossido di azoto ecc. sono bassissimi, perché circolano molte meno auto e perché è arrivata la primavera e i riscaldamenti sono stati spenti. Lo dicono tutte le ARPA.

                    Dobbiamo vigilare perché quest’argomento del virus che corre sul PM10 non diventi una pezza d’appoggio per murarci vivi, e non venga nemmeno utilizzato per… dare retrottivamente la colpa dell’inquinamento a chi fa jogging, e in generale a chi soprattutto l’inquinamento lo subisce.

                  • Per completezza, la presa di posizione della Priolo oggi:

                    https://twitter.com/rep_bologna/status/1241711229908815875?s=21

                  • ho letto il position paper oggetto di questa discussione, disponibile al link in fondo. Riporto alcune considerazioni che sono più metodologiche che tecniche, e forse possono essere di interesse in questa sede.

                    L’esistenza di una correlazione è indiscutibile, gli stessi autori comunque restano cauti, presentandola come una ipotesi di lavoro (i.e. contributo alla discussione scientifica). Infatti, volendo trasformare questa proposta in una teoria, bisognerebbe dimostrare che esiste una correlazione diretta, e non semplicemente secondaria. Penso che sia evidente che le zone più inquinate sono anche le più industrializzate e con maggiore densità di popolazione. Al momento mi vengono in mente possibili correlazione con il numero di imprese con una sede secondaria in Cina, oppure con la percentuale di utilizzo del trasporto pubblico nella zone interessate. Ovviamente sarebbe compito degli autori analizzare e discutere questi aspetti, per convincere il lettore della correttezza dell’ipotesi.

                    Un punto invece su cui si deve fare un critica di metodo è il modo di azzerare il tempo partendo dallo stesso numero di contagi. Si assume che il “giorno 1” sia quello con circa 50 contagi in ciascuna regione, poi si guarda come aumentano i contagi nel tempo. Non viene però discussa la qualità dei contagi stessi: in alcune regioni i primi 50 contagi potrebbero essere casi gravi, e quindi la “punta dell’iceberg”, mentre in altre regioni, ad allarme già partito, l’attenzione era già elevata sopratutto nei confronti delle persone provenienti dalle zone critiche. Gli autori dovrebbero specificare se hanno avuto accesso alle cartelle cliniche dei casi considerati o quali informazioni hanno usato per garantire l’omogeneità dei dati. Nel caso in cui le informazioni cliniche siano assenti, gli autori dovrebbero specificare se la presenza dei boost epidemici è indipendente da errore di valutazione del “giorno 1”.

                    Per concludere, il documento mi sembra una ipotesi che probabilmente, in questa situazione, sarebbe stato meglio condividere con un gruppo di lavoro ancora più multidisciplinare prima della diffusione. Per essere chiaro, è formalmente corretto diffondere una idea da verificare, ma non è detto che in questo momento sia la cosa giusta da fare. Si può avere l’opinione di ricercatori di altri campi utilizzando la posta elettronica, senza passare attraverso la diffusione mediatica e conseguente spettacolarizzazione del propio lavoro.

                    A questo link:
                    https://medium.com/nightingale/ten-considerations-before-you-create-another-chart-about-covid-19-27d3bd691be8
                    ci sono considerazioni su cui meditare con calma, tra cui:
                    – Aggregations and calculations that can be done with the case data are not necessarily what should be done with the case data.
                    – Be cautious when making generalized predictions or comparisons based on regionally specific data.

                    Link al position paper:
                    http://www.simaonlus.it/wpsima/wp-content/uploads/2020/03/COVID19_Position-Paper_Relazione-circa-l’effetto-dell’inquinamento-da-particolato-atmosferico-e-la-diffusione-di-virus-nella-popolazione.pdf

        • Lo so che su un blog scritto linkare degli audio non è proprio il massimo però credo ne valga lo sforzo. Stamattina su Radio Onda Rossa è stato intervistato Ernesto Burgio, biologo molecolare e epigenetista. Ha risposo per quasi due ore alle domande che arrivavano, molte sulla diffusione del virus e sulla questione passeggiate\area aperta\luoghi chiusi\statistiche\ etc… Consiglio vivamente a tutte e tutti e tuttu di perdere queste due ore nell’ascolto di un esperto che non ha niente da vendere e che parla con lucidità, chiarezza e rispetto.

          https://www.ondarossa.info/redazionali/2020/03/coronavirus-origini-effetti-e

          • Tra le molte cose che Burgio dice, segnalo quella più pertinente alla nostra specifica discussione, Lalla ha fatto benissimo a linkare quell’intervista-fiume.

            Burgio ribadisce che nel 90% dei casi il virus si trasmette da contatto diretto, che di solito avviene in ambienti chiusi, cioè «la famiglia, alcuni luoghi di lavoro e alcuni luoghi di intervento sanitario».

            Poi dice, trascrivo dai miei appunti:

            «La gente che va in giro per strada, se sta un po’ attenta, o addirittura quella che va nei parchi o che se ne va giustamente in spiaggia, è quella che fa bene, perché si ossigena e non rischia di trovare il virus, o rischia di incontrarlo in quantità tali, quantità minime, come dobbiamo assolutamente sperare di incontrarlo, perché noi non possiamo pensare di non incontrare mai questo virus, noi nei prossimi mesi lo dobbiamo incontrare, lo dobbiamo incontrare in piccole quantità, tali da permetterci di immunizzarci lentamente, si crea quella che alcuni – polemicamente, ironizzando – dicono «non esiste» o stupidaggini simili, chiamiamola pure “immunità di gregge”, comunque un’immunità collettiva, che si crea in modo progressivo, relativamente lento, incontrando il virus e immunizzandosi, tutto questo è fisiologico e deve avvenire. [La strategia] non è sbarrare tutto quando ormai il virus è uscito ed è da tutte le parti, non è impedire addirittura alla gente di camminare e di ossigenarsi sugli argini dei fiumi, questo è assolutamente fuorviante. Il punto è dire: state attenti perché il contagio avviene da contatto diretto. Sì, lavatevi le mani, pulite le superfici, ma soprattutto non state nella stessa stanza con qualcuno di cui sapete che da un paio di giorni sta male, ha mal di testa, ha la tosse. Chiaramente se avessimo creato le condizioni per portare queste persone in ambienti sicuri, dove farle star bene, monitorarle e curarle, sarebbe stato più facile. Ma noi non abbiamo fatto nulla di simile: abbiamo chiuso tutto e addirittura abbiamo detto “Non andate nei parchi”. Capite che non è esattamente la cosa più razionale e più logica.»

            Sto ancora ascoltando, se ci sono altri passaggi su questo li riporto.

            • Preciso che Burgio critica comunque chi fino all’ultimo ha continuato ad assembrarsi, non giustifica comportamenti irresponsabili o minimizzanti, anzi. Dice che è mancata l’informazione, che ci si è mossi tardivamente. Dice che invece di creare il panico «a singhiozzo», incoerentemente, si dovevano mettere in sicurezza i luoghi della sanità, creando «corridoi sanitari» come si è fatto a Wuhan (tra le righe fa notare che la descrizione nostrana di come hanno agito in Cina è molto semplicistica, là non si sono limitati a «chiudere tutto»). Dice che la sanificazione degli ambienti risolve forse «un quinto del problema»: «io non ho mai visto persone mettersi a sniffare un lavello». È la biodisponibilità di un agente patogeno a essere importante: quando qualcuno tossisce spara miliardi di virioni per due-tre metri, le mascherine servono a evitare questo ma nei luoghi chiusi, «quella è la situazione protototipica. I luoghi di lavoro, più grandi sono e più sono distanti i lavoratori tra di loro, meglio è, però è facile che chi lavora in questi ambiti lo abbia già incontrato, e si stia immunizzando. Noi dobbiamo incontrare il virus. Chi sta sulle Dolomiti su una capannina, quando torna giù si trova peggio degli altri. La parola-chiave non è “difesa”, è “adattamento”, adattamento co-evolutivo tra specie».

              • Ancora dall’intervista:

                «È un problema di dose-e-risposta quello che dobbiamo cercare di inquadrare. Dobbiamo sperare di incontrare il virus in quantità tali che il nostro sistema di difesa possa riconoscerlo, metterlo in memoria, modulare la reazione in modo che sia meno violenta. Questo incontro deve avvenire progressivamente. Non “state chiusi tappati”, ma: andate nei luoghi dove potete esser sicuri. Benissimo aver limitato gli spostamenti sui bus, sui treni, sugli aerei, meno giusto è stato dire “tappatevi in casa”. È stato fatto perché c’era gente che si assembrava, ma a questo punto serve una via intermedia: non state proprio tappati, non state insieme nei luoghi chiusi, evitate di diffondere il virus (perché potreste essere asintomatici), non vi esponete troppo, ragionate.»

                • Ancora Burgio:

                  «Il sistema immunocompetente non è solo un sistema di difesa, lo abbiamo interpretato così perché è la sua funzione prevalente, ma è molto di più: fa parte del sistema psico-neuro-immuno-endocrino e serve ad adattarci reciprocamente alle altre forme di vita e a tutta l’informazione che c’è nella biosfera. I virus ne fanno parte. I virus sono vettori di informazione dentro la biosfera e addirittura collaborano alla nostra evoluzione. Questo, se viene letto dal cretino di turno, diventa un “Meno male che arriva il virus” […] Questo virus, come tutti i virus a RNA, muta continuamente. Non lo fa a caso: lo fa dentro gli organismi, perché ha una sua necessità e dentro gli organismi trova le possibilità di farlo. Questo non è il problema nel medio-lungo termine, è il problema immediato. Questo coronavirus noi non lo abbiamo mai incontrato, e quindi lo aggrediamo a nostra volta. Si muore per un’aggressione eccessiva al virus, paradossalmente, o comunque per un’aggressione sregolata. Questo è importantissimo anche per un altro fatto: tutti già parlano di vaccini sperimentali. Per mettere in campo un vaccino bisogna avere un virus relativamente stabile, non che muti troppo spesso, perché sennò tu ci metti mesi di sperimentazione, mesi di prova per vedere come funziona negli animali e poi nell’uomo, e a quel punto il virus è talmente diverso da quello su cui è programmato il vaccino, che il vaccino non serve più. Ora, si stabilizzerà questo virus? Beh, sì, a forza di circolare nella popolazione. Dopodiché, se sarà abbastanza stabile tra un anno, un anno e mezzo, allora, sì, io ci credo che il vaccino potrà diventare una risorsa. Ma prima, a mio parere, no.»

                  E sui fattori ambientali:

                  «Dire che c’entra il particolato, come stanno facendo alcuni colleghi, è utile per trovare un co-fattore importante. Durante la scorsa epidemia di Sars si è concluso che il particolato può essere un vettore, ma non lo è sempre. In molte megalopoli dove c’è un particolato ultrafine e spaventoso, l’epidemia non ci fu. Se il particolato fosse la causa principale, noi lì avremmo trovato il virus. Che in pianura padana nei giorni prima ci siano stati dei picchi di particolato ultrafine ecc. beh, può essere, ma è un co-fattore. Non è sicuramente il vero fattore di diffusione, tantomeno di virulenza. Cerchiamo di ridimensionare, perché è anche questo che è pericoloso: una mezza verità o un dato significativo diventa fuorviante se viene sparato da tutte le parti, dopo sui media e soprattutto su Internet tutti dicono: “È stato provato che”.»

          • Vorrei sapere se si ha notizia di qualche commento o risposta all’intervista di Burgio da parte dell’ambiente scientifico.
            Mi pare abbia fatto un discorso cruciale, possibile sia caduto nel vuoto?

  35. […] Il livello di contagi e di morti registrato in Italia è un unicum, ma anziché evidenziarne le cause (abbastanza verificabili) si sposta il focus dell’attenzione pubblica e si adottano misure sempre più autoritarie, giuridicamente pasticciate e politicamente gravi. […]

    • «In definitiva l’isteria scatenata contro i “passeggiatori”, i “runner” e gli altri pretesi “untori”, benché sapientemente alimentata, si scontra con evidenze di tutt’altro tenore e di ben maggiore solidità.

