[ AGGIORNAMENTO DEL 18/06/2020: nuovo percorso e nuova logistica! ]
Per la 2ª Scarpinata Letteraria a cura di Wu Ming e BaLotta Continua abbiamo scelto una data evocativa e rituale: il solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno, l’inizio della stagione del raccolto, il matrimonio del sole con la luna, del fuoco e dell’acqua.
Per scegliere il luogo di questo secondo appuntamento, siamo partiti dall’idea di lasciare a casa l’automobile. Complice anche la data del solstizio, il pensiero è andato subito a Monte Sole, che abbiamo ammirato dalle rupi del Contrafforte Pliocenico, durante la scarpinata del 30 maggio. L’acrocoro è piazzato in mezzo tra la Val di Reno e la Val di Setta, con le loro storiche linee ferroviarie, la Direttissima e la Porrettana, il che permette di attraversarlo in una giornata di cammino, dalla stazione di Vado/Monzuno a quella di Pian di Venola.
Monte Sole è anche un luogo della memoria, ricchissimo di storie legate alla Resistenza, alla Brigata Stella Rossa, all’eccidio che molti conoscono – impropriamente – come «strage di Marzabotto». E come ogni luogo stratifica quelle storie sopra altre storie, più recenti, come l’istituzione del Parco regionale, l’arrivo dei frati “dossettiani”, la costruzione della Variante di Valico o l’incidente ferroviario del 15 aprile ’78, in località Murazze – uno dei i più gravi e luttuosi d’Italia.
Proprio per questo ci siamo interrogati sull’opportunità di attraversare Monte Sole con una carovana di centocinquanta persone (tanti eravamo al primo appuntamento della serie). È una domanda valida per qualunque luogo richieda di essere abitato con delicatezza, ma che in questo caso si pone in maniera più stringente. Se porti, con una certa cura, 150 persone in un bosco, la loro presenza può esserne assorbita, diluita tra le felci, gli alberi e il muschio. Ma se la stessa comitiva visita le rovine di un oratorio, è la massa di gente che rischia di cancellare il luogo, di diluirlo, specie se quei resti, come accade a Monte Sole, sono paradossali ruderi restaurati, imbalsamati e messi in primo piano, relegando il loro contesto a “sfondo naturale”, trasformati in siti archeologici e prodotti turistici.
Abbiamo pensato allora di non proporre un percorso che porti a visitare quelle testimonianze – a piedi, ma pur sempre di fretta, per saziare la propria sete di memoria e di presenza, quel bisogno di dire “ci sono stato”, che ti porta a spuntare i luoghi come se fossero le voci di una lista della spesa.
Un percorso che non sia un’esperienza preconfezionata: in una conversazione con Wolf Bukowski del luglio 2010, Luigi Fontana diceva: «ognuno viene con la strage già costruita in testa, no?». Fontana, classe 1949, originario di Vado, con vari parenti nella Brigata Stella Rossa e tanti lutti familiari legati alla Seconda Guerra Mondiale, è stato uno dei primi – nel 1974 – a scegliere di abitare nella zona dell’eccidio, in un punto strategico, sotto la cima del Monte, dove stava la compagnia dei partigiani russi guidati da Karaton. Luigi Fontana se n’è andato nel gennaio scorso. Sempre nella conversazione con Wolf, ricorda il suo incontro con un ex-militare inglese, che gli domandava dove fosse «il monumento». Fontana gli indicò dei bimbi tedeschi che giocavano sotto il portico di un edificio: eccolo lì, il monumento.
Vorremmo quindi camminare a Monte Sole, prenderci una giornata per attraversarlo, per frequentarlo, per raccontare storie che lo riguardano o che apparentemente non c’entrano nulla, per cantare e suonare, per stare insieme al ritmo dei passi.
Per chi non lo conosce, vorremmo fosse un’occasione per non averne abbastanza, per ascoltare, approfondire, mettere in discussione, tornare in un altro momento. Per chi conosce il cimitero di Casaglia, la chiesa diroccata dell’Assunta, San Martino, l’oratorio di Cerpiano, Caprara… potrebbe essere un modo per spostare lo sguardo, e porre nuove domande ad altri testimoni viventi: i sentieri, gli alberi, le rocce. Infine, per chi conosce il posto come le sue tasche, il cammino e le soste saranno un’opportunità per condividere aneddoti e ricordi.
Le pause letterarie e musicali saranno a cura di Wu Ming, della BaLotta Continua e dell’attore Marco Manfredi.
Il ritrovo è alle 9.45 di fronte alla stazione di Vado-Monzuno, sulla vecchia linea Bologna – Firenze. Per raggiungerla, da Bologna Centrale consigliamo di prendere il treno regionale delle 9.08 che arriva alle 9.40. La partenza della scarpinata è fissata per le 10.
