«Finché possiamo dire: “quest’è il peggio”, vuol dir che il peggio può ancora venire».
W. Shakespeare, Re Lear
La desolazione di Piazza San Francesco ti sorprende una sera di fine luglio, mentre attraversi in bicicletta il centro di Bologna, per andare da tua madre a riparare un rubinetto.
Lo spazio di fronte alla facciata gotica della chiesa è serrato da un recinto di transenne. Vuoto, ad eccezione di un’auto dei vigili urbani parcheggiata proprio al centro.
Avevi letto sui giornali dell’ultimo provvedimento «contro la movida». Sapevi che con la scusa della pandemia il sindaco aveva colpito un luogo di ritrovo indecoroso, perché i ragazzini prendono a pallonate la porta della chiesa e i giovani bevono le birre fredde dagli ambulanti abusivi, seduti per terra. L’avevi sentito dire, eppure pensavi che «piazza chiusa» fosse una metafora, un modo di dire, non un’altra voce nella lista di ordinanze e sparate per le quali Virginio Merola lascerà ai Bolognesi un ricordo sgradevole. In questo caso quello dell’inquilino del Palazzo che dà la colpa alla Piazza, perfettamente in linea con gli altri amministratori di vario colore e grado.
Per curiosità, quella sera di luglio, modifichi il tuo percorso abituale e passi dallo slargo dietro il Mercato delle Erbe, a trecento metri da Piazza San Francesco. Lì, seduti ai tavolini, davanti agli aperitivi da dieci euro, gli avventori si assembrano nei déhors che si mangiano la strada. A quanto pare la pericolosità del coronavirus è inversamente proporzionale al costo delle bevande, e il virus circola di più laddove si spende meno e ci si siede gratis. Stando all’ultimo dpcm del 18 ottobre, pare addirittura che circoli soltanto dopo una certa ora.
Le piazze sono il cuore di una città, fin dai tempi di Pericle e di Platone. Sono il simbolo della politica, dell’incontro, del conflitto. Chiuderle significa avere in spregio l’idea stessa di cittadinanza, considerare i cittadini a priori irresponsabili verso se stessi e lo spazio che vivono insieme agli altri. A febbraio, nella seconda puntata del nostro Diario virale, scrivevamo che l’agorafobia, la paura dei luoghi pubblici e aperti, si era diffusa ben prima del nuovo virus, e che l’emergenza avrebbe rafforzato l’ideologia del decoro, del «padroni a casa nostra». Scrivendo «agorafobia» non pensavamo che qualcuno avrebbe tradotto alla lettera quel composto di termini greci. Piazza San Francesco è transennata da più di due mesi e da qualche giorno anche Piazza Verdi – da sempre luogo controverso della vita universitaria – e Piazza Aldrovandi, non molto distante, vivono lo stesso paradosso: luoghi di ritrovo dove non ci si può ritrovare. Eppure l’agoracidio lascia indifferente la città. Lo sgombero di tre piazze non viene associato ad altri sgomberi, come quelli di XM24, Ex-Telecom, Atlantide, Bartleby e via risalendo la timeline della trista Meroliade. Sul finire del secolo scorso le ipotesi di chiusura di Piazza Verdi scatenavano reazioni immediate da parte di fior di “revolucionarios”. Oggi nessuno protesta, nessuno abbozza uno straccio di corteo (per carità, sarebbe un assembramento).
Un sindaco interdice ai cittadini luoghi pubblici della città; gli fa eco un governatore regionale annunciando che ad Halloween verrà instaurato il «coprifuoco», come in un horror movie di serie B. Infine il dpcm del governo recepisce la dritta e affida agli amministratori locali la possibilità di chiudere vie e piazze dopo le nove di sera, ché il Coronavirus, si sa, è nottambulo.
Va bene tutto. Perché tutto viene fatto per il più nobile dei fini, al motto «per contenere il virus dobbiamo cedere quote di libertà» (M. Giannini). Quali libertà? Le libertà di chi? In base a quali evidenze scientifiche o almeno empiriche e a quali ragioni logiche?
Sì, perché forse potremmo davvero farcene una ragione se almeno fosse chiaro che serve a qualcosa. Se per salvarci dobbiamo mascherarci (fatto), svuotare le piazze (fatto), introdurre protocolli di comportamento per i luoghi frequentati da molte persone (fatto)… be’, eccoci qua. Gli ammalati però, a quanto pare, continuano ad aumentare. E nel discorso dominante continua a essere colpa nostra, degli italiani «indisciplinati» e «furbetti», che si accaniscono ad avere una vita sociale, a dover andare al lavoro o a scuola con i mezzi pubblici, a volersi tenere in forma fisica anziché arrendersi alla cattiva salute.
È lo stesso copione che abbiamo sentito recitare da febbraio a maggio. Come allora, è un copione non solo classista e fuorviante, ma anche farsesco e tragico allo stesso tempo, perché se dopo sette mesi il sistema sanitario è di nuovo a rischio collasso significa che il provvedimento più efficace nel tempo intercorso è stato quello della rotazione inclinata dell’asse terrestre, cioè l’estate. Adesso che torna il freddo, servono diversivi. Bisogna nuovamente dire che siamo noi a non essere abbastanza «virtuosi», per spostare l’attenzione dall’incapacità gestionale di questi mesi e dai risultati catastrofici delle politiche sanitarie degli ultimi decenni, ormai sempre più manifesti.
È lo stesso diversivo usato per il problema climatico: dev’essere la tua condotta personale a risolvere il problema, e non già quella del potere politico-economico che potrebbe imprimere svolte vere. Recitare il Mea culpa sull’altare del capitale è il destino grottesco al quale si vorrebbe che ci rassegnassimo.
Circa un mese fa è uscita di straforo la notizia che c’erano picchi di contagio nei macelli industriali. Qualcuno ha forse pensato di chiuderli e di rinunciare a mangiare carne per qualche tempo? Prima ancora i focolai erano stati trovati negli hub della logistica, tra gli spedizionieri che girano per tutta Italia. Qualcuno ne ha forse invocato la chiusura chiedendo ai cittadini di accettare la sospensione delle consegne a domicilio come un disservizio necessario? Chi lavora in quei luoghi? In quali condizioni vive e si sposta? In generale qual è la situazione della sicurezza sanitaria nelle fabbriche e negli uffici? E i mezzi di trasporto per raggiungerli quanto sono stati potenziati? I focolai nei luoghi di lavoro meritano giusto qualche trafiletto, esattamente come a marzo, quando ci si accaniva contro i runner e i passeggiatori, mentre le fabbriche della Val Seriana lavoravano a pieno regime, nonostante il fantomatico Comitato Tecnico-scientifico – l’abbiamo scoperto dopo – raccomandasse da subito un lockdown localizzato.
Intanto, mentre fissa al 75% il lavoro a cottimo (oggi noto con l’eufemismo smart working), il governo tratta con padronato e sindacati sui tempi di prolungamento del blocco dei licenziamenti, come fossimo a maggio. Un provvedimento da tempi di emergenza, appunto, quando ormai è chiaro che l’emergenza durerà abbastanza da diventare normalità e dovrebbe essere affrontata con un piano complessivo di sostegno al reddito a lungo termine. Si pensa a come garantire che i lavoratori non vengano licenziati, quando molti di loro, passata la buriana, non troveranno più né il posto né il datore di lavoro, perché avrà chiuso baracca. Chi guida il paese è sempre due passi indietro alla pandemia. Ma è sempre colpa nostra.
Mentre ci bersagliano quotidianamente di numeri e dati decontestualizzati e feticizzati, i mass media prediligono parlare di movida, di scuola e scuole calcio. Cioè dei giovani, degli improduttivi. E sani. Il capro espiatorio perfetto: colpevoli di non essere abbastanza inclini al sacrificio, di voler vivere, e soprattutto di non ammalarsi.
I contagi nelle scuole, per quanto limitati, ricevono un’enorme attenzione mediatica, anche se non danno la soddisfazione sperata, anzi. I dati del Ministero dell’Istruzione, gli unici che si conoscono, dicono che gli studenti contagiati, al 10 ottobre, erano lo 0,08% del totale, i professori lo 0,133% e il personale non docente lo 0,139%. Dunque il luogo a più alta concentrazione di minorenni nella società italiana non ha affatto una percentuale più alta di contagi. Però è quello più attenzionato dai media, preso di mira, colpevolizzato, dove si fa la didattica a distanza a rotazione, dopo averla rinominata «didattica digitale integrata», per renderla organica ai normali corsi di studio, come qualche mestatore già ad aprile prevedeva sarebbe successo; mentre la didattica “normale” non è ancora davvero cominciata, perché a un mese dalla riapertura delle scuole, in molti istituti gli orari delle lezioni sono bucherellati dall’assenza di tanti professori.
Lo stesso capita con lo sport giovanile. Da primavera a oggi gli sport dilettantistici di contatto sono stati prima proibiti, poi riammessi con i protocolli di distanziamento, quindi sono state riavviate le competizioni, per poi essere nuovamente sospese e proibito il contatto. Solo la rassegnazione non ci fa chiedere conto di decisioni a fisarmonica come queste, che impediscono qualunque programmazione e continuità, cioè chiedere sulla base di quali dati, di quanti tamponi positivi tra i ragazzi e le ragazze, vengano presi i provvedimenti sullo sport, che però, guarda caso, non toccano mai il professionismo. Mica vorremo danneggiare gli interessi del grande capitale?
E così, lunga vita ai supporti audiovisivi (per chi ce li ha), con cui fare scuola, socialità, divertimento, tutto dalla propria cameretta (per chi ce l’ha).
Quello che è certo è che stiamo fottendo una generazione. E chissà che tra qualche anno non ce la faccia pagare con gli interessi, scatenando una vendetta da fare impallidire il ’68. Nel caso, noi sapremo per chi tifare.
Ci viene detto che se non torniamo a flagellarci sarà anche peggio di primavera. In effetti probabilmente è vero, potrebbe essere ben peggio, visto che c’è l’inverno e non l’estate ad attenderci. E allora accettiamo questo stato di cose come necessario, fingendo di non sapere che il passaggio tra la necessità e la normalità è molto breve. È proprio così che funzionano le politiche dell’emergenza. Niente di nuovo. Ma viviamo una distopia più triste di quelle cyberpunk che dominavano la fantascienza degli anni Ottanta-Novanta. Di tutte quelle immaginabili ci è toccata la peggiore: la dittatura degli inetti. E non è mica detto che non ce la meritiamo.
Ogni volta che leggo un tuo commento sulla situazione creata dalla pandemia (ma sarebbe meglio dire dall’ottusità delle norme e dei provvedimenti messi in atto per cercare di contenere la pandemia…), mi sembra di leggere, scritto da un’altra persona, quello che penso dall’inizio dell’emergenza.
Eppure sono stupito dal fatto che la maggior parte delle persone con cui mi capita di relazionarmi non riconosca quello che è sotto i nostri occhi, anzi sono tacciato di negazionismo (mai detto che il virus non esista o non sia pericoloso…), di superficialità (eh certo cosa posso capirne io, misero informatico, delle dinamiche della politica e della complessità nella gestione sanitaria), addirittura emarginato da certi amici (ma forse certe persone quando le conosci bene….).
Certo, come concludi, forse tutto questo ce lo meritiamo.
Con stima, n.m.
Carissimo, in realtà no, l’atteggiamento della maggioranza non meraviglia.
Esso si sintetizza al volo in una presenza e in un’assenza.
La gente è piena di paura e priva di cultura.
Perché così l’ha voluta il sistema.
Tutto questo molti se lo meritano senz’altro. Il problema però è che lo scontano tutti e in particolare, come giustamente appare nell’articolo, le nuove generazioni.
P.S. Mi fa un po’ specie dover aggiungere battute per colmare il loro limite minimo, convinto come sono che anche solo un piccolo apporto – specie una sintesi – possa risultare importante. Non che mi ritenga così illuminato da riuscire a folgorare qualcuno sulla via di Damasco, tanto meno la maggioranza. Ma tant’è, mi adeguo con queste sovrabbondanti battute di poscritto, addirittura più lunghe del testo, moltiplicando – com’è per me contro natura – anche le parole intorno ai singoli concetti, e spero che basti :-)
Chiedo scusa per il commento precedente. Non era mia intenzione considerare Giap come un sociale qualunque né tantomeno inguaiarvi. Ancora pardon.
Detto questo condivido per filo e per segno quanto scritto da WM4.
Oggi riflettevo sulla strategia comunicativa del governo: creare una costante “tensione” alla vigilia dei Dpcm, generando “allarme”.
Fanno circolare voci su misure “irragionevoli” e poi si presentano con misure “più umane” ma sempre atte a incolpare il singolo, così la popolazione le accetta di buon grado.
Temo siano più preoccupati del consenso che del virus. Intanto la sanità è sotto pressione e siamo solo a metà ottobre e nessuno che dica nulla sulla fallacia nel prepararsi ad una seconda ondata che si sapeva già da maggio sarebbe arrivata.
Solo per precisare che quando un pezzo su Giap non è firmato, significa che lo firma l’intero collettivo, al di là che in cima, prima del titolo, ci sia scritto “pubblicato da WM 1” o 2 o 4.
Non mi convince tanto il binomio +paura-cultura in questo caso specifico. Ho quasi l’impressione che le persone più acculturate e magari di estrazione sociale medio-alta siano quelle più appiattite sulle posizioni governative, magari con delle sfumature o flebili note critiche, ma pur sempre accettando le misure anche illogiche e sadiche come “necessarie” per educare le massse di stolti irresponsabili privi dell’istinto di autoconservazione. Lo trovo sconfortante. Nella mia bolla social, piuttosto selettiva e quasi totalmente di sinistra, predomina la colpevolizzazione (verso il basso) o la rassegnazione (“eh teniamo duro ma certe cose sono un male necessario”). Per sfogarmi un po’ rispetto al delirio messo in atto devo parlare con i ragazzi delle pulizie dove lavoro, con il muratore rumeno al parchetto dove portiamo i figli o con il vicino leghista. Non doveva essere al contrario? Infatti si è visto dove e come si esprime l’opposizione alle politiche emergenzialiste da lockdown e con quale spocchia feroce viene trattata dalla sinistra, che sia liberal o radicale, con poche eccezioni. Si è visto anche chi le cavalca mentre quello che rimane della sinistra se ne sta rannicchiato in un angolino a balbettare se va bene o a fare da megafono al governo se va male.
Io intorno a me più che gente spaventata vedo un comune atteggiamento improntato alla responsabilità e alla solidarietà. Occorre aggiungere che, trattandosi di persone abbastanza agiate, forse accettare qualche privazione gli viene facile. Si lamentano quelli che dalla situazione imposta stanno traendo disagi e sofferenza. Quindi certo, lo sguardo solidale di certa sinistra “colta” (o borghese) andrebbe rivolto anche nella direzione collaterale, non solo gli anziani minacciati dal virus ma anche tutti quelli che si trovano in situazioni di disagio conseguenti a politiche di emergenza. Poi ci saranno anche i leghisti abituati a fare quel che gli pare, o i fulminati tutti presi dalle loro teorie su Bill Gates che esaspera le “percezioni” per fare business coi vaccini. Io intorno a me, tra chi mi è più vicino, vedo soprattutto persone la cui percezione del pericolo resta dentro i confini della razionalità. Però anch’io vivo in una bolla, quindi chi lo sa.
Claudiog, mi pare tu stia citando dei miei commenti attribuendoli a un gruppo di persone (non so chi oltre me) che definisci con l’epiteto vagamente denigrante di “fulminati”.
Ora, siccome in fondo non è OT e può anche essere d’interesse collettivo, su Gates, vaccini e Covid allego delle fonti che possono almeno far capire le posizioni di noi (?) “fulminati”:
– altre dichiarazioni di Gates: https://www.corriere.it/esteri/20_settembre_30/bill-gates-covid-vaccino-tutti-o-sara-disastro-26d03b3e-028c-11eb-a582-994e7abe3a15.shtml
https://www.huffingtonpost.it/entry/bill-gates-la-pandemia-finira-solo-tra-due-anni-sono-pessimista-su-questo-autunno_it_5f6065dfc5b68d1b09c6d664
– sui vaccini e i miliardi: vaccino-fa-ricchi-gli-azionisti-la-pioggia-di-miliardi-dai-governi-spinge-in-orbita-i-titoli-farmaceutici-in-borsa/5950856/
– su alcuni conflitti d’interesse sui vaccini più in generale: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2017/12/07/prima-lavora-con-le-aziende-poi-scrive-la-legge-sui-vaccini/4024481/
Ciò detto, claudiog, la verità assoluta non ce l’ha nessuno: se vuoi argomentare con calma invece di lanciare vaghi epiteti fai un favore a me e forse non solo.
Infine ricordo brevemente (siccome mi han definito “negazionista mascherato”) che ritenere i morti 2020 SU SCALA NAZIONALE più o meno in linea con quelli delle peggiori annate passate NON significa ritenere il Covid acqua calda, ma che bisogna ben circoscrivere le sue vittime in base alla zona, all’età, alla cartella clinica (l’82,8% di esse aveva almeno 2 patologie, ad esempio: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia
). Grazie e scusate le tante parole.
Errata corrige: questo è il link corretto: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/11/covid-la-corsa-al-vaccino-fa-ricchi-gli-azionisti-la-pioggia-di-miliardi-dai-governi-spinge-in-orbita-i-titoli-farmaceutici-in-borsa/5950856/
Poi sia chiaro: l’82,8% è ovviamente una STIMA, fondata su un campione limitato.
Ricordo poi che Gates, da marzo, è un “filantropo a tempo pieno” (https://www.ilsole24ore.com/art/bill-gates-lascia-microsoft-faro-piu-salute-globale-istruzione-e-ambiente-ADXtiKD).
Questo un altro esempio delle sue attività svolte negli ultimi mesi, come fosse un po’ il presidente dell’OMS (https://www.ilmessaggero.it/italia/coronavirus_bill_gates_giuseppe_conte_italia_vaccino-5204448.html).
Rinnovo le scuse.
Quello dei super-mega-profitti da vaccini è in larga parte un mito. L’industria farmaceutica globale fa molti, molti, molti più soldi coi farmaci non-vaccinali e con le attrezzature che coi vaccini.
I vaccini rappresentano solo il 3,3% del mercato dell’industria medica mondiale. Il restante 96,7% consiste in medicine e apparecchiature/utensili (dalla siringa al polmone d’acciaio passando per la mascherina, per capirci). In tutto i profitti generati dai vaccini sono stati stimati in 2,2 miliardi di dollari netti. Sembra una gran cifra, ma per il giro d’affari di Big Pharma è poca roba. Insieme, i tre medicinali più venduti al mondo – Humira (un farmaco contro le artriti), Eliquis (un anticoagulante) e lenalidomide (un chemioterapico) – generano più profitti annuali di tutti i vaccini esistenti. E sono solo tre farmaci, su decine di migliaia in commercio.
Il minore profitto generato dai vaccini è dovuto a vari motivi, uno su tutti i minori ritorni dovuti al deterioramento e al cambiamento degli antigeni (ad esempio, da una stagione influenzale all’altra). I prodotti farmaceutici non-vaccinali raramente cambiano da un anno all’altro, quindi un articolo prodotto nel 2019 può essere venduto nel 2020, basta che non sia scaduto e può essere venduto per anni. Invece il 50% dei vaccini prodotti viene gettato via, perché gli antigeni cambiano o perché i vaccini si guastano. Inoltre, la distribuzione dei vaccini è molto costosa, perché devono essere spediti con più attenzione, per evitarne il deterioramento.
Ormai quando sento parlare di vaccini e Bill Gates metto mano alla pistola, il rischio che qualunque critica sensata all’industria farmaceutica finisca in vacca è altissimo (ed è un eufemismo). Si scivola subito nel solito “pregiudizio di intenzionalità”, in base al quale si vede la pandemia come una “plandemia”, parte di un piano per fare i soldi coi vaccini, con Gates che aveva previsto il Covid ecc. Questa narrazione non sta in piedi, i suoi principali elementi sono già stati debunkati più volte, Gates non aveva «previsto» né tantomeno «annunciato» il Covid, Gates ha molte responsabilità, è un capitalista che va criticato per tanti motivi, ma non è il burattinaio dei vaccini e tantomeno del Covid.
Grazie per risposta e dati, anche se ne ho trovati di diversi: quest’articolo ad esempio, pur sostenendo che non conviene investire sui vaccini, stima il valore del settore attorno ai 37,4 miliardi (https://valori.it/vaccini-sradicare-una-malattia-non-conviene/). Poi l’articolo linkato sopra parla di aumenti impressionanti del valore, ad esempio, della Novovax (che “valeva 93 milioni di dollari e oggi capitalizza più di 6 miliardi”), della AstraZeneca il cui “valore delle azioni […] è cresciuto da marzo del 25% circa”. Quindi non saprei: il mercato parrebbe appetibile, anche perché bisogna considerare gli eventuali profitti qualora fosse davvero vaccinata l’umanità intera, come auspica Gates – che peraltro finanzia, lo ricordo, sia diversi vaccini che l’Oms (più di quasi tutti gli altri stati).
Sappiamo che su Gates vengono dette tante stupidaggini (fabbrica virus, sapeva tutto, vuole uccidere tutti etc.), e quindi è facile liquidare la questione in due secondi. Ciò non toglie che la sua posizione rimanga ambigua: non è compito di un donatore filantropo coordinare gli sforzi internazionali sui vaccini, ma del presidente dell’OMS (nata nel ’48, ricordo, proprio a tal fine). Che competenze ha Gates per dire che “la pandemia durerà fino al 2022”, e ci saranno disastri se non si producono miliardi di dosi di vaccini da somministrare a tutti i paesi?
Ecco, al di là delle risposte, queste domande andrebbero prima di tutto poste seriamente, e invece si resta impantanati nella dicotomia fra assoluta “filantropia” e follia omicida.
(Tutto ciò fermo restando che gli interessi di Gates, se ve ne sono, non è detto siano del tutto avversi a quelli dei più: non è che i vaccini debbano essere veleno. Ma fino a che punto coinciderebbero?)
Deantonio, concedimi una critica.
Questo è cherry-picking: hai scelto un cluster di dati per soddisfare la tua argomentazione o hai trovato un modello che si adattava a una presunzione, isolando i soli dati che seguono un trend per farli combaciare perfettamente con un tuo pregiudizio.
È illogico e trae in errore.
Io capisco lo scetticismo e l’odio per certi personaggi, ma un uso spregiudicato e ideologizzato di tale scetticismo, che non si limita a criticare determinati fenomeni, ma che si spinge fino a reinterpretarne la natura, pregiudica la critica giusta che si potrebbe fare a quel fenomeno o personaggio.
Attenzione comunque: la questione Gates non c’entra coi dati sulla mortalità italiana (come implicherebbe invece il commento di claudiog) ed è molto più ambigua di quelli: al momento posso fare solo primissime ipotesi, anche perché si trova poco materiale serio.
“Cherry picking” è il concentrarsi solo su pochi dati (spesso decontestualizzati), ignorandone tanti altri contraddittori: su quest’argomento non conosco tante (!) altre “cherries” che smentiscano i dati del Fatto (se ne hai, ti sarei grato me ne fornissi).
Con ciò non ignoro la risposta di WM1, che peraltro ha ragione a distinguere i citati 37 miliardi dai ricavi singoli; in tema però ho citato i dati sulla Novovax, AstraZeneca e tutti gli altri del Fatto (per quanto ovviamente non siano verità assolute: sono attendibili?)
In sintesi, gli aspetti ancora da chiarire (almeno per la mia ignoranza) sono soprattutto:
– che profitti creerebbe “[to] vaccinate the entire world—that’s 7 billion doses if it is a single-dose vaccine, and 14 billion if it is a two-dose vaccine”? (https://www.gatesnotes.com/Health/Pandemic-Innovation)
– se si prescinde dal dato economico, a nome di chi, perché e su quali basi scientifiche parla Gates? (“It is impossible to overstate the pain that people are feeling now and will continue to feel for years to come” etc.) Per quali precisi motivi basterebbe la filantropia a spiegare tutto?
Mi tocca ancora precisare, io non ho parlato di «singoli ricavi», io ho dato la cifra dei profitti netti di tutti i produttori di vaccini a livello globale. Nel 2019, 2,2 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda Novavax (è quello il nome corretto), il valore del suo stock alla data dell’altro ieri era 223 milioni, non 6 miliardi. Dice Yahoo Finance che «nell’ultimo mese le azioni di Novavax hanno perso l’8,64% mentre, nello stesso tempo, l’intero settore medico guadagnava lo 0,51%, e il Dow Jones guadagnava il 4,32%». Quindi Novavax è in controtendenza. Ma se guardiamo queste oscillazioni capiamo poco, bisogna guardare a quali sono i prodotti grazie ai quali il settore medico-farmaceutico fa più profitti.
Deantonio: il mio commento non implica NIENTE. Just an FYI, dalle mie parti dicesi “fulminato” chi è ossessionato da qualcosa – “Gigi ha cominciato ad andare in palestra tutti i giorni”, “Che fulminato!” – e del resto mi era parso che la tua specialità fossero i dati ISTAT e non, per l’appunto, le strategie di business di Bill Gates. E comunque, se lo vuoi sapere, il mio commento diceva che, più che paura, dentro certa sinistra “appiattita sugli appelli di governo” c’era piuttosto moralismo. La vicinanza con legaioli e fulminati è un po’ il problema di chi cerca di dare una direzione meno compromissoria alle proprie idee.
Scusa, Deantonio, ma tu citi un’analisi del valore del mercato dei vaccini, cioè la somma dei fatturati delle aziende che li producono. Io ho citato i profitti netti. Che è il parametro a cui si dovrebbe fare riferimento quando si dice che “coi vaccini ci fanno i soldi”. Sì, soldi ne fanno, ma marginalmente rispetto al loro vero core business.
Io invece persone la cui percezione del pericolo è fuori dai confini della razionalità ne vedo e sento diverse, e ho anche constatato il totale sbigottimento di alcune quando gli ho spiegato dati alla mano che alcune loro convinzioni erano semplicemente errate – in un paio di casi, sembrava che gli avessi detto che erano Bruce Willis ne “Il sesto senso”.
L’aspetto che trovo più inquietante comunque è come questa percezione… distorta? del pericolo sfoci in comportamenti totalmente incoerenti. Per cui la stessa persona che disinfetta le suole delle scarpe, riempie tutto di candeggina e si preoccupa enormemente del rischio in situazioni dove questo in realtà è molto basso, poi si caccia molto allegramente e ripetutamente in altre situazioni dove c’è una effettiva possibilità di contagiarsi, magari andando anche contro le raccomandazioni del governo. Sembra che alcuni abbiano una specie di “punto cieco” per cui p.e. quando vanno a casa di altre persone (vivo in una delle zone dell’Inghilterra dove “indoors socializing” è ancora permesso) e le salutano con baci e abbracci il virus, boh, si è distratto? E però poi gli stessi mettono l’apotropaica mascherina non solo all’esterno, dove qui non è mai stata richiesta, ma in mezzo ai campi… e non sono esempi immaginari.
Non so se casi così li incontro solo io, non credo però. Ad ogni modo questi sono perlopiù italiani in UK le cui convinzioni mi paiono assolutamente modellate da media (e social) italiani. Il che inizia a farmi pensare che puntare sulla paura e sulle misure “simbolico-spettacolari” finisca con l’essere nettamente controproducente rispetto allo scopo dichiarato del contenimento del contagio, se poi tra le reazioni ci sono anche comportamenti di questo genere.
Chiarisco che io non sono una fautrice del rischio zero e sono a mia volta stata in diverse situazioni dove la possibilità di prendere un virus c’era eccome. Ma quando ero consapevole di essere stata parecchio esposta, dopo per qualche tempo cercavo di evitare di esporre altra gente a me (sono tra i fortunati che lo possono fare, oltre a non essere nelle fasce a rischio). Dubito che certi fenomeni di dissociazione sfocino in strategie di questo genere.
Stamattina, come sempre, sono passata davanti al liceo, vicino a casa mia. I due portici erano invasi e occupati da adolescenti con mascherina e ben distanziati. Sono incredibilmente ligi al rispetto di queste regole, forse di tutte ( poracci!). Se ne stavano davanti alla scuola e proprio davanti al portone in fondo alle scale, un ragazzo in piedi, con una piccola e potentissima cassa stereo, trasmetteva la colonna sonora di quel momento: “quelli che ben pensano” di Frankie Hi’nrg, una canzone del 97. Diffusa lungo tutta la strada. Mi sono sentita come un’antropologa che osserva una tribù per capirne usi e costumi e avrei voluto sapere come stanno vivendo questi mostruosi appelli alla “responsabilità”, che consentono ai veri responsabili di lavarsene le mani, di scrollarsi di dosso ogni peso ed ogni ” colpa”. E mi sono chiesta quando questo peso diventerà così opprimente e schiacciante da portarli a reagire. Essere lì davanti alla scuola, come in una piazza, mi è sembrato incredibile, tanto da percepire la realtà come se fossi solo un’osservatrice esterna. Grazie a loro, stamattina, mi sono ricordata della mia essenza di animale sociale, un istinto che in città spesso ti viene voglia di sopprimere proprio perché ti mancano gli spazi vitali per espandere la tua bolla prossemica, quando non ne puoi più, e la socialità è più un obbligo che un piacere. E sei sempre così a contatto con tutti che non puoi limitare la circolazione di un virus chiudendo prima i bar, imponendo il coprifuoco o altre stupide, inutili misure di distanziamento sociale che, sull’autobus, svaniscono in men che non si dica. Sono rientrata in contatto in maniera cosciente con quell’ insopprimibile istinto che hanno gli animali sociali di condividere momenti della loro esistenza. Come una canzone davanti alla scuola. Mentre la rabbia cova dentro e alcuni qui non lasciano più neanche un commento incazzato magari perché si sentono sopraffatti dallo sconforto. E non solo perché ci tocca vivere nella ” dittatura degli inetti” ma perché questa mediocrità è stata elevata a sistema di pensiero.E allora la spontaneità di chi rivendica con semplice naturalezza il diritto a stare insieme mi è sembrata bellissima. Anche perché fino a quando organizzeremo la nostra vita sociale, produttiva/ lavorativa intorno alle grandi metropoli non fermeremo mai alcun virus.
Lascio anche il commento che mi ha scritto mia mamma su questo pezzo, visto che la costringo a leggere Giap per tenersi sempre in allenamento. Per fortuna mia non legge anche tutti i commenti.
Purtroppo queste analisi non saranno mai offerte a una possibile riflessione di massa … che,come sempre, è considerata un gregge acefalo da guidare secondo gli interessi del capitale. Quando succederà che questa generazione si svegli e chieda conto anch’io saprò da che parte stare. Quella in cui sto adesso senza grandi speranze e prospettive e quella in cui stavo negli anni delle lotte che hanno cambiato molto e che la “sinistra ” non ha voluto difendere.
Concordo su tutta la linea con l’articolo, che ho pure divulgato in giro a qualche conoscente.
Il problema però è lo sconforto che viene a leggere cose così di buonsenso, sapendo che potrai condividerle con una ristretta minoranza di persone. Che già negli affetti familiari ci sarà chi ti cestina a prescindere qualunque invito alla riflessione, oltre a qualche sopracciglio alzato, qualche bonario “È tutto vero ma…”, e anche qualche richiamo alla “comune responsabilità” e ai “comportamenti responsabili”.
Come se il semplice atto di fare esercizio di critica, di fare la tara a quel che si è fatto e quel che “si era promesso” di fare, e a quel che “si poteva fare in sei mesi”, costituisse di per sè un comportamento irresponsabile, un “atto negazionista”.
E in effetti lo è: un pensiero che “sgama” gli artifici narrativi per fare lo scaricabarile, che mostra come si stia solo spostando «l’attenzione dall’incapacità gestionale di questi mesi e dai risultati catastrofici delle politiche sanitarie degli ultimi decenni, ormai sempre più manifesti», in definitiva non lo vuole ascoltare nessuno.
Ovviamente non la classe dirigente, ma nemmeno le persone comuni, che di fronte a questa riflessione si sentono impotenti, mentre individuando in giro capri espiatori, untori, “giovinastri” riescono a placare almeno per un po’ la paura.
Una riflessione che ho letto d’un fiato, come sempre vi leggo d’un fiato, anche se non trovo il coraggio di commentare sotto i vostri articoli di taglio più filosofico non sentendomi all’altezza del dibattito, pur rimanendone affascinata.
Citate Giannini. Giornalista perbene, ma forse si sarebbe potuto esimere dal buttare giù un pezzo che parla di “cessione di quote di libertà” da un letto d’ospedale. Il coinvolgimento emotivo e la sofferenza fisica non dovrebbero renderlo cieco di fronte alle contraddizioni che W.M.4 evidenza in modo impeccabile. È da inizio, chiamiamola così, EMERGENZA, che ci si concentra più sulla ricerca ossessiva del capro espiatorio e sulla stigmatizzazione dei comportamenti della categoria di volta in volta additata come “colpevole” che sulla presa di coscienza degli interventi profondi che sarebbero necessari per fronteggiare questa, come altre, circostanze complesse. Ora nel mirino sono focalizzati i giovani, rei di non ammalarsi seriamente e di voler vivere, semplicemente. Perché è una favola che gli adolescenti se ne fot***. Io ne conosco diversi più disciplinari degli adulti, confusi anche loro dallo stillicidio dei dipiciemme che ti chiedono:” ma questo si puó fare? Posso mangiare la pizza sulla panchina?” Il PdC pare abbia interpellato due cd influencers per veicolare ai giovani il messaggio sull’importanza dell’uso della mascherina. Ecco, come giustamente sottolinea WM 4, mica Conte ha pensato di fare un giretto in un hub o nei dormitori dei lavoratori agricoli.
Meglio dirigere l’attenzione sulle piazze, svuotate con il pretesto della circolazione del Covid, che potenziare le strutture sanitarie ed assumere personale. I ristoranti possono chiudere alle 24, ma se voglio comprare un panino dal “caddozzo” ( in Sardegna sta per street food poco ricercato!) e mangiarlo in piedi all’aperto è vietato perché intrinsecamente più pericoloso secondo chi scrive queste indicazioni minuziose. Ma se uno ci ragiona 3 secondi converrà che è più rischioso mangiare al ristorante che in una piazza.
Ho appena finito di leggere del perché il TAR Campania abbia respinto il ricorso con cui il nostro ineffabile governatore abbia decretato la chiusura delle scuole, dalla sera alla mattina. E, devo metterli, sono molto scoraggiata. Perché mi tocca vivere qui, in una regione in cui il suddetto ineffabile ha registrato il 69% delle preferenze. E allora, si, ce lo meritiamo, quello che abbiamo. Meritiamo di essere trattati da sudditi, da cittadini di serie infima. Speravo davvero in un accoglimento del ricorso. Avrebbe avuto il valore simbolico di porre fine al ridicolo di un ‘faccio quello che mi pare’ senza supporto scientifico e, cosa ancor più seria, senza alcuna empatia.
in questo momento davvero buio, in cui faccio il conto alla rovescia prima di indossare le manette, leggere di tante menti sveglie e prolifiche mi restituisce un minimo di senso. Ed è un invito ad uscire dal guscio, sfidando anche la solitudine, comune da quanto leggo qui, di chi viene archiviato come negazionisto anche da quelli che per anni ha considerato amici. Il che, come questo virus detta, non fa che accrescere il senso di isolamento in cui ci vogliono costringere. A prescindere dalle nostre condizioni cliniche.
Perdonate il pessimismo. È dura,e molto, vivere qui, adesso più che mai.