      Ieri a Cagliari su circa 800 controlli, le denunce sono state… 6. Sì, proprio 6; uno due tre quattro cinque sei. Meno dell’1%!»

      Ecco, appunto, bravo Omar a riportare questo dato. Hanno trasformato nel problema nazionale per eccellenza meno dell’1% delle persone che escono di casa, e proprio quelle che molto probabilmente non si assembrano.

  36. A proposito di un precedente intervento di Paul Olden prima, premesso che anche io non amo l’ esaltazione dei “nostri” valori occidentali, non trovo però strano che nella sua risposta abbia fatto uso di un gergo militare. Anche se come dicono Red e Wu Ming 1 è necessario risalire alle cause sistemiche del problema,l’evocazione di uno scenario di guerra inesistente ma funzionale ad un certo tipo di narrazione, evoca (anche nel subconscio) una risposta di tipo “militare”. La mia profonda vocazione femminista mi spinge , per inerzia, anche qui, ad essere spontaneamente antimilitarista. Eppure mi rendo conto che in questi giorni il mio modo di pensare è un po’ quello di chi, preoccupato per il futuro democratico del suo territorio, adotta la mentalità di chi va in montagna per imbastire forme di resistenza che si basano sull’organizzazione di comportamenti e ragionamenti strutturati su questo.
    So che il commento di Olden non era questo ma per me è stato fonte di questa suggestione, un po’ come il commento di Mushroom Rocker che rievoca il Pertini descritto da WM1.
    Una conoscente mi ha scritto che non serve a nulla sapere come vengono conteggiati i morti, dicendomi: bisogna capire se sarebbero morti comunque senza Covid… che è un po’ come dire: quegli alberi sarebbero crollati al suolo se non ci fosse stato il nubifragio?! In una disonesta volontà di attribuire per forza al virus la morte di chiunque, senza interrogarsi sulle cause che stanno alla base di questa situazione. Siccome le intenzioni del mio generico interlocutore sono spesso disoneste, sento il bisogno di ” rinserrare le fila ” con chi è, come me, preoccupato per la violenza di ciò che sta succedendo. I solchi lasciati saranno profondissimi per chi, alla “fine di tutto”, farà un semplice atto di rimozione (che però lascia inscritto nel suo DNA un mutamento genetico) quanto per chi, come molti di noi, conserverà memoria di questa esperienza per essere pronto a resistere la prossima volta. Ed anche in questo caso, il profondo solco sarà inscritto nel DNA.

    • Ciao filo a piombo. Condivido totalmente il tuo antimilitarismo e per questo volevo, a questo proposito, sottolineare una cosa, e cioè che c’è una bella differenza tra un immaginario, un lessico, un frame militaristi, e un immaginario, un lessico e un frame “resistenziali”.
      La resistenza, la resistenza partigiana del salire in montagna, la resistenza di Pertini al confino fascista, sono qualcosa di diverso dal militarismo, da una forza armata organizzata allo scopo di difendere un potere costituito.
      Anche se la resistenza partigiana è stata armata, e adottava tattiche o anche – parzialmente – di tipo militare, si organizzava, agiva, teorizzava, pensava (e aveva fini) diversi da quelli rispettivi del militarismo.
      Lo stesso discorso si potrebbe fare per la guerriglia in generale, per la guerriglia rivoluzionaria, e per moti rivoluzionari armati (a prescindere dal giudizio che si ha di questi fenomeni).
      L’uso della violenza, delle armi o della forza fisica (a prescindere da un giudizio di valore su questo) non coincide necessariamente con il militarismo (o l’uso che il militarismo ne fa).
      Ora non voglio iniziare a discutere nel merito delle forme politiche e organizzative della resistenza, della guerriglia, della rivoluzione, ecc. se no faremmo notte. Ma era giusto per dire che se ti/ci viene in mente un frame resistenziale non dobbiamo sentirci per forza inglobati nel frame militarista, perché sono cose ben differenti. E anzi, in vari casi i fenomeni che ho nominato prima (guerriglia, resistenza, rivoluzione) sono degenerati politicamente anche – non solo, ma anche – perché hanno assunto paradigmi militaristi e non più quelli originari.
      Sto ovviamente tagliando con l’accetta, eh.
      Poi diverso sarebbe il discorso che da un po’ si cerca di portare avanti con Wu Ming e altre/i sulla necessità di superare un frame di “resistenza” per interiorizzarne uno di “contrattacco”, ma è un altro discorso ancora.

      • Ragazzi, il gergo militarista è ovviamente una metafora. Il virus non è un nemico in senso stretto: un nemico recepisce la tua dichiarazione di guerra, mentre il virus se ne forte. Però- visto che affrontare il virus richiede giocoforza una strategia – è naturale che il gergo militare e i paragoni di battaglia possano venire fuori. Ma in questa fase , per ricollegarmi ai commenti che citano la Resistenza Partigiana, il nostro vero nemico non è il virus. Nel mio caso, ad esempio, ho 50 anni e 3 figli sani e bellssimi, dunque se anche morissi per coronavirus sarebbe un danno relativo: i miei figli continuerebbero la loro vita di persone libere in una società che offre loro buone possibilità di realizzazione. Al contrario, se l’ allerta virus dovesse strutturarsi in modo costante (Come già avviene per le “allerta meteo” che scattano ogni volta che piove, e pensare che invece rischiamo la siccità!) la loro vita avrebbe un regresso, una grave retrocessione nei diritti fondamentali e quindi nella qualità di vita complessiva rispetto al tipo di vita che abbiamo avuto noi. E questa è la nostra vera battaglia oggi: dobbiamo “salire in montagna” contro la strutturazione permanente del sistema di controllo. Non è una eventualità remota: se l’emergenza durerà mesi su questi termini, il rischio di radicamento del sistema di controllo è reale. Dobbiamo impedirlo. Anche a costo di avere a che fare con il virus che – in confronto al rischio di una perdita strutturale delle libertà fondamentali- è il pericolo minore.

        • Olden, certo,il tuo commento mi ha fornito lo spunto per la riflessione/ divagazione. Forse nel mio caso di tipo intimista, io dicevo semplicemente che l’ adozione, da parte tua, di un gergo militarista mi ha stimolato a riflettere sul tipo di reazione, strategia che ho inconsciamente adottato. Perché anche tu, per primo, hai risposto/ reagito così ad una metafora imposta per rappresentare l’ ” emergenza “.

      • Ciao Mushroom rocker! Non intendevo sovrapporre due immaginari differenti e contrapposti. Stavo ragionando sul fatto che se il piano della discussione si sposta sulla metafora della guerra la reazione che si può innescare, anche nel subconscio, è quella di una risposta ” militare” in termini resistenziali. Cioè, sei in qualche modo costretto, nella teoria e nella pratica, ad adottare una mentalità speculare a quella del tuo nemico, anche se fini ed intenzioni sono diametralmente opposti: da un lato qualcuno che vuole privarti della tua libertà e dall’altro tu che la vuoi difendere, con le unghie e coi denti. Lo ho pensato solo perché( anche alla luce della tua personale esperienza che richiama scene da regime sudamericano) in questi giorni mi sono trovata a modificare il mio modo di pianificare le uscite, in maniera strategica, per cercare di evitare di incorrere in qualche tipo di ” inconveniente”. E, mio malgrado, mi trovo anche io a pensare “come se fossi in guerra “. E questo ha dell’incredibile. Come nel tuo mondo interiore e profondo possa verificarsi una trasformazione che neppure sapevi di poter effettuare. E a cui mai, concretamente, prima avresti pensato. Scusa forse ero addirittura in un piano più puramente teorico che ” ideologico”.

  37. Ciao,

    per quanto concerne “Alpinismo Molotov” è possibile raccontare le nostre esperienze? Nel caso cosa si dovrebbe fare?

  38. Vorrei lanciare qualche spunto randomico di discussione, con numeri e idee magari già in circolo in altri post e commenti, ma che può anche aiutare solo me stesso a fare un pò di ordine mentale in questi giorni di reclusione forzata.

    I dati che abbiamo sono assolutamente parziali e contraddittori (su questo sono d’accordo quasi tutti), a partire da due elementi fondamentali come l’introduzione in Italia del virus e il numero dei contagiati: nel primo caso il sequenziamento genomico sembra dire che il Sars-Cov2 sia arrivato al Nord in due occasioni diverse e distinte nel tempo, nello specifico dalla Germania e dalla Cina, almeno secondo questo studio appena uscito – https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/03/21/news/roma_campus_bio-medico_il_virus_e_arrivato_in_italia_due_volte_-251875548/ – (e lasciamo stare quel “Non siamo stati noi gli untori dell’Europa”…), e questo sposta indietro di qualche settimana l’effettiva circolazione sul territorio nazionale.
    Il secondo punto è strettamente legato al primo, perché a finestre temporali diverse corrispondono numeri diversi. Qui Tomas Pueyo – https://www.linkiesta.it/it/article/2020/03/15/coronavirus-perche-bisogna-chiudere-tutto/45860/ – tenta di spiegare cosa ciò comporta, quanti possono davvero essere i positivi e quando questi entreranno nelle casistiche sanitarie.
    Ragionando su questioni più generali, c’è poi Alessandro Vespignani che in un’intervista su il Tascabile dice chiaramente che in Cina i casi di Covid-19 sono realisticamente vicini ai 500.000 – https://www.iltascabile.com/scienze/predire-le-epidemie/

    Poi ragiono anche su altro: Wuhan è una città di 11 milioni di abitanti (capitale della provincia dell’Hubei che ha quasi 60 milioni di abitanti), luogo da cui è partita l’epidemia molto probabilmente a fine dicembre e quindi focolaio originario. La chiusura immediata non tanto di qualunque attività commerciale/industriale/culturale/ricreativa nella città stessa ha bloccato la propagazione del virus nel resto della Cina, quanto la chiusura di Wuhan nei confronti del mondo esterno tramite cancellazioni di voli, treni, autostrade ecc. Anche se una città di 11 milioni di abitanti (la nona metropoli cinese), si tratta comunque di una città. E sapere esattamente che lì fosse il focolaio originale ha consentito di bloccare tutto nei confronti dell’esterno.
    Qui in Italia invece la situazione è andata esattamente in modo opposto: non si sapeva quando fosse arrivato il virus né dove. E alla fine si è trattato di Lodi, l’Emilia, il Veneto, ovvero dove stanno i maggiori centri logistici italiani, ovvero dove c’è la maggiore circolazione autostradale, ovvero dove la densità abitativa è tra le più alte (senza tener conto dell’inquinamento dell’aria, altro elemento a quanto pare rilevante, o dell’impreparazione del sistema sanitario che per lungo tempo ha lavorato o sta ancora lavorando con mascherine stile Swiffer e guanti con cui io pulisco il bagno ogni fine settimana…).
    Tutto questo per dire che Wuhan non è l’Italia, una città non è una nazione, e non conoscendo in tempo il focolaio originario/non agendo in tempo sul focolaio originario, si è arrivati alla propagazione in quasi tutto il territorio della penisola. E questo porta non più ad un focolaio, una zona rossa, un picco, ma a tanti focolai, tante zone rosse, tanti picchi. Diventa così difficile mettere insieme dati, disegnare curve, predire propagazioni. Questo mi sembra il tema centrale: in Lombardia, nonostante il numero enorme dei positivi, il sistema per ora sta reggendo; al Sud, dove il servizio sanitario è largamente assente, potrebbe reggere soltanto grazie ai giorni di preparazione in più che hanno avuto grazie allo scoppio dell’epidemia in zone così lontane d’Italia (e, altra cosa fondamentale, grazie al fatto che adesso le persone con sintomi non vanno diretti in ospedale con la conseguenza di farli interamente chiudere ma stanno a casa e chiamano il 118). DI nuovo: più focolai, più zone rosse, più picchi.
    (Un altro dato appena uscito è la correlazione matematica tra i focolai al Sud e la distanza geografica dal focolaio lombardo-veneto, anche in relazione ai trasporti disponibili in queste direttrici)

    Chiudo con questo altro link: https://github.com/pcm-dpc/COVID-19/blob/master/dati-andamento-nazionale/dpc-covid19-ita-andamento-nazionale.csv
    Questi sono i dati ufficiali diffusi dalla Protezione Civile, non sono integrati ma scorporati nelle varie voci.
    E qui la cosa si fa interessante, perché se andiamo a vedere non tanto i nuovi positivi ma i numeri delle persone ospedalizzate, quelli in terapia intensiva e i deceduti, sembra ci sia un’inversione di tendenza che alcuni hanno ben riassunto in questa tabella – https://scontent.ffco4-1.fna.fbcdn.net/v/t1.0-9/90438876_10221718400051625_2918530440564310016_n.jpg?_nc_cat=110&_nc_sid=1480c5&_nc_ohc=6x2Nj0yCybwAX-1KBNJ&_nc_ht=scontent.ffco4-1.fna&oh=e1c545714160672c62202b55eaed14ae&oe=5E9C546C
    Naturalmente modelli diversi restituiscono numeri diversi, però potrebbe essere indicativo di qualcosa.

