Quasi cinque anni fa, il 3 luglio 2006, moriva Piermario Ciani, artista visivo, mail-artista, fotografo, graphic designer, editore, agitatore invisibile, precursore e poi colonna portante del Luther Blissett Project. Il prossimo 19 giugno sarebbe stato il suo sessantesimo compleanno, e c’è gente che si è messa in testa di festeggiarlo con una due-giorni di incontri, mostre e concerti, ovviamente nel suo Friuli. Più precisamente: nei pressi di Udine. Ancor più precisamente: nel comune di Codroipo. Esattissimamente: a Villacaccia di Lestizza, negli spazi dell’agriturismo Ai Colonos (oppure, in caso di maltempo, nell’Auditorium di Lestizza). L’evento si chiama “Chi l’ha visto? Omaggio a Piermario Ciani” e trovate tutte le info in questo pdf. Tra i vari ospiti, Vittore Baroni (antico compagno di scorribande di Piermario e, in subordine, anche nostro) e Peppe Voltarelli.
Il nome della due-giorni è, chiaramente, un riferimento a una delle più celebri beffe mediatiche blissettiane, la finta scomparsa dell’artista immaginario Harry Kipper al confine tra Italia e Slovenia (gennaio 1995). La beffa, che sarebbe diventata il trampolino di lancio del LBP, era la fusione di due diversi progetti: tracciare la parola “ART” sulla mappa d’Europa (idea di Piermario: Kipper si perdette lungo l’astina della T) e rifilare una sòla al programma TV “Chi l’ha visto?”(idea del poeta rodigino Alberto Rizzi, che da allora compare sotto mentite spoglie in tutti i nostri romanzi).
Abbiamo deciso di raccogliere in questo post alcune cose scritte cinque anni or sono, subito dopo la morte e il funerale, rimaste a lungo sparpagliate in giro per la rete. Gli scritti sono intervallati da alcuni video-frammenti dell’ultima intervista di Piermario (dicembre 2005, realizzata da Walter Criscuoli). L’inizio ci commuove ancora e ci commuoverà sempre: Piermario, già molto malato, dice: “Bene, bisogna premettere una piccola cosa…”, poi spiega la ragione del proprio aspetto emaciato.
Oltre a ciò, abbiamo ripescato una trasmissione di Radio Onde Furlane.
Completano il post alcuni link.
AUDIOTRIBUTO A PIERMARIO CIANI (1951-2006)
mp3, 128 kbps, 39:37
Sintesi della trasmissione che Radio Onde Furlane dedicò a Pier il 5 luglio 2006. A cura di Paolo Cantarutti, con interviste telefoniche a Vittore Baroni, alla critica d’arte Paola Bristot, a Davide Toffolo dei Tre allegri ragazzi morti, e a WM1.
N.B. Cantarutti conduce in friulano – lingua musicale e comprensibile, piena di riverberi dai quattro punti cardinali. Pochi minuti all’inizio e qualche raccordo, poi le interviste sono tutte in italiano.
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WM1 – IL FUNERALE DI PIERMARIO
da Carmilla, 7 luglio 2006
A un funerale viene voglia di parlare di vita, di progetti, cose e persone che spuntano e nascono. E il cazzeggio si insinua sempre. Anche perché ci prende di sorpresa il rito funebre solenne, quasi preconciliare, con monodìe in latino, a tratti addirittura arcaico. Rito proseguito al cimitero, acquasantiera e aspersorio posti di fronte alla fossa, a disposizione dell’intero paese, per bagnare e benedire quel legno là sotto e la terra intorno, ai bordi di questo paesino del Friuli che raggiungi saltando da un treno all’altro, l’ultimo tratto lo fai in corriera da Codroipo (toponimo che è tutto un anagramma).
Piermario non ha lasciato istruzioni, la famiglia lo ha salutato col linguaggio che meglio conosce, quello della tradizione, e ha fatto e dato il meglio che poteva. L’imbarazzo è sbagliato ed è un problema nostro – di noi che arriviamo da fuori e da terre più laiche – e in poco tempo si assottiglia, perché va come va, va come deve andare, però mi annoto mentalmente: “Lasciare istruzioni per quando toccherà a me”. E a proposito di toccare, già che ci sono mi tocco i maroni.