Il problema é ormai anche diventato (o meglio giá da molto lo era diventato) l´estrema polarizzazione delle posizioni. Sul virus ormai non si possono piú fare differenziazioni, distinguere i piani, precisare: o si é da una parte o dall´altra. Se critichi in qualche modo l´operato del Governo sei “negazionista”. Se approvi alcune posizioni o provvedimenti sei schiacciato sul Governo. Non si riesce piú a fare una discussione sensata. É una sorta di isteria collettiva. I dati sparati a casaccio non aiutano, cosí come le esternazioni spesso lapidarie e contradditore del medico di turno piú o meno famoso.
Comunque é vero: si parla solo dei giovani e dei luoghi frequentati dai giovani. Gli Untori.
Purtroppo il “dipende tutto da noi” è vero…anche se forse sarebbe più corretto dire che dipende tutto dalla maggioranza.
Voi sostenete(giustamente) che la situazione attuale sia colpa di decenni di tagli e cattive politiche sulla salute da parte della classe dirigente,ma io poi mi domando…c’è qualcuno,tra quelli che stanno in basso,a cui frega veramente qualcosa della propria o altrui salute?Pochi direi.
Camminando per strada e guardandosi attorno infatti vedi un esercito di persone sovrappeso,fumatori,sedentari,gente che usa l’auto anche per percorrere 50 metri e via discorrendo.
Date queste premesse,ci si può aspettare che il popolo esprima una classe politica che porti avanti politiche serie in ambito sanitario?
Non solo,di fronte al “disastro del Covid 19”, pochi si rendono che è arrivato il momento di cambiare,che è importante cominciare a tutelare la salute del proprio corpo,ovvero la prima difesa che abbiamo…no…tutti sono convinti che basti un “cencio puzzolente” davanti alla bocca per risolvere la situazione e che,per il resto,tutto possa continuare come prima.
Mi sembra la solita miopia che denunciavate nell’articolo sul delta del Po,ovvero quella per cui preferiamo agire sugli effetti dei problemi,ignorando e lasciando beatamente correre le vere cause.
Sono in disaccordo. Secondo me é un processo a due sensi: é vero che gli atteggiamenti dei singoli, se aggregati, possono fare la differenza. Ma in qualche modo il “la” deve venire dall´alto che ha gli strumenti, le risorse e il potere di imprimere veramente dei cambi di rotta. É un po´ sempre la storia della “teoria dei vetri rotti”: se lasci il paesaggio urbano sporco e invivibile la gente lo considererá meno un bene da preservare. Se offri invece infrastrutture le persone stesse cercheranno di salvaguardarle. Diciamo che le incoraggi. Ovviamente semplificado un po´.
La salute non é un considerato un bene da molti anche perché in primis non é considerato un bene dalla classe dirigente.
Attenzione, la «teoria della finestra rotta» è da tempo stata smontata da varie ricerche, e giudicata un mito propagandistico introdotto negli anni Ottanta-Novanta da think tank conservatori, per giustificare le politiche di “Tolleranza Zero” come quelle di Rudy Giuliani a NYC. Su questo rimando ai lavori di Wolf Bukowski.
Quanto al resto, l’input non può venire dall’alto, per precise ragioni sistemiche: il sistema non può mettere in causa se stesso. L’agire deve essere dal basso, ma dev’essere collettivo, e premere verso l’alto, perché il sistema non possa più scaricare sui singoli individui le colpe della propria disfunzionalità, e per reclamare azioni strutturali. Nel caso del clima, un singolo può avere i comportamenti individuali virtuosi che vuole, ma se non si riconvertono i settori dell’economia ad alta emissione di CO2, se non si cambia il modo di produzione, i buoni comportamenti saranno solo lavaggio di coscienza e favoriranno lo scaricabarile del potere: la situazione peggiora? Vuol dire che voi non siete bravi abbastanza! (E in effetti c’è una parte di vero: non siamo bravi abbastanza a capire che il problema va affrontato con l’azione collettiva.)
Idem per il Covid.
La “teoria delle finestre rotte”, formulata da James Q. Wilson e George L. Kelling nel 1982, si è dimostrata, in decenni di studio, un’enorme bugia, ma è stato a lungo il perno della Tolleranza Zero newyorkese e di una nefanda idea neoliberale di ordine pubblico. Di recente, uno studio del dipartimento di polizia di New York l’ha definitivamente relegata nel cassetto dei luoghi comuni e delle teorie farlocche: https://www1.nyc.gov/assets/doi/reports/pdf/2016/2016-06-22-Pr18oignypd_qualityoflife_report.pdf
Eppure in Italia continuiamo a crederci e a farci abbindolare.
Su questo, rimando a un pregevole articolo di Wolf Bukowski (https://www.lavoroculturale.org/la-bambinata-e-altre-crudeli-favole-del-decoro-seconda-parte/wolf-bukowski/) e al suo libro “La buona educazione degli oppressi”.
@Wuming: Grazie della precisazione. Non lo sapevo. Meglio tardi che mai :)
Leggeró l´articolo linkato con grande interesse.
@Wuming1: Peró secondo me un qualche input di coordinamento deve anche provenire dall´alto. Una manovra solo dal basso rischia di essere estremamente lenta nella sua attuazione. Cioé non stiamo dicendo in qualche modo la stessa cosa? Che basso e alto in qualche modo si coniugano in un´azione (magari obtorto collo da parte della dirigenza)?
Scusate, mi dice che il mio contributo é troppo corto. Lo so, sto mettendo parole per fare volume e non é cosa buona, ma non saprei al momento davvero che aggiungere al mio intervento.
Eh ma appunto, bisogna obtorcere i colli. Non se li obtorcono da soli. Né possono contribuire attivamente a obtorcerseli. La loro azione *segue* l’obtorcimento.
Concordo con Alessio sulla polarizzazione del tema. Ritengo sia una conseguenza della semplificazione del dibattito politico, che si è accentuata dagli anni ’90, quando tutto è stato ridotto espressamente a chi non è con me è contro di me. Per quanto riguarda gli input dal basso è senz’altro vero che ci devono essere e pure pressanti, tuttavia l’assenza di istanze dal basso non deve autorizzare l’assenza della politica. Non bisognerebbe essere continuamente costretti a obtorcere i colli. Se non ricordo male era Montesquieu a sostenere che una delle funzioni della delega è consentire al cittadino di fare quello che non riesce a fare da sé.
Una qualche forma di delega è pur necessaria, l’ideale sarebbe una delega principalmente operativa (cioè esecutiva di decisioni già prese nella forma più collegiale e collaborativa possibile), a turnazione e revocabile in ogni momento in caso di gravi inconseguenze tra la decisione presa e l’agire concreto del delegato.
Nei momenti più alti del conflitto sociale, i movimenti si orientano quasi automaticamente verso quel modello, che non esiste in forma “pura”, ma solo come sequenza di approssimazioni. Quelle circostanze dovrebbero funzionare come “teaser”, anticipazioni di società futura.
In questa società, però, la delega è decisionale (cioè deleghiamo qualcuno a decidere al posto nostro), sempre meno rappresentativa e sempre più stracca, ed è revocabile solo ogni tot anni. Che si può fare se non cercare di obtorcere i colli dei delegati? La delega va sorvegliata, controllata, sottoposta al più impietoso scrutinio. Non c’è altra garanzia che i delegati operino per un qualche bene comune.
Ma quello che vediamo adesso sono le conseguenze di un modello che proprio a livello di ragion d’essere ha rinunciato ad avere un’idea di “bene comune”. Perché il “bene comune” è l’anticamera del totalitarismo, no? Per cui imprenditorializzazione dell’intera società e delega al contrario: da parte di chi governa nei confronti di chi è governato (meglio: di una parte iperminoritaria di chi è governato, ossia il “settore privato”), non di chi viene governato nei confronti di chi governa.
E siccome il destinatario effettivo della delega non può essere toccato (non sia mai che non sia loro concesso di fare abbastanza soldi su qualunque cosa, inclusa una pandemia) vai di creazione a livello retorico di un finto delegato, nelle sembianze della società tutta, su cui scaricare il peso integrale della responsabilità.
Prendo l’autobus tutti i giorni per andare a lavoro e lavoro in una scuola come CS. Quello che vedo, a parte rare eccezioni, è il tentativo di conciliare al meglio, tra mille sforzi e sacrifici e con molta rassegnazione, le misure di contenimento e la necessità di andare avanti nonostante tutto. Con contraddizioni assurde e un peso di responsabilità enorme scaricato sugli individui (è provato che il lockdown fa male alla salute psicologica… ma anche lavorare in queste condizioni non è uno scherzo).
Purtroppo questo frame di analisi della situazione (ossia il modo in cui la trasformazione della governamentalità ci ha fo**uti) è quasi completamente assente al di fuori di pochi ambiti già sensibili all’argomento.
Figurati, «governamentalità» oggi è un concetto proibito, insieme a «biopolitica», da quando certi wannabe gatekeeper di movimento – più o meno gli stessi che con governamentalità e biopolitica ci avevano stracciato le balle per decenni, tirando in ballo quei concetti in ogni occasione e stiracchiandoli in mille modi – hanno deciso all’improvviso che quel menagramo di Foucault era d’intralcio alle magnifiche sorti e progressive della rivoluzione-#iorestoacasa, rivoluzione da farsi a colpi di meravigliose riunioni su Zoom, a volte con la mascherina sfoggiata davanti alla webcam. Da un giorno all’altro Foucault è diventato un innominabile e «biopolitica» un termine da usare in modo denigratorio, da rinfacciare a chi, peraltro, non ne aveva mai condiviso l’utilizzo facilone, né lo stava utilizzando nel dibattito. Un classico meccanismo di proiezione.
La chiudo qui, scusate il sassolino cavato fuori dall’anfibio.
Il problema, poi, è che in tutto questo ad egemonizzare il discorso anti-neoliberista adesso è la destra. E non mi riferisco al tema delle mascherine. Secondo me si tratta di un gigantesco diversivo. Non credo che nessuno le trovi “belle” o “piacevoli” (soprattutto considerato che a chi lavora a contatto con altre persone tocca indossarle per 8 ore di fila); io personalmente penso siano utili e marginalmente efficaci, e non condivido quello che scriveste tempo addietro a riguardo (non so se voi direttamente o un articolo ospitato su Giap).
Mi riferisco proprio alla critica della governamentalità neoliberista. E il fatto che la destra sbilanci una parte non indifferente di questa critica poprio sulla “violazione della libertà individuale” comportata dalle mascherine secondo me la dice lunga.
Il risultato è che adesso all'”avanguardia” (virgolette d’obbligo) di questa critica ci ritroviamo… Fusaro.
Anche per noi sono utili e marginalmente efficaci. Fuori da quel “margine”, cioè dove/quando non sono utili né efficaci, sono teatro politico da parte del potere, gesto apotropaico da parte di molti cittadini, spettacolo sociale nel suo complesso. Detto questo, non condividiamo il feticismo della mascherina, né da parte di chi ne difende l’uso indiscriminato né da parte di chi ne fa il perno della propria critica all’attuale andazzo. Non siamo «no mask», insomma. È, appunto, un diversivo.
Quanto al succo del tuo commento, beh, né in politica né nella critica della società esiste il vuoto. Il vuoto può manifestarsi in via temporanea, ma viene quasi subito riempito. L’assenza di una critica sensata dell’emergenza viene colmata da surrogati, narrazioni reazionarie e diversive, fantasticherie di complotto. Ed è chiaro che a portarle avanti sono figuri che ben conosciamo. L’Italia è un cortile.
Su Usenet, una vita fa, avrei risposto quotando la frase e aggiungendo solo questa faccetta: O_o
Definire marginale l’efficacia della mascherina in contrapposizione ai Wu Ming, in quella che mi sembra però una chiave positiva, suona un po’ bizzarro.
A parte che i Wu Ming hanno sempre parlato dell’uso politico-spettacolare della mascherina, laddove assolutamente non necessaria, come all’aperto in condizioni di distanziamento.
Io stesso, che ripeto come un disco rotto che si sta decisamente sopravvalutando l’impatto dell’uso della mascherina sulla diffusione del virus, non ne definirei marginale l’efficacia. O forse sì, ma sempre in relazione all’effetto taumaturgico che invece ci siamo convinti possa avere.
@Isver, non mi è chiaro il punto del tuo discorso, davvero. Contesti l’uso dell’avverbio “marginalmente”? Dobbiamo davvero impuntarci su un cavillo semantico? Cosa avrei dovuto dire per essere accurato?
Per me le mascherine servono, tutto qui. Può andare bene così? Trovo ridicola e pericolosa l’opposizione al fatto di indossarle in nome di un principio astratto e insulso di “libertà personale”, così come trovo ridicolo e ipocrita l’obbligo di indossarle all’aperto in nome di un principio altrettanto astratto di “responsabilità”. Soddisfatto o mi merito un’altra faccina?
Precisazione: trovo ipocrita e ridicolo l’obbligo di indossarle all’aperto *sempre e comunque*, di default. Ci sono circostanze in cui anche all’aperto, nell’impossibilità di mantenere la distanza di sicurezza in presenza di assembramenti penso sia giusto indossarle a scopo precauzionale.
La critica semiotica del presunto effetto taumaturgico, devo dire, mi appassiona poco e se devo essere sincero la trovo un pelo oziosa in questo momento (ma forse è solo una mia sensazione personale di fastidio… abbiate pietà). Tra le mille critiche che si possono fare alla gestione politica, economica e mediatica della pandemia mi sembra quella più inutile.
La mia premessa non era un richiamo nostalgico all’epoca di Usenet e a quel tipo di comunicazione, ma esattamente il contrario. Non c’era nessun intento polemico. E nel merito sono perfettamente d’accordo con te. Come del resto lo sono i Wu Ming.
Per questo, ripeto, mi suonava strano che tu contestassi la loro (presunta) posizione, ma definendo allo stesso tempo marginale l’efficacia della mascherina. Scusa, ma non è un cavillo semantico. Non era chiaro chi sostenesse cosa.
Concluderei con una faccetta sorridente che fa l’occhiolino, ma non mi farebbe raggiungere il numero minimo di battute.
Non sono del tutto d’accordo con il tuo post e con la correlazione che fai con la pandemia in corso, ma condivido nella sostanza se non nelle conclusioni la parte del tuo commento in cui dici «Camminando per strada e guardandosi attorno infatti vedi un esercito di persone sovrappeso, fumatori, sedentari, gente che usa l’auto anche per percorrere 50 metri e via discorrendo.» che, indipendentemente dalle cause e dalle analisi, è abbastanza un fatto assodato e potenzialmente apre (per me) un numero infinito di discussioni, probabilmente nemmeno in tema.
Premesso che so benissimo che “il benessere” è diventato un nuovo status simbol e che per certi versi è molto più facile che siano persone economicamente meno agiate a trovarsi nella condizione che descrivi tu rispetto ai benestanti* che hanno i soldi per comprare cibo di qualità e soprattutto il tempo, i soldi e la serenità per fare attività sane (e che quindi ci sono anche condizioni oggettive e “di sistema” a spingere in una certa direzione), è giusto evidenziare come fai tu una certa quota di responsabilità personale.
Perché sarà forse anche vero, come mi è stato detto in qualche discussione fa, che l’iniziativa del singolo è vana e che devono essere “le masse” a fare i cambiamenti, ma “quali” masse? Non sono anche le masse formate da singoli?
*anche sulle definizioni di “ceto medio”, “working class” e “benestanti” ci sarebbero da aprire dal mio settoriale punto di vista svariate parentesi, dal momento che il fatto di essere “benestante” o meno non è dipendente da cosa hai scritto alla voce “professione” sulla carta di identità ma da quanto la sommatoria di diversi fattori fra cui, reddito netto, costanza e sicurezza dello stesso, grane, salute, situazione familiare, etc., etc. incide sul tuo stile di vita.
Condivido gran parte dell’analisi. Devo però far presente una inesattezza per quanto riguarda il cosiddetto “smart working”. La percentuale minima fissata dal DPCM del 13/10 per la Pubblica Amministrazione è pari al 50% (non al 75% come erroneamente indicato nell’articolo). L’ultimo DPCM (18/10) non ha, purtroppo, modificato tale soglia.
Un’indicazione così vaga da parte del Governo scarica, di fatto, la responsabilità sui singoli Enti determinando situazioni paradossali. Vi sono lavoratori che svolgono attività interamente telelavorabili che sono costretti a recarsi in ufficio anche in seguito all’accertamento di casi di positività di colleghi che condividono gli stessi ambienti, se non rientrano nella definizione di “contatti stretti”. Con tutto quello che ne consegue anche in termini di rischio sui mezzi di trasporto pubblico, affollati all’80% (se va bene).
Per quanto riguarda le percentuali date dalla Ministra sui contagi nelle scuole, sarei molto cauto a prendere quei dati per buoni. Al momento attuale non esiste una procedura per la raccolta e la comunicazione dei dati da parte degli istituti scolastici o dalle ASL al Ministero. Quindi quei dati sono da considerarsi una mera stima a spanne fatta a scopi propagandistici.
Tra le infinite questioni una che a me sembra rimanga un po’ in ombra è la lettura non compulsiva dei dati. Un po’ servirebbe a rendersi conto di cosa davvero stiamo parlando e un po’ per apprezzare alcuni misteri, che forse sono meno misteriosi di quanto non sembrino.
Ne metto qualcuno, magari può servire. Quando sentite il numero dei contagiati serve sapere che di questi il 5% finisce in ospedale. Se siete in Lombardia il 4%, se siete in Sicilia l’8, in Emilia il 5%, nel Lazio il 7. Se vi sembrano dati simili considerate che questo significa che in Sicilia per esempio c’è stata più gente in ospedale che in Lombardia nonostante i casi fosse molto meno della metà. Siccome i sistemi sanitari non sono identici traete voi le conclusioni.
Di queto 5% in terapia intensiva ci finiva l’8% a settembre e il 10% ora e gli andamenti regionali oscillano tra il 5 e il 15, che a me pare moltissimo. tradotto in contagiati significa che se ti contagi hai tra lo 0,5% e lo 0,9% di probabilità di finire in T.I.Questi dati va ricordato che sono stimati per eccesso, perché è molto verosimile che i contagiati siano almeno (almeno) il doppio. A fine marzo considerate che era circa il 40% dei contagiati che finiva in ospedale (il quadruplo) e il 5% in T.I. (10 volte tanto)
Come capite si può continuare all’infinito e per fare ragionamenti più seri servirebbero anche delle comparazioni con le altre malattie stagionali che sono più difficili da reperire e sarebbero oggetto di lavori molto lunghi. Una cosa credo però che si possa abbozzare, sia pure con cautela: la responsabilità personale c’entra davvero, davvero, davvero (già detto “davvero?”) poco.
Perdonami robydoc, ma a me sembra che anche tu faccia confusione con i dati. Non si possono confrontare i numeri di marzo con quelli di oggi. Sono due periodi dell’epidemia con dinamiche completamente diverse. A marzo i numeri erano condizionati da un sovraccarico ospedaliero. L’incremento della letalità di marzo è dovuto al sovraccarico degli ospedali, perché non si riusciva a gestire nelle terapie intensive l’enorme mole di pazienti che arrivavano. Il confronto è improprio perché nel mese di marzo si vedeva solo la punta dell’iceberg, che sotto il pelo dell’acqua aveva un enorme quantità di casi asintomatici che non si riusciva a testare perché non si facevano tamponi. Quindi il denominatore era molto più grande di quello che effettivamente veniva utilizzato.
Oggi fotografiamo quasi l’intero iceberg e a parità di gravità della malattia i numeri diminuiscono.
Ciò che aiuterebbe a capire sono le immagini della curva che cresce. Purtroppo qui non si possono postare immagini, ma qui si trovano elaborazioni utili a chiarirsi
https://coronavirus.gimbe.org/
Uhm da un parte non ho chiarissimo cosa vuoi dire e dall’altra non so se sono tanto d’accordo. I tamponi sono passati da 70mila a quanto? 120 mila? Ieri erano meno di 100mila per dire. Per dire che non credo che si fotografi “l’intero iceberg” sono approssimazioni anche ora. Il dato sulla letalità è stato a lungo dibattuto e credo che più che al carico degli ospedali (secondo me c’entra poco, la letalità è sempre stata quella) sia dovuto appunto al fatto che si contava peggio. Questo per dire che non sono convinto che si sia in una fase “diversa” dal punto di vista della virulenza. Siamo in una fase diversa dal punto di vista di come si affronta, soprattutto negli ospedali, come secondo me è normale, prima non sapevano assolutamente nulla di come procedere e (si è ipotizzato ma chissà) magari molti finivano all’ospedale inutilmente e molti altri non erano curati perfettamente. Però rimane che forse non ho capito bene cosa vuoi dire. Cosa dovrebbe aiutarci a capire la curva che cresce?
L = N/P
“la letalità è sempre stata quella” non lo è per definizione. La letalità cambia al variare di P, che è il numero di nuovi casi affetti.
Oggi appunto P è enorme rapportata a marzo e quindi il tasso di letalità è sceso.
Lo stesso discorso vale per le terpie intensive, che è ciò che scrivevi nel primo commento, alludendo forse (potrei aver capito male io) che la situazione non sia così seria da richiedere provvedimenti restrittivi.
Non siamo in una fase diversa dal punto della virulenza, che questa sì rimane sempre uguale, ma dal punto di vista della gestione della pandemia.
Due dpcm in una settimana confermano che il contenimento della seconda ondata è affidato ad una “non strategia”: inseguire numeri del giorno con progressiva introduzione di misure blande per piegare una curva dei contagi in vertiginosa ascesa.
La scelta di non introdurre misure più drastiche per tutelare l’economia mette in luce la ‘non-strategia’ di pianificare le restrizioni sui numeri del giorno reiterando misure propagandistiche rispetto all’avanzata del coronavirus.
Per intenderci: il coprifuoco senza motivazione razionale e scientifica è accontentare la massa ma non agire. È regressione al pensiero magico e irrazionale. Come fare scongiuri, sperando che si allontani la malasorte.
Scusa Stringer ma no, il rapporto può tranquillamente rimanere quello perché varia anche il numeratore (i morti), mica solo il denominatore(i contagiati). Infatti è successo che per fortuna il numero dei morti è diminuito.
Ma a parte questo dettaglio forse ho dato per scontato qualcosa che ormai credo sia abbastanza condiviso, quindi preciso che il tasso di letalità che a marzo-maggio (forse fino a giugno, non ricordo bene) era del 14% già allora si sapeva che era senza senso. In teoria senza senso lo è anche ora, se per ipotesi oggi fosse l’ultimo giorno di epidemia e non morisse più nessuno in Italia sarebbe stato dell’8,64 un’enormità. Ma ogni giorno che passa scende (a seconda di come lo calcoliamo potrebbe essere al 5 o all’1, quindi abbassa il dato generale). Preciso: sarebbe il 5% se considerassimo i morti di ieri il risultato dei nuovi contagiati di 15 giorni fa; l’1% su base quotidiana. Vale forse la pena dire, e chiudo davvero, che questo della letalità è uno dei dati usato come una clava per raccontare la pericolosità del virus. Prenderlo per quello che è davvero ha notevoli implicazioni.
Sì chiaro che varia anche N, ma per nostra fortuna con un andamento meno elevato rispetto a P. Per questo L si abbassa.
Io continuo comunque a non capire tu cosa voglia dire nel primo commento.
“servirebbe a rendersi conto di cosa davvero stiamo parlando” spiegami di cosa stiamo parlando allora. Perché a me sembra che tu stia subdolamente alludendo ad una minore pericolosità del virus rispetto a quanto raccontato. Se è così vorrei capire su che basi affermi questo.
Perché possiamo criticare la gestione della pandemia, ma sottovalutare la situazione è un errore, e anche grossolano.
Invitiamo a non usare espressioni come “subdolo” e “subdolamente” nei confronti di qualsivoglia interlocutore.
Stringer, scusa, anche facendo i conti un tanto al kg, sui dati disponibili e quelli presunti più realisticamente,di quale indice di letalità si può parlare? No, perché questa,come molte altre, sarebbe una informazione davvero interessante per fare un ragionamento sulla effettiva pericolosità di questo virus. Posto che sia un virus altamente contagioso non possiamo automaticamente dedurne che sia altamente letale. Esattamente come per tutto il resto. Eppure tutte le restrizioni non si basano sulla dimostrazione effettiva di un pericolo mortale come quello rappresentato da ebola. Ma sull’ aumento del numero dei contagi…ma li mortacci… Tra l’ altro proprio nei paesi africani colpiti da questa terribile malattia, il problema del Covid non si pone neanche. Ovviamente. E pare che le nostre percentuali di letalità, chiaramente, risentano principalmente di un fattore: l’elevata età della popolazione. Molto più bassa in Africa. Il discorso che mi appassiona di più però, a me personalmente, riguarda la nostra capacità di reagire a questa devastante tecnica di manipolazione per imporre alla popolazione privazioni che, senza il ricatto della pandemia, sarebbe forse stato più difficile imporre così d’emblee’. Tra l’altro ho scoperto che ieri i ragazzi davanti alla scuola stavano protestando. Hanno chiesto tre cose: di non tornare mai più alla didattica a distanza, di riavere il corso di cinema e di avere un intervallo più lungo dei dieci minuti che gli vengono concessi in sei ore, seduti al banco e con la mascherina. Mi colpisce profondamente che questi ragazzi protestino senza volere entrare in conflitto, alla fine hanno terminato la loro dimostrazione quando sono riusciti ad ottenere un colloquio del rappresentante di istituto con la preside e ieri non hanno fatto più lezione. Ma davvero non reagiamo perché siamo paralizzati dalla paura del virus e dalla paura di morire? Io credo che moltissimi italiani abbiano ormai poca paura del virus, perché questo spauracchio agitato continuamente sta producendo un effetto opposto. Ma il lavaggio del cervello a cui siamo sottoposti continuamente sulla ” responsabilità” produce solo senso di colpa nei più giovani. E quando sei continuamente ricattato emotivamente come puoi ribellarti?
Ciao Filo a piombo, l’indice di letalità non lo si può conoscere con certezza ad oggi. Continua a variare (in diminuzione fortunatamentw) con il variare di N e P.
Proprio perché altamente contagioso, un tasso di letalità basso avrebbe comunque conseguenze catastrofiche in termini di vite umane. A meno di non considerare le vite degli anziani e di chi ha comorbilità, perché anziani, meno importanti e da salvare rispetto a quelle degli altri.
Io non credo a nessun lavaggio del cervello. Penso che la pandemia sia gestita male dando più importanza all’economia che alla salute.
Sai quale sarebbe per me una soluzione auspicabile ad oggi per contenere la curva? 2 settimane di ferie per tutti.
Ciao Stringer,la mia domanda sulla letalità voleva essere ” stringente”, nel senso che parlare convulsamente dei contagi è funzionale solo ad aumentare il tasso di ansia e ad abbassare, proporzionalmente, il tasso ” razionalità”. La responsabilità della vita degli anziani non può essere una preoccupazione prevalentemente mia e tua e non può essere tutelata attraverso queste prescrizioni. Io non ho affermato che la loro vita si possa sacrificare e porre la questione in questi termini è fuorviante, perché continuare ad affrontare la questione sul piano emotivo impedisce di inquadrarla politicamente. Non ho deciso io di sacrificare la vita di tante persone, ma chi li ha mandati allo sbaraglio nelle RSA. Chi continua a tagliare fondi alla sanità, chi pensa sia sufficiente aprire un paio di reparti di terapia intensiva ( quando evidentemente è ormai troppo tardi) a detrimento del funzionamento di un reparto oncologico, per esempio, chi non ha fatto niente di niente in sette lunghissimi mesi. Forse non è fermando tutto, fermando il tempo e trattenendo il respiro che supereremo questa situazione. Non basta. Bisogna rovesciare questo sistema economico. Ripensare la vita e le sue priorità. Smetterla di fare i virologi e parlare di qualità della vita e di autodeterminazione, come ha scritto Antonella nel suo bellissimo commento sugli anziani trattati alla stregua di incapaci da strumentalizzare ad uso politico. Si, sono i più fragili. Ma non li stiamo proteggendo privandoli e privandoci della libertà. Le soluzioni vanno cercate altrove.
Due settimane di ferie per tutti (quelli che possono farle), contemporaneamente, hanno lo stesso costo sociale di un lockdown di due settimane. Anzi, tecnicamente SONO un lockdown di due settimane, se non ci fossilizziamo sulla nostra interpretazione del lockdown, incrostata di moralismo parareligioso. Lockdown non significa stare tutti chiusi in casa 24/7, a riflettere sui propri e soprattutto sugli altrui peccati.
Non eravamo tutti d’accordo che fosse da evitare? Perché, per parlare di economia in modo un po’ più concreto, sarà pure vero che la Cina ci ha mostrato la via, ma è anche vero che adesso che là sono tornati a produrre a pieno ritmo, i pezzi che faccio io in fabbrica li vogliono puntuali. E con lo sconto, pure. Altrimenti li prendono altrove.
E no, non mi sento né amico di Confindustria né di nessun altro, dicendo queste cose. Mi sta proprio sul culo il mondo intero.
Nella discussione sulla pericolosità del sar-cov-2, il consenso scientifico intorno a giudizi e decisioni di politiche sociali e sanitarie, vista l’importanza del rappotro N su P, segnalo l’articolo di Ioannidis a marchio OMS che ha stimato la letalità su dati di sieroprevalenza.
https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&ved=2ahUKEwiPkY2ZquTsAhWJohQKHeOiDW4QFjAAegQIARAC&url=https%3A%2F%2Fwww.who.int%2Fbulletin%2Fonline_first%2FBLT.20.265892.pdf&usg=AOvVaw1pZ_dOmjr1azaQt-OTLxc9
Scusate la stringa infinita.
La conclusione che più mi ha colpito è “In people < 70 years, infection fatality rates ranged from 0.00% to 0.31% with crude and corrected medians of 0.05%"
Mi sento di condividere la scarsa paura di Robydoc.
Nelle stime e calcoli la cosa più evidente al profano che si legge i bollettini e qualche articolo di approfondimento ogni tanto è l'enorme incertezza dei dati, rilevati in modi del tutto disomogenei (tamponi solo ai malati gravi, o ai sintomatici, a tutti…PCR a 20, 30, 40 cicli…)
Non voglio vedere ^le mani pronte sulle pistole^, ma l'allarme pompato a dismisura sulla base di calcoli e rilevazioni falsate ha favorito qualcuno: gli storici ci diranno chi.
Mah Stringer, replico ancora perché è una domanda diretta ma eviterei di trasformarlo in un discorso a due. Io ho espresso varie volte la mia idea sulla sopravvalutazione (dolosa) del pericolo che ha fatto seguito ad una sua sottovalutazione, persino a marzo figurati ora. Ho lamentato varie volte soprattutto due cose: la prima è l’idea che colpisca indiscriminatamente grandi e piccoli e non ho particolari difficoltà nel dire che se si hanno tra i 20 e i 40 anni e si crede che il problema sia il COVID19 è solo perché non si sta ragionando; la seconda che ovunque ti trovi le tue precauzioni debbano essere identiche, continuando con l’esempio se ci si trova in Basilicata e si pensa di morire di COVID anche in questo caso mi pare si ragioni poco.
Da lì si va per molto altro, dalla scuola alle discoteche, dallo sport alla movida, tutta roba ridicola, mascherine all’aperto compreso.
In tutta franchezza se questo è “sottovalutare” o meno non è tema che mi faccia impazzire. Quello che è vero è ceh non sono spaventato, credo fermamente che se prenderò il virus non avrò particolari problemi se non stare male per un po’ e credo che le precauzioni adottate sono sufficienti per garantire chi mi sta accanto. In fondo rimango uno scienziato, se pure di scienze “deboli”.
Per il resto – anche questo detto varie volte, ma naturalmente non posso pretendere che ci si ricordi – un giudizio su queanto realmente sia stata letale e pericolosa questa epidemia lo avrò tra un anno, se tutto va bene.
I miei dubbi hanno trovato conferma. Tu ritieni il virus meno pericoloso di quello che si ritiene ad oggi. Mi piacerebbe vedere qualche tua pubblicazione in merito visto che sei scienziato. Perché in tutto il mondo gli scienziati veri concordano nell’affermare la pericolosità di questo virus e concordano nella necessità di adottare misure per contenerne la diffusione. I governi, di tutto il mondo agiscono di conseguenza. Stanno tutti dolosamente sopravvalutando la pandemia?
Non capisco davvero perché per criticare la gestione della pandemia bisogna mettere in dubbio la pericolosità del virus.
Il governo andrebbe criticato perché non interviene rallentando la produzione, perché non ha, in 6 mesi, programmato l’istruzione e la sanità. Perché vara misure feticcio.
«in tutto il mondo gli scienziati veri concordano nell’affermare la pericolosità di questo virus e concordano nella necessità di adottare misure per contenerne la diffusione»
Messa così sembra che tutti gli scienziati siano d’accordo su tutto e chiedano esattamente le stesse misure. Non è così, il dibattito è accesissimo e controverso. Tutti ritengono il virus pericoloso, ovviamente; ma sulle caratteristiche di questa pericolosità gli esperti si confrontano anche aspramente, e propongo misure diverse per focus, tempistica e gradazione.
«I governi, di tutto il mondo agiscono di conseguenza.»
Di conseguenza rispetto a cosa? Anche qui, messa così sembra che tutti i governi abbiano adottato esattemente lo stesso pacchetto di provvedimenti. Non è così, lo abbiamo più volte fatto notare. I provvedimenti presi da paese a paese sono diversi e spesso significativamente diversi, come si diceva prima, per focus, tempistica e gradazione.
“Tutti ritengono il virus pericoloso, ovviamente”
Tutti tranne il nostro scienziato debole Robydoc, che dall’alto delle sue pubblicazioni continua da parecchio tempo a questa parte a sostenere su questo blog che il virus non sia poi così pericoloso.
Accetto che facciate le pulci sui commenti, è il vostro blog, e sulle pulci al mio ultimo commento sono pure totalmente d’accordo.
Ma non mi pare di aver visto fare le pulci a ciò che scrive Robydoc. Lo ritengo un silenzio assenso assordante.
Soprattutto dopo che questo blog ha ospitato un intervento non proprio scientifico nel recente passato, da cui giustamente avete poi preso le distanze.
Ad maiora
Robydoc non ha mai sostenuto da nessuna parte che il virus non sia pericoloso.
Scusate Stringer (e Robydoc) se intervengo anche ben al di fuori delle mie competenze, ma la mia opinione è che il fatto che P sia sottostimato è molto probabile: è la stessa categoria degli “asintomatici”, così diffusa secondo la vulgata, a dimostrarlo.
Infatti, se realmente “asintomatici” (cioè no febbre, no malesseri, no rinite unita ad altri sintomi quali congiuntivite etc.) quanti di questi avranno fatto o faranno un tampone o un sierologico?
Secondo me molto pochi, (no sintomi, no screening), se lo faranno sarà magari perché venuti in contatto con un positivo (magari infettato da loro stessi) e a quel punto sottoposti a tampone e “scoperti” e quindi contati nella P.
Dire questo significa alludere a una minore pericolosità del virus? Significa sottovalutare la situazione? Non saprei.
Dipende anche dalla circolazione del virus: è chiaro che se è molto infettivo e circola molto, la P reale sarà molto alta e quindi anche il numero assoluto di persone in terapia intensiva sarà alto, anche con una letalità bassa.
Ragionando per estremi se venissero infettati più o meno contemporaneamente tutti i 60.000.000 di italiani, con lo 0,5% di ricoveri in terapia intensiva che secondo il post di Robydoc ci sarebbero stati in Lombardia (che però andrebbe ricalcolato sul numero reale di P, non solo su quelli che sono “emersi”) significherebbe 300.000 persone in terapia intensiva.