    Perdonate la lunghezza del post, ma è quasi un auto-medicamento scrivere tutto quello che si è assorbito come spugne in questi giorni…

  39. Mi sembra di vivere in un videogame, un allucinante iperrealtà, una versione esponenziale della società, che già faceva abbastanza schifo prima dello “Spartiacque”.
    Un gioco disgustoso in cui a vincere sono quelli che sono bravissimi ignorare la complessità. Quelli che se provi ad argomentare e spiegare qualcosa ti prendono anche per il culo perché la stai facendo troppo difficile. Un atteggiamento che mi fa spavento, ribrezzo.
    Tremo a vedere la leggerezza con la quale la gente scrive cose tipo: “Getterei il napalm su tutti quei dementi decerebrati che vedo passare sotto casa”. Il napalm… e intanto sognano le strade lastricate di camouflage, l’ultimo grido della moda primavera/estate 2020.
    Questa non è disperazione, non c’è stato ancora il tempo di cascare in una disperazione che possa anche lontanamente spiegare uscite così raccapriccianti. No, questa roba c’era già prima, questa roba è cattiveria, odio che preme dal fondo, è un morbo 10.000 volte peggiore del virus dal quale è indirettamente generato, ed è lì pronta all’uso, più veloce di qualsiasi improbabile istinto che porti a codificare un momento storico complesso come questo.
    Tremo pensando a cosa possa diventare tutto questo alla lunga, e spero in cuor mio di non scoprirlo, perché già così mi ritrovo da giorni col cuore stretto in una morsa.
    Un giorno finirà questo cazzo di videogame e usciremo provati dalle nostre case a scrostare via a fatica tutta la merda di quelli che, nel frattempo, saranno già lì a osservare fiduciosi l’orizzonte in cerca del prossimo “nemico”.

    • Dragando i social per scrivere La santa crociata del porco e poi La buona educazione degli oppressi ho incontrato spesso il napalm. Di solito era usato per disperdere, nell’immaginario dei razzisti, assembramenti di «negri che ciondolano».

      Niente di nuovo, insomma. Probabilmente anche quelli che lo scrivono sono gli stessi, o pochi in più.

      • La mia percezione, con tutti i suoi limiti oggettivi, sia chiaro, è che il morbo stia dilagando ben oltre. L’evocazione di napalm e militarizzazioni la vedo e la sento arrivare anche da non conclamati razzisti, che magari prima avevano posizioni moderate o tacevano e basta.
        Ho l’impressione che, complice il frastuono dell’emergenza, qualche altro argine stia crollando.

  40. Vi segnalo l’ordinanza appena uscita qui in Friuli Venezia Giulia.
    Uscita oggi pomeriggio e valida da oggi stesso (il che mi sembra piuttosto irrituale).

    “ 1. in attuazione del divieto di spostamento dal proprio domicilio, dalla propria residenza o dalla propria dimora, ad eccezione delle specifiche necessità normativamente individuate, è fatto divieto di svolgere, all’aperto in luoghi pubblici, attività motorie o sportive e passeggiate, anche in forma individuale;”

    È ufficiale, è vietata anche l’ora d’aria, anche nei pressi di casa.

  41. Sull’uso del frame bellico per narrare l’epidemia:

    I militari per strada: il vero rischio è che poi ci restino

  42. Ordinanza emanata in Friuli Venezia Giulia, art. 1: «in attuazione del divieto di spostamento dal proprio domicilio, dalla propria residenza o dalla propria dimora, ad eccezione delle specifiche necessità normativamente individuate, è fatto divieto di svolgere, all’aperto in luoghi pubblici, attività motorie o sportive e passeggiate, anche in forma individuale.»
    Faccio solo un’osservazione. Questa norma non ha nessun senso giuridico. Nessuno. Dietro alla formulazione da coprifuoco, quel che la disposizione veramente dice è: sono vietati gli spostamenti non giustificati. Nel far questo rimanda alle “specifiche necessità normativamente individuate””, cioè ai giustificati motivi previsti dal dpcm dell’8 marzo. Ma se i motivi sono giustificati ai sensi di quel decreto, lo devono essere anche ai sensi dell’ordinanza, che a quel decreto rimanda. E quindi, nella sostanza, qui non s’introduce alcuna restrizione che non sia già prevista altrove. Solo si additano, come se ce ne fosse stato bisogno, ai controlli e allo zelo delle delazioni le ormai ben note categorie criminologiche: il ciclista, il corridore e il camminatore.

  43. Mi scuso se divago, ma scrivo qui per sfogarmi, perché purtroppo in questo momento pare che parlare al di fuori di spazi “sicuri” come questo sia un’inutile, frustrante perdita di tempo, un parlare coi muri.

    Discutendo, con persone altrimenti assennate e ragionevoli, di quella che secondo me è un’evidente assurdità, cioè vietare alla gente di passeggiare o correre nei boschi andandola a stanare pure coi droni e i sensori termici, e pure di notte, come se si trattasse di comportamenti criminali, ho trovato invece un nutrito coro di voci in linea con la logica repressiva.

    Mi hanno detto ironicamente “ah, ora sono diventati tutti atleti”, hanno tirato in ballo la responsabilità del buon cittadino che “[si infila] dentro quattro mura per il bene mio e degli altri mentre qualche furbo se ne deve andare a raccogliere asparagi”, hanno giustificato le misure d’emergenza “restrittive ma necessarie per evitare che chiunque faccia il cazzo che gli pare”, tradendosi in un lapsus che racchiude perfettamente il problema: si vuole impedire a chiunque di fare delle cose che col virus non c’entrano niente, nel nome di un “ordine sociale” che ha solo cambiato forma negli ultimi giorni ma che era già stato preparato da anni e anni di fascistizzazione della società.

    Vi risparmio il resto dei commenti e lo sviluppo della conversazione, perché non aggiungerebbe molto, ma alla fine sono stati invitato a restare calmo, a vivere sereno, a lasciare da parte “polemiche, critiche, paranoie”, perché “siamo in emergenza” e allora non bisogna pensare, solo accettare tutto.

    Ora, io dico: fino a un mese fa c’era chi sosteneva che “in nome della lotta al terrorismo, dobbiamo chiudere le frontiere” e molta gente faceva notare che le due cose non c’entrano un cazzo e che il problema del terrorismo (che nessuno negava) veniva utilizzato per privare della libertà (e a volte anche della vita) centinaia di migliaia di persone.
    Adesso c’è chi sostiene che “in nome della lotta all’epidemia, dobbiamo impedire alle persone di passeggiare o correre nei boschi e nei parchi”. A che in questo caso, un problema reale (quello dell’epidemia) viene utilizzato per comprimere libertà individuali che non c’entrano altrettanto un cazzo, utilizzando addirittura lo stesso linguaggio (“siamo in guerra”, “non ho nulla da nascondere”, “è un momento storico difficile”, “bisogna rinunciare a un pizzico di libertà individuale”…). Solo che stavolta va bene tutto. Anzi, a sostenere tutto ciò sono molti di quelli che sollevavano il problema un mese fa.

    Quale virus mentale si è impossessato della gente spegnendo totalmente un senso critico che era funzionante fino a qualche giorno fa?

    • Torniamo alla paura del contagio e della morte. Soprattutto il problema della morte, il non saperci fare i conti neppure come possibilità non solo come fatto biologico (bisognerà morire a una certa) ineluttabile. Da questo punto di vista il problema è bello grosso, ecco perché – secondo me – in molti si tappano le orecchie e fanno lalalalala preferiscono essere messi al gabbio in casa, ridotti a vivere in uno stato di isolamento e restrizioni piuttosto che “correre il rischio”. Senza neppure sapere bene qual è il rischio che si corre e in quali circostanze.

    • Per anni abbiamo dovuto sciropparci idiozie come: «anticipare il controllo dei biglietti presso l’accesso ai binari serve per combattere il terrorismo». Faccio sempre questo esempio perché è allucinante, ma verissimo (ne ho scritto ampiamente qui https://www.internazionale.it/reportage/wolf-bukowski/2017/10/30/stazioni-poveri )

      La premessa (il)logica di quanto dici è già lì.

  44. Vorrei raccontare questo: la moglie di A, da tempo ricoverata in una clinica per persone affette da alzheimer, ha cominciato ad avere un pò di febbre qualche giorno fa, la situazione è velocemente peggiorata, nutrirla era già molto lungo e complesso prima ed ora che ha la febbre alta, immagino sia impossibile. Suo marito e suo figlio non possono andare a trovarla. Un colloquio telefonico col dottore, se e quando la situazione lo permette. Il tampone non lo fanno.
    La madre di L, affetta da distrofia, anche lei in una clinica, è chiusa nella sua stanza perché nella clinica sono comparsi alcuni casi. I pazienti con coronavirus sono riuniti insieme e isolati in un’ala della clinica, tutti gli altri isolati nelle loro stanze. Quale livello di assistenza possa essere garantito non lo so. Sua figlia vorrebbe andare a prenderla e portarla via, ma nemmeno lei sa se questa è la soluzione migliore. Le ho chiesto se era sicura che gliela facessero vedere, che gliela facessero portare fuori. Non si sa. Mi ha raccontato che il giorno prima era andata in bicicletta davanti alla clinica, sul lato dove c’è la finestra della stanza di sua madre, non era riuscita a vederla, ma parlandosi al telefono aveva saputo che sua madre la vedeva.
    A, con la sua voce pacata, dice che la gente deve essere responsabile, che bisogna stare in casa. Quando gli dico che vado in giro di sfroso per curare certi ortigiardini che noi sappiamo non s’incazza.
    L se ne va in giro in bicicletta per campagne e per laghetti, per non dar di matto, pensando e ripensano a cosa sia meglio fare e come.
    In tutto questo non c’è nessun messaggio, nessuna morale. Sono solo un resoconto di cose che stanno accadendo.

  45. ma alle eventuali denunce per il reato di passeggiata ci potrà quindi opporre? ma soprattutto: a che prezzo?

    • Allora, è altamente probabile che moltissime denunce “promesse” dalle Fdo che ti fermano non arrivino nemmeno. È altrettanto probabile che quelle che arriveranno vengano archiviate in massa, ci sono già segnali in questo senso: a Genova la Procura ha già cominciato ad archiviarle.

      L’archiviazione può avvenire per vari motivi: per mancanza di fondamento giuridico (Luca l’ha spiegato bene), o in vista di problemi pratici enormi di cui la magistratura è ben consapevole. I tribunali sono chiusi e chissà quando riapriranno. Erano già sovraccarichi di processi prima, si ritroveranno oberati, nell’impossibilità di smaltire il lavoro. Potrebbero dunque esserci provvedimenti di clemenza, impropriamente potremmo dire «amnistie», «indulti», anche se quelli riguardano condanne già passate in giudicato.