L’omelia del sacerdote, mi dicono, riprendeva gli articoli della stampa locale, scritti da amici di Piermario. Bene. Viaggiando, avevo in mente il funerale di Gian Carlo Fusco, col sacerdote che si ostinava a chiamarlo “Gianfranco”. Qui non poteva andare così, Piermario in paese era noto: non come networker e sabotatore culturale (molti lo hanno appreso dai giornali), ma come figlio dell’ex-sindaco e proprietario del panificio.
La fossa. A pensare che lì dentro c’è lui, la testa è una bombola di butano. E non mi riesce di piangere.
Alla fine si chiacchiera, si raccontano gli aneddoti, si discute del da farsi, l’archivio, le foto, l’emeroteca, gli scatoloni dei libri, i siti, i progetti lasciati a metà. Proviamo a organizzare un evento per l’autunno? Parliamone quando l’umore sarà stabile.
Salutiamoci qui, gli ultimi abbracci, ripartiamo alla spicciolata. Giorgio mi porta a Udine. Prendo un Intercity-Notte insieme a Massimo Giacon, che scende a Padova. Io proseguo, attraverso la grande pianura, arrivo a Bologna alle due di notte. Casa.
Nello zainetto ho un cd. Contiene l’mp3 della trasmissione di Radio Onde Furlane, andata in onda poco prima del funerale.
Quattro testimonianze diverse, molto diverse: a ciascuno di noi corrisponde un Piermario, un nodo della rete che è stata la sua vita.
Domani ci lavoro sopra e lo metto on line. Un primo, piccolo audiotributo a Trax 01, a Stickerman, al produttore del Great Complotto, a quel che era e a quel che siamo stati grazie a lui.
Domani, però.
Lasciamola finire, questa giornata.
Domani.
Buonanotte.
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PIER CIANI, IL GUERRIGLIERO DELLA CULTURA
di Wu Ming 1
da L’Unità, mercoledì 9 agosto 2006
Non vengo qui a seppellire Piermario Ciani. E’ già stato fatto un mese fa. Vengo a farne l’elogio. Voglio dire: questo non è un “coccodrillo”. Nessuno si aspettava che Pier, ancorché malato, morisse così presto, e nessuno dei suoi amici avrebbe avuto il cattivo gusto di tenersi pronto un pezzo.
Ho atteso qualche settimana prima di scrivere queste righe. Non sapevo come cominciare. Ogni mia riflessione o “mente locale” partiva dagli immediati dintorni del computer di Pier, e finiva per tornarci, tra pile di riviste e cumuli di materiali. Subito dopo il funerale Emanuela, la sua compagna, ha proposto a noi venuti da lontano di dormire nella casa-studio, per non dover prendere subito un treno o metterci in strada. Abbiamo declinato l’invito. Troppo presto per disturbare le presenze. Io so che non avrei resistito, avrei trascorso la nottata senza chiudere occhio, rovistando nell’aleatorio archivio, scoprendo chissacosa.
Creature magnifiche o mostruose, selvatiche o übertecnologiche, rimangono là, acquattate tra le scartoffie, i floppy vetusti, i cd-rom, le diapo, i negativi, pronte a saltar fuori non appena qualcuno ci affonderà le mani. Lo stesso Pier è in mezzo a quelle creature, primus inter pares, demiurgo democratico e affettuoso. Dal fondo di trent’anni di lavoro creativo e guerriglia culturale, attende senza fretta la “rivalutazione” e la qualifica di artista “di culto”.