Ci sono 300.000 posti in terapia intensiva in Italia?
Mi pare ravanando al volo su internet che siano ad oggi meno di 9.000.
E’ ovvio che una situazione del genere, se i numeri che ho messo al volo sono giusti, è estremamente pericolosa e terribile nelle se conseguenze e va gestita da parte dello Stato con grande attenzione e con misure di emergenza, quindi nessuno vuole sottovalutare la cosa.
Però avere l’esatta percezione della reale probabilità del singolo di finire in terapia intensiva aiuterebbe tutti ad essere più razionali nell’affrontare la cosa, mettendo da parte fenomeni come la caccia all’untore (runner o giovane che sia) e a vedere con maggiore lucidità eventuali errori e carenze nella gestione sanitaria dell’emergenza.
PS: scusate, vedo ora che Robydoc e filo a piombo hanno già risposto, spero di non aver scritto robe troppo ridondanti.
Sorry.
Mi scuso per il doppio invio, prometto che la smetto. Una cosa che andrebbe segnalata riguarda anche l’efficacia dei provvedimenti restrittivi. Le discoteche sono state chiuse intorno al 17 agosto, gli “effetti” si sarebbero dovuti cominciare a vedere dal 2 settembre, vogliamo fare dal 10? Bene, prima l’aumento dei casi giornalieri era nell’ordine delle centinaia e poi è passato all’ordine delle migliaia. Le mascherine all’aperto sono obbligatorie in Spagna da fine luglio e anche lì non pare abbiano ridotto nulla. Gli orari di chiusura dei locali, gli assembramenti vietati, idem. Da questo punto di vista rimane che le curve epidemiologiche sembrano del tutto indifferenti, come si dice nel post, ai provvedimenti. Ma se mai fosse davvero così risalta ancora di più quanto sia drammatica – e non troppo intelligente, ad essere generosi – l’idea che “bisogna cedere spazi di libertà per sconfiggere il virus”.
A proposito di “cedere spazi di libertà” volevo citare quella massima che va in voga fra il partito delle armi americano che dice più o meno “chi cede quote della propria libertà per un’illusione di sicurezza presto non avrà più né l’una né l’altra”, ma poi mi è venuto in mente che una frase pressoché identica l’ha pronunciata la voce narrante della pubblicità di un’emittente televisiva presentanto la prossima proiezione del vecchio “Minority Report” con Tom Cruise, con tutta una filippica su quanto il tema sia “da sempre” dibattuto nella fantascienza.
Ecco, io non sono un filosofo, ma trovo triste e preoccupante che alla prova dei fatti (la pandemia) praticamente “nessuno”, almeno fra le voci che sento io uomo del divano, abbia mai “dibattuto” veramente la questione, che questo passaggio sia saltato completamente e sia passato tout court e quasi in automatico il messaggio “di massa” che sì, è assolutamente giusto cedere quota della propria libertà per la sicurezza.
Mi chiedo se non c’entri (sull’ignorare completamente il dibattito e dire che sì, va bene) la famosa tanatofobia di cui si parlava all’inizio e il tipo di emergenza in corso.
Se a essere messa in discussione fosse stato un diverso tipo di “sicurezza”, che sò, quella economica, si sarebbe accondisceso altrettanto automaticamente a cedere quote di libertà?
Va bene tutto purché non si tocchi il capitale. Condivido il senso dell’articolo dalla posizione di un rigido ottemperante alle misure di contenimento del contagio. Sempre la mascherina in luoghi pubblici, mani disinfettate compulsivamente ecc. Il lockdown di marzo mi ha messo in imbarazzo ma l’ho accettato perché i morti di Bergamo mi incutevano paura e rispetto. E’ questa la trappola morale: la pandemia mette in gioco la vita e ti richiede inazione per salvarla, un istinto di sopravvivenza che ti impone di rinunciare a vivere. Solo questo è restato dei discorsi primaverili su “niente sarà più come prima” oppure “abbiamo imparato la lezione”. Ha vinto invece un imperturbabile capitalismo post bellico con la faccia rassicurante della miniatura di De Gasperi: immorale a inizio pandemia, auspicabile a fine ondata. I contagi nei macelli e nei magazzini della logistica hanno mostrato lo sfruttamento dei lavoratori in purezza (sembrava un romanzo di Upton Sinclair) eppure non si è potuto fare altro che continuare a contare le terapie intensive. Ma chi se la sentiva di gettare la mascherina oltre l’ostacolo e disobbedire sapendo che a rischiare non era solo il proprio culo ma soprattutto quello dell’amico cardiopatico e della collega immunodepressa? Non solo, come si dice “no” senza diventare uno sciroccato complottista nazistoide? La trappola è scattata perfettamente.
Vi leggo con interesse da marzo: spesso le vostre voci critiche mi hanno presa per la collottola e salvata dalla deriva verso atteggiamenti mentali pseudo-nevrotici. Sono un sanitario, ruolo in questo momento segnato da un coinvolgimento emotivo particolare. Non mi riferisco alla troppa retorica sulla sofferenza vista, piuttosto racconterei come una quotidiana percezione amplificata del rischio dovuta alla necessità di tutela (degli ambienti, dei pazienti, dei colleghi e di sè stessi)porti verso una perdita della lucidità. Il quotidiano richiamo all’osservanza delle procedure anti-contagio che, per alcuni versi, è indiscutibile, per altri ha portato verso un diffuso supinamento.”Radio Corsia” (mi riferisco al variegato mondo del Comparto, Professioni Sanitarie di varia natura) ha poche voci critiche e quelle poche sono percepite con il sospetto,nemmeno così malcelato, che chi le espone nasconda un’inadeguatezza professionale legata alla quantità di serietà con cui fa il proprio mestiere: l’attenzione che oggi è richiesta a protezione di chiunque,in ambiente ospedaliero è chiaramente esasperata.Ecco, vorrei segnalare la difficoltà di mantenere un atteggiamento ragionevole e consapevole che tamponi il rischio nevrosi. Le voci spesso contrastanti degli “esperti”portano spaesamento: nel dubbio mi/ti proteggo,ecco che le misure di prevenzione sono ormai percepite come una forma di educazione. Io le applico, ma sbuffo all’idea; mi scoccio quando scopro che siamo tornati alla Conferenza Stampa Settimanale ansiogeno-paternalista, ad orari che “costringono”,a misure che “regolano”. Condivido e rilancio la domanda di Leonardo Tancredi: come si dice no senza diventare uno sciroccato complottista nazistoide? E, a titolo di categoria, senza sentire il peso del sospetto circa la serietà della mia condotta professionale?
Questo è per i Wu Ming che hanno scritto:”Robydoc non ha mai sostenuto da nessuna parte che il virus non sia pericoloso.”
robydoc 20/10/2020 alle 9:36 PM
…ricordando che anche per gli anziani il virus è si pericoloso ma soprattutto quando stai già molto male.
robydoc 20/10/2020 alle 4:41 PM
Quello che è vero è ceh non sono spaventato, credo fermamente che se prenderò il virus non avrò particolari problemi se non stare male per un po’
robydoc 02/09/2020 alle 12:53 PM
…ricondurre sta merda di virus a quello che è e che è sempre stato sin dall’inizio: un virus capace di uccidere gente anziana con gravi patologie e di far passare magari un brutto quarto d’ora a chi è sano.
Non sono andato a ritroso oltre. Penso basti ad avvallare ciò che ho scritto prima, ossia che robydoc non ritenga tutto sommato pericoloso il virus.
Se poi vi irrigidite perché ha scritto il post sulla Svezia e quindi lo difendete ad oltranza allora è un altro paio di maniche.
Quello che sostiene robydoc può non piacere nella forma, ma è supportato dai numeri. L’età mediana dei morti è 82 anni, che corrisponde grossomodo alla speranza di vita in Italia. E più del 95% dei morti aveva più di 60 anni. Allo stesso tempo, però, anche la maggior parte dei contagiati ultraottantenni è guarita. Più di due su tre. E la maggior parte dei morti aveva patologie concomitanti di una certa importanza.
Perché una persona relativamente giovane e mediamente sana dovrebbe temere per la propria vita a causa del Covid?
Non si va da nessuna parte se la realtà non ha cittadinanza nel dibattito.
Infatti robydoc non ha scritto né il falso né che il virus non è pericoloso. Ha scritto che «è sì pericoloso ma soprattutto quando stai già molto male», che lui non è spaventato per se stesso perché pensa che se prenderà il virus non avrà «particolari problemi se non stare male per un po’», e che il virus è «capace di uccidere gente anziana con gravi patologie e di far passare magari un brutto quarto d’ora a chi è sano». Non c’è nulla di sbagliato in quello che ha scritto. Nessuno si sta irrigidendo, perché non ce n’è alcun bisogno.
Ok come volete, io ci leggo sottovalutazione del virus e non curanza dell’impatto di una cosa del genere sugli ospedali. Ripeto che si potrebbe criticare il governo per mille altri motivi, senza lisciare il pelo a chi vorrebbe affermare che il coronavirus è poco più di un’influenza.
Mi sembra miope lo sguardo di robydoc e ho cercato di farlo notare, evidentemente fallendo.
Prendo atto che voi vi consideriate non a rischio di intubazione o peggio, a causa di questo virus, ma al massimo di passare un brutto quarto d’ora.
In bocca al lupo a tutti quanti. Perché penso ne avremo bisogno.
Guarda, «pensate che il covid sia poco più di un’influenza» è proprio uno dei clichés (e dei trucchetti) che più aborriamo da queste parti, lo abbiamo decostruito fin da marzo, chi lo usa non ha idea di quante morti faccia un’influenza, e di solito è la stessa gente che fa paragoni apocalittici con la Spagnola… che era un’influenza. A dimostrazione che non sapete cosa sia un’influenza.
Detto questo, nel giro di 24h hai pubblicato un commento con ingiurie che ci mettevano a rischio querela (che abbiamo dovuto cancellare), hai preso di punta un altro utente, hai accusato l’interlocutore di essere subdolo, hai detto che da parte nostra c’è «un silenzio assordante» e hai chiuso con la logora formuletta passivo-aggressiva dello spero-per-voi-che-non-ve-lo-prendiate.
Qui questo modo di fare non lo apprezziamo.
Se non sai discutere, vai su Facebook.
Posto i miei due cents sulla questione. Pare che l´infezione e le complicazioni stiano scendendo di etá e che, in percentuale, il COVID sia piú pericoloso per chi ne é infetto rispetto all´influenza stagionale anche per chi non é in tarda etá o con complicazioni. A questo aggiungerei, come facevate notare, che é un virus “nuovo” benché i corona siano ben noti e che infatti il mondo scientifico é ancora diviso su come affrontarlo e sulle conseguenze a lungo termine (oltre cioé il periodo della malattia vera e propria).
Diciamo che rispetto a robydoc sposterei l´asticella un po´ piú verso il livello “pericoloso” di quanto faccia lui. Nel senso che anche io mi aspetto che se me lo prendo ho enormi probabilitá di cavarmela, ma la probabilitá avversa é significativamente superiore rispetto all´influenza stagionale (per influenza stagionale intendo i tipici ceppi stagionali che ci becchiamo, non casi ultravirulenti come la spagnola appunto).
Quindi attenzione sí, panico proprio no.
la stima attualmente più convincente dell’indice di letalità mi sembra quella ottenuta in base allo studio ISTAT sulla sieroprevalenza, circa il 2.5% per tutta Italia ma con variazioni importanti per le varie regioni. L’analisi è stata presentata indipendentemente qui:
https://archive.is/exF6M
https://archive.is/PvNP8
I dati ISTAT sono qui: https://www.istat.it/it/files//2020/08/ReportPrimiRisultatiIndagineSiero.pdf
Una studio basato sui dati clinici, uscito sempre ad agosto, stima invece l’indice di letalità per età:
https://www.eurosurveillance.org/content/10.2807/1560-7917.ES.2020.25.31.2001383#html_fulltext
In base alla figura pubblicata questo articolo, direi che robydoc può stare proprio tranquillo se ha meno di 50 anni…
Lo studio evidenzia variazioni consistenti prima e dopo il 16 marzo, suggerendo come causa anche il sovraccarico del sistema sanitario: “Queste condizioni, combinate con la scarsa evidenza iniziale di trattamenti appropriati, possono aver influito sulla capacità del sistema sanitario di far fronte a casi gravi”.
Altre informazioni utili: la distribuzione per età della popolazione https://www.indexmundi.com/italy/age_structure.html (circa 4 milioni di persone sopra gli 80 anni). Prima di essere tentati da qualunque confronto con gli effetti dell’influenza, bisogna ricordare che questa fascia di popolazione è probabilmente molto ben coperta dalla vaccinazione (il dato medio over-65 mostra già una copertura al 50%) http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_tavole_19_3_0_file.pdf
Quindi nessuna novità: a seconda di come lo si guarda, il virus appare irrilevante o devastante. Faccio un esempio: applicando i coefficienti di letalità alla distribuzione per età della popolazione, si ottiene probabilmente una età media delle vittime molto vicina alla aspettativa di vita media in Italia, ma nello stesso tempo si vedrà raddoppiare la mortalità complessiva annuale.
pm2001 mi pare che i primi due pezzi però non parlino della letalità, immagino te la sia ricava tu dividendo il numero dei morti per i contagi ricavati dall’indagine giusto? A me continua a sembrare troppo alto francamente (Isver ha riportato quelli USA, che sarebbero più bassi già contati male così).
La seconda tabella dice che posso stare tranquillo in Lombardia e che dovrei essere veramente, veramente sfortunato prima dei 60. Visto che quella Lombarda era la situazione peggiore mi pare che tutto concordi con quanto qui diciamo da un po’. Ne approfitto per chiederti se hai ancora sott’occhio le curve dei contagi per paese (anche se io sono fermo sulla mia idea che lavorare sulle scale nazionali crei più problemi che altro)
“mi pare che i primi due pezzi però non parlino della letalità, immagino te la sia ricava tu dividendo il numero dei morti per i contagi ricavati dall’indagine giusto? A me continua a sembrare troppo alto francamente (Isver ha riportato quelli USA, che sarebbero più bassi già contati male così).”
Si scusa non sono stato chiaro, il 2.5% è riferito alla sieroprevalenza. Nell’articolo di Battiston ci sono proprio le tabelle dei tassi di mortalità per regione prima e dopo la correzione in base ai dati ISTAT. La media nazionale è comunque 2.14%. Anche io ho visto stime inferiori per altri paesi, forse ci sono bias sulla stima ISTAT. Da qualche parte ho letto che una grande percentuale del campione scelto ha rifiutato di fare il test. Loro dicono di avere corretto “i fattori distorsivi”, ma resta comunque una prima stima di un fenomeno che probabilmente capiranno bene dopo un anno.
“La seconda tabella dice che posso stare tranquillo in Lombardia e che dovrei essere veramente, veramente sfortunato prima dei 60.”
Pare proprio di si. Tra l’altro mi sembra una stima indipendente da quella ottenuta con il metodo ISTAT. Qui valutano la percentuale di infetti usando i dati di cluster di cui hanno il tampone o il sierologico per tutto il gruppo di contatti. Trovano comunque 2.2% sul campione complessivo, molto vicino al dato ISTAT. Forse l’effetto della distribuzione dell’età della popolazione diventa dominante sul valore medio, quindi ogni paese potrebbe avere un valore diverso sui dati aggregati anche se i coefficienti per età sono gli stessi. La piramide della popolazione USA è molto diversa dalla nostra, bisognerebbe calcolare la differenza.
“Ne approfitto per chiederti se hai ancora sott’occhio le curve dei contagi per paese (anche se io sono fermo sulla mia idea che lavorare sulle scale nazionali crei più problemi che altro)”
no, non ho più ragionato sulle curve. Vedo solo che, ora che i numeri salgono in tutta Europa, il confronto con la Svezia non è più sulle pagine dei giornali…
Vabbè, Stringer, hai vinto tu! Io gliela do su. Se tanto i dati esposti da Robydoc, e in altri commenti anche da Isver, non servono a dimostrarti nulla, allora hai vinto tu. Se tanto cercare di fondare un ragionamento su un dato non conta nulla, hai vinto tu. Perché ti dà fastidio che qualcuno affermi il contrario di ciò che pensi e che non deve essere contradetto. Rassegnati: ci sono dei dati. Le affermazioni di Robydoc si basano e si riferiscono a quei dati. Poi, volevo solo farti notare una cosa: è la seconda volta che cerchi di scatenare un attacco ad personam. Prima lo hai fatto con Dude, scatenando una ridda di commenti offensivi. Ora stai cercando di mettere in discussione la preparazione di Robydoc che, ti piaccia o non ti piaccia, sta parlando di dati. Qui non funziona così. Gli attacchi ad hominem non sono la strategia giusta per contrastare una teoria o contestare un argomento. Non funziona così. Concentrati sul merito, se hai argomenti validi per contraddire il ragionamento e i dati di Robydoc.
No filo a piombo, i “dati” esposti da robydoc e Isver non mi bastano e anzi li ritengo numeri ad mentula canis tanto quanto quelli dati in televisione. Ho chiesto a robydoc una sua pubblicazione scientifica a supporto delle sue tesi, in quanto se verificata rivoluzionerebbe lo stato delle conoscenze attuali nel mondo oltre che probabilmente prendersi un nobel il prossimo anno. Non ho ricevuto nulla. Nisba.
La comunità scientifica è a maggioranza di tutt’altra opinione, ma qui invece vanno presi per oro colato i dati di robydoc, che potrebbe pure essere tizio, Caio, o chi ti pare. Non mi interessa attaccare la persona.
In merito a virus e pandemie preferisco comunque ascoltare la comunità dei medici e degli scienziati “duri” rispetto a chi si occupa di scienze politiche. Mea culpa.
Come si suol dire: Sutor, ne ultra crepidam!
La disonestà intellettuale dei tuoi commenti e l’orgia di stereotipi che contengono hanno colmato la misura. Sei invitato a non farti più vedere da queste parti, con decorrenza da subito.
Io non contesto i dati e convengo peraltro su un punto: i conti si faranno alla fine. Ma non sarebbe anche giusto – e senza voler fare la difesa d’ufficio di qualcun altro – riconoscere che in questa situazione c’è quantomeno una criticità, e cioè che si va approssimando una (nuova) crisi del sistema sanitario? Poi comunque io faccio fatica a capire dove il ragionamento di robydoc voglia portarci: stiamo solo dicendoci di non aver paura? Perfetto, giusto e anche opportuno. Ma se invece ci stiamo anche dicendo che, uhm, dovremmo fare come se vivessimo in un posto con 10 abitanti per km quadro, ecco, io non sono tanto d’accordo. Vivo in Italia: alta densità abitativa, tanti anziani, tanti di loro popolano unità bifamiliari vicino a figli e nipoti, e poi la radicata convinzione che la vita è sacra, che impatto avrà quest’ultima cosa sul ricorso alla rianimazione? Ma diciamocele queste cose, no? sto sbagliando?
No, Claudio, non stai sbagliando. Che tutti si stiano cacando sotto per il possibile nuovo collasso del sistema sanitario è evidente. Ciò che non è evidente è che ricascare nel panico e nella paranoia è altrettanto controproducente di quanto lo era a primavera. A me il discorso di robydoc sembra dire essenzialmente questo. Se sta arrivando uno tsunami di merda, farsi prendere dal panico può solo peggiorare le cose. Occorre invece inquadrarle nella giusta dimensione. Tornare a dire “state-in-casa”, chiudere o limitare preventivamente le attività più controllate e “protocollate”, come la scuola e lo sport presso i centri sportivi, invece di aumentare i controlli e gli aiuti perché i protocolli vengano bene applicati, è come tornare al punto di partenza, è come non avere imparato niente. Questo è preoccupante, perché se tanto mi dà tanto, non solo non si arginerà la seconda ondata, ma ci verrà anche riproposto il corollario di assurdità che ha accompagnato la prima.
La cosa certa è che se il sistema sanitario crollerà non lo farà né perché la gente non porta le mascherine all’aperto, né perché ci si assembra in discoteca e né perché ci sono le scuole o si fa sport, né perché il virus è incontrollabile: il sistema sanitario crollerà perché c’è una politica (nel senso ampio, non sto parlando solo del governo in carica) di merda, funzionali agli interessi di pezzi di capitale, sostenuto e rafforzato da gente impaurita. Questo è il punto fermo da tenere secondo me e questo mi pare che debba essere chiaro. E queste cose dovremmo urlarle noi di sinistra e non lasciarle dire alla destra più schifosa che si possa immaginare (posto che non sia una ridondanza). Il resto è contorno, quanto sono preoccupato, quanto pare pericoloso il virus, chi sono gli scienziati veri e quelli falsi, ma cosa diavolo ce ne frega, porca miseria?
Abbiamo rimosso un possibile appiglio per querela da questo commento di robydoc. Come al solito, si prega di prestare attenzione alle espressioni che si usano. Grazie.
Ciao Robydoc. Non sono d´accordo solo su un punto: che ci frega di quanto pare pericoloso il virus. Sottoscrivo il resto.
Mi spiego: il problema secondo me é che la (chiamiamola) “oggettiva pericolositá del virus” é ancora abbastanza vaga. Esiste una mpio intervallo di grigio che resta, come dire, “ragionevole” nella stima della periicolositá del virus. Sia in senso di una sovrastima della reale pericolositá, che nel senso della sottostima.
il problema nasce che la zona di grigio ragionevole é tutt´ora abbastanza ampia che a seconda di dove ci si posiziona si avranno differenze significative sulle strategie di contenimento. Ma piccoli errori di valutazione possono giá provocare notevoli sofferenze in piú o dal lato economico-sociale o da quello sanitario.
D´altra parte, se andiamo a vedere di cosa parla una buona fetta dell´opinione pubblica e del contesto politico, abbiamo ancora posizioni come “il virus non esiste” o “il virus é poco peggio di un raffreddore” da una parte e “moriremo tutti” e “avremo le pile di cadaberi per la strada” dall´altra. Posizioni cioé ordini di grandezza chi per un verso chi per l´altro lontani dalla zona “ragionevole”.
Questo apre le cataratte a tutta una serie di comportamenti che vanno dal furbesco al fraudolento. Le sparate di De Luca per fare cassa elettorale. Le minimizzazioni criminali di certa destra, etc. e impedisce discorsi piú articolati per esempio come quello che fai tu sull´ultilizzo sistemico della paura e del bastone sulla gente.
Cercare di riportare il tutto ad un discorso razionale e “calmo” mi pare un vero e proprio imperativo. E questo include anche stabilire il piú possibile la reale pericolositá del virus.
Ciao robydoc, credo anche io fermamente come te che se il sistema sanitario crollerà non sarà per le ragioni che elenchi. Crollerà perché già di per sè si regge malamente sulle spalle degli operatori virtuosi, logorati da turni infiniti anche in condizioni “ normali” e perché l’ultima delle preoccupazioni della politica ( intesa appunto in senso lato) è quella di porre mano ad interventi talmente drastici ed articolati che vi confesso, a volte mi chiedo se vi siano umani in grado di realizzarli tale è lo sfacelo.
Molti esperti ammoniscono e lo facevano già a Marzo sulla necessità di potenziare la medicina territoriale. Ciò produrrebbe un duplice effetto: si garantirebbe assistenza adeguata a chi contrae il Covid e si deflazionerebbe il carico delle strutture sanitarie che così potrebbero essere dedicate a chi manifesta forme molto gravi nonostante cure tempestive ed ovviamente a chi ha altre patologie o è vittima di traumi.
Invece i medici che un tempo si chiamavano “di base” sono letteralmente barricati nei loro studi e ricevono solo su appuntamento ( limitandosi, i più, a qualche prescrizione), non hanno ricevuto in questi mesi alcuna formazione in tema di Covid e scaricano gli assistiti sugli uffici di igiene che si proclamano oberati di adempimenti ed incapaci di seguire tutti. Ancora una volta, come da sempre accade in Italia, l’approccio è di stampo burocratico. Non si riesce a star dietro al sistema di tracciamento? Ci arrivo anche io che se ho la febbre e l’anosmia con ogni probabilità ho il Covid. Non sarebbe neanche necessario che lo rilevasse un tampone. Invece la clinica è stata completamente abbandonata. Al primo starnuto di un bimbo si scatena il panico e i pediatri si limitano a prescrivere esami per telefono. Questo non lo dico solo io, lo dicono anche medici che non appartengono certo alla fazione di Zangrillo.
L’unico punto su cui avrei bisogno di maggiori certezze è quello incentrato sulla possibilità di controllare il virus. In realtà il Covid è altamente contagioso, siamo sicuri che la strategia giusta sia di tentare di imbrigliarlo con gli attuali sistemi? Non ci sono metodi più sofisticati del barricarsi in casa dalle 23 alle 5? Vaccino a parte…tema che accantonerei dato che allo stato attuale non esiste o non è fruibile. Le mie sono solo domande da persona comune.
Ciao ClaudioG, volevo pubblicare un commento sul fatto che il substrato emotivo crea un atteggiamento ideologico nell’affrontare le discussioni sui dati, poi ho letto il tuo commento e l’ho cancellato (troppo generico ciò che stavo scrivendo) per risponderti direttamente.
Anch’io non voglio fare la difesa di altri utenti, se non del mio punto di vista: io ho la sensazione che nei confronti di robydoc nei commenti di Stringer sia pesato non tanto l’aspetto dei dati (o come dici tu del “che cosa fare con questi dati” su cui non so pronunciarmi), quanto l’ombra dell’ormai temuto e blasfemo articolo sulla Svezia e la insufficiente “abiura” dello stesso. E questo è per me un atteggiamento ideologico.
Trovo anche sbagliato passare da questioni oggettive (letalità) a concetti più soggettivi come “considerare pericoloso” o meno il virus. Cosa si intende per pericoloso?
Io ho anche scritto, in un commento sopra, che anche con letalità molto bassa (di cui si discute e di cui avremo dati più certi alla fine), se il virus è molto diffuso e contagioso, i numeri in terapia intensiva sarebbero comunque troppo alti, tali da mandare in crisi il sistema e giustificare l’emergenza anche da un cinico punto di vista numerico.
Ma ciò non impedisce di dire, con questi dati (e con la mia dose di ignoranza, mica sono medico) che “per sè stessi” (quarantenni in buona salute), non si è *particolarmente* preoccupati.
Il che (e parlo per me che ho genitori ultrasettantenni che più o meno regolarmente ci aiutano – ora meno – con la gestione degli orari dei bimbi e nonni novantenni) non significa trascurare la preoccupazione per gli altri! Né trascurare le cautele necessarie e le procedure di sicurezza. O dire che la vita non sia Sacra e che non vada rispettata e tutelata (sottoscrivo Antonella, cmq).
Solo consente di osservare e giudicare le misure prese da un punto di vista meno emotivo e più razionale.
A meno che non si voglia giustificare un certo atteggiamento “paternalistico” dell’autorità nel “fare più paura del necessario” per timore che il cittadino quarantenne irresponsabile e decerebrato, non temendo per sè, vada in giro a contagiare le fascie più deboli. Come dire che nel bosco c’è il lupo o l’uomo nero per evitare che il bimbo faccia imprudenze o si cacci in pericoli più reali.
Scusa Alf ma l’abiura sul pezzo sulla Svezia non è che sia insufficiente è che non ho proprio niente da abiurare. Quel pezzo lo rivendico anche di più dell’altro, fin troppo diplomatico. Non è che siccome arrivano delle critiche scomposte e balorde alle quali non replico significa che abbia dei ripensamenti. Come si capisce ci tengo ad evidenziarlo.
Siccome il commento è troppo breve aggiungo ad Alessio che la letalità del virus è inconoscibile in questo momento e che quindi non ha proprio senso curarsi della differenza tra o 0.5, come pensa Isver, l’1, come pensa buona parte degli epidemiologi, o il 2,4, come ricavato da pm2001. Non credo che il calcolo incida particolarmente, qui e oggi, per i motivi che ho provato sommariamente e superficialmente ad accennare sul commento dei processi decisionali, sulle sofferenze del sistema sanitario.
Ne approfitto inoltre per scusarmi della parola di troppo (francamente non ricordo quale, ma scusate lo stesso) e per cheidere se è stato rimosso un mio commento di conciliazione con Stiger.
Solo una precisazione, anche se ai limiti minimi: robydoc capisco e condivido quanto precisi sopra, non volevo assolutamente intendere che ci fosse qualcosa da abiurare. Ho solo ritenuto che nei commenti di Stringer fosse rilevante un giudizio, un bias, di cui facevano parte anche le sue convinzioni personali circa il vecchio articolo. E in questo senso ho usato in modo sarcastico la parola “abiura”.
Mancano ancora duecento caratteri ma non voglio aggiungere confusione al tema, quindi mi limito a riempirli così. Scusandomi per aver confusionato il tutto.
Ok, Cugino di Alf. Sottoscrivo anch’io l’intervento di ieri di Antonella. E non chiedo a robydoc nessuna abiura, ché del resto nel suo pezzo sulla Svezia c’è scritto che “ogni paese deve trovare la soluzione più in sintonia con il suo contesto demografico, sociale e culturale, oltre che sanitario”, che è proprio quello che ho cercato di affermare anch’io. Fino a due mesi fa vivevo nella parte più “svedese” degli Stati Uniti (il Minnesota): magari sarà un punto di vista solo personale e poco scientifico ma, per quel che vale, mi fa dire che no, non ha senso continuare a farsi ‘sto confronto col resto del mondo – che trovo in certi commenti ma, attenzione, non in robydoc, il quale secondo me partiva proprio dal mettere in evidenza l’insensatezza della critica auto-assolutoria, quel volere grottescamente competere contro gli altri, che non è tanto diverso, del resto, dall’ostinazione di certe posizioni filo-Svezia che mi pare di aver letto anche qui, in certi commenti.
Ciao Robydoc. Grazie della risposta. Ho riflettuto sulla tua risposta, ma resto della mia opinione. Secondo me é sbagliato dire che la letalitá al momento é inconoscibile. Possiamo estrarre stime abbastanza accurate sulla letalitá del virus giá adesso.
Quindi per me la letalitá resta un nodo centrale da discutere. Spiego in maggior dettaglio. Il fatto che il sistema sanitario crollerá é sicuramente anche dovuto, come dici tu, a specifiche decisioni che sono state prese negli ultimi decenni per ridurre al minimo il costo della sanitá pubblica. Verissimo. E concordo con un intervento di, credo, Wuming4 che stressava come nessun politico abbia avuto la decenza di fare un minimo di mea culpa per la situazione attuale. Ciononostante, se entriamo in curva esponenziale, anche il sistema sanitario piú potente del mondo non potrebbe gestire la cosa. Servono quindi anche politiche di contenimento, e qui torniamo alla letalitá, in quanto questo é un parametro fondamentale per decidere cosa implementare e cosa no.
Quello su cui concordo completamente é la centralitá delle altre questioni che hai menzionato, in primis lo smantellamento del sistema sanitario, che vengono menzionate solo di sfuggita e se proposte come argomento silenziate con l´accusa di “benaltrismo”. Insomma il fatto che la discussione si sia completamente appiattita sul parametro epidemiologico buttando fuori tutto il resto. Cosa che tra l´altro era stata evidenziata su questo blog giá a Marzo scorso. Questo sí é un problema perché fa credere che quel parametro, la letalitá, sia *il* discorso e *il* parametro. Ne consegue come “distorsione del discorso” che solo virologi ed epidemiologi possono parlare perché sono quelli con li background piú forte su quello specifico argomento e tutti gli altri zitti.
Peró mi pare che il tuo discorso tenda a polarizzarsi sul pericolo opposto: eliminare completamente il dato epidemiologico (in quanto inconoscibile) e concentrarsi solo sul resto. A parer mio invece i vari livelli, quello epidemiologico e gli altri a te menzionati che sono per esempio piú politici, sono strettamente correlati e sovrapposti e non dovrebbero mai essere disgiunti. Ritengo quindi che la battaglia debba essere piú riguardo *l´integrare* nel discorso gli altri livelli che hai menzionato insieme a quelli piú strettamente legati al virus.
Personalmente sono molto d’accordo con questa opinione di Alessio e sull’importanza di integrare i due approcci.
La questione della letalità “effettiva” però andrebbe approfondita (e magari ci sono studi sierologici su larga scala che lo fanno, non lo so), perché ad oggi la percentuale di persone che magari lo hanno contratto in maniera lieve o asintomatica e non hanno fatto il tampone secondo me è rilevante.
Se non hai sintomi e non hai febbre (e la febbre se non sbaglio non è nemmeno il sintomo più “sensibile” o quello “sempre” presente, forse più rilevante la questione olfatto) non ti sottoponi a screening.
Per questo che dico che il denominatore della formula della letalità è probabilmente sottostimato.
Inoltre, come già accennato da altri, sarebbe utile capire se sulla letalità misurata a inizio epidemia possano aver pesato anche altri fattori come ad esempio quelli procedurali e terapeutici: tutta la questione anticoagulanti che subito “non andavano usati” (erano anche circolati messaggi su whatsapp etc.) e che poi invece sembrerebbero essersi rivelati una parte importante della terapia, quando si è scoperto che l’ombra radiografica nei polmoni era causata da micro-emboli.
Alessio (e cugino): questi sono alcuni dati sulla letalità al 22 ottobre 2020
Mondo 2,73
Italia 8,2
USA 2,64
Brasile 2,93
Russia 1,72
Spagna 3,2
Argentina 2,6
Iraq 2,3
Belgio 4,1
Svezia 5,5
Danimarca 1,86
Grecia 1,95
Finlandia 2,52
Norvegia 1,64
Malta 0,9
Inoltre:
Lombardia 12,72
Emilia 10,63
Sicilia 2,82
Puglia 5,22
Lazio 3,71
Toscana 4,8
Sardegna 2,7
Basilicata 2,8
Però – deve essere il periodo :-) – anche stavolta temo di non comprendere. Il tasso di letalità, come potete vedere, non è un dato “oggettivo”. Numeratore e denominatore dipendono da troppe variabili persino da come li conti, oltre che dalle politiche di contrasto e, ovviamente, dai sistemi sanitari. Tutto questo, a mio parere, significa che il “tasso di letalità” serve a poco.
Io non so se sono “sbilanciato” sul versante politico ma credo di sapere che un versante epidemiologico di per sè non esiste, anche l’esponenzialità della curva dipende, ma è ovvio no?, dalle misure di contrasto. Però anche questa è una cosa che credo ci porterebbe lontano, l’epidemiologia non è certo una scienza dura, si cercano correlazioni tra eventi, alcune diventano solide ma pochissime diventano causalità. Per me siamo ancora a febbraio per dire: c’è un virus; si trasmette per contatto tra parti del corpo e cavità o se sei in un ambiente chiuso e stai esposto per 15 minuti al fiato e starnuti di persona infetta; a seconda della carica virale aggredisce parti del nostro corpo. Tutto il resto, morti, condizioni critiche, febbri leggere ecc. fanno parte degli interventi di politica sanitaria, nel senso più ampio del termine.
Ciao Robydoc. Assolutamente d´accordo sul fatto che il tasso di letalitá é un parametro molto ballerino (era proprio questo il punto a cui mi riferivo alcuni interventi fa sulla (ampia) “zona di grigio”).
E appunto, come stressi anche tu, l´epidemiologia non é una scienza dura (benché non ami granché questa definizione in genere). Certo non é come misurare la carica dell´elettrone.