      Nell’ipotesi che una denuncia non venga archiviata e continui a “camminare”, il caso arrivererebbe a dibattimento chissà tra quanti anni. A quel punto, si tratterebbe di dimostrare, con testimonianze e pezze d’appoggio, che quel giorno o quella sera tu eri fuori casa per motivi tuoi validi. Dimostrarlo è possibile.

      Nel caso vada proprio male, si tratterà di pagare poco più di 200 euro. A meno che uno non si sia già giocato la condizionale. Stiamo comunque parlando dell’ipotesi più stiracchiata possibile.

      • E teniamo anche conto che tra uno o due mesi, se dovesse nascere una “disubbidienza civile” massiccia il problema diventerebbe politico più che giuridico.

      • Solo una postilla: in realtà il procuratore di Genova non sta archiviando le denunce per art.650, ha solo diramato una circolare in cui precisa che le persone fermate con una autodichiarazione ritenuta non veritiera dalle forze dell’ordine non possono essere denunciate per false attestazioni a pubblico ufficiale “per l’impossibilità di qualificare come “attestazione” penalmente valutabile la dichiarazione stessa che , nel caso in esame, non può ritenersi ,finalizzata a provare la verità dei fatti esposti”. Quindi si riferisce all’art. 495 cp, e non al 650. Ciò, però, non sposta di una virgola tutto il resto che hai scritto (secondo me e fino a prova contraria).

        • Giustissima precisazione, grazie.

          Le motivazioni con cui si archivieranno queste denunce saranno svariate.

          • Una domanda, soprattutto per Luca Casarotti: nel caso di fermo per strada da parte delle forze dell’ordine e di minaccia di denuncia, potrebbe essere utile chiedere a chi la esegue di identificarsi, per poi eventualmente procedere per abuso d’ufficio? Cioe, detto altrimenti: può essere una strategia quella di intasare le procure con controdenunce rispetto ai comportamenti messi in campo dalle ffoo, arbitrari e eccedenti il testo stesso del decreto?

            • L’identificazione si può senz’altro chiedere, fosse anche soltanto come segno che non si è incondizionatamente pront* a obbedire a qualunque ordine provenga dalla forza pubblica, per il solo fatto che si tratta della forza pubblica. Non essendoci per militari e FdO un corrispondente obbligo di identificarsi, la richiesta nella stragrande maggioranza dei casi andrà a vuoto, ma tant’è: chiedere l’identificazione è un piccolo strumento di pressione che non costa nulla, quindi chi si sente di farlo può farlo. Quanto alle controdenunce per abuso d’ufficio, io la vedo così, però mi piacerebbe essere confortato da altri pareri perché, non facendo l’avvocato, non ho direttamente il polso della situazione nei tribunali. Dicevo: l’abuso d’ufficio è un reato per la cui configurazione bisogna dimostrare non solo la contrarietà dell’atto del pubblico ufficiale ai doveri dell’ufficio, ma anche il fine di profitto che il pubblico ufficiale intendeva trarre dall’atto. Cosa piuttosto complicata da fare. Io penso quindi che sia più efficace seguire un’altra strada: cioè accertarsi, quando l’attività giudiziaria riprenderà, se effettivamente la denuncia minacciata è “arrivata”, cioè se risulta aperto un procedimento a carico. Una volta accertato questo, si può depositare, prima ancora che parta il processo, una memoria difensiva in cui si contesta il fondamento stesso della denuncia. Se questa cosa venisse fatta in modo coordinato da un numero relativamente ampio di persone, credo che le procure si sentirebbero ancor più incentivate di quanto probabilmente già non sono a chiedere archiviazioni in massa. Io erigerei così la barricata di carta, come la chiama il movimento no tav.

              • Anzi, più correttamente. Nell’abuso d’ufficio non bisogna dimostrare *il fine di profitto*, ma proprio l’effettivo profitto.

      • Un dubbio, perchè non ho mai avuto a che fare coi tribunali, non ne so nulla… ma se va male, le spese processuali, avvocato etc? A quanto potrebbero ammontare?

  46. […] muore perché ci sono attività ancora aperte, attività che avrebbero dovuto chiudere. Leggo di gente fermata perché, in solitaria, faceva il giro lungo per tornare a casa da lavoro: stiamo […]

  47. Qui vengono riportate considerazioni di Emiliano Bezzon, comandante della polizia municipale di Torino, sull’aumento stratosferico dei TSO in quella città. Nella sola giornata di venerdì ne sono stati eseguiti 9, mentre prima dell’emergenza covid-19 la media era meno di uno al giorno. «C’è un tema di tenuta psicosociale che dobbiamo tenere in considerazione – ha detto Bezzon. – Qualche valvola di sfogo va tenuta.»

    • Volevo segnalare questo articolo:

      “https://www.ilpost.it/2020/03/21/quarantena-effetti-attivita-fisica/”

      “Man mano che un numero sempre più alto di paesi adotta misure di quarantena per affrontare la pandemia da coronavirus, cresce il numero di persone che si trovano a fare i conti con gli effetti secondari e indiretti di questo regime di autosegregazione. Medici ed esperti avvertono che per gli individui particolarmente fragili questi rischi possono essere persino superiori a quelli causati dal contagio.”

      Insomma..chi non morirà di polmonite potrebbe ammalarsi per gli effetti negativi della quarantena.
      Mi sembra chiaro che le restrizioni “inutili ” al contenimento del contagio (praticare sport in solitaria all’aria aperta ,passeggiare ..) siano anche dannose per la salute di milioni di persone.

      • E il focus di quell’articolo è sulla correlazione diretta tra isolamento/inattività fisica e danni alla salute. Se allarghiamo il quadro alle conseguenze sociali, economiche, politiche dell’emergenza, le ipotesi peggiorano ulteriormente. Da settimane diciamo, scatenando attacchi e battutine di troll e imbecilli vari, che le vittime di questa gestione dell’epidemia potrebbero superare quelle dell’epidemia stessa. Il punto è che non siamo i soli a ipotizzarlo. Nel mainstream si è affermata, durante quest’emergenza, un’idea di «salute» super-riduzionistica, basata soltanto sul fatto di morire o meno di covid-19. Si è anche affermata un’idea di «vita» striminzita, limitata al sopravvivere del corpo. Si è anche affermata un’idea di «scienza» angusta, limitata a pochi settori ultra-specializzati della medicina. Gli esperti di quei settori – o meglio, alcuni esperti di una corrente di quei settori – sono pressoché gli unici che hanno avuto diritto di rappresentazione nei media. Si è persa ogni interpretazione minimamente complessa di concetti come scienza, salute e vita. Per questo non si ha un’idea di danni e di vittime fuori dai bordi del close-up sui reparti di terapia intensiva.

  48. Buongiorno, segnalo questo articolo di ieri 21 marzo sul sito http://www.scienzainrete.it/articolo/quarantena-fuori-casa-e-accelerazione-sui-farmaci/michele-di-mascio/2020-03-21 da cui ho estratto uno dei passaggi finali : “Si potrebbe partire allora da una pianificazione interna, che richiede, a mio avviso, l’istituzione di una task force centralizzata. Se necessario, occorre procedere con abolizione di tutte le misure di regionalizzazione e aziendalizzazione del sistema sanitario nazionale. La precettazione immediata delle strutture sanitarie private e loro utilizzo all’interno della gestione della crisi. Se necessario, si vada oltre: esproprio delle strutture private e integrazione nel servizio sanitario nazionale con piene garanzie occupazionali. “

    • Anche Di Mascio, in soldoni, dice che il modo italiano di comunicare numero di contagiati, numero di morti e letalità del Covid-19 non fa capire niente (e semina il panico, questo non lo dice ma lo fa capire bene). Dice che senza altri dati, senza tener conto dell’età del morto e delle altre patologie di cui soffriva, non solo l’opinione pubblica ma anche la comunità scientifica continuerà a brancolare nel buio.

      «[…] quello che osserviamo è sì una velocità doppia dei casi di contagio in Italia (con il numero di casi che raddoppiano ogni 2-3 giorni leggendo i dati sul sito della Protezione Civile) rispetto alla stessa variabile stimata a Wuhan (circa 5-6 giorni, dallo stesso studio di Wu et al Lancet), ma l’accelerazione potrebbe essere solo apparente. In realtà i numeri non si riferiscono ai nuovi contagi, ma ai nuovi contagiati-che-manifestano-sintomi (questi, come abbiamo sentito spesso negli ultimi giorni e confermato da Lin, rappresentano probabilmente circa il 10% dei contagi).
      In una popolazione, come quella italiana, con una percentuale relativa di over 65 (23%) circa il doppio che in Cina (12%), questi tassi “apparenti” non possono che essere più drammatici. Se non fosse così occorrerebbe invocare altri fattori; una più alta densità di popolazione potrebbe causare un’accelerazione della crescita dei contagi (ma la densità di popolazione nelle città italiane non è più alta di Wuhan); un’aumentata virulenza per mutazioni virali (nel tragitto da Est a Ovest, speriamo di no) o altri fattori genetico-immunitari (o abitudini comportamentali) degli ospiti potrebbero anche spiegare una velocità differenziale in due popolazioni.
      Ecco, certe informazioni (età, sesso, comorbidità, tabagismo) potrebbero essere condivise in tempo reale negli stessi database online in cui troviamo ogni giorno i bollettini trasmessi dai vari paesi. Un qualunque laureato in scienze matematiche o statistiche in ogni coordinata del pianeta sarebbe, a quel punto, in grado di apprezzare differenze nei trend, tra i vari paesi, con un paio di click. E magari avrebbe appreso, già un paio di settimane fa con alcune solo di quelle informazioni (per esempio la distribuzione delle età dei casi confermati) che i tassi di mortalità in alcuni paesi (come la Corea del Sud) sono significativamente diversi dall’Italia o dalla Cina. Invece si resta sul se, sul come, si scambiano congetture o inutili digressioni.»

      • Un capoverso interessante dell’articolo di Di Mascio è questo (corsivi miei):

        «È una buona opportunità quella di far passare questo lavoro [di vagliare criticamente le informazioni sull’epidemia, N.d.T.] anche al vaglio di altri esperti (storici, politici, filosofi, economisti…) che sicuramente seguiranno questa epidemia più da vicino, intendo dire, anche dopo averla debellata. E magari cogliere l’occasione per comprendere e disseminare certe conoscenze scientifiche e storiche sugli interventi di ingegneria sanitaria nel pianeta, prima di tutto per comprendere da quali teoremi e assunzioni certi suggerimenti di intervento sociale scaturiscono

        Quindi, non l’egemonia mediatica di un numero ristretto di «esperti» in un campo ristretto dello scibile (la virologia), ma la messa in campo di saperi multidisciplinari, perché appunto non stiamo parlando solo di intervento sanitario, ma di intervento sociale.

        Notare poi che dice «anche dopo averla debellata». Non dice, come dicono troppe persone: adesso bisogna spegnere il cervello e obbedire, di tutto il resto ne parliamo dopo. No, il suo timore sembra quello opposto: che dopo, tirato un ingannevole sospiro di sollievo, questo lavoro di vaglio critico non si faccia più.

      • Secondo me la gente non è in panico per le statistiche farlocche, è in panico perché le pagine dei necrologi dei giornali locali di certe zone son passate da una a sette e in queste zone si sta effettivamente morendo come le mosche

        • Intendo dire che analizzare l’impatto dell’informazione sulla realtà è utile solo fino a quando la realtà arriva prima dell’informazione

          • La “realtà” però è eterogenea e non si può estendere la propria esperienza troppo in generale.

            Ci sono zone d’Italia dove il contagio è effettivamente diffuso e dove le morti giornaliere si contano nell’ordine delle centinaia.

            Ci sono altre zone dove il contagio c’è, ma in termini circoscritti e i morti giornalieri sono relativamente pochi, in totale nell’ordine delle decine.