Il percorso è di media difficoltà, circa 13 chilometri e 500 metri di dislivello in salita, analogo a quello della prima scarpinata (ma senza i gradoni di arenaria del Contrafforte Pliocenico). Servono scarpe “da trekking”, pranzo al sacco, almeno un litro d’acqua a testa e giacca impermeabile in caso di pioggia. Tenete d’occhio questo post e i relativi commenti fino al giorno prima, perché in caso di previsioni meteo davvero improponibili, daremo qui l’annuncio dell’eventuale rinvio della scarpinata. Come sempre, ricordiamo che non si tratta di un evento organizzato da un’associazione escursionistica, con una copertura assicurativa, una quota d’iscrizione e guide ufficiali, pertanto ognuno è responsabile per sé e per eventuali bambini. Se volete portarli sono le benvenuti, ma tenete bene in conto le caratteristiche e la durata del cammino.
L’orario indicativo di fine scarpinata è intorno alle 17.30 alla stazione di Pian di Venola, da dove parte un regionale per Bologna al minuto 52 di ogni ora. Il viaggio dura 40 minuti. L’arrivo a Bologna è quindi previsto per le 18.32.
Tenete conto che l’ultima tappa del cammino sfocerà in un concerto della BaLotta, chi vuole trattenersi può farlo perché da Pian di Venola ci sono treni fino alle 20:52. Chi invece deve rientrare prima verrà accompagnato alla stazione.
N.B. Ci è stato chiesto a gran voce di organizzare iniziative simili anche lontano da Bologna, la città dove abitiamo, ma per il momento abbiamo preferito battere sentieri conosciuti. Se avremo le forze e ci saranno le condizioni, dopo l’estate proveremo a spingerci su altre montagne.
Visto che il luogo di questa nuova scarpinata, vi segnalo un nostro libro appena uscito che si svolge proprio da quelle parti durante la resistenza, l’autore è di Bologna, Massimiliano Gollini che ho appena avvertito e forse ci sarà.
Si tratta di un romanzo che viaggia in parallelo alla ricerca storica dell’autore, intitolato “La carezza e la mitraglia”, racconta di una giovane donna che decide di unirsi alla lotta di liberazione. Grazie alla sua infallibile mira diventerà una cecchina di un gruppo partigiano d’assalto
qui il link:
http://www.agenziax.it/la-carezza-e-la-mitraglia/
“Un colpo. Uno solo. In mezzo agli occhi. E la guerra sarebbe finita.” A questo pensò Anima nel buio della montagna. Il suo obbiettivo era Walter Reder, comandante SS e responsabile degli eccidi di Monte Sole.
[…] Blues per le terre nuove è partito come idea per un libro – un «oggetto narrativo non-identificato» sulla scia di Point Lenana e Un viaggio che non promettiamo breve – ma pian piano si è trasformato in un progetto più articolato e transmediale, fatto di performances, esplorazioni, reportages, laboratori di scrittura, autoproduzioni letterarie e audiovisive, opere «di avvicinamento» che includono persino un sequel de La macchina del vento. Un racconto intitolato Polykenos – l’aggettivo greco da cui deriva il nome «Polesine», terra «dalle molte interruzioni» – è già stato letto in pubblico tre volte e verrà riproposto durante la scarpinata appenninica del 21 giugno. […]
Io per lavoro racconto storie, perché l’architettura racconta sempre una storia.
Sono ANNI che desidero visitare Montesole ma non ho mai potuto, o forse voluto davvero, farlo.
Tre cose si uniscono in me: il fascino delle rovine, la mia passione per la storia e i racconti della mia nonna partigiana nel Piacentino.
E cerco un MINUSCOLO DETTAGLIO DI MONTESOLE, che ho visto in un servizio in televisione tanti anni fa (credo almeno una ventina!) e non ho mai più potuto vedere nemmeno in fotografia: una PICCOLISSIMA DECORAZIONE che dovrebbe essere incastonata sui gradini dell’altare della chiesa di Santa Maria Assunta di Casaglia. Una piccola crocetta di metallo (probabilmente ottone) ormai corroso, con i lati trilobati, circondati una piccola corona di puntini messi a cerchio, purtroppo non ricordo il numero esatto (probabilmente dodici, come il numero di stelle sull’aureola della Vergine Maria). Dovrebbero esserci due crocette, in realtà, una per ogni lato dell’altare: simili decorazioni sono abbastanza comuni nei pavimenti delle chiese.
Qualcuno di voi l’ha mai notata o se la ricorda? E’ davvero nella chiesa di Casaglia?
Potrò vederla e fotografarla per il mio blog di architettura storica? Non so perché mi ha impressionato così.
Attenzione: nuovo percorso e nuova logistica!