Uno dei più versatili artisti grafici e inventori di segni dell’Italia contemporanea – oltreché uno dei più grandi “connettori” tra le diverse scene, i movimenti, le generazioni – è riuscito a essere ovunque, a essere chiunque, a collaborare con tutti, senza mai spostarsi da Bertiolo, provincia di Udine. Nei giorni successivi alla sua morte, in rete sono apparsi tanti testi. Tutti iniziavano col tentativo di “cartografare” la sua attività, di elencare i settori in cui aveva fatto irruzione, contribuendo a farli evolvere, a cambiarli per sempre. Mail-artista, fotografo, grafico, non-musicista, produttore di gruppi punk, architetto di beffe mediatiche, propagatore di miti, fanzinaro, editore, organizzatore di mostre, fondatore del Luther Blissett Project e via così, a obbligata vanvera catalogatoria.
Piermario Ciani (1951-2006) aveva scritto e s’era pubblicato da sé un volume automitobiografico, Piermario Ciani. Dal Great Complotto a Luther Blissett, AAA, Bertiolo 2000. Un libro-oggetto, coi risvolti di copertina tagliabili e trasformabili in segnalibri, e con le pagine che giustappongono testi di varia origine e immagini deformate. Si saltabecca dagli anni in cui Pier fotografava gli esponenti del sottobosco punk friulano (la scena del cosiddetto “Great Complotto”) fino agli exploit dello pseudonimo multi-uso “Luther Blissett” nella seconda metà degli anni Novanta, passando per i tanti progetti in collaborazione e in parallelo con altri due poliedrici artisti e operatori culturali, Vittore Baroni e Massimo Giacon: nel 1980, l’inesistente noise-rock band dei Mind Invaders, che esisteva soltanto nelle recensioni della stampa specializzata; nel 1981, il network transnazionale denominato “TRAX”, i cui partecipanti si chiamavano TRAX 01, TRAX 02 etc., idea ripresa vent’anni più tardi dal mio collettivo (basti vedere com’è firmato questo articolo); per tutti gli anni Ottanta e Novanta, un’intensissima produzione di “arte postale”, opuscoli, messaggi in bottiglia e adesivi. Soprattutto gli adesivi, tanti, da appiccicare in luoghi pubblici o privati, recanti messaggi inattesi, koan, aforismi, sovente prodotti in serie tematiche. Basti pensare alla serie del 1992, “Art is the beginning of something else”, in cui si evidenziava la sillaba “Art” in apertura di parole semanticamente estranee: “ARTiculation”, “ARTillery”, “ARTeriosclerosis”. Addirittura, Pier, Vittore et alii muovevano i fili di un supereroe-marionetta, Stickerman, l’uomo degli adesivi.
Quando, nel 1994, nacque il Luther Blissett Project, Pier vi fece confluire tutte le sue esperienze precedenti, trasformandolo in una grande sintesi della controcultura italiana dal ’77 in avanti. Alcuni suoi progetti mai del tutto avviati vennero “riciclati” e messi in un nuovo contesto, e divennero le basi di alcune memorabili beffe blissettiane. La sua arguzia post-munariana fornì l’input per mille adesivi, cartoline, segnalibri, biglietti da visita. Nel 1995, i muri delle più grandi città italiane si riempirono di sticker creati da una comunità aperta ma prodotti (tutti quanti) nell’officina alchemica di Pier, a Bertiolo. In particolare Venezia fu tappezzata di frecce bidirezionali indicanti, nel nome di Blissett, un arbitrario “percorso psicogeografico”. Altra mini-segnaletica stradale made in Bertiolo: “Strada aperta ad ogni esperienza”, “Strada chiusa per livori in corso”, “Non leggere: passa oltre” etc. Il posto d’onore nel mio cuore lo ha uno sticker con la scritta: “Luther Blissett non accetta scontri ideologici ma soltanto risultati pratici”. Insegnamento che non entra mai nella zucca della sinistra, mai.
Come editore, Pier era un temerario: non aveva nulla da perdere, se non qualche milione di vecchie lire, ogni tanto. Insieme a Vittore, aveva fondato le edizioni AAA, il cui catalogo è senz’altro il più bizzarro nella storia degli ISBN. Accanto a preziosi testi sulle controculture e l’arte underground, ecco libri-oggetto come La morte del libro di tale Erica Moira Pini (anagrammatelo), con le pagine bianche ma sforacchiate da tre proiettili, o La cultura del caos di Mino Cancelli (traduzione autarchica di “Bill Gates”), semplice rilegatura di fogli di scarto raccattati in tipografia.