            Ci sono altre zone dove il contagio è limitato e i morti totali si contano nell’ordine delle unità, quando ci sono.

            Le misure governative e regionali, però, sono uguali per tutti. Analizzarne contenuti, modalità di esecuzione e conseguenze non è un esercizio retorico e nemmeno una forma di distacco cinico da quel che succede. Anche perché succede a tutt* noi, in una misura o nell’altra.

            La Lombardia, e in particolare Bergamo e Brescia, sono un caso davvero limite, nel contesto più generale dello stato italiano. Drammatico, certamente. Ma non rappresentativo di tutta la “realtà” italiana.

            C’è anche da dire che, laddove la situazione è drammatica, lo è per cause nient’affatto misteriose, benché fino a ieri sembrasse un rebus insolubile. Invece bastava verificare come le attività produttive di quelle zone fossero ancora sostanzialmente a pieno regime, per capire dove si originasse questa diffusione massiva del contagio.

            Altrove – penso alla Sardegna – il numero relativamente basso di casi di contagio è alimentato non da chissà quali strani fenomeni o magari dall’incoscienza dei singoli, bensì da disfunzioni gravi dell’apparato di soccorso e di cura, in primis negli ospedali (mancanza di DPI, procedure mal pensate o mal eseguite, impreparazione, cattiva gestione politica, ecc.).

            Cercare di capire non è mai sbagliato.

            In definitiva, arrendersi alla mera constatazione della “realtà” parziale, facendosene travolgere emotivamente, non serve di sicuro a risolvere l’emergenza. E non serve nemmeno a capire cosa sta succedendo, né a prospettare gli sviluppi prossimi e meno prossimi.

            Cosa di cui invece c’è estremo bisogno. Senza mancare di rispetto a chi subisce i lutti e senza perdere di vista la necessità di premunirsi dalla diffusione del contagio e dalle sue conseguenze più tragiche.

            • Ma infatti parlavo di appunto di certe zone e sono assolutamente d’accordo sul fatto che si possano e debbano analizzare e criticare i provvedimenti del governo, infatti ho parlato di questo. Quello che trovo un po’ frustante è che ancora si cerchi di spiegare il numero di morti nelle statistiche per renderlo meno allarmante mentre invece è effettivamente molto allarmante. L’esempio che facevo delle pagine dei necrologi riguardava Parma, che non rientra neanche nelle dieci province più colpite, quindi l’eccezionalità va un po’ oltre Brescia e Bergamo.

              • Ma l’analisi del numero di morti non mi pare si faccia per renderlo meno allarmante. Si fa per capire, ad esempio, quanto è letale il virus. Ed è questo dato che può essere più o meno allarmante. Al di là dei necrologi sul giornale, o del lutto per la morte di un parente, o della preoccupazione per la sua salute, un conto è dire che c’è in giro un virus che ammazza il 3% per cento dei contagiati, un conto è dire che ne ammazza il 15% e un altro conto ancora è chiarire come interagisce con patologie pregresse, e con quali.

                • Sì appunto! I dati della protezione civile danno già la letalità per regione e per età, sono sicuramente approssimativi ma sembrano coerenti con quello che si riesce a percepire della realtà in tale o tal altro posto, quindi non credo che siano *i dati* a seminare il panico… quanto alle patologie pregresse e al tabagismo, probabilmente è più difficile far uscire un bollettino ogni sera su questi dati

              • Però vorrei chiarire: non è questione di «rendere meno allarmante il numero di morti», ma di capire cosa significhino il numero di morti, il tasso di letalità ecc. perché il loro utilizzo non sia deconstestualizzato e serva a qualcosa, e non abbia solo come effetto di terrorizzare la gente. La cappa di panico sulle nostre teste non aiuta ad affrontare bene la situazione.

                Non si tratta nemmeno di pensare che le aride statistiche possano sostituire l’empatia verso chi muore o rischia di morire, sono due piani diversi. Se qualcuno fa notare che la letalità del Covid-19 in Italia, seguendo il modello di analisi e comunicazione dei dati coreano – un paese che è più avanti di noi nella curva dell’epidemia, quindi non si può rispondere, come si fa per gli altri paesi europei, «aspettino e vedranno» – non sarebbe del 7% e rotti ma dello 0,8%, chiaramente non rassicurerà chi vive nelle zone ad alta mortalità, men che meno conforterà chi ha avuto un lutto. Nessuno qui è così scemo da pensarlo, sulla cieca fiducia nei nudi dati abbiamo scritto tanto.

                Però, su un altro piano, dirlo può far capire che ci sono modi diversi di “leggere” l’epidemia, e conseguentemente di affrontarla. E può aiutare a capire quali siano le criticità del nostro modo di gestirla.

          • Scusa Fra, ma non capisco il senso di questa massima. Supponiamo che domani mia madre si butti dalla finestra vinta dalla depressione per essere tappata in casa da sola. Quella realtà mi arriverà prima di qualsiasi informazione. E tuttavia questo non mi impedirà di analizzare l’impatto che l’informazione avrà avuto su quella realtà. Ad esempio, se qualcuno avesse detto a un’anziana di 82 anni che farsi una passeggiata da sola in un parco non l’avrebbe uccisa, forse quell’informazione avrebbe inciso sulla sua realtà.

            • Restiamo su qualcosa con meno impatto emotivo, e ammettiamo che non sia tua madre a buttarsi dal balcone, ma la tua vicina di casa. Poi suo marito, poi qualcun altro nel quartiere e così via. La gente inizia a suicidarsi in Italia prima a Bologna, poi pian piano altrove e nei bollettini iniziano ad apparire i suicidati. E mentre per te è chiaro come il sole che i dati sono allarmanti perché ce li hai sotto gli occhi, qualcun altro, da un’altra parte dove la gente si butta poco dal balcone, parla di scorporare i già depressi perché forse la situazione potrebbe non essere così allarmante come dicono i bollettini. Ecco, parlavo di questa differenza di percezione

              • Fra, il monito sui toni e le diverse percezioni, esperienze e sensibilità è giusto e fai bene a ribadirlo, dobbiamo sempre stare attent*. Detto ciò, anch’io ribadisco che la nostra posizione non può riassumersi in «la situazione non è allarmante». Dobbiamo stare attent* a non semplificare in nessuna direzione, ecco.

              • Capisco, e tuttavia, nel caso di un’ondata di suicidi come quella che immagini, sarebbe comunque importante distinguere tra chi era già seguito da prima per una qualche forma di depressione maggiore e quelli che invece non avevano manifestato difficoltà del genere. Senza che questa valutazione implichi “distacco”. Io non credo in nessun tipo di dualismo emozioni/intelligenza. Quando valuto i dati in maniera scientifica e quando mi emoziono per i morti sono la stessa persona, non ho alcun bisogno di scindermi in due, di separare. Ma è un discorso che ci porterebbe molto lontano, e così vicino.

  49. Il lavoro in ospedale è stato organizzato in modo da congestionare il sistema. Anche e proprio perché tutti i reparti sono stati trasformati in reparti di emergenza. Puoi fare il tampone solo in ospedale e questo comporta che in ospedale aspetterai anche l’esito. C’è un turnover continuo di pazienti. Con un carico di lavoro enorme per il personale ospedaliero, sottoposto a ritmi frenetici, con uno stress che espone al rischio di burnout, perché tutto si concentra solo in questi luoghi.
    Senza contare che sono a rischio di TSO tutti quelli che hanno una dipendenza di qualche genere, un disturbo psichiatrico o qualunque tipo di fragilità e che in questa situazione sono compressi dalla prigionia, abbandonati a se stessi e dimenticati.

  50. Al 12° giorno di lockdown, porgo a beneficio di tutti i lettori di questo sito gli indirizzi di posta elettronica – reperibili facilmente sul web – del Governo dello stato italiano e della Protezione Civile (che dipende direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri)
    presidente@pec.governo.it,
    segreteriacd@protezionecivile.it
    Per vedere l’effetto che fa….

  51. Suggerisco la lettura anche di questo articolo https://www.scienzainrete.it/articolo/perch%C3%A9-nessuno-parla-di-farmaci-anti-covid-19/ernesto-carafoli-enrico-bucci/2020-03-22 da cui estraggo la considerazione conclusiva: “E qui vogliamo aggiungere una cosa che abbiamo appena letto, e che ci ha molto turbato: e che, ne siamo sicuri , turberà chi ha la sorte dei pazienti in mano: il New England Journal of Medicine , che è la Bibbia della ricerca Clinica mondiale, ha appena pubblicato un articolo con i risultati di un trial clinico che giunge alla conclusione che i due antivirali cardine nella lotta al COVID-19 anche in Italia, il Lopinavir ed il Ritonavir, sono del tutto inefficaci! Ma ora sono disponibili composti di altre linee di ricerca che in studi, diciamo così, ancora sperimentali, hanno dimostrato efficacia contro il Covid -19, e ne abbiamo già parlato in altri scritti: in primis la clorochina e la citiamo perché, ci si dice, i clinici la stanno già da un po’ usando in modo, come si dice in gergo, compassionevole. Bene, che lo dicano, allora. I malati, i parenti, e il pubblico hanno il diritto di sapere che terapie si stiano usando: avremmo potuto naturalmente parlare delle altre promettenti terapie “sperimentali” che, pare di capire, saranno oggetto di trial prossimi-futuri qui inItalia. Ma il concetto è chiaro, ed abbiamo preferito nominare solo la clorochina anche per un altro motivo. È un antimalarico di uso universale in a Africa, dove il COVID-19 non pare avere attecchito, nonostante i milioni di cinesi che in Africa vanno e vengono. Ma due più due non fanno quattro? “

    • E numerosi articoli apparsi negli ultimi giorni confermano quanto sopra circa l’uso della clorochina per contrastare il COVID-19.
      Negli USA via libera all’utilizzo della clorochina sui pazienti affetti da Covid-19. La Food and Drugs Administration ha approvato il farmaco suggerito in precedenza anche da Elon Musk e Donald Trump, entrambi avevano affermato che la clorochina ha “un enorme potenziale”.
      Che cos’è la clorochina e perché Musk e Trump pensano che sia promettente?
      Questa la storia della clorochina che da farmaco per il trattamento degli attacchi acuti di malaria e altre parassitosi, in particolare le amebiasi extra, nel giro di pochi giorni si è trasformato in cui una cura per la pandemia.
      La clorochina è un farmaco antivirale che ha curato e prevenuto la malaria dagli anni ’40. È oggetto di almeno tre studi clinici registrati presso la National Library of Medicine degli Stati Uniti.
      Un articolo pubblicato il 16 marzo sulla rivista Bioscience Trends ipotizza che la clorochina sia stata usata come “trattamento innovativo” per i pazienti cinesi. Da allora il farmaco è stato aggiunto alle linee guida per il trattamento del Covid-19 in Corea del Sud, Belgio e Cina.
      Poiché la clorochina è già approvata dalla FDA per il trattamento della malaria, non è necessario sottoporsi ai tradizionali cicli di test di sicurezza come accade per un nuovo farmaco prima che possa essere immesso sul mercato, scrive inverse.com.
      Analoghi studi effettuati da un ricercatore francese, Didier Raoult, direttore dell’Istituto ospedaliero universitario “Méditerranée Infection” di Marsiglia, pubblicati sulla rivista scientifica International Journal of Antimicrobial Agents, confermano l’efficacia del farmaco.
      Il 75% dei pazienti trattati con il Plaquenil, uno dei farmaci a base di idrossiclorochina, dopo sei giorni presenta una carica virale negativa.

      • Grazie delle segnalazioni, Fabuelo. Noi su Giap non possiamo occuparci né discutere in modo così dettagliato dell’aspetto farmacologico e della ricerca in senso stretto, non siamo un sito specializzato, stiamo cercando di mantenere un focus sui risvolti sociali e culturali di quest’emergenza, sulle ricadute sociali, politiche e antropologiche delle strategie di contrasto (reale o presunto) alla diffusione del covid-19. Ci sono forum e luoghi del web dove si può mantenere un focus scientifico specifico, qui non possiamo tener conto di tutto con la stessa profondità.