Il punto é che anche i punti sollevati da te non sono dati quantitativi “duri”. Prendiamo per esempio lo smantellamento della sanitá pubblica: chiaramente esiste un problema lí, ma dedurne le conseguenze “quantitative” e l´impatto sulla societá nel breve, medio e lungo termine é molto piú complesso e sfumato perché basato anche quello su un gran numero di assunti. L´analisi dei dati ci porterebbe probabilmente a definire degli scenari piú o meno foschi (sicuramente foschi, ché difficilmente credo che lo smantellamento della sanitá possa mai diventare cosa buona).
In questo senso quindi il dato epidemiologico, con tutto il suo carico di incertezze, diventa un altro dato da aggiungere a quelli in nostro possesso in una situazione oggettivamente molto complessa e delicata e parecchio sfumata.
La mia idea non era usare il dato di letalitá come una clava o la costante di Planck, proprio in virtú delle attuali incertezze sul numero (se poi il numerello veramente esiste, magari un intervallo di affidabilitá é un concetto piú accettabile).
Credo peró che qualunque discussione, anche politica, deve integrare questi parametri epidemiologici nel suo sviluppo, ma non per farsene guidare passivamente, ma l contrario per integrarli in uno scenario piú ampio che li include e li supera.
Ciao commento qua perché era venuto fuori un confronto con il resto del mondo. Ho trovato un’analisi che mi sembra abbastanza seria nel ridimensionare l’impatto del Covid in Svezia; Svezia di cui mesi fa si parlava nei tg come esempio di scelte folli, ma che con l’aumento dei casi in tutta Europa è sparito dai radar. Qualcuno che ci capisce di più se è un’analisi sensata? Si potrebbe fare una cosa analoga anche per l’Italia e altri paesi?
https://nitter.net/VoidSurf1/status/1313781479172964357?s=19
E’ vero che nessun sistema sanitario potrebbe reggere a lungo a una crescita esponenziale dei contagi. E’ irrealistico immaginare di avere un posto in terapia intensiva ogni 200 abitanti. Non dev’essere un alibi, ma nemmeno un tabù. Ce ne sono già troppi di entrambi.
Il disastro sanitario italiano però non si misura solo sulla capacità dei reparti ospedalieri. Noi abbiamo fallito clamorosamente, ormai è chiaro, su test e tracciamento, ovvero sul contenimento del virus, appunto, che è in primis una questione sanitaria. Non si fa con l’esercito. Al massimo si fa (anche) negli ospedali militari, ma in quanto presidi sanitari.
E’ il fallimento di un modello di sanità troppo sbilanciato sugli ospedali, a scapito della sanità territoriale. Un modello che risponde alle logiche di cui parlava robydoc. Tutto si tiene.
Un mio commento da bar:
la letalità italiana indicata da Robydoc è 3 volte il dato mondiale, e tutte le altre (a parte la Svezia) sono molto più più vicine al dato “mondo” che a noi.
Questo da cosa può dipendere?
Per come la vedo io, o si è sottostimato di 3 volte il denominatore, cioè il numero di contagiati, oppure da noi sono morte in proporzione 3 volte più persone fra i contagiati che nel resto del mondo.
Probabilmente un insieme delle 2 cose.
E se invece la differenza fosse tutta al numeratore, da cosa potrebbe essere dipeso tutto ciò? Dalla diversa curva demografica? (da noi ci sono percentualmente più anziani, che sappiamo essere molto più fragili di fronte al virus?).
Oppure ci sono anche altri fattori?
Diagnostici? Terapeutici?
O ha contato l’effetto di picco in Lombardia? Con il sistema al collasso e i reparti pieni, con gli stessi sanitari che si ammalavano per un’alta concentrazione di virus nell’ambiente ospedaliero è possibile che sia morta gente che in condizioni ottimali, da sola e senza altri malati, si sarebbe salvata?
Sono tutte domande a cui io non so certo dare una risposta ma che nel dibattito pubblico qualche tecnico dovrebbe fare.
Sicuramente poi c’è stato un problema con la sanità territoriale, anche a livello di circolazione delle informazioni oltre che nel test e nel tracciamento.
Quanti medici di base si sarebbero potuti proteggere dal contagio o salvare, evitando anche che diffondessero il contagio fra i loro assistiti (prevalentemente anziani nelle loro sale di aspetto) se, fin da gennaio e dalle prime ipotesi di diffusione del virus dalla Cina, fosse passata qualche direttiva che obbligasse ad adottare precauzioni speciali e DPI con chiunque mostrasse sintomi influenzali?
Una cosa però è certa. Qualunque sia la causa prevalente della discrepanza tra i numeri italiani e quelli del resto del mondo – anche se in realtà diversi paesi centro- e sudamericani hanno tassi di letalità apparente vicini a quello italiano – da quel dato si ricava che qui le cose non hanno funzionato. Se ci siamo fatti sfuggire il triplo dei contagi, in proporzione, non hanno funzionato per un verso. Se abbiamo fatto morire il triplo dei contagiati, sempre in proporzione, non hanno funzionato per un altro. O una combinazione delle due cose.
Quel numero è molto utile anche per sfatare qualche mito. Per dire, a forza di sentire il paragone tra la Svezia e gli altri paesi scandinavi, a qualcuno sarà pure venuta la curiosità di spulciare i dati di Slovenia, Austria, Svizzera e Francia e metterli a confronto coi i nostri. Bene, eccoli qua:
Slovenia 1,19% (101 morti e 8.488 casi per milione di abitanti);
Austria 1,31% (104, 7.963);
Svizzera 2,11% (236, 11.185);
Francia 3,55% (521, 14.658);
ITALIA 8,19% (609, 7.440).
Ora, se la Svezia ha “cinque volte i morti della Finlandia e della Norvegia”* perché non ha fatto il lockdown, noi abbiamo quasi sette volte i morti di Slovenia e Austria perché l’abbiamo fatto?
*Non è vero, peraltro, visto che a oggi ha 2,2 volte i morti della Finlandia e 3,4 volte quelli della Norvegia.
Credo che potrebbe essere utile una riflessione, anche se decisamente banale e pragmatica.
Con l’obiettivo di proteggere alcune categorie di persone se ne danneggiano gravemente altre.
Le mie domande sono semplici:
1-Con quali criteri e valutazioni si sono scelte le categorie da proteggere e le categorie da danneggiare?
2-Quali sono le tabelle di rischio e di costo/benefici utilizzate (E’ triste, ma se si governano milioni di persone le analisi costi benefici si devono fare, e non certo di stampo puramente economico)?
3-Sono state valutate tutte le opzioni che consentissero di raggiungere il primo obiettivo evitando il secondo?
4-In caso di risposta affermativa alla domanda 3, perché si è esclusa la possibilità di un lockdown selettivo per le categorie a rischio (o altre misure che al momento non mi vengono in mente)?
Non voglio arrivare agli opposti cinismi, da una parte quelli che “Eh ma muoiono i vecchi malati” e dall’altra “Si proteggono loro perché sono quelli che governano e che pagano”: chiedo solo, da cittadino, trasparenza. Poi potrò anche essere in disaccordo con le scelte fatte, ma almeno saprò da quali processi escono. Attualmente sembrano solo misure random estratte da un bussolotto impazzito.
Qualche giorno fa mio fratello mi ha fatto notare che CTS e governo vanno avanti come i tre sceneggiatori di Boris.
L’opacità dei processi decisionali è esattamente quel che critichiamo in questo articolo, quando diciamo che gli unici dati sui contagi nelle scuole resi noti dal governo ci dicono che intervenire con ulteriori provvedimenti sulle scuole non ha alcun senso. Se ci sono altri dati, che li mostrino. Se invece si vuol tornare alla DAD, o alla DDI, o introdurre ingressi scaglionati e lezioni pomeridiane per togliere pressione sul trasporto pubblico negli orari di punta, lo si dica in modo chiaro (qualcuno lo ha fatto). In quel caso, la mia risposta sarà: benissimo, se l’obiettivo è togliere pressione sul trasporto pubblico, la soluzione è potenziare il trasporto pubblico. Perché invece intervieni sulla scuola?
Detto questo: in Italia non c’è trasparenza decisionale e analisi chiara dei costi/benefici nemmeno quando si deve costruire una bretella autostradale. Mi sta bene insistere sul punto, ma non illudiamoci che un simile risultato si possa davvero ottenere. Non a caso, le divergenze tra CTS e governo sull’utilità del locdown nazionale sono venute a galla solo a lockdown concluso.
Il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini (a.k.a Bunazzén), confortato dalla ministra Azzolina, ha emesso una circolare “interpretativa” del dpcm nella quale specifica che ogni provvedimento straordinario rispetto all’organizzazione didattica potrà essere preso soltanto in caso di criticità manifesta, e non a priori (cioè ad mentula canis). E ha aggiunto altri 120 autobus per le ore di punta, arrivando così a quota 400 mezzi extra per il trasporto pubblico in regione.
Direi che è la dimostrazione di quanto dice WM2: a volerlo guardare in faccia, il problema non è la scuola, ma il trasporto pubblico che ti ci porta. Un problema che poteva essere inquadrato a febbraio, quando si sono chiuse le scuole e c’erano davanti sei mesi e mezzo per organizzare il potenziamento del trasporto in previsione della riapertura scolastica. Ma ancora ad aprile accennare alla riapertura scolastica significava essere aggrediti come incoscienti pazzi liberisti confindustriali. Siamo mica in Danimarca…
L’analisi dei processi decisionali però da tempo ha stabilito che le decisioni non sono il risultato di processi razionali. C’è dibattito sul fatto che si sia in ambienti “garbage can” o se alla fine alcuni elementi (la tradizione dello stile del decisore, i rapporti di forza, la praticabilità) contino ma immaginare una singola decisione che venga presa in seguito ad un’analisi degli attori, dei costi e dei benefici, dei risultati attesi ecc., davvero ha poco senso. Detto questo per me il tema secondo me non è tanto l’irrazionalità delle decisioni ma il tipo di razionalità che c’è dietro, che chiaramente NON È il semplice contrasto del virus. Purtroppo sarebbe un discorso lunghissimo, ma la costellazione di attori in campo – con “funzioni d’utilità” (convenienze) differenti – produce effetti contraddittori ma fanno anche prevalere dei punti di vista che a me sembrano abbastanza chiari. Per rimanere ad un livello abbastanza banale quando il presidente del Consiglio e il ministro della salute dibattono su cosa fare non hanno in mente “ridurre l’impatto sugli ospedali” ma mantenere una quota di consenso (taglio con l’accetta, confido nella vostra comprensione); della confindustria sappiamo, e sappiamo quanto possa incidere sulle decisioni; le varie forze che compongono una società complessa (magistrati, polizia, mass media) si confronteranno a seconda dell’intervento specifico (sul coprifuoco immagino che il tema sia “siamo in grado di farlo rispettare”) ecc. Tutto questo, secondo me, è opaco fino ad un certo punto, nel senso che sì, alcune divergenze rimangono nascoste ma il mio parere è che siano questioni marginali.
Insomma, come detto varie volte anche qui, “c’è del metodo in questa follia” e del resto, a pensarci bene, c’era del metodo anche tra gli sceneggiatori di Boris, che quando hanno pensato di far morire la bambina sono stati mandati al diavolo in malo modo dal potentissimo, fino ad un certo punto, Diego Lopez no?
robydoc certo, i processi decisionali spesso sono effetto di una serie di elementi imperscrutabili, ma non stiamo parlando di decidere se spazzare il cortile o tagliare i rami del pesco, ma della vita di una 60ina di milioni di persone. So che nel mio lavoro ho fatto spesso uso di analisi di rischio etc, e mi aspetto che un minimo di base pseudorazionale sia presente anche nelle scelte del CTS e del Governo. Non chiedo che l’integralità delle decisioni vengano prese su quella base, ma mi aspetto che la base esista, e vorrei tanto conoscerla. Dopo di ché, probabilmente continuerò con la mia resistenza passiva e con i miei video per dimostrare che camminavo da sola per strada (grazie ai quali ho fatto fuggire i vigili urbani già un paio di volte), ma almeno lo farò con la coscienza di essere ribelle e non banalmente senziente.
WM2 No, non lo accetto “in Italia non c’è trasparenza decisionale e analisi chiara dei costi/benefici nemmeno quando si deve costruire una bretella autostradale. Mi sta bene insistere sul punto, ma non illudiamoci che un simile risultato si possa davvero ottenere.”. Mi suona tanto come “Per questi italioti irrazionali e restii a seguire le regole è necessario chiedere 100 per ottenere 3”. Io mi illudo, continuerò ad illudermi ed a chiedere, perché questa Italia sono io, siete voi. E non potete, non possiamo permetterci di smettere di illuderci, soprattutto se siamo gli ultimi a farlo.
Il punto non è se illudersi o meno, ma quale battaglia sia più utile. Continuo sull’esempio delle Grandi Opere: quando ti calano dall’alto il progetto di una bretella autostradale che devasterà il territorio, cos’è meglio fare? Lottare per la “partecipazione”, per la trasparenza decisionale, per le migliorie al progetto, oppure anzitutto mettersi di traverso e impedire che l’opera venga realizzata? Ci sono associazioni ambientaliste che a forza di lottare per le “migliorie” si sono poi ritrovate sul territorio un’opera devastante. Per questo dico che una battaglia sulla trasparenza non mi pare utile. Trovo importante denunciare come vengono prese le decisioni, ma l’obiettivo della trasparenza mi pare come quello di un “capitalismo dal volto umano”. Pia illusione? Ossimoro? Specchietto per le allodole? Diversivo? Una miscela di questi.
Non avendo le competenze per ragionare su numeri e statistiche aggiungo una considerazione forse sciocca, basata sulla semplice osservazione della realtà che mi circonda.
Una amica mi raccontava che suo fratello che lavora in un comparto c.d. essenziale ha contratto il Covid. Ciò è avvenuto certamente sul luogo di lavoro ( pur osservando, ha assicurato lui, ogni precauzione) dato che altre DECINE di colleghi si sono ammalati nello stesso periodo. Il tizio ha contagiato moglie e figlia e la stessa situazione si è verificata nelle famiglie degli altri.
Potrei citare svariati casi di focolai sul luogo di lavoro. Non sto dicendo ovviamente che non si debba lavorare, ma anche a voler accantonare le problematiche relative a settori dove il Covid è solo l’ultimo ( e forse neppure il principale) dei problemi, è scontato che le attività lavorative rechino un rischio non trascurabile. Al di là delle riflessione che se ne può trarre in ordine alla necessità di implementare le misure di prevenzione, da quanto sopra consegue che quando leggo che il Ministro Speranza ha ripreso con la supplica “ state a casa il più possibile” non riesco a non provare irritazione ( per usare un termine blando). Il fratello della mia amica cui prima accennavo ha manifestato sintomi seri, ma non ha ricevuto assistenza. Medico di medicina generale? Non pervenuto. Ats? Otto giorni per essere contattato. Le tanto sbandierate unità mobili che avrebbero dovuto recarsi a domicilio per assistere i pazienti ed evitare sia il loro peggioramento che l’affollamento degli ospedali? Un miraggio. Solo tramite conoscenze è riuscito ad ottenere la prescrizione di una terapia mirata.
Ed il Ministro ci invita, anzi ci prega, di stare a casa? Finché mi si dice, sebbene non ve ne sia alcun bisogno per quanto mi riguarda, di evitare occasioni conviviali…nulla quaestio. Ma se si riprende con la solfa che per far cadere la curva bisogna murarsi nei propri appartamenti…abbiano già dato e pare non sia servito a molto. Sono pronta ad ogni sacrificio che sia utile, ma che non si risolva in un mero fioretto. Non sono medico o scienziato, ma sono cosciente che posso infettarmi sul luogo di lavoro ma non sul cucuzzolo della collina o incrociando per strada un essere umano per una frazione di secondo.
«Sono pronta ad ogni sacrificio che sia utile, ma che non si risolva in un mero fioretto. Non sono medico o scienziato, ma sono cosciente che posso infettarmi sul luogo di lavoro ma non sul cucuzzolo della collina o incrociando per strada un essere umano per una frazione di secondo.»
Sottoscrivo in pieno. E aggiungerei che stando a quanto abbiamo visto questa estate, non c’è grande rischio anche scendendo dal cocuzzolo della collina e camminando tra gli esseri umani (magari senza abbracciarli, starnutirgli addosso o baciarli in bocca, of course). Altrimenti ad agosto, con le maglie dei dpcm larghe, avremmo dovuto avere un picco di contagi e di malati, mi pare. Invece le spiagge erano piene e i reparti di terapia intensiva vuoti. Poi viene l’autunno e i ricoveri tornano ad aumentare. La differenza tra estate e autunno è palese: in estate fa più caldo, quindi siamo meno esposti alle intemperie, il sistema immunitario è meno stressato, e si trascorre molto tempo all’aria aperta, dove è molto più difficile infettarsi.
Insomma a me pare evidente ormai che non è stando all’aperto che si prende il covid, ma stando al chiuso. Va be’ che qui su Giap lo diciamo da marzo, ma tant’è.
Se adesso si ritornasse allo “stai-a-casa” sarebbe davvero ridicolo. Come diceva quel tale, la prima volta è una tragedia, la seconda una farsa, ma in Italia le due cose si danno sempre insieme.
Mi scuso per il ritardo e mi dispiace davvero che Stringer si sia lasciato un po’ andare, fra l’altro non sono neanche riuscito bene a capire perché, non mi pare di aver detto delle cose particolarmente originali. Se torno sulla questione è perché forse vale la pena ribadire, visto che sono passati mesi, ribadire qualcosa sia sugli esperti ( https://jacobinitalia.it/fate-parlare-gli-esperti-chi-si-deve-occupare-di-unepidemia/) che sugli scienziati (https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/05/science-communication-breakdown/ i nostri ospiti hanno avuto la cortesia di ospitarmi anche da solo), visto che a volte si torna al punto di partenza. Non sono pubblicazioni scientifiche ma mi pare mantengano un certo valore. Per lo zero che vale una cosa scientifica sul tema l’ho scritta davvero, con un infettivologo fra l’altro ma sarebbe una cosa triste se le mie opinioni dovessero essere valutate in base al mio curriculum. Nessuno deve credere a me invece che a x, tutti dovrebbero provare a confutare i dati, o a proporre diverse interpretazioni degli stessi, se mai dovessero essere corretti. Il famigerato metodo scientifico – io un po’ a sta cosa ci tengo – è tema più specifico di scienziati “deboli” che “duri” (Kuhn aveva cominciato da fisico ma dovette spostarsi sulla filosofia per riflettere sulla scienza) e senza farla troppo lunga prevede che più che fidarsi di scienziati “veri” (è dura definirli eh?) si dovrebbe valutare cosa scrivono nei saggi più che cosa dicono nelle interviste. Ma su questo mi ero già dilungato nel post citato, al limite si può provare a dare un’occhiata lì.
Sul resto della polemica, se stringer è d’accordo, io la chiuderei qui, come ci ricordano spesso i nostri ospiti non siamo su fb.
Opinione personale, di un soggetto femmina con OCD e disturbo d’ansia generalizzata.
Quello che ho capito io è che c’è un virus che ammazza l’1% di chi infetta. Se colpisce una popolazione di 60milioni di abitanti, ne ammazza 600.000, che sono quanti i militari italiani morti nella I guerra mondiale. Ne manda il 10%, più o meno, in ospedale, quindi manda all’aria il sistema sanitario nazionale: non si riesce più a curare nessun altro e muore di altre malattie anche chi si sarebbe potuto salvare, perché non può essere curato.
Sappiamo poco delle conseguenze a medio e lungo termine della coronavirosi: il virus colpisce il sistema nervoso centrale e il sistema cardio-circolatorio. Dobbiamo aspettarci un aumento delle patologie degenerative che colpiscono questi sistemi nel futuro prossimo?
Non conosciamo bene nemmeno l’immunopatogenesi delle forme più gravi di coronavirosi: il vaccino funzionerà?, per quanto?, darà effetti collaterali?
Stando così le cose, quel che dobbiamo fare è limitare il più possibile, in ogni modo, la diffusione della malattia, mentre nel frattempo scopriamo un modo efficace per difenderci.
P.S. dimenticavo: se si ammalano gli operatori sanitari, non ci sarà più nessuno che curerà i malati. Quando parlo di ammalarsi intendo anche il “burn out”. Siamo già tutti all’ostia per quel che è successo in primavera, non so come verremo fuori da quest’inverno.
Èh, sì, con rispetto parlando, un certo disturbo d’ansia si nota.
Comunque il virus non uccide l’1% di chi infetta. La maggior parte delle persone che vengono infettate non solo non muore ma non si ammala nemmeno, o tutt’al più ha la febbre e la tosse. Quindi le cifre che ipotizzi sono del tutto fuori scala.
Per quanto riguarda lo scenario che profili, anche nella peggiore delle ipotesi c’è una cosa che non si può fare per timore di morire: smettere di vivere. Perché il risultato sarebbe equivalente. Quindi più che tutelarsi e prendere provvedimenti seri, non spettacolari o apotropaici, non si può fare. E magari lo si facesse. Avessi sentito un politico, di qualunque colore, fare un mea culpa (sì, anche ipocrita, avrebbe comunque avuto un significato politico) sulla gestione liberista della sanità pubblica negli ultimi quindici anni. Se ne guardano bene. Il che significa che non hanno alcuna intenzione di invertire la rotta. Di questo mi preoccuperei, perché la politica è o dovrebbe essere più alla nostra portata di quanto non possa esserlo l’imprevedibile mutazione di un virus o i suoi effetti a lunga scadenza.
L’ho premesso proprio perché temevo che quello che avrei scritto non avrebbe avuto alcun senso :). L’ansia fa vedere tutto in modo sfocato, come se davanti agli occhi ci fosse una lente che distroce la realtà trasformandola in incubo.
“Per quanto riguarda lo scenario che profili, anche nella peggiore delle ipotesi c’è una cosa che non si può fare per timore di morire: smettere di vivere. Perché il risultato sarebbe equivalente.” È confortante leggerlo. È quello che mi impongo di pensare tutti i giorni, per non starmene in posizione fetale sul letto.
La pandemia ha reso la vita di tutti noi maggiormente complicata, ma forse ancor di più l’ha complicata a chi già prima soffriva di malattie mentali.
Chiedo scusa per la digressione, ma è un tema a me molto caro per molte ragioni.
Piccolo commento a Bice: ma chi di noi non è ansioso con questo carico insostenibile di notizie tragiche amplificate tutti i giorni sui media??? Sarebbe anormale non esserlo. Però importante è cercare di non farsi divorare e non smettere di guardare con serietà i dati. I numeri tuoi vanno rivisti, sono esagerati. Se si riuscisse ad allegerire il carico sugli ospedali i numeri sarebbero ancora più ottimistici e, se non ci fosse questa focalizzazione mediatica mostruosa, probabilmente diventerebbe un problema sanitario come altri. Le fasce a rischio vanno protette in tutti i modi e le strutture sanitarie pubbliche vanno supportate al massimo, davvero come fossimo in guerra. E’ notizia di oggi che al Cardarelli di Napoli i malati Covid e quelli non COVID sono separati da una tendina. E’ normale a fronte di un governatore che poi si atteggia a “implacabile controllore”??? Teniamo duro e non abbassiamo la guardia sul monitoraggio della gestione che il Governo fa della pandemia e, per quanto possiamo, facciamo aprire gli occhi a tutti colore che “non si poteva fare di meglio”. Come ha scritto Wu Ming 4 “Avessi sentito un politico, di qualunque colore, fare un mea culpa (sì, anche ipocrita, avrebbe comunque avuto un significato politico) sulla gestione liberista della sanità pubblica negli ultimi quindici anni” : Parole sante!!!!
Ciao Bice28. Secondo me il tuo discorso ha un problema di fondo che sta in quel “in ogni modo”. Non credo sia l´approccio corretto. Intanto perché come ha menzionato Wuming4 i tuoi numeri sono abbastanza “foschi”. In secondis perché a parer mio é un errore appiattire tutto il discorso su una questione esclusivamente epidemiologica.
Esistono molti altri danni “collaterali” in questa pandemia. Danni seri, serissimi. Danni psicologici (depressioni, etc.), sociali (voragine nell´istruzione dei ragazzi, etc.), economici (chiusura di negozi, recessione, etc.) che colpiscono la carne viva della popolazione e soprattutto delle persone piú svantaggiate (a livello economico e fisico).
La cura contro il virus *deve* essere il piú possibile conforme alla minaccia. Il limite deve essere gestito in modo da propriamente bilanciare tutti i danni come in un processo di ottimizzazione (o minimizzazione del danno globale se vogliamo).
Ciao Bice28…con me sfondi una porta aperta perché io convivo con un fortissimo disturbo d’ansia sin dalla adolescenza e il riacutizzarsi della mia sindrome mi ha colto a Giugno come un ceffone. Eppure sai che ti dico? A farmi correre di nuovo dallo psicoterapeuta non è stata la paura del Covid, ma tutto il corallario di assurdità che ha portato con sè l’emergenza sanitaria nonché la rigida limitazione della libertà personale. Paradossalmente io, nota germofobica e fobica, sono la più razionale tra insospettabili persone che mi circondano. Colleghi che mi hanno sempre preso per i fondelli per il mio uso smodato di acqua e sapone, ora mi additano come “negazionista” al grido di “ proprio tuuuuu…”. Ma io non nego nulla, anzi! È da dicembre 2019 che non invito amici a cena! A dire il vero più per paura della quarantena ormai che del virus stesso. Non sto facendo la sbruffona, so che però qualunque infezione virale può avere strascichi anche pesanti. Eppure non ho mai visto nessuno preoccuparsi perché anche un semplice raffreddore può portare alla miocardite. Nè ho mai notato tanta preoccupazione per il prossimo, anziano o fragile che fosse, in caso di episodi di infezioni virali. Quindi reagiamo e rimaniamo lucidi!
Rispondo qui per rispondere a tutti.
Giampaolo hai ragione nel dire che bisogna guardare i dati con serietà, non volevo farlo senza serietà e chiedo ancora scusa per aver sbagliato nella mia deduzione dei numeri.
Anche io mi sarei aspettata un sostanziale cambio prima di registro e poi di rotta sulla sanità pubblica. Un’ingenuità forse, ma come si può nascondere la carenza della sanità pubblica in questa situazione?!
Alessio, “Esistono molti altri danni “collaterali” in questa pandemia. Danni seri, serissimi. Danni psicologici (depressioni, etc.), sociali (voragine nell´istruzione dei ragazzi, etc.), economici (chiusura di negozi, recessione, etc.) che colpiscono la carne viva della popolazione e soprattutto delle persone piú svantaggiate (a livello economico e fisico).” Questo è quello che vedo succedere ogni giorno intorno a me. Lo sfaldarsi del tessuto sociale è a lungo termine sicuramente peggio della pandemia stessa.
Mandragola, che posso dire se non che ti capisco davvero tanto. Purtroppo, pur sapendo che non è razionale, non riesco a non sentirmi contaminata ogni qual volta esco e tocco qualcosa. Appena ho un lavandino disponibile mi lavo le mani insaponandole e risciacquandole per 4-5 volte.
I media non parlano di questi problemi, che sembrano confinati nel dimenticatoio della società.
Vorrei trovare qualche parola di conforto per chi si sente un po’ sopraffatto dall’ansia, ma è difficile. L’unica cosa che posso far notare è che se si tratta di ansia “endogena”, che ci autoproduciamo, c’è poco da fare, ognuno se la vedrà da dentro con se stesso, ma spesso vi sono ansie indotte dall’esterno, e su quelle possiamo agire: in fondo se ci viene ansia per un qualcosa che ci viene detto è perché diamo credito immediato alla fonte. Io credo che un sano spirito scettico (non assolutamente scettico, ma molto scettico) sia un buon coadiuvante contro l’ansia. L’esempio mi è venuto da solo: dopo aver letto i vostri commenti sono andato su corriere.it, alle 15,42 di oggi: ecco l’ordine delle notizie:
Raddoppiano i contagi in Lombardia
L’appello della cancelliera Merkel: nei prossimi giorni si decide il nostro futuro.
Milano Napoli e forse Roma già fuori controllo
Coprifuoco in Lombardia.
Ditemi chi potrebbe non sentirsi in ansia dopo aver letto questi titoli? Anche le persone che hanno gli strumenti culturali per filtrare le notizie, che conoscono le tecniche dei titolisti, faticano a controllare l’emotività, figuriamoci chi non ha questi strumenti.
E così anche quando parli per strada con qualcuno: trovi sempre l’apocalittico della porta accanto. Io consiglio di evitare queste inutili fonti d’ansia, e dedicare tempo alla lettura e alla natura.
Ed ecco lo scienziato giusto al momento giusto che punta il dito sulla scuola e prepara il terreno alle prossime chiusure:
https://m.huffingtonpost.it/entry/la-curva-dei-contagi-simpenna-gli-indizi-puntano-verso-la-scuola_it_5f8ff900c5b62333b2409287?7xm&utm_hp_ref=it-homepage
Il mio parere nulla sarà rispetto a quello di un fisico e sarà per mio limite, ma non trovo nessuna delle argomentazioni esposte nell’articolo
minimamente confluenti verso il quadro indiziario delineato. Primo: l’evidenza che molti soggetti sono asintomatici o paucisintomatici in questa fase non esclude che questi soggetti vi fossero anche nei mesi passati, soltanto
che non venivano intercettati. Inoltre partire da questo assunto per concludere che la scuola è un amplificatore del contagio è decisamente azzardato. E se anche fosse non sarebbe più lungimirante prevedere servizi e sostegni economici alle famiglie in modo che non debbano affidare i nipoti per 5 ore filate ai nonni? Così che questi magari i nipoti li possano incontrare in condizioni di maggior sicurezza, evitando di esporsi a contatti prolungati e diretti. Secondo: affermare che nessun sistema sanitario al mondo potrebbe reggere una crescita esponenziale della curva epidemica è vero se diamo per acquisto che i sistemi sanitari siano la principale preoccupazione degli Stati e dunque ovunque si investano in essi le maggiori risorse possibili. Ma non è così. Basta guardare a casa nostra…
Forse gli scienziati che di districano tra i numeri ed i grafici con tanta disinvoltura dovrebbero avere una visione meno settoriale della realtà. Penso all’ormai noto prof. Galli che nessuno mette in dubbio possa essere una eccellenza nel
suo campo, ma quando afferma che vede i morti di Covid, ma non i morti di fame nelle strade, dimostra di ignorare Implicazioni molto serie della pandemia. Conseguenze che esulano dalla sfera prettamente sanitaria, ma non sono per questo meno perniciose.
Scommetto che costui non ha figli in età scolare. Altrimenti saprebbe – ma in realtà lo accenna nell’articolo, giusto per pararsi le spalle – che a scuola i ragazzi e le ragazze sono molto più controllati e disciplinati nei loro comportamenti. Così come nelle società sportive, se ne frequentano.
Posso parlare per esperienza diretta: quando c’è un sintomo, o un tampone in corso, tramite chat dei compagni di scuola o di squadra e chat genitoriali, l’informazione è immediata. I contatti che hanno avuto i ragazzi sono molto più facilmente tracciabili e raggiungibili proprio perché fanno parte di gruppi definiti e connessi in rete. Se stai ad aspettare che sia l’ASL a muoversi e informarti, campa cavallo…
Nel liceo che frequenta mio figlio maggiore pare che abbiano trovato 11 positivi, che avrebbero partecipato a una festa di compleanno. Questo dimostrerebbe che appunto i ragazzi non si infettano a scuola, bensì fuori (e dimostrerebbe anche che la responsabilità degli adulti che fanno fare una festa con tanta gente lascia a desiderare). Ma proprio perché frequentano la stessa scuola, si è potuto rintracciare e “tamponare” i ragazzi coinvolti abbastanza facilmente e rapidamente.
Nella società sportiva che frequenta mio figlio soltanto nella sua squadra ci sono stati 3 tamponi in 3 settimane a 3 ragazzi, tra cui lui stesso, e in attesa di esito (qui a Bologna ci vogliono 12/24 ore) sono stati messi in stand by allenamenti e partite, mentre i ragazzi sotto test con sintomi influenzali erano ovviamente a casa, in attesa dell’esito.
Queste cose sono possibili grazie alla triangolazione e al tempismo comunicativo tra famiglie dei diretti interessati, scuola/società sportiva, e medici di base che prescrivono il tampone. Le comunità, le collettività, se vogliono funzionano, e questo fa sentire meno soli in questo clima psicotico e di fronte allo tsunami di merda che viene preannunciato. Se invece ci chiudiamo o veniamo chiusi nell’isolamento domestico, ogni contatto fisico esterno è random, irrintracciabile (Immuni è già andata a farsi friggere), e siamo noi da soli, o la singola famiglia, contro il fato cinico e baro.
Al di là del fatto che a quanto so, e per quanto è capitato, i compagni e le compagne di un contagiato il tampone lo fanno. A meno che non sia cambiato qualcosa nelle ultime settimane dovrebbe continuare a essere così. Quindi l’articolo a quanto so sbaglia nel dire che “spesso le classi vengono messe in quarantena, ma non vengono sottoposte a tampone e quindi manca il riscontro sui singoli casi.”
Poi però c’è un problema più grosso che noto alle superiori e che potrebbe rivelarsi piuttosto rognoso. Grazie alla nebulosità di ciò che avviene quando qualcuno viene identificato come contagiato, grazie alla mancanza di sostegno economico concreto alle famiglie che finirebbero in isolamento o addirittura quarantena, sono scomparse le giustificazioni delle assenza “per malattia”. Le giustificazioni dicono tutte “motivi personali” o “ motivi familiari”. Questo, anche senza andare in panico, è un problema e pure bello grosso. Perché se è vero che la carica virale dei e delle giovani è bassissima, hai una falla piuttosto grande nel tracciamento e nel difendere i soggetti più fragili.
Credo che qui il discorso, pur partendo da premesse molto condivisibili, stia prendendo una pericolosa deriva con tratti potenzialmente anti-scientifici. Sono un ricercatore e troppe volte vedo politici ignoranti e giornalisti prezzolati citare gli scienziati solo quando le loro analisi possono essere usate a sostegno delle tesi che si vogliono dimostrare. Da anni vi seguo con grande interesse come lettore, negli incontri dal vivo e sul blog. Per favore, cerchiamo di evitare in una comunità aperta e seria come questa di derubricare con tanto sprezzo analisi scientifiche. La critica di analisi scientifiche fa fatta raffrontando i risultati con altri dati ed analisi scientifiche, non con esperienze personali.
Non ci risulta sia in corso alcuna “pericolosa deriva” antiscientifica. Se ci segui da tempo dovresti sapere che svariate delle persone che stanno discutendo qui sono ricercatori e ricercatrici, uno è un epidemiologo, anche se non sente il bisogno di dirlo spesso. Ma non è nemmeno quello il punto, non è il background dei singoli, perché questo non è un blog specialistico: il punto è il metodo adottato per discutere. Qui ci si confronta anche aspramente, sempre sulla contraddittorietà del quadro, sviscerando insieme le questioni e senza critiche ad hominem. Non solo non c’è nulla di antiscientifico in questo, ma sarebbe bello se anche altrove si discutesse così. Per favore, cerchiamo di non cedere alla tentazione di brandire le parole “scienza” e “scientifico” come clave ogni volta che non siamo d’accordo con qualcosa o ci troviamo a disagio. Se non sei d’accordo porti i tuoi argomenti, se sei a disagio lo dici e tematizzi il tuo disagio, ma niente ombre di “scomunica”. Qui di “nemici della scienza” non ce ne sono.
Umh… Sbaglierò, ma l’articolo in questione non mi sembra proprio una grande analisi scientifica. La tesi (mascherata da ipotesi) che sostiene è che siccome la curva dei contagi ha ripreso a salire da fine settembre, questo deve essere conseguenza della riapertura scolastica. E chiosa dicendo che sarebbe bello avere dei dati più completi in proposito.