Nel 2001 Pier aveva avviato un nuovo progetto, sintesi delle sintesi, magniloquente e leggiadro: le FUNtastic United Nations, mappatura di nazioni immaginarie, con la loro lebensraum geografica, la burocrazia, la produzione filatelica etc.
Rileggendo, mi rendo conto che ha poco senso costringere l’ursus honorum di Pier in una riserva faunistica di sei-settemila battute. Mi sono limitato a fare capolino, per un istante, su una produzione e una rete di relazioni che sfida ogni riassunto. Spero che chi ha letto tutto questo si senta stimolato, voglia saperne di più, cerchi di procurarsi l’autobiografia di Pier e altri libri AAA.
Quanto al materiale che in futuro disseppelliremo, lo metteremo in circolazione nel mondo, durante feste senza orario e altre occasioni di regalìa dissipatoria, in stile potlatch. Ciascuna opera ruoterà con il pianeta, intorno a un suo particolare equatore, finché logorìo non la sottragga agli occhi e alle mani dei vivi. Ti saluto, Piermario, senza lacrime da “coccodrillo”. Mandi.
(In alto a destra: Piermario Ciani visto da Guglielmo Manenti, 2006)
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Da: Luther Blissett, Mind Invaders. Manuale di guerriglia e sabotaggio culturale, Castelvecchi, Roma 1995:
[…] Luther Blissett è stato preceduto da misconosciute esperienze “seminali” di networking e di uso della leggenda metropolitana, una delle quali dà il nome al libro che stai leggendo. Mind Invaders, Italia, primi anni ’80. Si trattava di una rock-band non più reale dei “misteriosi nuovi proprietari dei Charlestown Chiefs”, band di cui veniva anonimamente prodotto e distribuito materiale informativo e propagandistico, oltre a gadgets e a false interviste che venivano presto smentite dagli inesistenti “diretti interessati”( la smentita veniva a sua volta dichiarata falsa, e i suoi autori definiti “impostori”, poi i presunti impostori replicavano etc.). Ecco un estratto da un comunicato-stampa diramato da Udine il 31/5/1980, introdotto dalla frase: “Siamo venuti in possesso di questo volgare falso che verrà presto smentito”:
Per soddisfare le morbose curiosità di quanti vogliono conoscere la genesi dei Mind Invaders, ma soprattutto per porre fine alle dicerie di chi sostiene che sono nati recentemente sulla scia di altri gruppi musicali più famosi, vi rendiamo noto quanto segue: già nel 1976 Chris Lutman ed Emoform componevano i loro primi pezzi, sperimentando le possibilità di un potente generatore di infrasuoni, costruito in collaborazione con il Laboratory of Physics – Iowa… In particolare hanno composto la suite “Heartquake” che è stata eseguita in pubblico il 6 maggio e il 15 settembre dello stesso anno […] A chiunque volesse acquistare il disco Music for Entertainment vorremmo precisare che può essere suonato soltanto con lo speciale apparecchio prodotto dalla ALDO MANCUSO & Sons, provvisto di due testine che con una presa a tenaglia permettono la lettura contemporanea di entrambe le facciate del disco […] firmato: ALDO MANCUSO.
Ed ecco un altro comunicato, stavolta senza data, preceduto dall’annuncio “Seguiranno al più presto il disco e alcune cassette”:
Nel concerto di Udine del 29.9.79 all’auditorium Zanon (strapieno) siamo intervenuti con una macchina di nostra creazione che produce sensazioni sonore, tattili e olfattive che hanno provocato un’esplosione di rigetto da parte del pubblico il quale si è allontanato in massa. Consideriamo questo esperimento non perfettamente riuscito data la completa omogeneità di risposta da parte del pubblico che si è riconfermato tale […].