        • Grazie Wu Ming 1, le mie segnalazioni volevano soltanto mettere in risalto alcune voci fuori dal coro massmediatico del sistema, tutto qui.
          Sugli aspetti socio-economici della crisi attuale, segnalo invece questo intervento di Andrea Fumagalli (docente di Economia Politica all’Università di Pavia)
          http://effimera.org/la-vendetta-del-welfare-di-andrea-fumagalli/

          • Mi permetto di segnalare le parole di tale comandante Alfa ( fondatore in pensione Gis Carabinieri) che sembrano, senza voler esagerare, auspicare un colpo di Stato. Il Ministro della difesa, bontà sua, esprime parole condanna. Speriamo escano dall’annichilimento figure più autorevoli che possano compiere valutazioni lucide e complesse delle attuali dinamiche sociali e politiche. Pare che ormai se non sei virologo/epidemiologo sia vietato proferire verbo. Il rispetto per le vittime si manifesta anche con la condanna della mala gestio che ha contribuito a creare l’attuale emergenza al di lá del grado di aggressività del patogeno. Il comandamento *stare zitti e aspettare che finisca* non deve attecchire nelle coscienze.

          • Salve a tutt@, mi aggiungo ai ringraziamenti per tenere aperto questo importante spazio di discussione. Prendo spunto dal commento di Fabuelo e condivido qui sotto un post di Jean-Dominique Michel, un antropologo della salute svizzero-francese esperto di sanità pubblica, che ho trovato interessante e in risonanza con l’intervista a Ernesto Burgio. Ci sono critiche precise anche alle modalità statistiche relative all’epidemia. Lo potete trovare qua (http://jdmichel.blog.tdg.ch/archive/2020/03/18/covid-19-fin-de-partie-305096.html). E’ un articolo molto critico con la gestione dell’emergenza, e fa anche ben sperare senza essere “rassicurantista”. Il mio francese è parecchio arrugginito ma condivido con voi alcuni appunti e riflessioni (che servono anche a me per capire meglio, o capire che non ho capito).

            RIASSUNTO:

            Come notava Fabuelo, Michel racconta che Didier Raoult sta lavorando sulla clorochina come farmaco contro il Covid-19 e ha annunciato risultati sperimentali molto rilevanti. Prendendo spunto da questa vicenda Michel sostiene che “I nostri paesi hanno rinunciato (contrariamente alla Cina e alla Corea del Sud) a testare sistematicamente, a vantaggio della quarantena (confinement), di cui il prof. Raoult sottolinea che non è mai stata una risposta efficace contro le epidemie. E’ un riflesso ancestrale di ‘rinchiudimento’ (clausuration). Confinare nelle proprie case persone che non sono portatrici di virus è infettivologicamente assurdo, il solo effetto di tale misura è distruggere l’economia e la vita sociale. Un po’ come bombardare una città per allontanare le zanzare portatrici di malaria… La sola via che abbia senso secondo Raoult è di confinare solamente i portatori di virus, e di trattarli in caso di bisogno sia per evitare le complicazioni terribili che abbiamo visto, sia per ridurre i tempi durante i quali possono essere contagiosi” (. . .) “Né Hong Kong, né la Corea del Sud, due territori che hanno conosciuto i minori tassi di mortalità di fronte al coronavirus, hanno imposto alcuna quarantena alle persone sane. Si sono semplicemente organizzati in maniera diversa”.

            ALCUNE NOTE:

            – Michel inizia criticando il linguaggio bellico della “guerra al virus”, una retorica che come si è detto contribuisce molto ad alimentare il meccanismo del runner capro espiatorio e del ‘disfattista’: “Non è una guerra, noi non potremo mai vincere o eradicare questa creatura [il virus]. Ma possiamo sì permunirci contro i suoi danni, poi dovremo imparare a conviverci. Questo richiede un’altra intelligenza che quella degli slogan marziali sulla sanità”. Michel tiene poi a sottolineare che le regole imposte dalla nuova situazione vanno seguite strettamente. [Ricordo a questo proposito che nel momento in cui scrivo in Svizzera, così come in Francia e Germania, è possbile uscire e fare sport individualmente o con chi fa parte dello stesso nucleo familiare, e si possono portare fuori i bambini nel rispetto di alcune norme essenziali, ecc. (https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2020/03/18/coronavirus-nos-reponses-a-vos-questions-sur-le-confinement_6033490_4355770.html ; https://www.thelocal.ch/20200316/switzerland-declares-state-of-emergency-over-coronavirus). Per inciso: in Belgio, dove vivo, fare sport indvidualmente è per ora persino consigliato e sono consentite escursioni familiari (https://www.belgium.be/en/news/2020/coronavirus_reinforced_measures). Le regole da seguire sono principalmente dirette contro gli assembramenti in luoghi chiusi come quelli di cui parla Burgio.]

            – Ciò detto, il tono di Michel è anti-apocalittico e si sofferma sulla letalità del virus: “Occorre osare dirlo: non è il virus che uccide (è benigno per le persone in buona salute), [a uccidere] sono le patologie croniche che si sono lasciate sviluppare nel corso dei decenni”. Queste a loro volta dipendono, continua Michel, da quattro grandi fattori: “stress, cattiva nutrizione (malbouffe), inquinamento, vita sedentaria. Queste malattie croniche sarebbero evitabili all’80% se ci dotiamo di mezzi per proteggere la popolazione invece che sacrificare la salute al profitto e agli interessi industriali”. [Credo sia importante bilanciare questo ragionamento con quello di Burgio, che non è affatto apocalittico ma tiene sempre in mente il peggior scenario possibile. Burgio considera il nuovo coronavirus un virus “cattivo” e non esclude che in una seconda ondata questo possa colpire seriamente anche le popolazioni più giovani e in buona salute. Credo poi che la posizione di Burgio serva anche per tenere alta la guardia sulle derive sociali e politiche della questione, già ampiamente discusse]

            – Michel attacca poi il modo in cui viene raccontata l’emergenza e sostiene la necessità di raffinare le misurazioni statistiche, e di questo si è molto parlato anche su Giap: “c’è un altro problema, le cifre (taux) che ci vengono brandite sotto il naso giorno dopo giorno non vogliono dire assolutamente niente (…) La cacofonia attuale non permette di avere la minima idea della progressione reale del virus e della sua diffusione”. In più, Michel riporta che i casi effettivi di contagio sono dalle 8 alle 47 volte maggiori di quelli effettivamente contati”. [Mi sembra di capire che questa secondo Michel è una buona notizia perché significa che l’immunizzazione collettiva è già in atto e che la letalità del virus è molto più bassa]

            – Se quindi le persone realmente infette sono enormemente maggiori di quello che dicono le statistiche, “le proiezioni fatte per immaginare il numero dei morti sono niente meno che deliranti”, e generano psicosi di massa. Michel usa il termine “psicotico” in senso letterale, e non ‘abusivamente’ in modo gergale e irrispettoso. Infatti, medicalmente “la psicosi si caratterizza per le distorsioni cognitive, percettive e affettive che comportano una perdita di contatto con la realtà”. Tutte queste modellizzazioni mistificanti e ansiogene [che derivano dai dati parziali di cui sopra venduti come veritieri, ndt] contribuiscono a creare un sentimento di ‘fine di mondo’ che non solo non ha ragione di essere, ma è profondamente nocivo”. Nocivo in termini psichici e nocivo in termini politici… Perché ricade sulle decisioni del governo, che per pararsi il culo [questo lo dico io] adotta il modello apocalittico che come si è visto produce decisioni parziali, confuse, contraddittorie. Insomma fa danni.

            – E infatti, rispetto alla gestione dell’emergenza, “siamo rimasti intrappolati nel paradosso complicato tra la generale innocuità del virus per una immensa percentuale di persone e la sua dannosità estrema verso certi casi specifici”. Se come è giusto si è scelto di proteggere chi è più vulnerabile, avremmo dovuto subito effettuare un gran numero di test sulle persone che potevano essere infette. Questa mancanza, unita alla mancanza materiale di tamponi, al disinvestimento sul SSN e al conseguente taglio dei posti di terapia intensiva è stata fatale. “Il confinamento generale della popolazione rappresenta una misera ultima spiaggia di fronte all’epidemia quando manca tutto ciò che consentirebbe di combatterla efficacemente. Ci siamo trovati del tutto impreparati”.

            – La buona notizia in tutto questo è che la sperimentazione della clorochina effettuata dall’équipe del prof. Raoult a Marsiglia e testata in Cina sta dando risultati sorprendenti sui malati. Certo, dice Michel, “non ha [ancora] valore di prova secondo i criteri della ricerca scientifica. E’ richiesta la riproducibilità dei risultati da parte di altri gruppi di ricerca, senza parlare della necessità di uno studio randomizzato a doppio cieco. Ma diavolo! Siamo in una situazione di urgenza. La clorochina è uno dei farmaci più conosciuti e padroneggiati (in particolare dall’IHU di Marsiglia). Si può dunque contare su un’esperienza molto solida (…). Raoult ha fatto però notare con ironia che non sarebbe stato impossibile che la scoperta di una nuova utilità terapeutica per un farmaco da lungo tempo di dominio pubblico possa essere deludente per chi spera in un premio Nobel grazie alla scoperta di una nuova molecola o vaccino. Senza contare la prospettiva di dozzine di miliardi di dollari di profitto, laddove la clorochina non costa praticamente niente.”

  52. Come ampiamente prevedibile i ragazzi del sud iniziano a rompersi le palle. Tenendo conto che in certe parti del Paese lo Stato è davvero debole, episodi di violenza e repressione poliziesca sono da attendersi a brevissimo.
    https://video.repubblica.it/dossier/coronavirus-wuhan-2020/coronavirus-a-catania-gente-in-strada-abbiamo-sconfitto-il-virus-conte-ci-fa-un-baffo-denunciati/356129/356696?videorepmobile=1

  53. Non so se è già stato segnalato da qualcuno, mi sembra di no:
    Sulle differenze/ conseguenze fra quarantena ed isolamento

    https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30460-8/fulltext

  54. A questo punto, in questi giorni a Torino non ci possiamo lamentare: la prossimità è stata stabilita come 1 km. Che permette già una dignitosa passeggiata. E in diversi casi, come il mio, anche la possibilità di spostarmi da condominii, supermercati e negozi (quelli ancora aperti) dove c’è un po’ più di gente, soprattutto in coda, ad una serie di isolati con scuole e centri sportivi chiusi quindi nessuno in giro e anche nessuna probabilità di essere insultati dalle finestre.
    Tra l’altro, riflettevo poco fa sul fatto che il grande entusiasmo per canzoni, inni, luci, applausi e simili dal balcone qui…è durato 2 o 3 giorni.
    Quando i paladini del “Fate come me! State a casa, maledetti untori! Non siete neanche in grado di fare un piccolo sacrificio ed evitare di correre/andare in bici/camminare all’aperto” si renderanno conto che non sarà questione di un paio di settimane…manterranno lo stesso fervore?

    • In FVG vige il divieto totale di uscire dal proprio domicilio, eccetto che per fare la spesa in supermercato, una sola persona per famiglia. Qua tutto si manifesta sempre nella forma più estrema. Gli unici autorizzati a uscire di casa, anche formando assembramenti, sono i membri delle ronde di volontari che battono i boschi coi droni e i cani alla ricerca di passeggiatori.