Credo anch’io che lo sarebbe, e inviterei l’autore a considerare il fatto che – come ho scritto nel mio commento – la scuola e le società sportive sono i luoghi in cui i minorenni sono più protocollati, igienizzati, distanziati. Comunque molto più che fuori di lì, cioè in cortile, a casa di amici, sull’autobus o a feste di compleanno. Lo inviterei cioè ad articolare meglio l’osservazione empirica.
Dal basso della mia ignoranza scientifica, mi chiedo perché non prendere in considerazione l’ipotesi che la curva dei contagi coincida con la riapertura delle scuole non tanto perché i ragazzi si contagino a scuola, ma perché da settembre hanno ripreso a frequentarsi *dopo* scuola più assiduamente, ovvero hanno ripreso una vita sociale più intensa rispetto ai mesi estivi in cui erano in vacanza e si frenquentavano prevalentemente in pochi, all’aria aperta, non usavano i mezzi pubblici quotidianamente, ecc.
Perché se questa seconda ipotesi (quella dell’ignorante) è errata, allora bisogna per forza concludere che i protocolli introdotti dai vari dpcm non servono a niente. Se quando i protocolli erano più laschi – cioè questa estate – le terapie intensive erano vuote, e adesso che sono più rigidi, tornano a riempirsi, e il contagio si diffonde nei luoghi in cui tali protocolli sono in vigore, allora non servono davvero a nulla. Viceversa, se servono a qualcosa, allora il punto è farli applicare correttamente, perfezionarli, potenziarli, e non cercare surrettiziamente nella scuola il capro espiatorio dell’ippennarsi delle curve.
Tutto qua. Viva i dati scientifici.
Ah, ovviamente tutto questo discorso si svolge in totale assenza di dati sui contagi nel mondo del lavoro (quelli lo scienziato non li chiede). Ma cosa lo dico a fare…è da marzo che andiamo avanti così, no?
Segnalo questo episodio accaduto a Livorno https://iltirreno.gelocal.it/livorno/2020/10/20/news/coronavirus-calci-pugni-e-pietre-alle-forze-dell-ordine-in-piazza-attias-durante-i-controlli-1.39440300.
Inoltre,ascoltando i TG nazionali(non vorrei farlo,ma sono costretto),sento notizie di gente che si lamenta e,se perfino l’ufficio stampa del governo riporta cose del genere,allora vuol dire che sotto comincia ad essere qualcosa di serio.
Che dite?Sono forse dei timidi segnali indicanti che la misura è colma e che scoppieranno casini se si continua così?
Aggiungo un altro elemento sulla scuola, rispetto all’argomento “perché non ci si incazza?”.
Non so in quante scuole siano stati attivati i corsi di Italiano L2 (italiano seconda lingua). Nella mia no, dubito che in altre siano stati attivati perché non sono strutturali.
Questo non è un problema da poco, se teniamo conto che queste persone hanno probabilmente vissuto in casa la fine dell’anno scolastico scorso e quindi non sono stat* immers* in un ambiente italofono. Aggiungiamo che con la mascherina alcune cose non si possono materialmente fare: una persona straniera ha bisogno – non lo dico io, lo dicono i libri su cui si insegna- di vedere come si muove la bocca per comprendere le parole e riformularle. In contesti attuali questo è poco possibile. Non solo, la mascherina rende più difficile l’ascolto per chiunque, figurarsi per chi non parla italiano.
Quindi abbiamo gente che sta gettando mesi e mesi di scuola.
La soluzione non è togliersi o meno la mascherina, la soluzione andava presa tempo fa, rendendo possibile l’insegnamento in classi meno affollate e partendo da subito con un piano di recupero. In mancanza di questa andrebbe quanto finanziato con fondi parecchio sostanziosi l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua. Già nella maggior parte dei casi è gente senza diritti, se togliamo pure questo siamo nella merda.
Attualmente non ho incontrato alcuna chat di genitori, né di prof che in cui ci si è posti questo problema, perché la tendenza a guardare solo al proprio ombelico mi sembra dilaghi.
Ripartiamo dal ruolo del capitale e da cosa voglia dire, in questo contesto. Il capitale che ha instaurato un sistema di sorveglianza globale sarebbe certamente in grado di tracciare il contagio. I sistemi pubblici di trattamento del contagio, invece, non funzionano. Rischiamo di uscirne con l’idea che sia più efficiente delegare al grande capitale l’esercizio di funzioni pubbliche, come in The Circle. Opporsi al capitale non implica allora necessariamente mettere in questione il diritto alla privacy come lo intendiamo, ovvero come diritto che può essere venduto -a fronte, si badi, di uno o più servizi quasi sempre forniti in monopolio- ma non può essere requisito per il bene pubblico?
WM2 Ok, avevo frainteso, e concordo sulla tua linea. grazie.
Scrivo oggi dal fronte lombardo dove cerco di trovare appigli ed appoggi per combattere questa nuova presa di posizione contro i diritti fondamentale dei 14-19enni. Non conosco la via, ed in effetti non mi interessa neanche più chiedermi perché, ho solo tanta rabbia dentro che sto trasmettendo, volente o nolente ai miei figli. Tanta rabbia che li farà esplodere, e non so se sperare o temere che succeda presto. Passo ore a confrontarmi con altri genitori, con i docenti, con studenti… Mi chiedo se sia successo altre volte nella storia, di sentire arrivare la valanga di mxxxa e non avere idea di come contribuire a fermarla…
Intanto secondo svariati studi condotti in diversi paesi, le scuole non solo non sarebbero tra i luoghi più a rischio di diffusione del virus, ma non ci sarebbe nessuna corrispondenza tra la loro chiusura e un calo dei contagi o tra la loro riapertura e un aumento dei contagi. Ecco come un articolo sul sito della NPR (la radio pubblica statunitense) introduce la questione:
«Despite widespread concerns, two new international studies show no consistent relationship between in-person K-12 schooling and the spread of the coronavirus. And a third study from the United States shows no elevated risk to childcare workers who stayed on the job.
Combined with anecdotal reports from a number of U.S. states where schools are open, as well as a crowdsourced dashboard of around 2,000 U.S. schools, some medical experts are saying it’s time to shift the discussion from the risks of opening K-12 schools to the risks of keeping them closed.»
Io in merito al discorso scuola ho fatto solo un piccolo conteggio sulla classe di mia figlia più grande che è in terza superiore:
24 alunni x 0,50€/mascherina/alunno/gg x 200gg scolastici = 2.400€
24 alunni x 200€/banco con le rotelle (il costo è ipotetico perchè non sono riuscito a trovare il dato da nessuna parte) = 4.800€
Quindi lo stato spenderà se tutto va bene (nel senso che vanno a scuola tutti i 200g scolastici previsti da calendario scolastico regionale) 7.200€ in sicurezza passiva.
La Germania invece investirà 500 milioni di € in sicurezza attiva ovvero sistemi di Ventilazione Meccanica Controllata per il ricambio aria con recupero termico della aule scolastiche.
Nota di servizio, scusate: avevo lasciato un commento in risposta ad alessio e cugino alf ma non lo trovo tra i pubblicati (c’erano dei dati che avevo messo solo qui :-( dovrei rifarli tutti sic) riuscite a recuperarlo anche se decidete di non pubblicarlo? Mi era capitato già ieri, poi il commento è comparso nel tardo pomeriggio, spero non sia legato a qualche altra parola eccessiva (non credo, ma non si sa mai).
Come faccio ora ad arrivare al numero di caratteri minimo? Boh forse ricordando una cosa qui molto nota: se la Torino-Lione è stata fermata non è grazie a richeiste di partecipazione o a studi e analisi più o meno sofisticate che ne mostravano l’insensatezza, quanto per la capacità del movimento di mettersi di traverso
Era finito nello spam, ripescato.
Sull’uso dei dati, sono perfettamente d’accordo con Robydoc – i cui commenti sono del resto in linea con i post e le relative discussioni dei mesi scorsi (a cui rimanderei per pericolosità del virus e temi simili): il tasso di letalità è chiaramente inaffidabile. Fondamentale è invece, ricordo, il numero assoluto dei morti, “il più solido degli indicatori epidemiologici” (https://www.epicentro.iss.it/mortalita/).
E la mortalità ci fa capire perché si stia esasperando il pericolo reale del Covid: i morti stanno aumentando infatti più o meno costantemente dal 1996 (https://www.istat.it/it/files/2017/10/indicatori-mortalita-1.pdf, figura 1), seguendo normali sbalzi di decine di migliaia di morti all’anno. Quindi chiunque faccia terrorismo psicologico sull’aumento di 30-40 mila morti del 2020 rispetto alla media del 2015-2019, ricordo ancora, è poco serio. Anche perché già nel 2015, ad esempio, ci sono stati 46mila morti in più rispetto alla media del 2010-2014 (dati ricavati dall’istat).
La mortalità insomma (al di là di chi ipotizza ecatombi senza le misure più severe – idea indimostrabile quanto irrazionale, per i motivi detti nei mesi scorsi) può far temere in Italia tutt’al più per le persone immunodepresse dell’area attorno alla val padana (qui è possibile, per chi non lo sapesse, fare confronti della mortalità nel 2015-2020 per singoli comuni: https://www.istat.it/it/archivio/241428).
Poi chiaramente il futuro non può prevederlo nessuno, ma non c’è motivo di farsi prendere dall’ansia. Sottoscrivo anzi il commento di Negante, invitando chiunque a:
– guardare ai media con distacco, ricordando che non riportano “verità” né meri “fatti” (sulla natura e origine delle notizie si può vedere A.Pettegree, “L’invenzione delle notizie”);
– argomentare sulla pericolosità dei virus e simili solo se in possesso di tanti dati affidabili;
– ricordarsi che il vero male non è la morte, ma la morte-in-vita di chi fonda la propria esistenza sulla paura.
Sui minorenni, infine, aggiungo che il totale disinteresse per la loro salute psicologica è forse il lato più vergognoso di quanto sta avvenendo.
Condivido i suggerimenti di Negante e Deantonio anche se, per chi come me non ha sposato una visione virocentrica dell’esistenza, l’ansia deriva dalle preoccupazioni collaterali legate a questa situazione, da un’ incertezza per il futuro regolamentata a suon di dpcm, dalla preoccupazione che non solo non si stia affrontando efficacemente il problema del virus ma che in nome di questo nuovo feticcio si stiano gettando le fondamenta per una ristrutturazione capitalistica dell’ esistenza in senso ulteriormente peggiorativo. Perchè sembra non esserci limite al peggio. Siamo tutti i giorni invitati a seppellire un pezzo di vita sotto un metro di terra e a “cedere quote di libertà”. Per cosa? Anche io come Robydoc sospetto che ci sia del metodo in questa follia. E mi domando come possa essere il virus il nostro unico assillo. Poi sento una giornalista alla radio dire: sto per annunciarvi una orribile notizia ( e già mi immaginavo dettagli truci): una bambina di sei mesi è stata abbandonata in ospedale a Palermo, si è scoperto che era positiva al covid, perchè la madre si era sottoposta al tampone, che rapporto volesse stabilire la giornalista tra la positività della bambina e della madre con l’abbandono può saperlo solo lei, visto che poi la notizia è stata utilizzata anche per sottolineare che dalla riapertura delle scuole ( ben evidenziato) nell’ ultimo mese i bambini entrati in ospedale ( a Palermo, suppongo) sono 17 e quasi tutti senza alcuna complicazione. Forse questa donna non sapeva come mantenere la sua bambina, forse aveva gravi problemi personali che le hanno fatto prendere una decisione così dolorosa, problemi passati in secondo piano davanti al virus, forse dovremo tutti riprenderci la nostra vita.
Scusa, ma in Italia il tasso di mortalità dal 2010 al 2019 è variato in questo modo:
2010) 0,99%
2011) 1,00%
2012) 1,03%
2013) 1,01%
2014) 0,98%
2015) 1,07%
2016) 1,01%
2017) 1,07%
2018) 1,05%
2019) 1,05%
Il confronto con la media degli ultimi 5 anni ha perfettamente senso, mentre è proprio l’aumento dal 2014 al 2015 a essere eccezionale. Per trovarne uno superiore bisogna andare al 1956 (da 0,92% del 1955 a 1,02%). Quello del 2015, d’altra parte, è stato il tasso più alto dal 1947.
Casomai poco serio è usare i numeri assoluti, come fa chi ogni tanto ci informa della situazione disperata dell’India, dove ci sono “più di mille morti al giorno”. Ricordo che l’India ha più di 1.300.000.000 di abitanti, e normalmente i morti sono più di mille all’ora.
“Quindi chiunque faccia terrorismo psicologico sull’aumento di 30-40 mila morti del 2020 rispetto alla media del 2015-2019, ricordo ancora, è poco serio.”
Ma come è poco serio? È proprio l’eccesso totale di morti per qualsiasi causa rispetto alla media degli anni precedenti a dare un’idea di quanto questa pandemia abbia inciso. In quei dati sono compresi anche i morti indiretti da covid. Ossia quelli che ad esempio sono morti non per aver preso il virus, ma perchè non hanno trovato un reparto aperto per curarli.
Come ti fa notare Isver sotto, è il numero di morti assoluti ad essere usato in modo errato. L’esempio dell’India è perfetto.
Giusto per completezza allegò un grafico:
https://www.ft.com/__origami/service/image/v2/images/raw/https%3A%2F%2Fd6c748xw2pzm8.cloudfront.net%2Fprod%2F220a6880-87d6-11ea-9aed-7946c0f1c525-mobile.png?dpr=1&fit=scale-down&quality=highest&source=next&width=490
Tanos, il senso del mio commento è che un’oscillazione di decine di migliaia di morti in un anno, a livello nazionale, rispetto agli anni precedenti è perfettamente normale. E infatti il numero di morti varia di anno in anno anche di 30-40 mila morti (nel 2017 ce ne sono stati 34mila in più del 2016, che ne aveva avuti 32mila in meno del 2015 etc.). Dare il dato del 2020 omettendo questo dettaglio significa fare, di fatto, terrorismo psicologico, anche al di là delle proprie intenzioni.
(Questo comunque è un grafico interessante sui morti di 19 città italiane, specialmente se lo si osserva dal 09/2019: http://www.salute.gov.it/portale/caldo/sismg/SISMG_sintesi_2020w40.pdf).
Credo di aver risposto anche a Isver: non volevo certo dire che il paragone con la media 2015-2019 fosse di per sé sbagliato, ma che sbagliato lo diventa se si omette (come è oggi prassi) lo scarto di decine di migliaia di morti esistente di anno in anno. E soprattutto se si omettono i paragoni con le peggiori influenze come quella del 2015, che ha avuto un impatto sulla mortalità media dei 5 anni precedenti maggiore di quella relativa del 2020. (Così come è altrettanto sbagliato usare i numeri assoluti esasperando il pericolo reale del Covid, ovviamente.)
Tutto ciò, sia ben chiaro, riguarda parametri nazionali. Nell’area attorno al val padana c’è stato invece un grande aumento dei morti fra le persone immunodepresse: per questo ho allegato il link che permette di confrontare i singoli comuni.
Scusate il doppio commento, ma è una precisazione doverosa: ho usato il termine mortalità non per indicare strettamente il tasso di mortalità (rapporto fra chi è morto e chi vive), ma per indicare in senso ampio (come si fa ad esempio qui: https://www.istat.it/it/archivio/240401) i dati sui morti in generale e quindi, nel caso specifico, il loro numero assoluto. Ho allegato infatti il grafico proprio per far apprezzare le oscillazioni di decine di migliaia di morti (e non necessariamente le variazioni del tasso di mortalità) che avvengono normalmente di anno in anno.
Deantonio ha ragione nel dire che decine di migliaia di morti sono normali quando si guarda l’anno intero. Però non lo sono oltre 60 mila in quaranta giorni, le figura postata da Tanos è molto eloquente in merito. Il tasso di letalità del COVID non è particolarmente alto, ma moltiplicato per 60 milioni di persone, di cui quasi 4,5 milioni con oltre ottanta anni, può portare a conseguenze dolorose. Minimizzare questi aspetti era comprensibile magari a febbraio, ma ad ottobre 2020 mi sarei aspettato una comprensione più profonda del fenomeno. Poi si può dire che parlare di virus svia da altri problei seri, ma se manco si capisce quello non so come si possano trare conclusioni sensate sui temi collegati.
“Minimizzare questi aspetti era comprensibile magari a febbraio, ma ad ottobre 2020 mi sarei aspettato una comprensione più profonda del fenomeno.” Esattamente rainbow52, condivido in pieno questo e il resto del tuo commento.
Ricordo oltretutto che il 2020 non è ancora finito e che di mezzo c’è stato un lockdown e l’uso di dispositivi di protezione individuali. Cosa che normalmente non avviene e non è avvenuta negli anni scorsi. Compreso il sovramenzionato 2015.
Tacciare di normale oscillazione mi sembra davvero fuori fuoco e controproducente.
Piccola parentesi: avete notato come nessuno metta in discussione il sistema che ha portato a questa pandemia? Solo qui su Giap ho letto qualche accenno. Ma questa zoonosi è dovuta al sistema di produzione capitalista e potrebbe essere la prima di molte altre se il sistema non cambia.
Solo “qualche accenno” non direi proprio, è la base di ogni nostro intervento sulla pandemia da prima che fosse dichiarata pandemia. È la base di ogni nostra critica alle fantasticherie di complotto sulla pandemia, e al tempo stesso di ogni nostra critica delle funzioni sistemiche di quest’emergenza.
Diciamo che nell’infodemia generale il vostro contributo è un “qualche accenno” ;).
Come hai scritto tu più sotto, la critica di sinistra “ha abdicato a qualunque punto di vista che non sia virocentrico (esiste solo il virus)” e questo purtroppo riguarda non solo la sinistra istituzionale (se esiste), ma anche compagni che da anni lottano contro i negazionismi del cambiamento climatico. Ho amici (forse ex-amici) alienati che non ritengono importante in questo momento sottolineare la causalità tra clima e zoonosi. Dicono sia secondario ora…
2019: «NON C’E PIÙ TEMPO!!!»
2020: «Ne parliamo un’altra volta.»
A tale proposito Greenpeace sostiene, alla vigilia dell’ approvazione di nuovi finanziamenti agli allevamenti intensivi al parlamento europeo, che: il 70 per cento di tutte le malattie infettive emergenti come sars, ebola, influenza suina ed aviaria e virus come i corona virus e i virus dell’ influenza provengono dagli animali ed effeuano il salto di specie. Ma ormai dovrebbero saperlo TUTTI.
In Italia questi allevamenti sono concentrati per la maggior parte nella pianura padana. E in particolare in Lombardia, dove viene allevata la metà dell’intera produzione nazionale di maiali.
Nel frattempo nella sanità pubblica questa ” emergenza” sta penalizzando tutti gli altri malati. Malattie gravi come l’ artrite reumatoide che avrebbero bisogno di terapie palliative di cannabis terapeutica finiscono nel dimenticatoio per dare la precedenza al virus ed il parlamento che era già bigottamente restio ad affrontare questioni cliniche di tale importanza ha una scusa in più per lasciare morire nell’ indifferenza, e nella sofferenza, tutti gli altri ammalati. Buongiorno a tutti. E forza Napoli.
Dici bene Filo a piombo. Le sofferenze causate da altre gravi patologie sono state relegate in un cantuccio.
https://www.lanuovasardegna.it/regione/2020/10/23/news/malattie-rare-stop-al-reparto-i-pazienti-per-noi-e-la-morte-1.39455180 ( scusate se non filtro, ma a volte nel tentativo impallo tutto).
Questo succede. Oggi anche Gramellini sul Corriere infilza De Luca. Sempre sul Corriere leggo l’invito del prof. Palù a non cadere nell’isteria. Confesso che tutte queste voci provenienti dal mondo scientifico e più prettamente medico che si sovrappongono stanno iniziando ad essere da me percepite come la mescolanza dei suoni di uno sposalizio gitano. Un effetto stordente che mi provoca ulteriore confusione. Ho il vago sentore che a questo giro i balconi rimarranno chiusi. E non per il freddo.
«…il 70 per cento di tutte le malattie infettive emergenti come sars, ebola, influenza suina ed aviaria e virus come i corona virus e i virus dell’ influenza provengono dagli animali ed effeuano il salto di specie. Ma ormai dovrebbero saperlo TUTTI..»
Invece e purtroppo e` pieno di darwinisti laureati che dimostrano di non capire nulla di evoluzione della specie con il risultato che la maggior parte delle persone che abbaimo intorno, tuttoggi, fa` fatica ad accettare il fatto che gli animali posseggono capacita` cognitive e sensibilita`.
Gli animali, come anche un virus, sono considerati oggetti, cose da sfruttare e di cui disfarsi a piacimento, in modo che l’evoluzione dell’uomo possa procedere immutata.
«Buongiorno. È schiarata matina e io so’ tre ghiuorne ca nun dormo. »
Per quanto riguarda l’evoluzione dei virus, io però rilevo principalmente il problema opposto. C’è un’enorme difficoltà, anche da parte degli stessi addetti ai lavori, quantomeno a spiegare, se non addirittura a capire, che invece il virus è proprio un oggetto.
Ad esempio si continuano a usare frasi come “il virus non ha interesse a uccidere il proprio ospite”, che fanno danni enormi. Invece è fondamentale far capire che un virus non ha soggettività. Non ha coscienza né di individuo né di specie. Non è neanche un essere vivente secondo la definizione classica. E’ una macchina biologica programmata per riprodursi. Se può farlo. Ma non deve né vuole farlo. Lo fa e basta.
Quindi se un virus – uno a caso, non questo – è attrezzato per infettare tutti gli oltre 7 miliardi di esseri umani, e causarne la morte, lo farà. Non diventerà meno aggressivo per istinto di sopravvivenza. Causerà la propria estinzione insieme a quella della specie ospitante senza il minimo problema. A meno che non sia la sua stessa letalità a mettersi di traverso.
Infatti se l’ospite mediamente muore prima di poter contagiare altri individui, il virus in breve sparisce. Ed è solo a questo punto che entra in scena la mutazione favorevole per l’ospite. Perché se una mutazione del tutto casuale produce una variante ugualmente contagiosa ma meno letale del virus, ben presto quest’ultima soppianterà quella più letale a causa della maggiore diffusione garantita dalla sopravvivenza degli ospiti in maggior numero o per maggior tempo.
Selezione naturale. La variante meno letale sopravvive, l’altra no. Che è cosa ben diversa dall’immaginare che senza alcuna pressione selettiva, il virus spontaneamente prenda una direzione benigna. Se apparentemente succede, vuol dire solo che c’è qualcosa del virus che non sappiamo. Il che, comunque, nel caso di SARS-CoV-2 può essere benissimo. L’importante è non darlo per scontato.
Robydoc ha già ben scritto perché non è affidabile il tasso di letalità che, ricordo, dipende dal numero preciso dei contagiati (impossibile da stabilire oggi e, forse, per sempre) e da quello dei morti per, e non semplicemente con, il virus (anche questo difficile da definire di preciso).
Poi è strana l’argomentazione per cui, per comprendere un fenomeno, non bisognerebbe contestualizzarlo e guardarlo nel suo insieme, ma anzi prenderne solo un frammento e costruire teorie solo su quello. I dati sui morti di marzo e aprile sono compresi in quelli sopracitati, quindi non c’è alcun problema.
Per rispondere più esplicitamente a Tanos, l’unica anomalia in Italia è stata un grande aumento dei morti fra le persone immunodepresse in diversi comuni (soprattutto lombardi, con qualcuno piemontese ed emiliano) nell’area attorno alla val padana – questo mostrano chiaramente i dati.
Chi non è d’accordo può mostrare tanti altri dati (non solo un piccolo grafico decontestualizzato), e se ne discute. Mi rendo conto che è difficile, ma bisogna sforzarsi, quando si tenta un’analisi storico-politica, di trattenere l’emotività e ragionare e argomentare in base a tanti dati affidabili, e non in base al sentito dire o all’impressione generale ricavata dai media.
“è strana l’argomentazione per cui, per comprendere un fenomeno, non bisognerebbe contestualizzarlo e guardarlo nel suo insieme” è proprio quello che ho cercato di fare postando quel grafico.
I morti in eccesso sono l’unico numero statisticamente omogeneo e rilevante. Io non ho argomentato né per sentito dire né per l’impressione generale ricavata dai media.
Tu dici, secondo me sbagliando, che quella di quest’anno è stata una normale oscillazione dei morti, sottointendendo presumo, la mancanza di razionalità nelle disposizioni preventive adottate.
Allora ti domando: cosa si sarebbe dovuto fare secondo te?
Purtroppo non mi pare tu stia leggendo con attenzione ciò che scrivo – in particolare non hai colto la differenza fra valori nazionali (più o meno nella norma) e quelli dei comuni sopracitati – quindi credo inutile proseguire, anche in linea con quanto appena scritto da WM1.
Per rispondere alla tua domanda esplicita comunque(avendo appena risposto anche a claudiog), chiudo i miei interventi in tema ribadendo – in linea con le discussioni dei mesi scorsi a cui rimando ancora – che si sarebbero dovute dare risposte diverse da zona a zona in base alla situazione sanitaria, al numero dei morti locale.
La mozione d’ordine non era mia, era collettiva.
Ma se in un’area circoscritta e in un tempo determinato hai un forte aumento di morti fra persone immunodepresse, come scrivi e com’è dimostrato, e la causa di queste morti è nota, io penso che, se l’anomalia è risultata, sin qui, circoscritta, lo si deve all’azione di contenimento. Quindi non ignoro o minimizzo il problema solo perché un intervento – per quanto discutibile – di contenimento lo ha reso meno visibile “nell’insieme”. Posso capire un tentativo plausibile di analisi di quello che sta accadendo, ma se dico plausibile intendo che dopo mesi di discussioni non dovrebbe neanche più essere messa in dubbio la dimensione del problema, e certo non per generare ansie ma per piena consapevolezza. Se poi tu dici che per discuterne, per dire cosa pensiamo delle politiche di contenimento di questa emergenza, dobbiamo partire dal ridimensionamento dell’emergenza stessa, allora ci troviamo su posizioni francamente molto lontane e forse inconciliabili.
isver, è vero che al virus è attribuita una personalità soggettiva perché la sua personificazione rende evidente e allo stesso tempo problematizza l’ identità del nemico da combattere. Il solo ed unico avversario che dobbiamo combattere incanalando e facendo convergere tutte le nostre forze, i nostri sforzi ed i nostri sacrifici in una direzione comune. L’ unica che ci viene indicata e che non comporta danni collaterali per il sistema di potere. Prenditela col virus, è lui il cattivo. Lo spunto di Dude, che tu hai letto in maniera più funzionale ad una spiegazione scientifica della natura del virus ( privo di intenzionalità), era più suggestivamente romantico/politico e riguarda il grande tema uomo/ natura. Un rapporto con un solo fine ed un solo scopo: lo sfruttamento, la mercificazione, la spersonalizzazione.
Per quanto riguarda la situazione napoletana, la questione è già stata chiusa come un caso di criminalità. In maniera molto semplice. Sarebbe stato davvero strano se ai rivoltosi fosse stata attribuita un’ altra dignità. È chiaro che c’è sempre dietro la camorra. A chi mai potrebbe venire in mente di protestare contro l’ennesimo annuncio di lockdown???!!!!….
Il virus non ha una personalità, non ha intenzioni. Però per dire questo non c’è bisogno di considerarlo un oggetto, contrapposto a un soggetto, e accettare il dualismo che ne consegue.
Io penso che non esistano oggetti, se non in un’astrazione che cancella l’ambiente, la vita, le relazioni che ci legano e ci attraversano come nodi di una rete. Il virus, una pietra, un tappeto agiscono su quanto li circonda, sono coinvolti nel flusso dell’esistenza, entrano in relazione col mondo, cambiano nel tempo. Certo non pensano e non desiderano, non fanno scelte. Non hanno gli occhi, come le forbici della Pimpa. Ma mi viene difficile considerarli oggetti. Trattarli come materia passiva, inerte, distaccata da me, là fuori.
La faccio breve e spero di non andare troppo off topic: nell’intervento dico che animali e virus sono “considerati” oggetti. Non dico che lo sono e non credo sia utile affermare che lo siano come nemmeno reputo possa essere di aiuto o comfortante tentare di far comprendere i meccanismi di questa ipotetica “macchina biologica”; di numeri e delucidazioni scientifiche ce n’e` in giro fin troppe; e sono in tanti anche coloro che cominciano a guardare dall’alto in basso l’altro, colui che di scienza poco comprende. Il fatto e` che fossero sufficienti nozioni scientifiche, grafici ed esperimenti in laboratorio per tranquillizare gli animi e riequilibrare i sistemi economico-finanziari (prima) ed ecologici (poi) sono sicuro che, in nome di un ritorno alla normalita`, qualcuno avrebbe gia` trovato la formula giusta. Piuttosto credo sarebbe utile provare ad avventurarsi oltre i classici dualismi oggetto/soggetto, uomo/animale, naturale/artificiale, attraverso la cosidetta cultura popolare e l’attivismo. Ed e` precisamente qui` che si devierebbe “off the topic”.
Preciso inoltre che la mia personale visione della Natura e` tutt’altro che romantica in quanto mi sembra di riconoscere proprio nel romanticismo l’origine di una relazione perversa tra consumismo ed ecologia; il mio sforzo quotidiano e` sempre orientato verso il mantenimento di un rapporto quasi ingenuo e sempre meravigliato nei confronti di quella che si puo` definire la sfera del naturale del quale tutti noi insieme a virus di ogni genere, facciamo parte. Come accennato sopra, al punto in cui ci troviamo, our best bet sono l’immaginazione e il coraggio.
Chiarisco anch’io. Il mio intervento riguardava esclusivamente la comprensione dell’evoluzione, tema toccato marginalmente da dude. La personificazione del virus, dal mio punto di vista di (mancato) naturalista, è assolutamente fuorviante sotto quest’aspetto. Ho cercato di spiegare perché con un esempio. E ho definito il virus un oggetto solo per riallacciarmi alla frase usata da dude, sulle cui riflessioni non ho nulla da obiettare. Tra parentesi ho appena finito di leggere la biografia di Alexander von Humboldt, che consiglio, quindi sono anche nella giusta disposizione d’animo.
Non credo affatto che il nostro modo di rapportarci al virus possa essere un esempio da manuale del dualismo soggetto/oggetto, non foss’altro perché è “lui” a usare i nostri corpi per i propri “scopi”. Possiamo benissimo non definirlo un oggetto. Possiamo considerarlo anche pura informazione genetica, perché in fondo di questo si tratta. E di sicuro non è qualcosa di estraneo alla natura. Come di sicuro ha un ruolo “attivo” nell’evoluzione delle specie con cui interagisce. Ma la sua alterità biologica è difficilmente rimovibile, se si vuole capire come funziona. Che proprio così inutile non è.
Trovo anche molto interessanti le considerazioni di filo a piombo sulla soggettività strumentale attribuita al virus, ma non è il mio campo. Il mio campo sono le macchine utensili a controllo numerico e le bestemmie.
A proposito della mortalità del 2015 ricordo di aver letto che si parlava anche di un “effetto prima guerra mondiale”. In pratica l’aumento dei morti si spiegherebbe in parte con l’aumento della quota di ultranovantenni nella popolazione, rispetto agli anni in cui gli ultranovantenni erano i nati durante e immediatamente dopo la prima guerra mondiale. Periodo in cui ci fu per ragioni evidenti un forte calo di natalità (e un aumento di mortalità infantile, anche per via della Spagnola).
A questo bisognerebbe aggiungere che non tutto l’aumento di mortalità del 2015, rispetto alla media degli anni precedenti, è imputabile all’influenza. Ci fu un picco di uguale importanza, o quasi, anche in estate, dovuto al caldo anomalo.
Sì avevo letto anche io una cosa simile. Mentre ad oggi possiamo vedere chiaramente l’impatto del coronavirus su marzo e aprile.
Da marzo ad agosto nel 2020 sono morte 47.000 persone in più della media del 2015-19.
L’eccesso indica i morti che verosimilmente non ci sarebbero stati senza la pandemia.
Il covid è ancora in grado di mettere in crisi il sistema ospedaliero.
Se un ospedale viene travolto da troppi casi, salta tutto. E siamo in questa fase. Ad oggi nessuna regione ha un piano b, per inviare personale o trasferire centinaia di malati.
In questo momento esiste la possibilità che il virus azzeri le capacità di cura di diverse strutture.
Da due settimane abbiamo perso di vista le priorità e non facciamo nulla che non siano misure apotropaiche o contrarie alla logica (chiudere le scuole ad esempio).
Visto che è stato citato l’Huff post, e sempre riguardo alla comunicazione ansiogena sul Covid (argomento che mi sta particolarmente a cuore), segnalo questo articolo https://www.huffingtonpost.it/entry/misure-drastiche-o-a-meta-novembre-500-morti-al-giorno-di-g-parisi_it_5f8ffeaec5b686eaaa0cbfcf?4ob&utm_hp_ref=it-homepage&fbclid=IwAR2LQmyAeCtJpCoT7RDu2X1gv4O0ZwLV9wA3pQyD2T-_4B1ZcDhFsVbGMSo, che nel contenuto dice cose condivisibili e di buon senso, di cui cito solo un breve estratto “L’ideale sarebbe ridurre i contagi senza arrivare a un lockdown duro: ma per farlo senza agire alla cieca, sarebbe necessario avere informazioni più precise di quelle che ci vengono fornite ogni giorno: servirebbe un grande database nazionale in cui fossero riversate tutte le informazioni disponibili su dove sono avvenuti i contagi, le attività lavorative dei contagiati, l’uso di mezzi pubblici, le attività svolte. Quanto influiscono sui contagi in Italia i ristoranti, le cene in famiglia, le riunione in ufficio, le convivenze familiarie, le feste? Quali sono le attività più a rischio, oltre ovviamente quelle che già si sanno: la sanità, le celle frigorifere, la preparazione dei salumi, i centri di distribuzione postale? Servono numeri, gli articoli di giornale con casi di cronaca sono del tutto inutili”. Il titolo, fuorviante, dell’articolo però è “Misure drastiche o a metà novembre 500 morti al giorno”, e non c’è bisogno di ritornare sull’importanza del titolo in un articolo, specialmente per un giornale online. Che l’autore del pezzo sia anche l’autore del titolo o meno, in questo caso, è del tutto ininfluente.
Sono d’accordo on la frase “dittaura degli inetti”. I provvedimenti dei vari DPCM sono ben oltre il muro dell’idiozia, basta pensare al coprifuoco dalle 24 alle 5 di mattina. E’ evidente che il vero obiettivo è solo di tenere la gente sotto pressione. Ma quello che mi sorprende è la assoluta, ferrea mancanza di ogni critica da parte non solo della stampa mainstream (o borghese, come si diceva negli anni 70) ma anche di ogni altra voce inclusa la sinistra radicale.
Contemporaneamente si continua a procastinare la data di disponibilità di questo famoso vaccino, che prima era a novembre, poi per Natale ma piu’ spesso ormai nella tarda primavera. A questo proposito però qualcuno dovrebbe avvertire la stampa che dire “la soluzione sarà il vaccino” e allo stesso tempo dire “ ci si puo’ ammalare due volte” sono due affermazioni che non stanno insieme. Infatti non occorre essere medici per sapere che il miglior vaccino contro una malattia è prendersela, perche’ i vaccini altro non sono che forme attenuate della malattia che stimolano il sistemema immunitario a produrre gli anticorpi. Ma se uno si ammala e guarisce, questo è il miglior vaccino, se un vaccino puo’ esistere. Ma purtroppo per molte malattie questa immunità acquisita non dura lungo.