Grazie a questa impressionante sequela di panzane e all’appoggio di alcune fanzines e di bands vere che li citavano nelle interviste o che inserivano il loro nome nei credits dei dischi, i Mind Invaders ebbero i loro album immaginari recensiti più volte – in tutta serietà – da alcune riviste del settore (su tutte Rockstar, che all’epoca aveva una certa importanza e diffusione). Questo provocò anche le lagnanze di altri gruppi. Ad esempio, tali Electric Eyes di Firenze scrissero quanto segue alla rubrica di Red Ronnie su Rockstar:
Carissimo direttore, vorrei proporle un quesito: non le pare che Lei, pubblicando per due volte di seguito nella rubrica Rockers la recensione dei Mind Invaders, rubi spazio a tutti gli altri gruppi (tra i quali il mio) che le scrivono fiduciosi?…Andate a fanculo!
Si dice che dietro i Mind Invaders ci fossero alcuni mail-artisti italiani, ed in particolare Piermario Ciani, amico personale di quell’Harry Kipper che all’epoca già usava lo pseudonimo “Luther Blissett”. Se per caso avete Slapshot su videocassetta (e se siete degli osservatori) scoprirete che, durante una carrellata sul pubblico della finale del campionato, sulla T-shirt di una ragazza si legge chiaramente la scritta in rosso “MIND INVADERS”. Tutto torna. Abituatevi per tempo a questo andamento ellittico e divagante.
Il netsurfing inizia, l’ultimo click di questo capitolo ci porta a TRAX, un condividuo materializzatosi nel Mail Art Network nel 1981, i cui preziosi testi sono stati ampiamente saccheggiati, plagiati e rivisitati da Luther Blissett in molti manifesti, volantini, editoriali, e il cui sistema “modulare”di propagazione è servito a seminare ciò che Luther ha raccolto. Per sei lunghi anni, TRAX fu
un corpo misterioso vagante nello scenario dei media ‘giovanili’ degli anni ’80: una cospirazione internazionale, un sistema impersonale, un network autonomo e indipendente. Esistono molti punti di riferimento, ma sono più importanti gli spazi vuoti […] TRAX si adegua solo in parte a qualsiasi tipo di realtà: la ricerca elettronica, la musica ‘industriale’, la Mail Art, la Copy Art, la poesia visiva e sonora, il cut-up, la performance, etc. TRAX frantuma le forme consuete del disco, dell’audiocassetta, della rivista o dell’opera grafica, creando una serie di works in progress smontabili e rimontabili a piacimento dal fruitore…”(AA.VV. LAST TRAX – Final Report of the Trax Project, libro+disco autoprodotto da Piermario Ciani, Vittore Baroni e Massimo Giacon).
TRAX (“Tracks”- tracce, solchi – o, leggendo al contrario, “X-Art”, arte proibita) si proponeva di produrre il più possibile, coinvolgendo il maggior numero possibile di persone, parodiando le multinazionali per quanto riguardava i modelli produttivi. In pratica, TRAX era una specie di griffe con cui chiunque poteva firmare i propri lavori. Chiunque aderiva al progetto diventava un’unità TRAX, contrassegnata dalla parola magica e da un numero che indicava solamente l’ordine progressivo di adesione (es. “Piermario Ciani – TRAX 01; “Vittore Baroni”- TRAX 02… Shozo Shimamoto – TRAX 0383…”etc.). Il progetto prevedeva due ruoli operativi intercambiabili: erano dette Unità Centrali quelle che organizzavano e producevano un dato “modulo”(vale a dire un evento, una collana, una determinata ramificazione del progetto), e Unità Periferiche tutti gli altri partecipanti. Dal giugno 1981 al giugno 1987 operarono come Unità Periferiche circa 500 persone da una trentina di nazioni diverse, e dieci Unità Centrali. Tra i media coinvolti in Italia, le riviste Frizzer, Frigidaire e Tempi supplementari, che nel 1985-86 pubblicarono a puntate il fumetto “TRAXMAN”(testi di TRAX 02, disegni di TRAX 03). I moduli furono performances, concerti, dischi, cassette, fumetti, racconti, poesie, films, videoinstallazioni, T-shirts, cartoline etc. La fine del progetto era prevista per il 1987, e fu ufficializzata da queste frasi di TRAX 02:
TRAX ha proposto un modello operativo, ha fornito un esempio, ma preferisce dissolversi prima che il gioco si trasformi in una sterile ripetizione di gesti. Occorre un nuovo scarto dalla norma, ora che sono state saggiate le capacità dei diversi networks sotterranei. Questi universi paralleli, di cui spesso non si sospetta neppure l’esistenza, potranno incrociarsi e proiettarsi sempre più all’esterno, verso milioni di persone potenzialmente interessate a ricucire, in senso evoluzionistico, il divario tra scienza e creatività… (LAST TRAX, cit.).