      • Giuridicamente parlando, l’ordinanza del Friuli-Venezia Giulia non introduce nessuna restrizione in più rispetto ai decreti già presi in esame da Luca, che a loro volta contenevano più retorica che reali divieti. L’ordinanza del FVG è scritta per dare l’impressione di introdurre più divieti, ma in realtà non è così, però l’effetto sulla cittadinanza è ottenuto comunque, un effetto inibente e di sottomissione all’autorità. Quante e quanti usciranno e avranno voglia di questionare con le forze dell’ordine, mostrando il testo dell’ordinanza e quello del decreto? Quante e quanti hanno coscienza che molto probabilmente la denuncia che riceverebbero diventerebbe carta straccia e nulla più? Ecco cosa intende Luca quando dice che lo scopo è «essenzialmente retorico», nel senso di persuasivo.

    • Vedi come si struttura subito la mentalità da reclusi. Uno è ingabbiato a non potersi allontanare a più di 1km da casa (cosa che fino a un mese fa avremmo considerato assurda e inaccettabile) e improvvisamente dice “non ci possiamo lamentare”. È così che si struttura la mentalità dell’oppresso, si costituisce una mentalità adattata… è una cosa pericolosissima.

      • Secondo me con quel «non ci possiamo lamentare», che io leggo come amaramente ironico, giz-boh voleva far notare proprio questo.

        • Certo, lui si. Ma in giro si sentono ogni giorno cose così dette seriamente.

          • Confermo il tono ironico, e approfitto per aggiungere la mia esperienza di oggi. Visto che la frustrazione è già abbastanza alta, ho deciso di “giocare” con i limiti. Dopo aver verificato i confini ufficiali, e armata di contapassi (per darmi un obiettivo, visto che dopo un po’ girare intorno a 4 isolati è un po’ noiosetto) ho iniziato la mia camminata antistress. Vagando in lungo e in largo (si fa per dire) ho incrociato più volte, altre due persone che abitano nel mio stesso condominio che facevano la loro passeggiata del giorno. Tenendoci a debita distanza (di ben 3 metri), abbiamo anche osato scambiare due chiacchiere. E’ emerso che una di loro, in mattinata si era seduta a prendere una boccata d’aria su una panchina del cortile condominiale (sono 15 palazzi di 10 piani, con un’area di parcheggio, e una zona con alberi, aiuole e alcune panchine). Dopo pochi minuti è arrivato l’amministratore, a seguito di innumerevoli telefonate di condomini che avevano avvistato persone che stazionavano e bambini che giocavano, nonostante i vigente divieto di accesso ai “parchi”. Le ha intimato di andarsene, e lei giustamente ha risposto che, invece, era un suo diritto restare. E se qualcuno ha qualche problema a riguardo, chiami pure i vigili o carabinieri. Ovviamente non se ne è fatto nulla. Ma ora su ogni scala c’è una notifica che ricorda il divieto di accesso ai parchi e relative eventuali sanzioni. Teoricamente avrebbe dovuto far notare a chi l’ha chiamato che questo non è un parco pubblico, ma invece ha preferito dar corda a loro (forse ignaro della differenza, o forse perché il rinnovo del suo mandato era già in bilico e teme di inimicarsi qualche personaggio influente).
            Cronache di delirio all’italiana – per oggi è tutto.

    • A Settimo Torinese,il cane si piscia a Km 0. Sotto casa, davanti al portone.

  55. Si parlava di come leggere i dati, io li leggerei così.

    Secondo me il picco è arrivato due giorni fa. “Secondo me” mai come questa volta significa che è un’ipotesi che verrà confermata o smentita nei prossimi giorni e che se verrà smentita amen, non mi gioco la mia scadente reputazione e manco è importante. Del resto datemi un argomento e vi solelverò il mondo, e il mio è questo.
    Mi scuso con quelli che già conoscono il mio punto di vista, e do per scontato che quelli che sono in disaccordo col punto di partenza non saranno interessati.
    Il punto di partenza è: noi abbiamo X posti in terapia intensiva. Se arrivano contemporaneamente X+1 il sistema collassa. Dobbiamo quindi trovare un modo affinché il numero di persone che necessità della terapia intensiva sia X-M, intendendo per “M” il massimo possibile.
    Per prevedere il numero di persone che necessiteranno della terapia intensiva si fa un semplice calcolo a spanne: è una percentuale dei contagiati. Qual è questa percentuale? Alcuni studi parlano del 5%, in questo momento in Italia è sopra al 6% (6,69) dato in calo anche in Lombardia (6,29).

    Se i contagiati arrivano a 50mila (adesso sono 42681), supposto che si rimanga al 6 servono 3000 posti in terapia intensiva. Per questo si guarda con apprensione la curva dei contagiati. Il picco si aspetta perché da quel momento in poi ci saranno degli incrementi ma piccoli, sempre più piccoli. I casi continueranno ad aumentare ma, se il sistema non è collassato, la situazione diventerà via via più gestibile.

    Se si guarda il numero giornaliero di aumenti ci si perde un po’. La sequenza degli ultimi 6 giorni è questa: 2470-2989-2648-4480-4670-4821. In Lombardia è 818-1234-171-1672-1482-1959. Quindi?

    Quindi guardiamo un’altra cosa, e cioè da cosa vengono prodotti questi numeri. Sono prodotti dai famosi “tamponi”. Il punto è che non si fanno 1000 tamponi al giorni ma un numero variabile e crescente. In Lombardia ieri ne sono stati fatti circa 9000, quasi il doppio del giorno precedente. Se fai più tamponi trovi più positivi e quindi il numero cresce. Ieri però è successa una cosa secondo me importante: per la prima volta in Lombardia la percentuale di positivi sui tamponi è scesa. Cioè ogni 100 tamponi 38,24 sono positivi. Il giorno precedente era poco più alta (38,94) e quello precedente ancora il 38,06. Questo secondo me segnala una certa stabilizzazione della percentuale, che era sempre cresciuta. Se (ricordo ancora che il SE è molto molto grosso) questo è vero significa che noi possiamo stimare un valore atteso di positivi, grossolanamente intorno al 40% (per tenersi larghi). Così “aggiustato” il dato sugli incrementi trova una sua coerenza e raggiunge il picco appunto col dato di giovedì sera.

    Qual è il problema? Il problema è che purtroppo è impossibile dare un valore a questo picco, cioè non sappiamo se il picco “reale” raggiunto giovedì sera quanto sia grande, perché i tamponi, come dicono tutti, dovrebbero essere fatti a tappeto. Ma allora a che serve sapere il picco? Serve, per esempio, a capire se il contagio si stia ancora diffondendo o no. Ecco, secondo me no.

    • Testimonianza : il papà di una mia amica è risultato positivo. Glielo hanno comunicato oggi (quindi presumibilmente sarà nei nuovi contagiati del bollettino di stasera). Il tampone glielo hanno fatto venerdì (20 marzo). Lui stava male dal 12-13 marzo. Aveva subito chiamato la asl ed era stato messo in lista per il tampone perché ha saputo che una persona con la quale era venuto in contatto è poi risultato positivo. L’incontro “incriminato ” è avvenuto probabilmente il 7 marzo.
      Cosa facevamo il 7 marzo? Le scuole erano chiuse in tutta Italia da 3 giorni, le persone scappavano verso le seconde case e verso le stazioni sciistiche ,e a parte quelle indicazioni sulla distanza, lavarsi le mani etc..e la chiusura di musei,teatri e cinema, si discuteva ancora sulla serie A,i centri commerciali funzionavano as usual nonché fabbriche,mezzi pubblici e altri luoghi solitamente affollati.

      Tutto ciò per dire che ogni giorno ci vengono propinati numeri che in gran parte si riferiscono a contagi avvenuti ancora prima del lockdown, nonostante siano ormai passati 12 giorni.

  56. Ed ecco a voi il Patto Trasversale per la Scienza – gli esimi Burioni, Lopalco & Co – quelli che sanno “la differenza tra fatti e opinioni”, quelli che “non c’è disaccordo tra scienziati” (cito da qui) che ora mandano una diffida legale a Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, “per le gravi affermazioni ed esternazioni pubbliche sul coronavirus, volte a minimizzare la gravità della situazione e non basate su evidenze scientifiche”.
    Costoro hanno un’idea di scienza e una comprensione dell’epistemologia che lascia davvero senza parole. La ricerca a colpi di diffide legali. Applausi.

    • Non è la prima mossa del genere che fanno dall’inizio dell’emergenza. Non sarà nemmeno l’ultima. Non mi stupirei se mandassero una diffida anche a noi.

  57. Segnalo il lancio di una campagna informativa della regione Marche e Anci Marche che vorrebbe scostarsi ironicamente dall’autoritarismo, ma che utilizza un frame narrativo che abbraccia il tema della guerra, dell’esercito di cittadini che tutti uniti combattono contro un “Nemico comune” facendo tutti la stessa cosa (indovinate cosa?). E’ il manuale del guerriero (non perdetevelo! qui: https://tinyurl.com/sx753xj )

    Interessante notare come al suo interno ritroviamo le stesse narrazioni tossiche ripetute fin qui:
    imperativo nel murarsi in casa a tutti i costi
    sarcasmo nel motteggiare chi esce per motivi non reali,
    sottolineare la presenza costante delle forze dell’ordine che controllano chi si avventura fuori di casa (il rifugio)
    astensione da qualsivoglia attività all’aperto (in barba alla normativa nazionale)
    un afflato nazionalista bellico (regionalista in questo caso), usando una musica epica di sottofondo che vuole richiamare il clima di battaglia

    Tralasciamo l’uso forse involontario del soldato con spada e scudo col verde come colore principale, che potrebbe far venire in mente a qualcuno la lega nord (ma non è il pd a governare le Marche?).. quello secondo me è un autogol involontario.

    Si cade poi nella gaffe della mossa numero 6 “bevi da solo”, che somiglia più a un invito all’alcolismo solitario in casa (e ci credo, che altro ti resta da fare?).

    Altro scivolone, a mio avviso, è l’utilizzo ripetuto della parola “guerriero”, la stessa che fu abilmente deturnata in una campagna contro l’enel qualche anno fa (per chi non se lo ricorda i wu ming ne parlano nel loro riassuntone degli ultimi 10 anni di twitter).
    Sulla loro pagina facebook gli autori si definiscono orgogliosi di quanto fatto, dicendo che hanno voluto evitare una narrazione paternalistica, preferendone una motivazionale….sarà…

    Sinceramente penso che i marchigiani possano sentirsi legittimamente presi per il culo… forse sì, #noisiamoilvaccino, ma solo se intelligentemente si resiste insieme a questa carrellata di pedanteria e retorica che infantilizza il cittadino a soldatino ubbidiente che non mette mai in questione l’autorità, e se lo fa viene preso per “collaboratore del Nemico” quindi nemico da combattere.

    • Cioè in pratica in questo “manuale del guerriero” sono racchiusi tutti gi stereotipi di noi marchigiani.
      Da marchigiano ti risponderei con una bestemmia e ti dico che sto assistendo a scene al limite della denuncia penale, con accuse tramite social network o addirittura verbali a persone a caso (senza sapere i nomi e cognomi), ben prima del Covid-19 o perché avevano ricevuto legittimamente case popolari dal Comune. Quest’ultima viene vista dalla cittadinanza come l’usurpazione peggiore che si possa fare ai danni dei residenti di un paesino di provincia, come nel caso di Morrovalle dove abito, anche se poi l’emergenza abitativa da noi non è così grave come in altre parti d’Italia poiché quasi tutti hanno una casa di proprietà o pagano un affitto, perché possono permetterselo.

      Ieri mi è capitato di parlare in piazza con un vicino che fa il rappresentante, ex votante dell’msi e buddista praticante, attualmente al di fuori del circuito politico per sua ammissione. Mi ha raccontato che alle ultime elezioni nazionali ha votato i m5s per un reale cambiamento dopo essere stato deluso dalla destra, Berlusconi, Renzi ecc… Si vedeva che aveva voglia di parlare e che non stava bene, raccontandomi che è divorziato e vive da solo in casa. Viste le circostanze davanti al tabacchi, abbiamo scambiato due parole che si sono trasformate in suo monologo, a tratti delirante.
      In 15 minuti non vi dico le teorie cospiratrici, i riassunti dei video deliranti di presunti dottori/virrologi in cui si afferma che il virus sia stato fatto circolare di proposito per uno voluto genocidio ecc…, arrivando a dire che l’unico modo per uscire da questa situazione è una dittatura, anche comunista in stile cinese.