Se il Covid fa parte di queste malattie allora la storia non finisce nella seconda metà del 2021, ma potremmo trovarci a convivere col Covid per anni o per sempre, in forme più o meno virulente.
Allora io dico senza mezzi termini che se si tratta di scegliere fra salute e libertà per molti anni o per sempre io scelgo la seconda. Non sopporto l’idea di vivere in una società dove un vecchio deve morire solo come un cane, perché se no si rischia di diffondere il virus. Ci si metta lo scafandro, ma fare morire da sole le persone care è disumano. Non voglio una società dove ogni incontro sociale è rigidamente regolamentato. Dove si lavora chiusi in casa, divenendo debolissimi di fronte ai padroni. Già la stampa gongola perché finalmente si arrivati ai contratti individuali, non piu’ collettivi, per lo smart working che vogliono diventi strutturale. E tutto il resto.
E la sisinstra, la mia parte da sempre, tace e acconsente a tutto in nome della “protezione dei più deboli”.
“non occorre essere medici per sapere che il miglior vaccino contro una malattia è prendersela, perche’ i vaccini altro non sono che forme attenuate della malattia che stimolano il sistemema immunitario a produrre gli anticorpi.”
No talpa60 mi sembra un’affermazione sbagliata forse per poca dimestichezza con la medicina preventiva. Seguendo questa logica la cosa migliore sarebbe prendersi la polio o il vaiolo per sviluppare gli anticorpi. È la stessa logica dei “morbilloparty”.
Poi condivido che le misure apotropaiche sono una vergogna per uno Stato che si voglia chiamare tale. Il fallimento della sanità e del sistema di tracciamento è indice della civiltà di questa società.
Volevo chiarire che io non ho detto affatto che la cosa migliore e’ ammalarsi. Ho detto che se uno per sventura si ammala, se guarisce poi e’ immunizzato. Per alcune malattie questa immunita’ e per sempre, per altre no. Se il Covid e’ fra queste siamo nei guai, perche’ se e’ vero quello che dice la stampa, e cioe’ che ci sono casi di persone che si ammalano due volte in pochi mesi, vuole dire che il vaccino varrebbe poco tempo. E i morbillo party non c’entrano niente. Il morbillo non e’ uno scherzo, come so bene che perche’ lo avuto da bambino. Le mio figlie per fortuna si sono potute vaccinare, ma io ormai non ne ho piu’ bisogno
Ciao talpa60. Da quel che ho letto la situazione é ancora molto fluida in particolare sulla durata degli anticorpi e sull´impatto sui linfociti sia T che B della memoria. In ogni caso, anche nel piú fosco degli scenari, possono essere le basi per aiutare la produzione di buoni medicinali antivirali. La gente si ammala comunque ma minimizzi il rischio di complicazioni pericolose. La questione comunque ruota tutta alla fine intorno alla durata della memoria nel sistema immunitario.
Quello che potrebbe essere é che il vaccino sará come quello anti-influenzale: da ripetere magari su base annuale.
Qualcuno, qualche giorno fa, proprio su questo thread, ha osservato come i numeri possono essere letti a seconda della tesi. Deantonio ha ragione nel sostenere che i morti per covid non rappresentano un eccesso di mortalità, e d’altra parte Tanos non ha torto quando scrive, tra le righe, che i morti per covid sono un di più che senza covid non ci sarebbero stati, e dunque il virus un impatto ce l’ha.
Con il dovuto rispetto per i morti, per chi è stato male e per chi sta male, e per le categorie a rischio, vorrei ricordare due cose (tra l’altro già discusse nei mesi scorsi);
1. governo e regioni che parlano di pericolo di collasso della sanità per mancanza di posti letto in TI e nei reparti ordinari sono, essi si, poco seri, perché non fanno altro che evidenziare l’assenza della politica e spacciarla come giustificazione della necessità dello stato di emergenza; un paradossale mea culpa che dovrebbe farci riflettere sulla pochezza intellettuale di questi signori.
2. l’emergenza più sentita dalla maggior parte della popolazione (quel 99% circa che non si è contagiato, o, se si preferisce ritenere che i contagiati siano 10 volte quelli tracciati, il 90% della popolazione, che non si è contagiata) non è sanitaria quanto burocratica. E’ la quarantena il vero spauracchio, non l’ospedale, sono le “situazioni collaterali”, come dice filo a piombo, non il terrore della morte.
Dalla fine di Agosto, come riporta il NYT il CDC americano suggeriva caldamente di lasciar perdere i tamponi naso faringei perché il metodo con la PCR era troppo sensibile e se usato in screening di massa sovrastimava di molto i positivi a causa di inevitabili contaminazioni crociate (oltre alle altre complicanze dovute al tipo di analisi della polimerasi).
https://www.nytimes.com/2020/08/29/health/coronavirus-testing.html
Questo a fine settembre veniva messo nero su bianco dal New England Journal of Medicine che dava la categorica indicazione di usare i test genici CRISPR dal basso costo (< 5 dollari cad.) e di lasciare i tamponi alla chimica clinica da ospedale, perché i test genici saranno meno sensibili ma l'importante in un'epidemia è scoprire chi è contagioso non chi ha una bassa carica virale.
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMp2025631
Ora ditemi, nei 750 esperti nominati da Conte nel suo CTS, non ce n'è uno che legga il NEJOM o sia in contatto con i CCD americani? Non ce n'è uno che sappia vedere che se in tre mesi la percentuale dei "positivi" asintomatici aumenta a dismisura c'è qualcosa che non torna in termini di diagnostica?
C'è un limite a ciò che si può spiegare con l'incompetenza o no?
Pensa che per Repubblica la non equivalenza tra positivi al tampone e ammalati, a questo punto una verità di base della virologia internazionale, è «la teoria di Salvini». Non dei CDC, o del New England Journal of Medicine, o degli epidemiologi di Harvard, o di altri studi su test e carica infettante: «di Salvini».
https://archive.is/RmlOH
Il problema è che si è creata una situazione di vuoto pneumatico del pensiero critico (e di «dittatura del pensiero veloce», come l’avevo definita tempo fa) in cui a dire queste cose – ovviamente male e senza la minima credibilità – è Salvini, e così se le fa notare qualcun altro gli si può dire «Sei come Salvini!», e scatta l’anatema da parte di una “sinistra” (in quasi tutte le sue gradazioni) che
1) da mesi sta giocando un LARP sulla Peste Nera;
2) ha abdicato a qualunque punto di vista che non sia virocentrico (esiste solo il virus);
3) fa cherrypicking coi dati per giustificare la prosecuzione del LARP, dal quale è ormai dipendente;
4) comprende sordamente che una volta finito il LARP, finita anche la “sinistra”.
Si sono cacciati in questa situazione e devono mantenerla, con appelli alle “regole”, faccia feroce e scomuniche. Così si fanno odiare, perché ormai sono considerati (tutti insieme) «il partito del lockdown», il meta-partito che in nome del non prendere il virus sta passando sopra a ogni idea più generale e complessa di salute psicofisica, individuale e pubblica.
Esattamente così. Tristemente così.
L’altro giorno davanti all’ennesima disgraziata uscita di Speranza sulla cannabis mi sono chiesto: “ma questo [censura] da dove esce? Come può essere finito a fare il ministro di forze politiche alla “sinistra” del PD?”
Quindi apro wiki e arrivo alla terza riga della sua biografia: inizia la sua carriera come organizzatore dei Giovani democratici scelto dal Walter Veltroni.
Ho tirato giù un paio d’imprecazioni e non sono andato avanti.
Come scrivete voi, speriamo che la generazione che stanno fottendo glie la faccia pagare cara, sulla mia (i quarantenni di oggi) non ho più alcuna speranza.
Sull’epidemia vi seguo da lontano nel senso che in Laos ci troviamo a vivere una situazione anti-ciclica rispetto all’Europa. Qualche giorno fa ho visitato l’unico ospedale per bambini della città e praticamente le mascherine non sono utilizzate da nessuno. La vita dei corpi, quella delle interazioni sociali e degli assembramenti, è nell’epoca pre-covid. Siamo però chiusi al resto del mondo da 7 mesi e le politiche di quarantena sono rigidissime nonché molto costose. Forse ai turisti backpackers e ai ciclisti del mondo si preferiranno i Ferragnez e gli imprenditori che portano più soldi. Ma questa è un’altra storia.
Oggi invece ho letto un bellissimo pezzo sull’epidemia “evento totale” che mi ha aiutato molto a contestualizzare i vostri argomenti ed analisi sull’Italia.
https://not.neroeditions.com/mai-stati-moderni/
Per ragioni personali conosco l’esperienza di due ospedali milanesi dove i controlli sembrano molto efficienti. L’ansia Covid è quasi tutta nostra, dei familiari dei pazienti. Il fenomeno è abbastanza generalizzato con tanto di studi che lo provano. Gli stati d’ansia o i fenomeni depressivi sembrano riguardare soprattuto chi non “vive direttamente” la malattia. Le situazioni ansiogene si localizzano più all’esterno che all’interno degli spazi di cura. Nel caso del COVID basta aprire due o tre giornali a campione per alcuni giorni per leggere insieme di un “contagio generalizzato” ma di “lockdown circoscritti” nonostante il collasso del “sistema dei tracciamenti” che anzi no, a volte funziona. Oppure che il vaccino arriverà a Dicembre, a Marzo e nel 2022.
Questa cosa racconta che nel governo dell’evento totale “la dittatura degli inetti” serve proprio a produrre quel caos che giustifica l’irrigidimento delle politiche di convivenza. Quindi, per citare l’articolo: “Ci troviamo in una congiuntura storica in cui è particolarmente utile «abbandonare la sopravvalutazione di essere coscienti», come diceva Freud, e ammettere che l’inconscio non solo costituisce la nostra unica realtà psichica, ma è anche «indistruttibile»”. Come mostrato da Wuming4, la questione aperta è come la riduzione della libertà per la difesa preventiva produca “comunità della pandemia” che si organizzano intersezionalmente per scopi reazionari e\o speculativi.
Vedo che, seppure da prospettive diverse, qui si converge su due punti: la critica ai provvedimenti del governo italiano e alla loro gestione e la critica al sistema mediatico-informativo. E nessuno di noi è uno “sciroccato complottista nazistoide”. Allora mi chiedo come dovrebbe tradursi in azione questa carica critica di sinistra, senza aspettare il prossimo 68 dei nostri figli (o nipoti!) e trovo interessante lo spunto che ha lanciato qui, ieri, Alessandro Santoro: cominciare a interrogarci sul senso del nostro diritto (formale) alla privacy personale per arrivare a rinunciare pragmaticamente a questa piuttosto che rinunciare alla libertà di uscire di casa. Insomma, un assalto (metaforico) a Google per requisire quei dati che ci sono già (profilo, geolocalizzazione etc.) e che Immuni manco se li sogna. Capisco che è meglio il degoogling, ma sarebbe già un bel passo avanti se qualcuno introducesse il tema nel dibattito pubblico (in tv e, perché no, in parlamento). Prima che lo faccia Salvini.
Domanda, e giuro che non è retorica ma sincera: per farne cosa, esattamente?
Per disporre di dati sulle persone contagiate dal virus in quantità e qualità ben superiori a quelle ottenute attraverso Immuni e altri sistemi non automatizzati. E su questa base prendere decisioni più razionali e più efficaci, per esempio riguardo alle quarantene di individui e di gruppi (come intere classi di studenti) e sulla limitazione o sul blocco di attività, anche produttive (magari anche nei macelli industriali e negli hub della logistica …) e sulla chiusura di spazi “pericolosi”, piazze, parchi, vie e luoghi di aggregazione vari.
Ciao marco_s, stiamo attualmente cercando di far partire un progetto di ricerca proprio su un´idea del genere basata su reti di sensori “autonomi” nel frame di IoT proprio su una tematica del genere. Certo dubito che l´outcome del progetto se finanziato avrá impatto sulla presente pandemia, magari sulla prossima.
Comunque idee di questo tipo circolano parecchio al momento. Creare reti che permettano di avere una migliore conoscenza della propagazione della malattia e quindi razionalizzare la reazione in modo da ridurre al minimo i disagi (appunto isolamento per pochi alla volta, ecc.).
Sono molto perplesso. Provo a ricapitolare: lo stato dovrebbe impadronirsi dei dati che Google, Facebook e le altre piattaforme del «capitalismo della sorveglianza» accumulano manipolando e dragando navigazione e vite degli utenti, dati relativi alle esistenze di milioni e milioni di persone, con fini dichiarati di salute pubblica e per l’utilizzo X, poiché siamo in emergenza.
E quando l’emergenza finirà e l’utilizzo X non sarà più necessario, quell’enorme tesoro di informazione, quello sterminato registro di Vite degli altri, che fine farà? Lo stato cancellerà quei dati o li terrà? Che li cancelli mi sembra improbabile, e in ogni caso chi potrebbe garantire che avvenga davvero? Torneranno utili ad altri scopi, sui quali non abbiamo controllo. Lo stesso concetto di salute pubblica nella storia è stato stiracchiato in tutte le direzioni, per giustificare qualunque cosa.
Non è che il problema del data mining & harvesting sia un problema solo perché Google è privato. Io detesto Google, ma non ho nemmeno pulsioni statolatriche, non è che per forza «Stato è bello», lo stato me lo sono trovato di fronte tante volte in circostanze brutte brutte, non c’è bisogno che io ricordi la storia di questo Paese. E se dalla padella di Google devo saltare in un catino di braci ardenti, beh, non è che la cosa mi esalti.
Se poi devo farlo perché «non c’è tempo da perdere», mi esalta ancor meno, visto che non mi piacciono i ricatti morali.
E se la cosa viene giustificata col fatto che si devono tracciare «i positivi», dunque dando per definitivi l’aggregazione di dati eterogenei e l’uso di un termine-ombrello che allo stato attuale include ammalati e non ammalati, la perplessità si rafforza ulteriormente.
Non so, magari sono un incallito sognatore, ma prima di gettare definitivamente la spugna sulle questioni di privacy e controllo sociale, preferirei ci si concentrasse su altre priorità, una su tutte capire se il tal positivo è contagioso oppure no, se il tampone nasofaringeo ha dato risultato positivo per via di residui di RNA virale privi di carica infettante o per via di una presenza del virus attivo. A quel punto sì si potrebbero «prendere decisioni più razionali e più efficaci riguardo alle quarantene di individui e di gruppi».
Aggiungo: non mi si obietti che di riffa o di raffa lo stato un sacco di dati su di noi ce li ha già e in certi casi è bene che sia così ecc. Non è quello il punto. Il punto è capitolare su un tema epocale, non giudicarlo più degno di una battaglia. Il punto è vedere con favore e giudicare indispensabile che il potere statale metta le mani sui più grandi database esistenti, contenenti una massa senza precedenti di informazioni, in gran parte non pertinenti allo scopo dichiarato nell’appropriarsene. Il punto è dire che il capitalismo della sorveglianza non è sbagliato, dipende dall’uso che ne facciamo. Se Google passa i suoi dati allo stato, allora bene. Non è nemmeno la proposta in sé e per sé a lasciarmi perplesso, è quello che mostra su come quest’emergenza sta spostando l’asticella dell’auspicabile.
Sono d’accordo con WM1 sul tema.
Per me non è nemmeno tanto la questione “tracciamento” sanitario (come già detto mi sono simpatici Sabin e Pasteur, e ho fatto le elementari in un’epoca in cui tutti facevamo la prova per la tbc – che paura i medici in aula e tutti in fila per la prova! – e poi se del caso il vaccino, e si andava all’istituto di igiene): per me ci sta che lo Stato eserciti per il bene della collettività un controllo sanitario più o meno obbligatorio (ricordandosi però dell’art. 32 della costituzione).
Ma la questione è proprio l’asticella: su quante cose opinione pubblica e opinion leader (per non parlare di certi siti di gossip) stanno semplicemente calando le braghe?
Qui mi ricollego al commento di ClaudioG sopra, in cui dice :
«Se poi tu dici che per discuterne, per dire cosa pensiamo delle politiche di contenimento di questa emergenza, dobbiamo partire dal ridimensionamento dell’emergenza stessa, allora ci troviamo su posizioni francamente molto lontane e forse inconciliabili»
Uno dei prncipali motivi di scontro a sinistra è proprio questo: la differenza di vedute fra chi cerca di “ridimensionare” l’emergenza e chi invece no (scusa se ti cito, non è per polemizzare con te, mi va benissimo il tuo punto di vista, ma la tua frase chiarisce molto bene questo aspetto di “inconciliabilità”).
Secondo me a “discolpa” di chi cerca, numeri alla mano e cuore saldo, di “ridimensionare” l’emergenza (cosa diversa dall’essere negazionisti, credo) c’è proprio l’uso che se ne sta facendo per scardinare ogni asticella esistente.
Forse non è incoscienza, cinismo, o fare i bastian contrari, ma un “riflesso”, una forma di autotutela per fronteggiare la sensazione di “sgomento” nel vedere che intorno a noi persone pensanti e di sinistra stanno cedendo ai peggiori sterotipi (non parlo di nessuno fra gli scriventi qui, sia chiaro), accettando di buon grado e anzi richiedendo questo “abbassamento dell’asticella”, invocando “coprifuochi”, rinunce al “feticcio” della privacy, fino ad arrivare al “se non hai niente da nascondere perché ti preoccupi?”
Quando invece, nella gestione dell’emergenza, prima di pensare a quali libertà “è giusto” rinunciare c’è molto da criticare su tutto quello che finora non ha funzionato e tutto quello che altrove è stato fatto meglio.
@Wuming1: il problema che sottolinei é enorme. É il vero elefante in salotto dei big data, che poi ormai tanto big nemmeno servono piú.
La potenza sta venendo col trittico IoT, artificial intelligence, cheap storage. In soldoni non solo possiamo memorizzare grosse quantitá di dati, ma li possiamo ottenere a costi contenuti (IoT) e possiamo anche spremere piú informazioni possibili dal ogni frammento di data (machine learning). E ormai con librerie aperte come PyTorch o TensorFlow serve relativamente poco per potersi costruire macchine molto potenti (modelli generativi, RNN, ecc.).
Questo apre scenari anche piú complessi. Infatti ormai per tracciare non devo nemmeno piú partire da dati “pregiati” come dati video, audio o tracciamento via cellulare. In teoria anche dati relativamente indiretti (le fluttuazioni per esempio nella temperatura della stanza) possono essere usate per stimare il numero di persone e con un po´ di conti (e un certo rado di incertezza) di ottenere un sorta di tracciamento delle persone negli edifici. E questo usando informazioni relativamente innocue (per esempio appunto le fluttuazioni nei sensori di tempertura se ve ne sono). Altre tecniche come lo one-shot learning tendono poi a cercare di massimizzare l´informazione per dato e quindi a ridurre la parte “big” nei “data”. Insomma in futuro non solo sará sempre piú semplice controllare ma soprattutto sará tremendamente piú economico. Veramente alla portata di molti. Il tracciamento sanitario non sarebbe scevro ovviamente da questi rischi.
L´unica soluzione che intravedo é quello di mettere seri paletti legislativi sul tipo di dati che si possono raccogliere (benché anche questo salvi fino ad un certo punto) e poi stare col fiato sul collo.
Un auspicio, quello espresso da WM1, che coltivo da mesi e mesi, ma che viene considerato dai più con cui discorro alla stregua di un sofismo.
“ Ehhhh- mi sento replicare- se uno è positivo vuol dire che può contagiare e comunque nel dubbio…”. Ma nel dubbio che? Ho sempre sentito parlare, riguardo alle persone nelle cui vie respiratorie albergano determinati patogeni e che nonostante ciò non sviluppano alcuna malattia, di “ portatori sani”. Adesso la categoria degli asintomatici ha soppiantato questa catalogazione ed in essa si comprendono positivi contagiosi e positivi non contagiosi. Ecco, prima la scienza fornirà delle risposte allo Stato sul discrimine tra gli uni e gli altri, poi lo Stato appronterà un sistema non farraginoso per tentare di star dietro a chi davvero necessita di essere seguito e solo allora possiamo iniziare a parlare di app, tracciamento, privacy etc. etc. Senza che ciò voglia dire che in nome della emergenza si debba squarciare ogni velo e farsi schedare. Perché di emergenze ne possiamo approntare quante vogliamo. E non sto alludendo a creazioni a tavolino da parte di forze oscure. Penso solo alla capacità di certi individui di approfittare di determinate situazioni, frutto del caso o del semplice fluire degli eventi naturali, per ragioni tutt’altro che altruistiche. Mi viene in mente De Luca che si presenta in video con i radiogrammi dei polmoni di un malato di Covid…****mi autocensuro per rispetto dei proprietari del blog e dei loro ripetuti e legittimi richiami a non servire il “la” per una querela.
volevo già sottoscrivere il commento di Mandragola01 sulla situazione della medicina, approfitto di quest’altro post che quoto totalmente.
A febbraio mi ritrovavo, quasi solo con il mio compagno, a chiedere perché nessuno provvedesse a costruire nuove scuole, più aule; nessuno stesse predisponendo il TPL in modo da accogliere viaggiatori in sufficienti spazi; e soprattutto perché non uscissero vagoni medici, tir medici, prefabbricati di ambulatori in ogni quartiere/paese per ripianare il debito di medicina di base provocato da 30 o 40 anni di tagli. Con tutti gli uffici vuoti già a febbraio si poteva a Milano come a Roma, Palermo, Napoli, approntare ambulatori per test e mappare la situazione.
Niente di tutto questo e in 6/8 mesi penso che si poteva fare, non tutto ma almeno cominciare sì. E in tutto questo si sarebbero anche creati posti di lavoro o recuperati posti persi! ancora sono incredula mentre lo scrivo.
Non sappiamo ancora se i portatori sani o asintomatici sono davvero contagiosi e in che misura, ma non sapendolo alcuni di noi evitano di abbracciare i genitori; ho 52 anni e non mi sento tranquilla a farmi abbracciare da qualcuno che non sia il mio compagno. Questo autodistanziamento mi dà dolore, fisico, emotivo. MA ho tenuto duro finora pensando che prima o poi almeno questa roulette del “è contagioso sì/no” l’avrebbero risolta dicendoci se chi non mostra sintomi è o non è contagioso CON CERTEZZA o il più possibile in modo certo.
Invece no; ma i bus sono pieni e per risolvere chiudono le scuole, mentre i teatri e i cinema – che funzionavano già da prima per posti assegnati – invece li chiudono e a me sembra di impazzire in questa continua illogicità.
Come già altri hanno sritto meglio di me, se provi a fare un ragionamento su questo partono le bordate per ricondurti a una o l’altra etichetta. E senza risolvermi il problema: chi è contagioso oltre ai sintomatici?
Vi leggo, non scrivo, ma stanotte ne avevo bisogno perché non so come andare avanti, non credo di poterlo fare come finora. Non so come dimostrare, in futuro, agli sbarbi di oggi che li capisco, li stimo; che se fossi al posto loro (single, tumulata a casa coi genitori, zero affetti con cui pomiciare o parlare fitto senza uno schermo, zero scuola zero svaghi zero sport) sarei già iscritta alla lista dei cattivi e sicuramente punita.
Grazie di esistere.
Attenzione, un richiamo a tutte quanti. La discussione sui dati rischia d’incartarsi e diventare ripetitiva, oltre che molto difficile da seguire. Cerchiamo il più possibile di citare fonti e approfondimenti utili, senza rimpallarci le diverse interpretazioni un commento dopo l’altro, finendo per perdere di vista proprio quei dati intorno ai quali ci si vorrebbe confrontare.
Posso chiedervi una cosa per spezzare un po’ i discorsi virali?
Perché si é imposto in una certa sinistra l’utilizzo di certe storture grammaticali per il plurale o il genere?
Voglio dire, “tutti” non è offensivo per nessuno che abbia dei fondamenti di italiano. Si sa comprendere sia maschi che femmine, che trans, che neutro, ecc..
Poi per carità meglio “tutte quanti” pur cacofonico che quel asterisco messo a troncare le parole: amic*, fidanzat*, compagn*…
Non è una domanda provocatoria la mia, sono davvero interessata a capire la radice di questo nuovo linguaggio pur trovandolo di difficile lettura.
Scusaci, ma questo commento in questa discussione è fuori luogo, sono questioni discusse fino alla nausea da anni e non è il caso di ripercorrerle qui.
Io vi volevo ringraziare per i post che continuate a fare e che rincuorano i molti che vedono in questa pandemia un’esempio di come la società stia collassando su se stessa in nome di una salute virocentrica. Abbiamo bisogno oggi più che mai di qualcuno che esponga i dubbi di molti e che dia voce ai ribelli. Coloro che non credono ai media e al terrorismo dilagante. Rischiamo di doverci tenere questo nuovo modo di vivere come ci siamo tenuti i controlli agli aeroporti dopo l’11 settembre. Quando succedono cose del genere poi tornare indietro per un motivo o per l’altro viene sempre ritenuto impossibile…
Ahhh adesso ho capito come funziona qui… prima uno deve fare un post filo wuminghiano e poi viene accettato a discutere. Che cialtroni.
Remodadi è l’anagramma di diomerda e questo era il suo commento che avete censurato:
Leggo tanto Giap e da molto prima della pandemia. Ma da quando c’è stata sta ostia di pandemia ogni volta che lo leggo penso che se non bestemmio… È mai possibile che nei commenti ci debba sempre essere qualcuno che non veda la gravità della situazione. C’è sempre qualcuno con qualche bias cognitivo che butta li qualche dato e decanta la non gravità della situazione. Ma dio… È possibile che non trovate altro modo di criticare la gestione dell’emergenza se non mettendo in dubbio le dimensioni stesse dell’emergenza? Mi rivolgo soprattutto ai commentatori e non agli autori, anche se mi verrebbe da dire che dovrebbero applicare qualche mozione d’ordine in più verso alcuni veri e propri negazionisti mascherati che si aggirano ultimamente su questo blog. Non farò nomi perché la mia non è una critica ad hominem. Ma potete e possiamo fare di meglio in questa situazione. Avanti porca madonna!
Grazie per averlo riportato tu il commento sgangherato, imprecante, con intro fake e attacchi generici senza argomentazioni. Eravamo nel dubbio se pubblicarlo noi, per far vedere che pattume ci tocca filtrare per mantenere un decente livello di discussione. Avevamo deciso di no a maggioranza, perché il pattume sporca anche se gettato a titolo di esempio. Anche quello di Remodadi era un commento stupidotto ed eravamo in dubbio, poi abbiamo deciso di lasciarlo passare e al limite riprendere l’utente se avesse scritto cazzate. Cosa che è successa. Ora gettiamo entrambi nel cassonetto. Grazie della dimostrazione.
In realtà avevamo pure risposto in privato all’utente che se avesse riformulato la critica senza bestemmie e senza accuse odiose non avremmo avuto problemi a pubblicarla. Ma lui ha scritto da un indirizzo fake e la nostra email è tornata indietro. Spero per lui che adesso abbia avuto la scarica di endorfine che cercava. E ci saluti tanto le sue maestre d’asilo.
Consiglio a tutti di leggere queste 2 pagine. Riassumono in modo chiaro per tutti, tutto ciò che sappiamo ad oggi sul SARSCoV2 e la sua trasmissione.
Alcune righe sono fondamentali:
“A crucial factor in community transmission is that infected individuals not experiencing symptoms can transmit SARS-CoV-2. Infectiousness may peak before symptom onset (7). Viral loads appear to be similar between asymptomatic and symptomatic patients (8), although the implications for infectiousness are unclear. People experiencing symptoms may self-isolate or seek medical care, but those with no or mild symptoms may continue to circulate in the community. Because of this, those without severe symptoms have the potential to be “superspreaders” and may have an outsized influence on maintaining the epidemic.”
E ancora:
“If transmission is highly overdispersed, broad and untargeted interventions may be less effective than expected, whereas interventions targeted at settings conducive to superspreading (such as mass gatherings and hospitals) may have an outsized effect.”
https://science.sciencemag.org/content/370/6515/406
Tanos, nessun testo è «tutto ciò che sappiamo», quello che possiamo fare è continuare a leggere i vari studi e aggiornamenti, confrontarli, ragionarci sopra coi nostri mezzi, e dove non arriviamo farceli spiegare da chi maneggia certi concetti e parametri meglio di noi.
AlexJC oggi pomeriggio aveva linkato un articolo del New England Journal of Medicine, che è piuttosto prestigioso. Vi si leggeva, tra le altre cose, questo:
«[…] many, if not most, people whose infections are detected during routine surveillance using high-analytic-sensitivity but low-frequency tests are no longer infectious at the time of detection (see diagram). Indeed, a recent investigation by the New York Times found that in Massachusetts and New York, more than 50% of infections identified by PCR-based surveillance had PCR cycle threshold values in the mid-to-upper 30s, indicating low viral RNA counts. Although such low counts could imply either an early- or a late-stage infection, the long duration of the RNA-positive tail suggests that most infected people are being identified after the infectious period has passed […] thousands of people are being sent to 10-day quarantines after positive RNA tests despite having already passed the transmissible stage of infection.»
Traduco in italiano l’ultima frase perché mi sembra vagamente importante:
«Migliaia di persone sono messe in quarantena per dieci giorni in seguito a tamponi RNA-positivi nonostante abbiano già superato la fase di contagiosità».
Immagino che in molti staranno pensando che in un momento “come questo”, 10 giorni di quarantena inutile sarebbero il male minore. E probabilmente non avrebbero neanche tutti i torti, se i 10 giorni di quarantena inutile fossero un male senza alcuna conseguenza sulla situazione che caratterizza questo momento, rendendolo appunto un momento “come questo”. Ma non è così.
Il fatto è che se un positivo non è contagioso, o non lo è mai stato – carica virale troppo bassa – o non lo è più. In entrambi i casi, lo spreco di risorse per la sorveglianza e i tamponi di controllo, sui grandi numeri, è un’enorme palla al piede per il sistema. Nel secondo caso, poi, oltre al danno c’è la beffa, perché chi poteva essere contagiato da quella persona, molto probabilmente lo è già stato. Trovare i focolai seguendo la sirena dei pompieri, non è contenimento.
L’eccessiva sensibilità, unita alla lentezza, rendono il tampone molecolare uno strumento inadatto allo scopo, con virus che si propagano a questa velocità e che sono contagiosi anche prima o in assenza di sintomi. Ci si preoccupa dei falsi negativi, che comunque il tampone non elimina, se fatto troppo presto, ma i falsi positivi sono dannosi allo stesso modo.
Ormai comunque non ha più senso nulla. Anche un sintomatico può dover aspettare fino a 10 giorni per avere il tampone. Dopodiché, se positivo, è considerato ufficialmente malato. Ma a 10 giorni dalla comparsa dei sintomi, probabilmente è già guarito. E probabilmente non è più contagioso, ma resta in isolamento. Quel che è peggio, però, è che il tracciamento dei contatti scatta comunque solo dopo l’esito del tampone. Quindi, con la persona sintomatica in isolamento fiduciario da 10 giorni, si procede a individuare chi nel frattempo, del tutto ignaro perché magari del tutto asintomatico, potrebbe aver contagiato altri e via dicendo.
Ormai siamo a posto così.
Grazie Tanos. Me lo avevano linkato, ma mi ero persa nel tradurlo interamente ed almeno ora mi sono concentrata sul passaggio essenziale.
A me sta bene affrontare il tema, che è davvero cruciale, su queste basi.
Ma quando sento persone invocare la chiusura totale perché hanno visto Il Tg1 o letto i titoli martellanti dei nostri quotidiani, perdo il lume.
Comprendo che non tutti possano accedere a certi contenuti, ma almeno chi si trova ad occupare certe poltrone dovrebbe avere una visione più ampia e lungimirante di noi comuni cittadini. O chiedo troppo?
Visto che si è parlato di una cosa assurda come le “graduazioni di preoccupazione” vi dico qual è la mia: che ci sia una strage. In tre giorni persino il discorso sui dati ha ormai poco senso, al di là di alcune imprecisioni (lo scarto dalla media può anche non significare un bel niente e sui grandi numeri meglio usare le percentuali, è sui piccoli che vanno usati i valori assoluti, esattamente cioè il contrario di quello che succede di solito) perché anche se il tasso di letalità fosse dello 0,1%, se hai una marea di contagiati salta tutto lo stesso. In 14 giorni sono diventati una volta e mezzo, se mantenessero questo andamento ci potremmo davvero trovare con 500.000 positivi a metà novembre e quindi 500 morti al giorno, vedete voi quanto può essere sostenibile. Tenendo queste proporzioni, fra l’altro, gli ospedali collassano più o meno alla stessa data. Quanto è verosimle questo scenario naturalmente non si può dire, però faccio fatica a credere che mascherine e coprifuochi possano fare sostanzialmente nulla, ed è ridicolo pensare di risolverla con i comportamenti personali e litigare sulla mascherina, perché a me pare probabile a questo punto che il problema sia altrove e che questo altrove significhi che il calo di fine aprile era dovuto a chissà cosa. Uno dei punti è che, ancora, il rischio non è uguale per tutti e lo sarà sempre meno: età, luogo, condizioni fisiche e ovviamente economiche faranno la loro selezione. La strage non sarà certo generalizzata, rimane che sotto i 60 anni, se stai bene, i problemi sono altamente improbabili. Come questo possa essere considerato indice di poca preoccupazione mi sfugge, ma non è ilmomento di polemiche, almeno credo. Però scaricare sui comportamenti individuali questo disastro incredibile è oltre ogni cinismo immaginabile, io davvero non ho più parole. E credere a questa sciocchezza è grottesco. Non è il virus che sta facendo strage, se qualcuno continua a crederlo io non so cosa farci, non litigo più su questo punto. Se il virus avesse trovato un sistema un minimo più decente, capace per esempio di creare un cuscinetto tra isolamento domiciliare e ospedale, oltre alle mille volte richiamate questioni di sanità pubblica (medici, strutture, infermieri, macchinari: il famigerato piano sanitario) il danno sarebbe stato enormemente minore.
A questo punto è impossibile sapere cosa succederà non solo tra 15 giorni, ma già la settimana prossima, forse dopodomani, presto, perché a me sembra che il panico sia già arrivato nei quartieri alti. I carri armati nelle strade non sono certo un’ipotesi lontana, visto che stavolta la gente non la convinceranno a stare a casa. In tutto questo tocca ancora leggere che “eh, ma cosa poteva fare il governo” il più grande dei capolavori, perché invece del corollario “visto che non poteva fare niente cosa diavolo ci sta a fare? si tolga di torno subito” c’è stato il meraviglioso spostamento di responsabilità col “dipende da voi”. La mia unica consolazione è che ho sbagliato tante volte. Speriamo.
(Mentre finivo questo specie di sfogo a Napoli picchiano vigili e carabiniente per opporsi al coprifuoco.)
Attenzione: Sul manifesto Roberto Ciccarelli recensisce positivamente un pamphlet del sociologo Andrea Miconi uscito per Manifestolibri che, a giudicare da quanto se ne legge, dice cose molto simili a quelle che diciamo qui su Giap dal marzo scorso.
https://ilmanifesto.it/navigare-nellincertezza-e-a-colpi-di-retorica/
«[…] Eppure questa classe dirigente è riuscita, oltre che ad autoassolversi, a farsi assolvere dalle sue responsabilità attraverso un dispositivo di controllo sociale e una narrazione che Miconi definisce “colpevolizzazione del cittadino”. In verità si tatta di un’attribuzione di responsabilità che alterna lo stigma dell’indisciplina, al paternalistico apprezzamento del comportamento virtuoso, alimentando così un clima di delazione e ostilità. Cosicché il compiaciuto o rassegnato “io resto a casa” si trasformava nel ringhioso “c’è troppa gente in giro”.