È superfluo ribadire l’importanza di TRAX, basti pensare che tutto ciò è successo 8-14 anni fa. TRAX giocò d’anticipo col franchising quando ancora era poco chiara la portata delle ristrutturazioni industriali che stavano disgregando il modello fordista -taylorista, e quando un VIC 20 o un Commodore 64 erano l’esperienza più tangibile della “terza rivoluzione industriale” che un ragazzino potesse fare. Un triplo hurrà per TRAX!
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Blissett e non più Blissett
Intervista a Piermario Ciani
Fra arte e anti-arte
Intervista a Piermario Ciani
Le origini della mail art in Italia
Intervista a Piermario Ciani
Ringrazio per il compendio, giustamente incompleto e non esaustivo. La vicenda della scomparsa di Piermario me l’ero persa nel mio auto-isolamento pluriennale.
Conservo ancora alcuni sticker, che (colpevolmente) non attaccai in giro.
[…] Per maggiori info: I sessant’anni di Piermario Ciani su GIAP […]
Il periodo in cui ricevere mail significava trovare al rientro a casa delle lettere di Piermario (ma anche di moltissimi altri ed altre mailartist) ha inverato la gratuità e la giocosità che dovrebbe animare sempre “il dono”.
Mi permetto solo un piccolo appunto all’articolo: sarebbe da ricordare anche la AAA Edizioni.
Piccola ma enorme casa editrice fondata nel 1996 da Vittore e Piermario con sede a Bertiolo (UD), il cui catalogo andrebbe ristampato e donato in toto a tutte le biblioteche di questo strano paese che celebra i diti medi e non sa guardar le stelle.
@ a
nel mio articolo tratto da L’Unità la casa editrice la ricordo eccome:
“Come editore, Pier era un temerario: non aveva nulla da perdere, se non qualche milione di vecchie lire, ogni tanto. Insieme a Vittore, aveva fondato le edizioni AAA, il cui catalogo è senz’altro il più bizzarro nella storia degli ISBN. Accanto a preziosi testi sulle controculture e l’arte underground, ecco libri-oggetto come La morte del libro di tale Erica Moira Pini (anagrammatelo), con le pagine bianche ma sforacchiate da tre proiettili, o La cultura del caos di Mino Cancelli (traduzione autarchica di “Bill Gates”), semplice rilegatura di fogli di scarto raccattati in tipografia.
Nel 2001 Pier aveva avviato un nuovo progetto, sintesi delle sintesi, magniloquente e leggiadro: le FUNtastic United Nations, mappatura di nazioni immaginarie, con la loro lebensraum geografica, la burocrazia, la produzione filatelica etc.
Rileggendo, mi rendo conto che ha poco senso costringere l’ursus honorum di Pier in una riserva faunistica di sei-settemila battute. Mi sono limitato a fare capolino, per un istante, su una produzione e una rete di relazioni che sfida ogni riassunto. Spero che chi ha letto tutto questo si senta stimolato, voglia saperne di più, cerchi di procurarsi l’autobiografia di Pier e altri libri AAA.”
Certo, è troppo poco! Ma da qui uno può farsi le ricerche del caso. Purtroppo il sito dell’AAA non esiste più, anni fa lo linkavamo, oggi le info sono tutte sparpagliate.