      Mi sembra che oltre all’aumento esponenziale dei TSO e delle violenze non denunciate dalle donne in casa, si assisterà ad una esasperazione del razzismo, dei rancori più profondi e assopiti delle persone e una depressione inimmaginabile.

  58. Burioni & Co. denunceranno anche Scienza in Rete?

    – A parte il vaccino esistono altri farmaci contro la Covid 19? Sì.
    https://www.scienzainrete.it/articolo/perch%C3%A9-nessuno-parla-di-farmaci-anti-covid-19/ernesto-carafoli-enrico-bucci/2020-03-22

    – ci sono ipotesi di quarantene fatte in forme più efficaci? Sì.
    https://www.scienzainrete.it/articolo/quarantena-fuori-casa-e-accelerazione-sui-farmaci/michele-di-mascio/2020-03-21

    – perché non possiamo fare più tamponi come chiede l’oms? Perché il sistema non reggerebbe! (ah ma perché, sta reggendo? Glie lo dite voi ai Lombardi che sta reggendo?)
    https://www.wired.it/scienza/medicina/2020/03/18/coronavirus-italia-test-tampone/

    – Intanto il mainstream mediatico di confindustria sta cercando disperatamente di trovare spiegazioni per il diffondersi del contagio che non sia il loro rifiuto categorico (fino a ieri) di chiudere le attività produttive, ora se la prendono con Atalanta Valencia (peccato che la data è un po’ troppo vecchia, il 21 febbraio…). Se qualcuno è a conoscenza di qualche rave (possibilmente con spaccio di droga annesso che fa sempre molto notizia) avvenuto tra fine febbraio e inizio marzo gli scriva e penso sarà adeguatamente ricompensato.
    https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/03/20/news/atalanta-valencia_a_san_siro_il_detonatore_del_contagio-251839747/

    • Che meraviglia gli articoli sulla “partita zero”, basati su un’intervista che dice sì quello, ma con dei distinguo importanti:

      “C’è stata una giustificata enfasi collettiva di una tifoseria appassionata in cui potevano esserci anche asintomatici o febbricitanti. Col senno di poi è stata una follia averla giocata a porte aperte ma c’erano ancora molte cose poco chiare”.

      E che in realtà pone l’accento su un’altra, ben più pervasiva, radicata e “pericolosa” (almeno epidemiologicamente) dinamica sociale:

      “[P]arliamo antropologicamente di gente da sempre molto operosa, spartana, con una grande cultura del lavoro e una tendenza a sottovalutare e dunque trascurare malesseri che sembrano di stagione”

    • Che meraviglia gli articoli sulla “partita zero”, basati su un’intervista che dice sì quello, ma con dei distinguo importanti:

      “C’è stata una giustificata enfasi collettiva di una tifoseria appassionata in cui potevano esserci anche asintomatici o febbricitanti. Col senno di poi è stata una follia averla giocata a porte aperte ma c’erano ancora molte cose poco chiare”.

      E che in realtà pone l’accento su un’altra, ben più pervasiva, radicata e “pericolosa” (almeno epidemiologicamente) dinamica sociale:

      “[P]arliamo antropologicamente di gente da sempre molto operosa, spartana, con una grande cultura del lavoro e una tendenza a sottovalutare e dunque trascurare malesseri che sembrano di stagione”

      Ma nel titolo c’è posto solo per la “partita zero” (che zero neanche è, perché ovviamente il virus c’era già da due mesi)

  59. […] due passi per tornare a casa dal lavoro, lui invece ha subito tirato fuori l’infausta parola su cui si stanno incrostando le peggiori criminalizzazioni: […]

  60. […] Le petit jeu des boucs émissaires, dans la meilleure des hypothèses est une rustine temporaire, une diversion. Combien de temps réussiront-ils à étirer leur narration de cette urgence avant qu’elle leur explose au visage, qu’il leur vienne à l’esprit une stratégie de sortie de crise ou qu’arrive un deus ex machina qui résolve la situation ? […]

  61. A proposito dei privilegi della casta dei benestanti e benpensanti, in tempo di coronavirus, vi cito un articolo di Sascha Lobo su Der Spiegel. Per chi legge il tedesco.
    https://www.spiegel.de/netzwelt/web/corona-krise-nach-vernunft-kommt-vernunftpanik-podcast-a-fef3f367-e1db-4982-845f-4a6a1180bd95
    Nach Vernunft kommt Vernunftpanik
    In der Coronakrise quillt das mangelnde Bewusstsein für die eigenen Privilegien aus Abiturientendeutschland heraus, schrieb Sascha Lobo wütend.
    Buona giornata a tutti

  62. Online il video della Polizia di Stato che “spiega” perché è pericolo andare a correre ovvero «le gocce di sudore e il respiro affannoso a bocca aperta aumentano il contagio». Come si citava in altri commenti, il guaio è che molti agenti sul campo si informano tramite questi video o per sentito dire da altri colleghi. Ovviamente queste linee guida sono prive di fonti e in contrasto con quelle dell’Oms.

    Trovate il video qui: https://www.youtube.com/watch?v=VyC6aV0ropQ

  63. Lascio il commento qui perchè mi sembra che nella Rete è uno dei pochi articoli fatti bene che illustrano l’assurdità della faccenda attività fisica in “PROSSIMITA’ DELL’ABITAZIONE”.
    Premetto che sono indignato perchè il decreto è stato scritto VOLUTAMENTE generico per dare 3000 possibili interpretazioni (prossimità non vuol dire niente).
    Ho deciso di continuare a fare attività fisica all’aperto cercando di rispettare quel poco di chiaro che c’è scritto nella norma, ossia sono andato su Maps ho creato un percorso che al massimo mi portasse a 500 metri in linea d’aria dalla mia abitazione (abito a Rome a contrariamente da altre regioni non hanno specificato meglio cosa voglia dire prossimità).
    Ieri a metà del mio giro, premetto che l’ho fatto alle 19.30 con temperatura di 2 gradi nel periodo più morto della giornata non incontrando nessuno sul mio tragitto (vivo in una zona periferica della Capitale) prima si avvicina una volante fa partire 2 secondi di sirena e poi va via, dopo 3 minuti arriva un’altra volante dei Carabinieri che mi si affianca (in quel momento stavo a 200 metri dalla mia abitazione), e mi chiede dove abitassi.
    Io rispondo indicando la mia abitazione e lui mi intima di smettere il giro e tornare a casa, io ho risposto che volevo sapere in prossimità cosa volesse dire, ma mi ha risposto dicendo che far uscire la gente è una “concessione” e c’è bisogno del buon senso, loro interpretano la norma in modo che una persona possa fare al massimo 10 minuti di attività e poi tornare subito a casa.
    A parte che nel decreto, che se oggi tornerò a correre mi porterò appresso stampato, non specifica limiti temporali e neanche l’indicazione dei metri, mi sono sentito davvero come ostaggio di una simil-dittatura dolce

  64. La seconda puntata di «Quarantena Molotov»:

    «Il cammino non si arresta, continuano le evasioni della “quarantena molotov”. La militarizzazione sta dilagando, tra strategie del capro espiatorio e denunce appioppate più per mostrare i muscoli che altro. È toccata a Pietro De Vivo, tra le altre cose parte della banda di Alpinismo Molotov a cui va la nostra solidarietà, che l’ha raccontata in un post su Giap; e utilissima potrà rivelarsi anche la lettura del commento giuridico di Luca Casarotti, che occupa le seconda parte del post.
    In questa puntata le “normalissime” evasioni mutano in “necessarie”, così come necessario è raccontare queste escursioni come ogni altro atto di resistenza alla narrazione egemonica che ci vuole ammutolit*.»

    http://www.alpinismomolotov.org/wordpress/2020/03/24/quarantena-molotov-necessarie-evasioni-seconda-puntata/

  65. […] divieto di passeggiata e jogging come è stato imposto in Italia non si riscontra quasi da nessuna parte. Del resto, ricordiamolo: la stessa OMS dice che […]

  66. […] Scapegoating of joggers over Covid 19 has taken place in Italy too and started earlier there. As the literary collective Wu Ming have pointed out this demonisation serves to divert attention from the real culprit for the epidemic: neo-liberalism […]

  67. Sulla questione ‘ma come può essere così scema la gente da accettare queste misure senza senso’, ecco una specie di hate mail che girava su whatsapp proprio mentre i media pompavano “Troppa gente in giro” intorno a metà marzo:
    Uno esce di casa, si mette le scarpette da running e da solo va a fare una sana corsetta. Il fisico trova giovamento e la mente è libera.

    Quando vede qualcuno da lontano, modifica il percorso per non incrociarlo e mantenersi anche oltre la distanza di sicurezza.

    Il tempo è bello, il sole tiepido è l’aria fresca. Tutto è perfetto.

    Poi quella buchetta, coperta dall’erba, il piede destro la centra, la caviglia cede, si piega, troppo, fa “crack”. Gonfia subito, il dolore non si descrive. Rientra in casa a fatica, toglie le scarpe e il calzino. La caviglia oltre al gonfiore ha preso un brutto colore.

    Che fare? Il dolore a freddo aumenta. Si sente una merda ma non può fare a meno di chiamare il 118 e, nonostante il momento difficile, di li a poco arriva l’ambulanza. I volontari, chiusi nelle loro tute ermetiche, parlano poco dietro le mascherine, lo fanno salire.

    Lui si sente una merda, loro non fanno nulla per farlo sentire diversamente.

    Al Pronto Soccorso fanno tutto quello che si deve fare, radiografie e tutti i controlli sanitari dettati dall’emergenza.

    Mentre aspetta si sente una merda, e nessuno fa nulla per farlo sentire diversamente, anzi, a volte anche solo gli sguardi contribuiscono. Arrivano i risultati della radiografia e non ci sono sorprese, come aveva predetto il medico, c’è una frattura.

    Mentre gli fanno il gesso si sente una merda, e nessuno fa nulla per farlo sentire diverso, anzi l’infermiere che gli tiene il piede dritto che in quel modo gli fa un male cane, sembra ne goda.

    Poi arrivano i risultati sanitari e qui c’è la sorpresa: PAZIENTE POSITIVO AL CORONAVIRUS COVID 19 IN CONDIZIONI ASINTOMATICHE.

    Gli cade il mondo addosso insieme a una montagna di merda.

    Allarme rosso: il reparto del Pronto Soccorso viene totalmente isolato e reso inagibile mentre tutto il personale medico e paramedico insieme a tutti i degenti vengono messi in quarantena.

    Il caos è totale e la situazione è drammatica.

    Lui si sente una merda e nessuno fa nulla per farlo sentire diverso, anzi glielo dicono in coro: SEI UNA VERA MERDA!!!

    Vediamo se scritto così magari lo capite..

    Ecco i perché dobbiamo stare in casa, oltretutto anche se non fossimo positivi Romperemo i coglioni a chi sta cercando di salvare vite FATELO GIRARE A TUTTI

  68. Scoperti a Bologna due nuovi focolai: reparto geriatria del S. Orsola e convento. A quanto pare gli anziani degenti e le suore erano soliti uscire a fare jogging.
    Perdonate il sarcasmo, che ovviamente non è rivolto ai malati, ma a chi si ostina a perseguire con zelo sproporzionato comportamenti a rischio trascurabile e non si occupa di prevenire situazioni realmente pericolose.
    Non è accettabile che dopo più di un mese dall’inizio dell’emergenza ci siano ancora contagi ospedalieri. E’ evidente che la maggior parte dei contagi avviene in ambienti chiusi, affollati, in cui la gente rimane a lungo. Se si sanziona chi esce da solo al parco e non ci si preoccupa di sanare le situazioni a rischio, staremo chiusi in casa fino al 2030.