“COME SI SPIEGA – scrive l’autore – che proprio il paese dell’odio conclamato verso la Casta abbia finito per reggere il gioco alla classe dirigente, liberandola di ogni responsabilità, e scatenando la caccia selvaggia all’indisciplinato del piano di sopra?”. Miconi vede una possibile risposta a questo interrogativo nell’inclinazione del cosiddetto populismo a indirizzare l’aggressività concreta verso il basso, verso le differenze e le alterità che popolano la vita quotidiana e che non si sciolgono senza residui nella mitica armonia della «comunità», nel nostro caso i cittadini che cercavano di sottrarsi, se non altro, alle più assurde (e ce ne sono state a iosa) tra le limitazioni loro imposte. Ciò che di più odioso vi è stato nella selva di regole promulgate nel corso della prima fase dell’epidemia è stato il prevalere della partizione tra necessario e superfluo sulla più ragionevole distinzione tra pericoloso e innocuo.
Questa scelta di stampo moralistico ha condotto alla demonizzazione e conseguente repressione di ogni “attività ludica”, anche la più protetta e solitaria, e di contro alla leggerezza micidiale applicata invece alle più esposte e pericolose attività produttive.
“Ma la notte no!” cantava Renzo Arbore negli anni ’80 e il ritornello torna a risuonare, rovesciato, in mezza Europa nei decreti e nelle ordinanze che si prefiggono di cancellare quel regno tenebroso del vizio, della devianza e dell’irregolarità che è appunto la notte. Uno dei tanti slittamenti dai seri problemi strutturali, tutti rimasti irrisolti, alle piccole emergenze di comodo […]»
Non mi sarei aspettato di leggere queste cose sul Manifesto, lo avevo lasciato a primavera fradicio della retorica dominante virocentrica e “restoacasista” (e promulgatore di un deprimente appello governista), con poche lodevoli eccezioni come un articolo di Bascetta (non a caso) o un altro di Ginevra Bompiani.
Qualcosina si smuove.
A questo punto il libro di Miconi va comprato.
Epidemie e controllo sociale, manifestolibri, pp. 128, euro 10.
Ho resisitito allo stimolo di partecipare a questa discussione perche` non mi sembrava di poter contribuire in modo concreto ma anche perche` la situazione italiana mi tocca solo indirettamente, attraverso la mia famiglia. Il sentire nominare la parola coprifuoco pero` mi ha come spinto a prendere parte. Vorrei solo dire che puo` essere utile (come spesso accade) osservare gli appelli corali all’intoriduzione del coprifuoco dal punto di vista della lotta per i diritti degli afroamericani. Qui un interessante lista:
https://www.washingtonpost.com/news/morning-mix/wp/2014/08/18/ferguson-isnt-the-first-a-history-of-curfews-in-times-of-racial-tension/.
A mio parere certe misure potrebbero rappresentare l’inizio di un trinceramento delle classi dirigenti all’interno di un ben delimitato “recinto” di leggi che, in un futuro prossimo, torneranno incredibilmente utili per la tutela di quello che diventera`forse un privilegio, la libera circolazione delle persone e quindi delle idee
Sono completamente d’accordo con dude.
Come è stato più volte ripetuto nel blog nel corso di questi mesi, la colpa è esclusivamente politica privilegiando il settore privato per massimizzare i profitti negli ultimi 30 anni. Nel caso specifico quello della Sanità Pubblica la politica ha deciso di fare profitto con le disgrazie altrui:maggiore diagnosi, aumento delle malattie, aumento delle visite private a pagamento (la maggior parte evadendo fiscalmente), aumento esponenziale dell’età anagrafica e della disponibilità economica dei pensionati e dei lavoratori a tempo indeterminato nati negli anni 40-50-60.
Un’altro focus della politica è la criminalizzazione e lo scarica barile sulla questione “movida”(visione elitaria), sulla scuola poichè non essendo produttiva ma soltanto un costo e non ha un tornaconto elettorale importante. Essendo un docente di Diritto ed Economia tutta questa situazione sta rasentando la tragedia.
Una cosa molto preoccupante che è successa ieri a Napoli notte è la rivolta nei confronti di un ennesimo lockdown generalizzato utilizzando come pretesto i commercianti, è stata incanalata dagli estremisti di destra (Casapound e FN), il mondo Ultras schierato politicamente e dall’antistato, ovvero la camorra.
Ora vorrei però esporvi la mia situazione, perchè mi trovo in leggera difficoltà. Ho il fratello e la moglie della mia compagna insieme alle due bimbe di 4 e 8 anni positive al Covid-19. Ho anche un amico all’ospedale di Bergamo ricoverato in terapia intensiva e sono molto preoccupato per i genitori miei e della mia ragazza, senza tenere conto che ho 32 anni e lei 34. L’unica cosa che mi tira su è che ho iniziato a lavorare, altrimenti sarei nella depressione più totale. Credo che bisognerebbe rispettare le norme basilari civiche che ci siamo dati, inoltre basta leggere Albert Camus per capire gli enormi passi da gigante fatti. Nel futuro prossimo la situazione si aggraverà di molto, con disordini trasversali politicamente sopratutto nelle grandi città e molto meno nella provincia.
Sono addirittura arrivato a pensare di essere un privilegiato, mia l’avrei pensato in vita mia, perchè ho una casa, un lavoro e una compagna. Siamo entrati nella terza parte del trittico del “Giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch e non ne vedo l’uscita.
Misure come la chiusura di piazze e di altri luoghi di aggregazione seguono il solito copione di propaganda securitaria e hanno come obiettivo un vero e proprio “effetto psicologico” sulla popolazione. Le coordinate della comunicazione di questi tempi vertono appunto su, al vertice, la “sicurezza” (dare l’idea che chi governa ha il controllo della situazione), mentre, alla base, sulla “paura” (la cittadinanza per obbedire deve aderire in maniera incondizionata e quasi religiosa, perché “non c’è alternativa”). Riporto qui un breve estratto di un articolo di Open (https://www.open.online/2020/10/24/ipotesi-nuovo-dpcm-zona-arancione-chiusura-regioni-coprifuoco-18/), oramai vero e proprio house organ di regime per quanto riguarda la questione pandemia che mi pare getti la maschera sulla ratio di molte decisioni assunte. Circa l’ipotesi del coprifuoco notturno, scrive:
“A indicare la via ci sarebbero due studi dell’istituto Mario Negri consegnati al presidente del Consiglio, secondo i quali le esperienze di coprifuoco serale imposto nel resto d’Europa non hanno portato altri benefici se non un effetto psicologico sulla popolazione, che certo ha aumentato la percezione del pericolo”.
A questo punto, è evidente che la logica di chi formula pareri e prende decisioni al vertice della piramide che è la nostra società non attiene a questioni di carattere scientifico-epidemiologico, ma c’entra con il kelseniano “controllo sociale” e che la preoccupazione sia oramai sul versante dell’ordine pubblico (e gli ultimi fatti di Napoli sono spie allarmanti da questo punto di vista). A marzo il collante per imporre misure incostituzionali, definite però “necessarie”, non è stato certo lo spirito di sacrificio, la solidarietà collettiva e intergenerazionale, quanto la paura esercitata dai media attraverso racconti di forte impatto emotivo (i camion con i morti di Bergamo, le narrazioni dei medici “dal fronte”) in un contesto di chiaro stato emergenziale più per difficoltà organizzativa che altro. Ora, tutto questo è davvero difficile riproporlo.
Trovo tragicamente beffardo il rapido cambiamento di scena, propedeutico all’ emergenza totale, di cui si è scritto e parlato tanto. L’ autocompiacimento di settembre, una classe politica sugli allori perchè il nostro modello(sic?) ci preservava dalla nuova ondata, che non ha spiegato e preparato psicologicamente a questi nuovi mumeri così inquietanti: alla faccia del nuovo corso europeo, l’ unica cooperazione e coordinazione è stata quella sui fondi, sembrerebbe. Ora, come era previsto, l’ ordine pubblico scoppia e le emergenze stavolta sono a rischio in TUTTO il paese. Nel Kaos mi ritrovo dal “siamo a posto così” .
E dal “siamo a posto così” siamo arrivati all’”ormai è troppo tardi”.
Segnalo anche che ci stiamo avviando verso la spaccatura del Paese, tra ridicoli appelli di Zingaretti (è il virus il nemico, non le misure pere combatterlo), scaricabarile tra governo e governatori, governo che annaspa improvvisamente travolto dalla realtà, e contropoteri che agiscono. Perché se è verosimile che le proteste al sud siano (o potranno essere) in qualche modo governate dalla criminalità organizzata, è anche vero che al nord è la confindustria a dettare le regole, almeno fino a quando le varie sigle non si stancheranno (si veda quanto sta succedendo nel comparto food).
Buonasera a tutt*. Vorrei ricollegarmi a chi parlava di ansia, sconforto e difficoltà ad affrontare il presente in modo esplicito – a chi si intende di dati, invece, sottopongo questo articolo sulla contagiosità del virus e chiedo un parere a chi ne capisce più di me: https://www.theatlantic.com/health/archive/2020/09/k-overlooked-variable-driving-pandemic/616548/
Ora dovrei studiare per un concorso che si svolgerà di qui a poco, che mi permetterebbe di emanciparmi da un contratto in scadenza tra meno di tre mesi e forse anche di cominciare a lavorare sulla fine del capitalismo, ma non ci riesco. Sono settimane che non trovo la concentrazione necessaria, e so perché: non sono sicuro che l’ente che mi assumerebbe resterà in piedi di qui a dieci anni ma so che mi sfrutta già e che continuerà a farlo, e per di più so che quanto serve studiare per questo concorso è fumo negli occhi, se non bieca propaganda. Ho studiato l’equilibrio generale della “economia borghese” trovandovi il più regressivo dei paradigmi scientifici, ma la sua applicazione fuori dal mercato riesce a sconcertarmi ancora più profondamente; assecondare questa logica perversa non curandomi delle persone che vedo dormire per strada o di quelle che sento soffrire per questa situazione poi è insopportabile.
A chi si sente schiacciat* dal presente, dall’angoscia e dalla solitudine, voglio dire questo: non sei sol*; resta attaccat* a ogni persona, per quanto improbabile, che non rinuncia neanche in questo momento alla propria e altrui dignità di persona, perché sono rare e a rimanere da sol* si rischia tanto – mai l’avrei creduto, ma ho dovuto trattenermi dal balcone di casa in almeno due giorni del primo “lockdown”, e sono grato di essere ancora qui per scriverlo. Se fosse possibile, vorrei fare rete sulla base di questo blog – con il beneplacito di chi ci ospita, chiaramente – perché nella sofferenza di questi mesi sono anche arrivate idee, intuizioni, speranze che, insieme, possono dare vita a qualcosa e chissà, magari anche porre fine a questo interregno morboso menzionato qui sopra.
Con molto affetto e il sincero augurio che stiate bene, spero di vedervi tutt* in carne ed ossa quanto prima.
Qui c’è un articolo in italiano che riprende tra gli altri i contenuti di quello linkato da DB.
https://oggiscienza.it/2020/10/13/come-si-trasmette-davvero-il-coronavirus-della-covid-19/
Dagli studi citati emergerebbe che la stragrande maggioranza dei positivi non infetta nessuno, mentre il 10-20% dei positivi è responsabile di almeno l’80% dei contagi. Ora ripensiamo un attimo a quando ci spiegavano come starnutire correttamente perché i piccoli gesti fanno la differenza (piegare bene le ginocchia, piede sinistro in avanti, impugnatura a martello, rotazione del busto e con violenza…). Il ruolo fondamentale, invece, lo giocherebbe la superdiffusione. Che in genere si verifica, non sorprendentemente, quando una persona presintomatica ma già contagiosa si trova in uno spazio chiuso, affollato e poco ventilato. E magari rumoroso, così da costringere a urlare. Chi ha detto “fabbrica”?
Scrivo solo per mettere in risalto questi due commenti, uno di WM1 e uno di Isver, che in ambiti diversi chiariscono 2 concetti fondamentali:
https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/10/messaggio-in-bottiglia-sulla-seconda-ondata/#comment-40822
https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/10/messaggio-in-bottiglia-sulla-seconda-ondata/#comment-40825
Io non avrei saputo scrivere meglio ciò che loro hanno scritto in questi due commenti e per questo li ringrazio.
Sarebbero da stampare e distribuire in giro per le città. Per quanto mi riguarda li stamperò e li farò circolare nel mio giro di famigliari e amici.
Due parole sul mito degli italiani «indisciplinati» che starebbero accelerando la tendenza al lockdown coi loro comportamenti sconsiderati ecc.
Ho saputo oggi che un mio amico che vive in un’altra città si è preso il Covid, molto probabilmente durante una cena di ex-compagni di scuola. Erano in 12, poi risultati tutti positivi (e sintomatici).
Sono stati indisciplinati? No. Erano al ristorante, hanno seguito tutte le procedure, le stesse che abbiamo seguito a milioni in questi mesi: hanno portato la mascherina fino al momento di sedersi, se la sono tolta per mangiare, mentre mangiavano chiacchieravano, erano seduti gli uni di fronte e accanto agli altri, a più di un metro di distanza. Noi sappiamo che da un punto di vista epidemiologico quella distanza non aveva un fondamento scientifico, dato che le goccioline di saliva arrivano più lontano di così. Era una misura di compromesso, puramente retorica, per non far vedere che si cambiava rotta rispetto ai mesi prima. Discorsi già fatti più volte. Ad ogni modo, a milioni abbiamo cenato in ristoranti, ci siamo rimessi le mascherine quando ci siamo alzati per andare al cesso, ce la siamo ritolta quando ci siamo riseduti ecc. Abbiamo fatto quello che dicevano decreti e ordinanze, né più né meno.
E lo rifarei, non sto dicendo che andava proibito. Sto dicendo che non siamo stati “indisciplinati”: ci siamo mossi dentro disposizioni contraddittorie e apotropaiche, senza sgarrare. E in quelle situazioni, ripeto, a norma di dpcm e ordinanze, diversi di noi si sono presi il virus. “Responsabili” a norma di legge, si sono presi il virus.
I nostri comportamenti di questi mesi sono stati contraddittori anche perché contraddittoria era la normativa, la partizione tra consentito e vietato. Erano consentiti comportamenti rischiosi e vietati comportamenti innocui, erano aperti luoghi rischiosi e chiusi luoghi innocui. Essere “disciplinati” significava, semplicemente, vivere dentro quelle contraddizioni.
Ripeto, io mi rivendico le mie cene con non-congiunti mille volte, non solo perché erano consentite, ma perché bisogna vivere, non solo vegetare.
Però se adesso mi dicono che se si rifà il lockdown è colpa mia perché sono stato “indisciplinato”, io mi sento nel pieno diritto di mandarli a cagare.
Quasi nulla di quello che hanno fatto in questi mesi aveva senso, si sono pavoneggiati straparlando di un inesistente “modello Italia” che tutti volevano imitare perchè eravamo stati i più bravi (con più di 35.000 morti), non hanno approntato nessuna risposta sistemica all’eventuale seconda ondata, poi si sono autoipnotizzati col bollettino quotidiano dei positivi in crescita (dato che di per sé non significa quasi nulla, vedi i commenti e link sopra) e hanno cominciato a dire: irresponsabili! Che state facendo?!
La risposta è: non stavamo facendo nulla che non si potesse fare in questo splendido Paese che tutti volevano emulare per la sua fantastica risposta alla pandemia. Nulla che non si potesse fare. Il cosiddetto “indisciplinato” era più mitico che reale, in realtà stava facendo cose che nessuno aveva vietato, cioè era ligio, non indisciplinato. Ecco allora tornare il “doppio legame” di maggio: il fatto che io ti dica che puoi fare la tal cosa non significa che fai bene a farla, anzi, se la fai sei uno stronzo.
E su questa base continuavano a dire: irresponsabili! Mascalzoni! E poi: se si dovrà rifare il lockdown sarà stata colpa vostra!
Eh, no. Col cazzo.
Perche se non ci fosse la multa tu andresti in giro in macchina dopo aver bevuto?
Scusami ma ho appena letto questa:
https://www.agi.it/cronaca/news/2020-10-24/cervinia-funivia-covid-10060928
Penso che ci manchi davvero un po’ di solidarietà umana. Tutti a guardare al proprio piccolo orto e a fottersene della collettività. La responsabilità di certi comportamenti è individuale, se ci basiamo solo su cosa è legale e cosa no, possiamo dire addio a qualsiasi sogno socialista…
Scusate lo sfogo. Solidarietà a te WM1 e al tuo amico colpito da sto merda di virus.
Io sono astemio e non ho la macchina.
La narrazione sugli “italiani indisciplinati” è falsa, l’occasionale notizia spettacolare sulla movida o sugli sciatori non a caso è una notizia. Cosa fa notizia? Fa notizia quel che può attirare l’attenzione. La cena in cui il mio amico si è preso il Covid non poteva attirare l’attenzione, era la normalità e infatti non è uscita sui giornali. La maggior parte della gente è stata ligia, spesso sin troppo, ha fatto quel che le hanno detto che si poteva fare e non ha fatto quel che le hanno detto che non si poteva fare. Sono mesi che la maggior parte della gente indossa la mascherina per strada, dove il più delle volte è superflua. Sono mesi che si passa da una restrizione all’altra. Se il virus si diffonde lo stesso, invece di dare la colpa agli “indisciplinati”, cadendo nella trappola di una classe dirigente paracula e di un giornalismo sensazionalista e ipocrita, forse si dovrebbe capire che è l’intera impostazione di quest’emergenza a dover essere ridiscussa dalle fondamenta.
«sono mesi che sentiamo ripetere con gergo militaresco che “siamo in guerra contro il Covid”. Ma si sa, la guerra è la più ipocrita delle attività umane. Colonnelli in cerca di facile consenso gridano a spron battuto attraverso gli schermi che è colpa nostra se il contagio continua a diffondersi. Intanto i “soldati” di questa guerra continuano ad essere mandati in prima linea con le scarpe di cartone e uno schioppo ogni due. Una guerra ipocrita come dicevamo in cui il problema sarebbe quello che la gente fa tra le 23 di notte e le 5 di mattina (per lo più dormire) e non il fatto che ci si ammala sul lavoro, sui mezzi di trasporto, a scuola, in ospedale e persino nelle code per fare i tamponi. Quindi il coprifuoco, ennesima parola da stato d’assedio, rientrata nel linguaggio comune in poche settimane, ennesima misura ad hoc per non perdere la faccia di fronte all’aumento dei contagi e contemporaneamente non rompere le uova nel paniere ai veri corresponsabili di questa situazione, quelli che per mesi hanno chiesto di riaprire tutto ad ogni costo, quelli che adesso vogliono licenziare ad ogni costo: i padroni di Confindustria e quella marmaglia di banditi che nel nostro paese vengono chiamati imprenditori.»
Dall’editoriale di Infoaut linkato da Curvanord nel suo commento.
Non sono d’accordo su tutto (la maggior parte dei padroni non ha chiesto di riaprire per il semplice motivo che il governo non li ha mai fatti chiudere, è opinabilissimo che la scuola sia uno dei luoghi più a rischio ecc.) ma è sicuramente l’avvio di una riconsiderazione.
Bice, però chiunque sia intellettivamente normodotato e non abbia disfunzioni al sistema limbico, è cosciente che guidare dopo aver assunto alcolici può essere rischioso e difatti credo che la maggior parte di noi lo eviti non certo per timore di incappare in un posto di blocco.
Invece se andiamo ad elencare i provvedimenti trasfusi nei DPCM ( ma non c’era stato l’ammonimento da parte del Quirinale a darci un freno? L’avrò sognato…) ne troveremo di talmente illogici da chiederci se osservarli non sia un gesto sacrificale più che una misura atta a conseguire il fine per cui è stata- teoricamente- introdotta. Io la mascherina all’aperto, per le vie desolate del mio borgo in inverno la indosso SOLO perché non voglio sorbirmi la predica di questo o quell’esponente delle FDO e soprattutto perché so che finirei per intavolare una discussione. Non ho certo paura della sanzione, ma di non riuscire a moderare i termini.
Perciò, tra una invettiva e l’altra, tiro su la mascherina e mi rassegno pensando che dopo ore ed ore in cui la metto a lavoro vorrei sentire l’aria sul viso, camminare senza averla appiccicata quando aumento l’andatura e non sentirmi ridicola. Perché mi sento proprio una sciocca che non sta facendo nulla di utile per abbattere il rischio di contagio per me od altri, ma semplicemente si sta asservendo ad una logica che addossa sui cittadini-sudditi responsabilità che non hanno e che vuole tutti noi gli uni contro gli altri alla forsennata ricerca del capro espiatorio del momento.
La stessa logica che vuole che si distingua tra comportamenti virtuosi perché improntati a valori considerati meritevoli e comportamenti “sporchi” e per ciò stesso forieri di pericolo. Non cadiamo nel tranello e non giudichiamo gli altri sul base di ciò è essenziale o superfluo per noi.
I thread si sono allungati e non riesco a commentare nel posto giusto, faccio un commento cumulativo. Sulla Svezia: oltre a quello postato da Hoffmann, che mi pare abbastanza accurato, oggi mi è capitato sotto gli occhi anche questo: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/apa.15582 che per me è importante per tre ragioni. Una generale, è un lavoro non epidemiologico ma piuttosto di ricostruzione del processo decisionale abbastanza accurato; una un po’ più specifica, nelle conclusioni dice che per una valutazione seria servirà attendere; ed una che può sembrare marginale ma che per me è una delle tante prove dell’inutilità delle decisioni generali sull’epidemia, cioè il raffronto tra Malmoe e Copenaghen. Parliamo di “Svezia”, “Italia”, “Norvegia” “Francia” in modo che secondo me non ha senso dal punto di vista della diffusione del contagio.
Ad ogni modo oggi (o forse ieri) è uscito il rapporto ISTAT sulla mortalità dei primi 8 mesi dell’anno (https://www.istat.it/it/archivio/240401) e dare un’occhiata alla tabella dello scarto dalla maedia ’15-’19 è destabilizzante: tra gennaio e febbraio c’era stata una diminuzione che arrivava al 15% in alcune regioni; a marzo e aprile gli spaventosi numeri del nord (a marzo Lombardia +191, Emilia +69, Piemonte +63, con un +99 complessivo; ad Aprile un poì meglio ma sempre terribile) e poi il repentino calo, con il nord sempre sotto media nei tre mesi estivi. Il tutto mentre nel sud oltre ai due mesi citati (ma scarti bassissimi, in Sicilia addirittura un decremento a marzo) i dati erano perfettamente in media. Il risultato finale è un 8.3 in più rispetto alla media su scala nazionale, dato ovviamente “drogato” da quello del nord, perché centro e sud sono andate “meglio” degli anni scorsi.
Su questi dati ci sarebbe moltissimo da dire, ma insisto sul fatto che il problema è cosa abbiamo davanti.
Chiedo scusa, è saltato un pezzo di commento. Quello che abbiamo davanti potete tenerlo sott’occhio anche con questa infografica che a me pare ben fatta (non precisissima, non comprendo bene perché basti il 30% dei posti occupati per entrare in sofferenza e i posti in terapia intensiva sono un mistero, però è una buona approssimazione, secondo me) https://www.infodata.ilsole24ore.com/2020/10/15/terapie-intensive-scopri-in-tempo-reale-quanti-posti-sono-occupati/?fbclid=IwAR0HLzy6AYr8zk5_cdulkSemxdJX3PHtwvGsIK2PeO9TmxnNz67RFPecuSc&refresh_ce=1
Non è che non siamo messi benissimo è che siamo messi proprio male male, anche perché è impensabile che questi provvedimenti possano portare ad un miglioramento della situazione. Forse gli ospedali si “aggiusteranno” cercando di accogliere gente malata seriamente (oggi c’è ancora un po’ di “comprensione” per chi non sta malissimo ma non saprebbe dove andare dopo la diagnosi positiva al tampone) ma segnali di sovraccarico arrivano sempre più numerosi. Il che vuol dire che l’accesso alle cure sarà sempre più complicato e che le vie d’uscita saranno sempre più individuali (soldi, relazioni). Il tutto mentre si continua a non dire nulla su quali dovrebbero essere i provvedimenti per tutelare un minimo di decenza economica, a pensare che i ristoranti possano chiudere alle 20 (al sud si apre alle 19, in genere) e a mettere le mani avanti dicendo che le reazione sono opera di fascisti e camorristi (ricorda nulla?)
Il Veneto come lo vedi, robydoc? La gestione del tracciamento è stata sin qui positiva, la capienza dei reparti di rianimazione, hopefully, è stata adeguata alle potenzialità della seconda ondata. E Zaia gode di un consenso talmente largo e talmente democristiano – fatto di moralismi un po’ miopi che guardano solo al basso o, nella migliore delle ipotesi, verso il proprio sé, “siamo tutti un po’ responsabili” – il consenso è tale che Zaia si potrebbe permettere di adottare strategie di persuasione, e anziché imporle, le restrizioni che si renderanno via via necessarie al contenimento dell’epidemia, potrebbe limitarsi a, semplicemente, chiedere – la gente probabilmente si adeguerebbe. Che ne pensi. Grazie
Era da tempo che volevo commentare. Da marzo con precisione. Mesi di solitudine intellettuale (e non solo) in cui il vostro lavoro di controinformazione, come si diceva un tempo, mi ha impedito di sprofondare. Ironia della sorte, la mia distanza da voi (perfino come letterati) perché ai tempi della mia presenza bolognese i mormorii vi facevano vicini alla gente venuta dal Veneto…. Dopo un iniziale sgomento, fra la débâcle agambeniana e la mia quotidiana frequentazione del vostro blog, … Ma il silenzio assordante dei compagni in questi mesi è stato inqualificabile. Sarà ricordato, credo e spero, alla stregua degli interventisti della prima guerra mondiale. O, peggio, dei socialisti divenuti amici del duce…. Vi scrivo oggi, perché, finalmente, qualcuno, ed anche in quella via avesella che ci ha un po’ tutti formati, comincia a capire….Speriamo un nuovo inizio
https://www.infoaut.org/editoriale/napoli-una-rivolta-per-non-morire
Ok. Però cerchiamo di evitare allusioni e riferimenti incomprensibili al 99% di chi ci legge.
Per chi vuole sapere le problematiche legate all’uso del tampone naso faringeo come mezzo di screening e tracciamento per la malattia (quasi una smoking gun sul fatto che qualcuno voglia mandare a vacca le cose, a voler essere cattivi) questo il resoconto di una piccola ricerca personale fatta in questa settimana. Ricerca nata da una domanda banale dovuta alla visione di dati “fuori controllo” e in parte incongruenti, ovvero “ma qual’è la precisione dei tamponi che stiamo usando?”
Inevitabilmente cito anche il pezzo dei WM qui sopra che è uscito, come si suol dire, a fagiuolo.
https://www.civiltalaica.it/cms/index.php/il-bisturi-e-laccetta.html
Ciao Bice, il primo commento di Wu Ming 1 conteneva un particolare importante: ha detto che sia lui che i suoi amici hanno rispettato tutte le regole. Tu per tutta risposta hai citato un caso di presunta trasgressione e di ” irresponsabilità”. Ti risulta, ad oggi, che gli impianti sciistici siano chiusi? Chi deve assumersi la responsabilità della salute pubblica, eventualmente? Ritieni che sciare all’ aperto sia maggiormente pericoloso che affollarsi in un centro commerciale? O essere costretti per andare al lavoro a prendere un mezzo pubblico? Io sono stanca di sentire questa gara a chi ha più spirito di sacrificio. Vuoi rispettare, nella convinzione della loro evidentemente e provata efficacia (…), tutti i divieti. Prego. Accomodati. Quale è il premio in palio per una mascherina all’ aria aperta? La salvezza dell’ umanità? Il raggiungimento di un ideale socialista? Intanto grazie a questi ” paravento’ e gare per dimostrarsi educati e disciplinati e rispettosi degli altri (?….) ci stanno fottendo l’ esistenza e possono contare sul tuo spirito di collaborazione, abnegazione e sacrificio. Credo che però tu sia in club che si sta ormai restringendo. Lo scetticismo dilaga, sempre insieme alla pedissequa osservanza delle regole, per ora… Poi si vedrà.
A me risulta da irresponsabili accalcarsi in centinaia davanti ad una funivia per un vizietto da borghesi come l’andare alla prima giornata di apertura degli impianti sciistici (con il sole e senza neve tra l’altro…)
Chiuderei gli impianti sciistici dipendesse da me, ma in assenza di una legge che lo faccia mi sentirei in dovere di non andarci almeno questo anno.
Lo chiami spirito di collaborazione? può darsi.
Abnegazione e sacrificio? Sì può essere che sia anche quello. Ciò non toglie che critico la gestione della pandemis tanto quanto fate voi.
Non mi interessa il club a cui mi associ…
Bice, non vorrei farne una questione personale ma tu sei arrivata qui chiedendo comprensione per la tua paura del virus. Questa comprensione ti è stata generosamente dispensata da molti lettori, che hanno empatizzato con la tua sofferenza, così manifestamente esposta. Non ti sei però dimostrata altrettanto sensibile per le esigenze degli altri, bollandoli come irresponsabili, viziosi borghesi… vale anche per chi desidera ancora andare a teatro o al cinema o più semplicemente vivere? Mi spiace, io non sono riuscita a credere al tuo appello, per come era espresso. La tua visione dell’ esistenza, apparentemente improntata alla solidarietà e alla responsabilità, nasconde una grande insensibilità. Nessuno ti obbliga a frequentare gli impianti sciistici, posto che si possa dimostrare che la loro pericolosità sia pari o superiore a quella di un autobus affollato, puoi tutelare te stessa in maniera efficace evitando situazioni, a tuo parere, con alto potenziale di rischio. La pretesa di estendere anche agli altri questa tua convinzione, non suffragata da alcun elemento specifico trattandosi perlopiù di luoghi all’aperto in cui il rischio di contagio è minore, è francamente assurda. Per fortuna la decisione non spetta a te ( anche se siamo in mani ben peggiori). La sopravvivenza ed il lavoro di molti di noi dipendono dall’ apertura di alcune attività. Io sono più preoccupata da questo che dal virus. Se il mio posto di lavoro è in pericolo prima o poi sarà in pericolo anche la pace sociale.E non mi piace che la dittatura della paura venga spacciata per responsabilità e solidarietà. E che le responsabilità, anzi le colpe, vengano attribuite alle persone sbagliate. Forse la realtà è la tua critica della gestione della pandemia si rivolge verso il basso, anche se in questo caso specifico per giustificare la tua posizione hai preso di mira i borghesi viziosi. Quella qui espressa si rivolge verso l’ ” alto”.
Attacchi ad hominem e appelli all’emozione…
Hai attaccato la vita e i tratti personali del tuo interlocutore nel tentativo di sminuire le sue argomentazioni, e hai tentato di manipolare la reazioni emotive di qualcuno anziché fare uso di argomentazioni valide e convincenti.
Per me è inutile discutere con te. Quando avrai dei seri argomenti potremo ridiscutere.
Concludo con questa:
Look, the fact is we all have a line for what we aren’t willing to sacrifice in order to save the lives of others. None of us are morally perfect.
I’ll be honest though, I wasn’t expecting the line to be “getting a monthly haircut” for so many people.
Io non mi aspettavo il tuo limite fosse la mimica facciale per il tuo cane.
“Per me è inconcepibile uscire, anche solo col mio cane, e non consentirgli di leggere ogni variazione della mimica facciale che, per lui, ha una importanza vitale.”
Facepalm.
Bice, sono mesi che ci sforziamo di dimostrare che il governo ricorre a diversivi. Il pezzo linkato da AlexJC qualche commento sopra lo mostra con tanto di grafici:
https://www.civiltalaica.it/cms/index.php/dallassurdistan-in-attesa-del-peggio.html
Posso capire che non interessi, che paradossalmente sia più consolatorio adagiarsi nella propria ansia, ma allora hai decisamente sbagliato discussione.
E infatti… «Facepalm»? Guarda che qui non siamo su Facebook.
Sei venuta qui premettendo che eri in preda all’ansia, e cioè poco lucida. L’avevi detto, potevamo capirlo, non c’era alcun bisogno di dimostrarlo.
Ora la scelta sta a te: o di un po’ di quell’ansia te ne sbarazzi almeno al momento di discutere, o cambi blog, perché qui siamo abituati a discutere in un altro modo.
Non è che perchè soffro di ansia io non possa essere d’accordo con alcuni commenti che leggo. O pensate che io debba starmene a fare l’elemosina e non esprimere opinioni distanti dalle vostre?
Non sapevo che facepalm si usasse solo su Facebook.
La sostanza non cambia: abbiamo tutti un limite a ciò che non siamo disposti a sacrificare per salvare la vita degli altri. Nessuno di noi è moralmente perfetto. per Filo a piombo è la mimica facciale per il suo cane.
Migliaia di morti e per lei era prioritario il non consentirgli di leggere ogni variazione della mimica facciale che, per lui, uno stupido cane, ha una importanza vitale.
Per me facepalm a leggere certe cose è legittimo e fin troppo buono.
Poi se proprio vogliamo essere precisini, vi inviterei a richiamare Filo a piombo a moderare i toni dei commenti, allo stesso modo con cui richiamate chiunque faccia attacchi ad hominem… o per lei vige qualche eccezione di cui non sono a conoscenza.
Bice, abbi pazienza, non hai neppure capito di cosa si sta parlando…concentrata come sei su te stessa e sul virus. Sul tuo vittimismo e nella tua ottusità. .
“Io non mi aspettavo il tuo limite fosse la mimica facciale per il tuo cane.” Questo non è il mio limite personale è la condizione di moltissime persone che sull’intensità dei rapporti spendono una vita intera, sforzandosi di non rimanere ad un livello di empatia superficiale o nullo. Riguarda la vita di tutti gli esseri viventi che si esprimano principalmente attraverso una comunicazione non verbale. Come i bambini piccoli. Riguarda il fatto che l’ espressione del viso è più comunicativa di un mucchio di inutili parole. Difficile da comprendere, vero?
In fondo, alcune persone, in questa situazione stanno benone perché possono sfogare sugli altri tutte le loro frustrazioni persecutorie. Il governo in questo senso ha proprio dato la stura ad un becero atteggiamento di persecuzione.
Quando ti sveglierai dal tuo stato di torpore forse sarà troppo tardi perché magari nel frattempo sarai stata travolta da ciò che meno ti aspetti. E non sarai pronta. Le persone come te più che la mascherina dovrebbero togliersi la maschera.
Non hai ancora capito che il rischio che si accenda un serio conflitto sociale è molto alto se non ci si preoccupa di difendere e tutelare i lavoratori più fragili, più deboli e più esposti in questa pandemia. I ricchi possono andare avanti così per molto tempo, hanno le spalle coperte. I poveri sono già allo stremo delle forze. Questo lo hai compreso?
Peccato solo che portare la mascherina all’aperto quando non c’è nessuno nelle vicinanze, non salvi nessuna vita. Non c’è neanche bisogno del cane. Anche se potrebbe essere utile per tenere a distanza tanto quelli che si avvicinano senza mascherina, quanto quelli che si avvicinano per dirti di metterla. La linea che passa per di lì, è semplicemente quella delle cazzate che siamo disposti a fare per esorcizzare la paura. Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio. E Padre Pio, che ci dava l’esempio igienizzandosi frequentemente le mani con l’acido fenico.
Scusa, Bice28, io sullo sci la penso come te – o forse ho il tuo stesso pregiudizio – ma se posso, vorrei farti una domanda: quale pensi possa essere la ratio della mancata chiusura degli impianti sciistici? Li lasciano aperti perché ci vada solo chi ne ha effettivamente bisogno? Direi di no. Se li lasciano aperti, giusto o sbagliato che sia, è per salvaguardare l’attività economica. E la salvaguardia dell’attività economica non dipende dall’apertura in sé, ma dall’affluenza. Quindi nel momento in cui lasciano aperti gli impianti sciistici, stanno implicitamente invitando la gente ad andarci. Altrimenti è solo un’altra presa per il culo.
Ora, siccome tutte quelle persone hanno fatto quello che il governo stava non autorizzando, ma proprio invitando a fare, la responsabilità non può essere loro. A maggior ragione perché tutte quelle persone, borghesi e quello che vogliamo, non si erano certo messe d’accordo per accalcarsi. Volevano solo andare a sciare, pratica che di per sé mi pare tutt’altro che ad alto rischio di trasmissione del virus. Se poi si sono accalcate, è solo perché nessuno ha provveduto a organizzare l’accesso e le modalità di fruizione degli impianti in modo da garantire il distanziamento. Inoltre portavano tutti la mascherina, e non possiamo nemmeno biasimarli più di tanto se sono convinti che questo basti, dopo mesi di propaganda colpevolizzante da un lato e falsamente rassicurante dall’altro.
Potevano restare a casa? Sì. Stanno sul cazzo perché si possono permettere di andare a sciare con mezza Italia alla canna del gas? Sì. Ma finché i confini della responsabilità sembrano tracciati in preda ai fumi dell’alcol, non sono più irresponsabili di chi prende l’autobus quando potrebbe andare a piedi.
Mi hai tolto le parole di bocca.
Ecco. Diciamo che con il nuovo dpcm che chiude i ristoranti alle 18:00, una compagnia di amici come quelli di WM1 che si è infettata l’altra sera a cena, potrà reinfettarsi soltanto a pranzo. Il ristorante farà invece fatica a sopravvivere con soltanto metà degli incassi. Molti ristoratori chiuderanno baracca entro la fine dell’anno, per non riaprire.
Idem cinema e teatri, già ridotti al lumicino da mesi di ingressi ridotti, palestre, piscine, con tutte le attività annesse e connesse.
La scelta è chiarissima: per salvare gli interessi di Confindustria e del grande capitale dando però l’idea di fare qualcosa, il governo decide di sacrificare gli interessi della medio-piccola borghesia imprenditoriale e i posti di lavoro delle sue attività commerciali. Cuochi, camerieri, sguatteri, attrezzisti, fonici, tecnici delle luci, attori, gestori di sala, personal trainer, istruttori delle palestre e delle piscine (ma il cloro non è un potente disinfettante?), manutentori, impiegati di segreteria, ecc.
A fronte di questa ecatombe annunciata, Conte dice che i soldi per gli ammortizzatori ci sono. E che ci siano si può anche credere. Il punto però è dove. Cioè capire come spostarli da dove sono alle tasche presto vuote di quei lavoratori, e farlo nel più breve tempo possibile. A primavera non è andata proprio benissimo in questo senso. La seconda volta avremo più fortuna? Beato chi ci crede.
Com’è che diceva Occupy?
«Noi siamo il 99%».
E questo è un governo che fa i tripli salti mortali pur di tutelare gli interessi dell’1%.
La polarizzazione di classe che sta creando quest’emergenza – non la pandemia, come si dice sempre, annacquando l’analisi: la gestione della pandemia – è vertiginosa, siamo dentro un impressionante acceleratore di proletarizzazione. Da una parte le multinazionali, Confindustria, il padronato grande e medio-grande e la classe politica che ne tutela gli interessi, dall’altra tutto il resto della società: ceto medio impoverito, working class, decine di milioni di persone.
Peccato che a sinistra questa cosa non sia stata minimamente compresa, e si sia dato dell’infame “riaperturista” al tizio che gestisce una piccola palestra, al tecnico del suono a partita IVA che senza concerti si è ridotto alla fame ecc. Questi sono proletari e neo-proletarizzati che un’odiosa retorica dipinge da mesi come cinici padroni, irresponsabili, “negazionisti”, stragisti ecc.
Gran parte del corpo sociale sta andando in rovina a causa della retorica diversiva del governo e dei media governisti, una retorica che, col più puro approccio neoliberista, scarica ogni colpa sul corpo sociale, previa sua atomizzazione in singoli individui. Le cose vanno bene? Merito del governo. Siamo al collasso? Colpa dell’individuo.
Ma la gauche-caviar e, purtroppo, parte di quella ex-“radicale” dicono che le rivolte sono solo roba di camorra, di ultrà, di fasci. Proprio non vogliono capire.
«La scelta è chiarissima: per salvare gli interessi di Confindustria e del grande capitale dando però l’idea di fare qualcosa, il governo decide di sacrificare gli interessi della medio-piccola borghesia imprenditoriale e i posti di lavoro delle sue attività commerciali. Cuochi, camerieri, sguatteri, attrezzisti, fonici, tecnici delle luci, attori, gestori di sala, personal trainer, istruttori delle palestre e delle piscine […], manutentori, impiegati di segreteria, ecc.»
[…]
«Peccato che a sinistra questa cosa non sia stata minimamente compresa, e si sia dato dell’infame “riaperturista” al tizio che gestisce una piccola palestra, al tecnico del suono a partita IVA che senza concerti si è ridotto alla fame ecc. Questi sono proletari e neo-proletarizzati che un’odiosa retorica dipinge da mesi come cinici padroni, […] ecc.»
Ieri ho letto i molti commenti che si sono avvicendati sul thread, senza poter rispondere.
Oggi che posso farlo molte delle mie considerazioni sono ormai già vecchie, superate dagli eventi e da altri commenti molto più utili e pertinenti (e non entro sul tema sci).
Però questi 2 commenti di WM4 e WM1, con cui concordo in pieno, toccano secondo me dei punti importantissimi anche nell’evidenziare le criticità di una risposta “a sinistra” a quest’emergenza, emergenza che invece viene cavalcata dalle destre.
Sul commento di WM4 aggiungo che le categorie di lavoro più penalizzate, a differenza del “grosso” dei lavoratori di confindustria che invece per ora continueranno come prima, sono anche quelle con una maggiore incidenza di lavoratori atipici, stagionali, a termine oppure di “false partite IVA”, con scarsi o nulli ammortizzatori sociali.
La rabbia di queste persone, che presto saranno alla fame e sommerse dai debiti, difficilmente si muoverà “verso l’alto” ma più probabilmente in modo orizzontale, alimentando una guerra tra poveri, forse con altri dipendenti più fortunati che con i loro ammortizzatori sociali potranno magari ancora pensare a “criticare” gli altri perché poco “attenti” al virus.
Sul commento di WM1 dico solo che la stessa definizione di ceto medio andrebbe rivista, perché oggi (iperbole, forse) quasi qualunque contratto a tempo indet. configura lo “status” di “ceto medio” molto più di certe attività professionali…
Mozione d’ordine: filo a piombo, abbassa i toni, please. Bice, non ci sono eccezioni, né per filo né per te. Cerchiamo tutti e tutte di discutere senza andare sul personale, ok? Non siamo ancora alla nostra “darkest hour”, quindi calma e gesso perché ci vorrà molto sangue freddo per affrontare i mesi che ci aspettano. Qui su Giap ci si aspetta che tutte e tutti facciano il proprio per mantenere questo ambiente vivibile. Grazie.
Poi, per di più, se il cane è pure stupido! Beh, grazie per aver sdrammatizzato. In ogni caso la linea di confine non è solo fra quello che siamo disposti a fare per esorcizzare la paura. Premesso che davvero si tratti di paura per la propria vita, per chiunque. Ma cosa siamo disposti a fare senza ottenere risultati concreti e che prezzo siamo disposti a pagare in termini di rapporti personali, qualità della vita e libertà. Perché se il rituale apotropaico non ha nessuna influenza decisiva,né in senso positivo né in senso negativo, allora, vabbè, tutto sommato la situazione rimane tale e quale. Il problema è che il rituale non solo non produce gli apprezzabili effetti concreti sperati ma ne induce di catastrofici ( e non mi riferisco alla mascherina, evidentemente, ma a un insieme di cose senza senso, spacciate per buone.) E forse è questa la cosa che fa girare di più le balle.
Forse non è il post corretto dove segnalare l’articolo. Ma per chiunque voglia approfondire, per chi fosse interessato ad andare oltre i luoghi comuni e a sgombrare il tavolo da buzzwords come “tutto aperto”, “eretici”, “immorali”, “gregge” questa è una ottima lettura.
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/apa.15582
robydoc, forse lo hai già letto altrimenti potrebbe interessati particolarmente.
E visto che non ho raggiunto il limite minimo di battute, una frase di incoraggiamento per tutte e tutti:”Le avversità possono essere delle formidabili occasioni.”
Thomas Mann
Grazie Tanos, l’avevo già visto e persino commentato più su :-).
Rispondo qui alla domanda di claudiog sul Veneto. In effetti il Veneto sembra una di quelle regioni in grado di reggere l’urto, se vivessero da soli, cosa che ovviamente non è. Il resto del Nord a me pare andato, la Lombardia ha 2 volte e mezzo gli abitanti del Veneto, dovrebbe quindi avere circa 2000 posti in T.I. e in teoria ne ha meno di 1000 (è la stima del Sole24 Ore, in pratica ne ha di più, visto che a Marzo arrivarno ad averne poco meno di 1400); il Piemonte con gli stessi numeri di abitanti ne ha meno di 500, quanti la Campania, che però ha due milioni di persone in più. Il problema a me sembra che stia nell’efficacia di questi provvedimenti. Secondo me non è verosimile che incidano come il lockdown di marzo, e a dirla tutta ho qualche dubbio persino sul fatto che sia stato davvero il lockdown a far flettere la curva, visto che quella flessione è stata generalizzata (sostanzialmente l’andamento è stato identico ovunque, PM2001 ricorderà http://www.palermo-grad.com/italia-vs-resto-del-mondo.html). Secondo me, l’ho già detto, siamo al “si salvi chi può” con il governo chiaramente in confusione (i ristoranti non dimezzano i loro introiti come mi pare abbia detto WM4, il rapporto tra il pranzo e le cene è almeno 1:5) non sono così sicuro neanche che abbia la lucidità di “scegliere” i gruppi di riferimento (WM1) con l’abbandono della medio piccola borghesia.Fa le cose che può fare, completamente in mano a terzi, che – altro mega “secondo me” – non possono sapere cosa succederà veramente e cercano di salvare il loro salvabile (da lì, forse, la speigazione sugli impianti sciistici).
Detto questo noi siamo veramente in una posizione assurda, perché a marzo almeno potevamo sperare in un qualche picco, oggi davvero non saprei.
Chiudo con una richiesta. Trovo che qui, almeno qui, dovrebbe essere bandota la frase “ci sono migliaia di morti e tu pensi a” (sia il cane, la mscherina, la saliva, gli aerosol, i bambini, gli adulti, gli omosessuali. Lo chiedo davvero per favore, anche se fatto in pefetta buona fede, una frase del genre svilisce tutti i ragionamenti.
robydoc, dici che hai “qualche dubbio persino sul fatto che sia stato davvero il lockdown a far flettere la curva, visto che quella flessione è stata generalizzata”. Al momento mi pare che la vulgata sia questa (correggimi se sbaglio): il lockdown ha abbassato le curve del contagio in primavera, ergo in estate abbiamo avuto requie. Al tempo stesso però abbiamo mollato sui protocolli e i controlli e così le curve hanno ripreso a impennarsi. Possibile? Le spiagge e le piazzette piene di luglio e agosto hanno prodotto nuovi malati a ottobre? Riesci a dire a un analfabeta scientifico quali sono le ipotesi più accreditate nella comunità scientifica per spiegare l’andamento della pandemia? Sbaglio o appurarlo potrebbe dare indicazioni vitali per prendere provvedimenti mirati e seri anziché spettacolari e apotropaici?
Boh, per quanto riesco a leggere non mi pare che ci sia un’interpretazione “scientifica” prevalente, cosa tutto sommato abbastanza normale, visto che siamo in pieno “fenomeno”. Del resto non è che si sappia benissimo com’è che siano sparite le altre epdidemie, si fanno ipotesi, si trovano delle concause. La famosa spagnola mi pare di ricordare non abbia neanche una stima della letalità accettabile. Se ci metti che nei fenomeni sociali è impresa improba isolare UNA variabile determinante, e nel caso dell’epidemia si affastellano provvedimenti diversi tra loro, ne hai abbastanza per discutere tutta la vita. Prendi il caso delle mascherine. Avevo accennato a questo escamotage di dire che è efficace se “usato insieme a distanziamento e frequente lavaggio delle mani”. Non significa certo che 33% è lavaggio delle mani, 33 distanziamento e 33 mascherine. L’ultima volta – 10 giorni fa – che ho parlato con il mio infettivologo di fiducia (servirebbe l’infettivologo di quartiere mi sa :-) ) che è uno a cui affido la mia vita, tanto per spiegare quanto mi fidi dal punto di vista medico, mi diceva che non ne hanno idea di cosa succeda davvero, hanno solo capito che qualche cura pare (pare) dare risultati migliori. Mi spiegava anche questa storia che non sono in grado di ripetere sulle amplificazioni. Detta male,malissimo, nelle analisi del tampone prima si poteva amplificare metti fino a 30, ora puoi ulteriormente amplificare fino a 50. Quello che trovi amplificando a 50 è robetta, potresti serenamente fermarti a 30 e abbassare il numero dei positivi. Serve precisare che sto parlando come se fossi al bar, quindi ogni singola parola andrebbe precisata perché è superficiale. La cosa che non è superficiale è dire che, allo stato, puoi fare solo ragionevoli supposizioni – il lockdown non permette ad un numero alto di persone di incontrarsi, quindi aiuta il distanziamento, ergo è improbabile che non serva – senza per questo credere di avere la ricetta per la prossima volta (a parte i costi, ma non devo specificarlo certo qui). Del resto, come si sa, che le curve flettano è una “legge” statistica. Il problema è “quando” e questo lo sappiamo solo a posteriore. Anche questa curva avrà un’apice e poi decrescerà, pure se stai fermo.
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–> (sono arrivato lungo…)
Quindi, rispondendo e ricapitolando:
1. non c’è una spiegazione scientifica degli andamenti delle curve specifiche;
2. non puoi appurare quale tra i provvedimenti e le concause sia quella che abbia determinato il calo estivo (caldo, maggiore attenzione, distanziamento, mutazione virale, lockdown, vedi tu);
3. naturalmente la storia dell’estate vivace fa ridere i polli, una delle poche cose che si sa sono i tempi di incubazione, non è che fa il cretino in spiaggia a luglio e l’infezione emerge a ottobre;
4. appurare la migliore strategia ovviamente potrebbe dare indicazioni vitali, ma non si può. Quindi sei in un regime di incertezza. Col senno del poi forse a giugno il tracciamento andava fatto seriamente per interrompere tutti i focolai. “Seriamente” si intende avere un esercito a disposizione e non avere vincoli di bilancio, non escamotage per risparmiare 4 soldi perché “è troppo difficile seguire tutti”. Ma sulla praticabilità di questa strategia andrebbe fatto un altro discorso “scientifico” a cui ho accennato varie volte e che mi piacerebbe trovare il modo di approfondire, visto che questo sì che sarebbe poi il mio specifico.
5. chiudo con i provvedimenti spettacolari e apotropaici. La mia opinione, da tempo, è che su questo siete stati voi a speigare tutto quanto per bene, non dovete chiedere niente a nessuno, non ho trovato da nessuna parte argomenti migliori dei vostri.
Non volevo parlarne più, ma date le bestemmie e il momento è doverosa un’integrazione (a un commento che mi pare ottimo). Per discutere seriamente della curva non si possono omettere migliaia di morti in meno rispetto alla “media attesa” dell’autunno 2019 (non che spieghi tutto, ovviamente, ma è un riferimento imprescindibile). L’Istat lo chiamava, nel 2015, “effetto rimbalzo”: “è accertato che il picco del 2015 rappresenti una risposta proporzionata e contraria alle diminuzioni di mortalità riscontrate nel 2013 e nel 2014 (effetto rimbalzo)”.
Poi, sul tema dell’utilità delle misure più estreme, è inevitabile distinguere per zona. Guardiamo la mortalità:
nel 2020, rispetto ad esempio al 2015, ci sono stati -1354 morti a Roma; -716 a Napoli; -230 a Firenze; -163 a Cagliari e così via. Vogliamo davvero dire che, senza le più severe misure, da metà marzo (!) in poi, ci sarebbero state ecatombi a sud dell’Emilia nonostante: il clima; le tante persone costrette a lavorare (tipo le collaboratrici domestiche che vanno di casa in casa); le file nei supermercati etc.; le mascherine inizialmente non obbligatorie – tutto ciò mentre il virus già circolava per migliaia di persone?
E attenzione: è statisticamente probabile che ci sarà un imminente aumento dei morti proprio a sud dell’Emilia. Scommessa: in quanti (Istat compresa) menzionerà l'”effetto rimbalzo”?
L’ipotesi che in questo autunno saremmo scesi sotto la mortalità media 2015-2019, è stata dibattuta abbastanza, almeno tra gli scienziati. E’ l'”effetto harvesting” del Covid, che si è portato via anche persone che sarebbero morte comunque entro pochi mesi. Statisticamente, con l’età mediana dei morti che praticamente corrisponde alla speranza di vita nel paese, non è affatto strano.
Per il resto, mi sono un po’ perso. Il concetto di “rimbalzo” è chiaro. Quello che non mi torna è il tuo ragionamento sull’utilità del lockdown. La tua tesi, correggimi se sbaglio, è che a sud dell’Emilia il lockdown non servisse perché il virus non aveva fatto (molti) morti malgrado circolasse liberamente. Ma a me invece pare assodato che a sud dell’Emilia il virus sostanzialmente NON circolasse, e che il lockdown non servisse per questo motivo.
Secondo me invece è un’idea (quella della circolazione “asintomatica” al sud pre-lockdown) che sarebbe interessante approfondire con studi sierologici etc., perché, se fosse vera, potrebbe dare indizi circa eventuali concause ambientali nel manifestarsi della malattia in forma virulenta.
(es. presenza / assenza polveri sottili, radiazione ultravioletta, temperatura etc.)
Teniamo comunque conto che il numero effettivo dei contagiati, come ho già detto altrove, potrebbe essere sottostimato. E che il fatto che il virus “circolasse” o meno al sud viene desunto esclusivamente dai tamponi o dai ricoveri, tutte cose che in caso di “asintomaticità” vengono meno, e da qui la circolazione non “registrata”.
Il numero effettivo dei contagiati è sicuramente sottostimato, ma gli unici dati disponibili sulla sieroprevalenza, quelli dello studio fatto a maggio da Istat e Ministero della Salute, dicevano:
Lombardia 7,5%
Valle d’Aosta 4%
Bolzano 3,3%
Trento 3,1%
Liguria 3,1%
Piemonte 3%
Emilia Romagna 2,8%
Marche 2,7%
Veneto 1,9%
Abruzzo 1,5%
Friuli 1,0%
Lazio 1,0%
Toscana 1,0%
Puglia 0,9%
Umbria 0,9%
Basilicata 0,8%
Campania 0,7%
Molise 0,7%
Calabria 0,6%
Sardegna 0,3%
Sicilia 0,3%
Se i numeri fossero più omogenei, allora sì che sarebbe evidente una maggiore circolazione asintomatica nelle regioni centrali e meridionali. Ma con una differenza così evidente, bisognerebbe ipotizzare per forza un’incidenza molto diversa dell’immunità innata tra il Nord e il resto del paese. Ma poi bisognerebbe anche spiegarla.
Confermo l’interpretazione. Il punto, Isver, l’ha detto CuginodiAlf, visto di tamponi in posti come Roma ne han fatti pochi e, almeno per diverso tempo (come so per esperienze della mia famiglia), solo a chi stava male davvero e a diversi medici.
Comunque l’alternativa a una più o meno vasta diffusione paucisintomatica sarebbe che un virus proveniente dalla Cina, per diffondersi a Roma, Napoli, Firenze etc., doveva arrivare dalla val padana, da metà marzo in poi, toccando prima Codogno che una metropoli: non mi pare verosimile, francamente.
Poi la spiegazione scientifica non la so (il clima ovviamente potrebbe aver avuto un grande impatto), ma non è che ne abbiamo molte oggi (in Europa, ad esempio, perché Spagna e Uk sono state molto più colpite, addirittura anche nella fascia dei 50-60enni?) né in generale nella storia delle epidemie.
Studiandola, comunque, l’impressione che se ne ricava è che l’intervento dell’uomo possa complessivamente poco escludendo sieri e vaccini, e che per questo si dovrebbe restare umili (termine che viene da “humus”), legati al terreno, alle differenze ambientali.
Aggiunto al mio commento precedente che un’ipotesi alternativa alla vasta diffusione paucisintomatica può essere anche una limitata diffusione del virus causata da (non ancora chiari) motivi ambientali, e quindi non riconducibili alle misure più estreme. Sicuramente sappiamo che il virus era presente in tutt’Italia, ad ogni modo. Anche questa spiegazione mi pare più plausibile di quella oggi più gettonata, e spiegherebbe i dati della citata indagine di sieroprevalenza dell’Istat e del Ministero della Salute, su cui comunque aspetterei analisi più approfondite.
Scusa, Deantonio, ma i virus si spostano con le persone, in modo del tutto casuale. Il virus cinese in Italia ci è arrivato quasi certamente via Germania (è la variante D614G, non quella wild). E che dalla Germania sia arrivato in Val Padana, area più industrializzata del paese, sinceramente non mi sembra strano. Senza star lì a citare i dati sulla subfornitura, la fabbrica in cui lavoro io è di proprietà di un gruppo tedesco e ha come cliente principale un altro gruppo tedesco (con stabilimenti anche in Cina, dove vendiamo più del 50% dei pezzi). In fabbrica ci sono tedeschi in giro un paio di giorni al mese. E ogni tanto pure qualche cinese.
Rispondo qui all’ultimo commento: sappiamo con certezza che il virus a Roma (strapiena di cinesi, che peraltro nel periodo attorno al capodanno cinese spesso vanno e vengono) a gennaio c’era già, quindi non doveva essere importato dalla val padana. E infatti nei mesi successivi ci sono stati migliaia di casi anche qui come praticamente ovunque a sud della Toscana.
Dunque o il Covid ha avuto una vasta diffusione (asinto/)paucisintomatica – il che è possibile perché i tamponi, almeno fino a marzo inoltrato, li facevano solo a chi aveva almeno 39 di febbre (anche per i provenienti da focolai lombardi, come peraltro mia madre ipertesa) – oppure si è diffuso poco per motivi ambientali e/o antropici. In ogni caso c’era, ed è verosimilmente nettamente esagerata l’utilità locale delle misure più estreme per i motivi sopracitati – questo è qui il tema principale.
Che il virus a Roma ci fosse già prima di febbraio, è una cosa. Quanto fosse già diffuso, è un’altra. In Lombardia c’era già a dicembre, ma ci ha messo più di due mesi a esplodere. D’altra parte l’HIV pare abbia fatto il salto di specie all’inizio del XX secolo. Anche considerando le modalità di trasmissione totalmente diverse, sembra incredibile che ci abbia messo 80 anni a diventare pandemico, visto che i rapporti sessuali sono una costante in ogni tempo e luogo. Eppure è così. Non è automatico.
Il numero di cinesi a Roma, anche in arrivo dalla Cina, è scarsamente rilevante, dal momento che, come dicevo, il virus cinese è un po’ diverso, e a quanto sappiamo in Italia è arrivato solo con quella coppia di turisti che era venuta in crociera, e che non l’ha trasmesso a nessuno. Fuori dalla Cina, SARS-CoV-2 esiste praticamente solo nella sua variante D614G, che presenta una particolare mutazione della proteina Spike. Una mutazione che rende il virus più infettivo praticamente ovunque tranne in Cina, per caratteristiche genetiche della popolazione.
Poi tutto può essere, ma di questa importante circolazione asintomatica a sud dell’Emilia allo stato attuale non c’è traccia, e ipotizzarla è abbastanza arbitrario. Vedremo alla fine della pandemia se dall’analisi dei numeri emergerà qualche buco.
Sul fatto che la chiusura di tutto il territorio nazionale non fosse necessaria, sono ovviamente d’accordo. Che abbia influito sulla circolazione del virus, però, è difficile da contestare.
Permettimi delle ultime precisazioni (ché per gli altri utenti potrebbe essere noioso continuassi all’infinito):
– non stavo necessariamente postulando una vasta diffusione asinto-paucisintomatica. Quella è un’ipotesi, ma c’è anche quella di una scarsa diffusione del virus per motivi ambientali;
– Roma è una metropoli: non ci sono solo tanti cinesi, ma anche tedeschi etc. E casi a sud dell’Emilia ce ne sono sempre stati – tutto ciò per dire che il virus non doveva venire dalla val padana a metà marzo (non in senso assoluto: magari è arrivato da lì prima!);
– chiaro che un qualche peso le misure più estreme l’avranno avuto ma è una questione di sfumature: possibile ipotizzare ecatombi nonostante tutti i fattori elencati sopra (oggi è lampante ad esempio il fattore climatico, ma praticamente nessuno – mi riferisco sempre a media e politici, anche parlando dell'”effetto rimbalzo”, e non alla comunità scientifica – ne parla retrospettivamente)?
L’intervento di Isver può spiegare, credo, l’imminente (o forse solo probabile) deflagrazione del conflitto sociale. Che non deriva dall’invidia verso chi può permettersi di andare a sciare, quanto dalla rabbia verso chi, da una posizione privilegiata, “sfida” quell’autorità alla quale il meno fortunato deve sottostare. Perché è vero che i confini della responsabilità sembrano tracciati in preda ai fumi dell’alcool, ma è anche vero che il cameriere che perde il lavoro a causa di quei confini fa fatica a giustificarne il travalicamento da parte degli altri. Nel caso specifico, un travalicamento volontario, perché così come devo aspettarmi che se prendo l’autobus molto probabilmente mi sarà difficile rispettare il distanziamento, così devo aspettarmi che se mi presento all’ingresso della funivia il primo giorno della stagione farò fatica a rimanere distanziato dagli altri (poi certo, c’è anche l’inadempienza del gestore, ma chi di quelli in fila gliene ha chiesto conto?). Un travalicamento cosciente, perché se è vero che sono stato bombardato da inviti ad indossare la mascherina perché questa limita la trasmissione, è anche vero che quegli inviti rappresentano solo “un terzo” delle misure, un altro terzo essendo rappresentato dal distanziamento fisico (per cui se credo che la mascherina funzioni, devo credere che funzioni insieme al distanziamento; non posso rispettare una misura e disattenderne un’altra a seconda della convenienza).
Lo sciatore doveva rinunciare al suo weekend? No. Rimane il fatto che chi sta perdendo il lavoro e deve pure sentirsi continuamente richiamato all’esercizio del senso di responsabilità, s’incazza. Da qui il percolo di cui dicevo all’inizio.
L’esempio del cameriere non mi sembra molto calzante. Il cameriere vive proprio di quel travalicamento. Che poi travalicamento non è.
Il cameriere che perde il posto per la chiusura dei ristoranti, non se la prenderà mai coi clienti di un’altra categoria di attività non colpita dai provvedimenti del governo. Se la prenderà casomai col governo per la logica con cui discrimina.
Non sono d’accordo nemmeno sulla tua negazione del feticismo della mascherina di questi mesi. Indossare la mascherina è sempre la prima raccomandazione e a volte l’unica, come se le riassumesse tutte. Si parla di distanziamento praticamente solo per giustificare l’uso della mascherina in determinate circostanze, salvo poi ridimensionarne ancora l’importanza con l’imposizione dell’uso della mascherina a prescindere. Il distanziamento, nella gerarchia delle precauzioni che ha in testa la gente, viene perfino dopo l’igienizzazione delle mani.
Non è il richiamo al senso di responsabilità che produce incazzatura, o incazzamento (non saprei, ho un dubbio), è il richiamo al senso di responsabilità inutile,e che non produce effetti misurabili concretamente, mentre sotto i piedi ti si spalanca il baratro della povertà e non ti si sono mai state offerte possibilità reali di miglioramento, a parte le fantomatiche profferte dei guadagni facili da influencer.
I consumi sono fermi perchè le persone sono paralizzate dalla paura ( e non del virus) di una incertezza futura che riguarda il lavoro e l’economia. Come dice Isver “il cameriere vive proprio di quel travalicamento”. Il lavoro di migliaia di persone è in pericolo ed è la conseguenza di questa infausta gestione della pandemia. Robydoc ha linkato un articolo che evidenzia come la maggior parte delle regioni non ha raggiunto l’ obiettivo minimo del numero dei posti in terapia intensiva, solo per fare un esempio. L’unica regione che ha addirittura superato l’ obiettivo, predisponendo un numero di posti in terapia intensiva più alto di quello suggerito, è il Veneto. Eppure si continua ad insistere sulla responsabilità individuale e sulla mascherina a scapito del distanziamento fisico.
Volevo segnalare che sul canale YouTube di Orizzonte Scuola c’è un’intervista di un’oretta a Enrico Bucci e Antonella Viola, autori di uno studio sulla sicurezza Covid nelle scuole italiane. Sono due ricercatori tendenzialmente “pessimisti”, infatti sostengono ad esempio che le mascherine in classe andrebbero indossate sempre. Tra le varie cose interessanti, però, c’è che dalla loro analisi dei dati, a oggi, non emerge alcun contributo della scuola all’accelerazione dei contagi. La scuola finora riflette semplicemente la situazione generale. In altre parole sarebbe un luogo come un altro, né più né meno sicuro.
Tanto, Isver, non chiudono mica la scuola perché è luogo di contagio, come ci facevano credere a marzo. La chiudono per non avere gli studenti sui mezzi pubblici. Questo ormai sembra evidente.
Esattamente!
Tanto, Isver, non chiudono mica la scuola perché è luogo di contagio, come ci facevano credere a marzo.
La chiudono
per non avere gli studenti sui mezzi pubblici.
Questo ormai sembra evidente.
straquoto Wu Ming4
Si protesta nelle strade, i commenti sui giornali sono un brutto dejavù, come moltissime altre situazioni è tutto un già visto e non c’è verso di far ragionare più nessuno.
Siete un’isola in cui riprendo coscienza, ma l’apnea delle idee sta diventando insostenibile.
:) in bocca al lupo al tuo amico, WuMing1 (e viva il lupo)
D’accordo con tutti e quoto l’ultimo commento: “L’apnea delle idee -brutti dejavu sui giornali”. A me pare che per quanto noi si discuta, la narrazione di massa non cambia, anzi, peggiora. Sono tornati i titoli “Troppa gente in giro”. Crisanti – che io reputavo fra i migliori – incita allo starsene chiusi in casa (ma non è ormai appurato che non serve a nulla anzi è dannoso?), Repubblica negli ultimi giorni ha prodotto una colluvie di testimonianze di poveri infermieri o giovanissimi ricoverati (memento mori), i pochi scienziati che osano stemperare il catastrofismo vengono mediaticamente linciati (Palù), si brandisce la scienza come arma di ricatto (dimenticando che la comunità scientifica proprio con questa pandemia ha mostrato clamorose falle, a partire da quelle sballate proiezioni del CTS di maggio), si demonizza chi scende in piazza etichettando il tutto come fascismo/camorra, quando non è stato (solo) questo (a Napoli una buona cronaca dei fatti l’ha data Potere al Popolo). E in più si aggiungono inquietanti novità: ci sono già almeno 3 servizi che parlano delle limitazioni che uno dovrebbe autoimporsi nell’attività sessuale anche col proprio partner, con inquietanti reminiscenza di orwelliana memoria (Pregliasco, servizi su Repubblica e Rai 2). La frustrazione deriva dal fatto che il grosso della gente lì fuori mi sembra ampiamente allineata sulle posizioni “filogovernative”. Di sto passo dove andiamo a finire? Come fare una lotta che crei fastidio a questa narrazione oscena? E poi 2 domande scientifiche a cui non trovo risposta: 1 perchè nessuno parla dei guariti? Non possono tornare a lavorare? 2 perchè non si fanno azioni severissime nei confronti delle RSA? Già si sono moltiplicati contagi e decessi, che come si sa dalla statistica di luglio, pesano in maniera mostruosa sul totale (44%). A che pro continuare a mostrare numeri assoluti quando alcune realtà che potevano essere “blindate” sono state nuovamente abbandonate a se stesse? Questo davvero fa pensare che quei morti servono solo a terrorizzare la gente ma che in realtà di essi non frega niente a nessuno. Negli ospedali e ambulatori, fra parentesi, il secondo luogo critico dei contagi, altrettanto non si è fatto molto. Si stanno ammalando e morendo anche lì.
Ciao Giampaolo. È vero che la narrazione dominante non offre alcuna forma di consolazione, conforto o verità ma perfino i giornalisti più asserviti hanno dovuto con enorme ritrosia, e solo perché non possono fare diversamente, rilevare le contraddizioni macroscopiche più evidenti: al bar durante il giorno non ci si contagia mentre il virus è più “cattivo” al cinema ed a teatro. Quando mi hanno inoltrato le indicazioni di Pregliasco, sulla condotta condotta sessuale, ho pensato ad uno scherzo. Poi i dubbi si sono diradati di fronte alla testata giornalistica. Ma intorno a me cresce lo scontento. E sento una preoccupazione crescente ed una forma di timida contestazione emerge da più parti. Tutto dipenderà da come si svilupperà la situazione nei prossimi giorni/ mesi.
https://archive.vn/4321r
Scusate, posto qui perché se non erro un filone del dibattito di questo thread verteva proprio sulla ipotesi che alcune categorie di soggetti siano quelle che maggiormente necessitino di protezione. Che non vuol dire reclusione. In questa intervista il medico ad esempio dice che una persona di una certa età magari potrebbe uscire a fare una passeggiata ma evitare il supermercato. Trovo queste affermazioni abbastanza sensate. Si sarebbe potuta allestire una rete strutturata di sostegno ad opera dello Stato e che non si fondi solo sulle associazioni private e sul volontariato. Incentivare le persone cd “a rischio” ( o maggior rischio) a non rinunciare a sane abitudini evitando invece per qualche tempo attività che le esporrebbero al contagio.
Esatto Mandragora01. Straquoto Lorini di Bergamo. “bisogna isolare gli over 65 anni. Non dico chiudersi in casa, ma per esempio uscire per una passeggiata sì, andare al supermercato no”. Bisogna ricordare, dice Lorini, che su “36mila morti della prima ondata, 33mila erano anziani. Se fossimo stati capaci di proteggere questa generazione, non avremmo avuto tutti questi morti”.
2 punti fondamentali in una semplice frase:
1. DI fronte a statistiche così nette è ovvio che le misure vanno adottate con particolare riferimento ai soggetti più a rischio. 2. isolamento non vuole dire carcerazione: la passeggiata anche il 90enne può e deve farla (se gliela fa, ovviamente). Ma in chiesa, al battesimo e al supermercato NO.
E – torno a dire – di fronte all’escalation di contagi e decessi nelle RSA ripartita a bomba, andrebbero adottate misure severissime per quelle realtà, per evitare una seconda strage.
Ancora non capisco perchè i positivi negativizzatisi devono sottostare alle stesse misure restrittive degli altri. Perchè non si fanno test sierologici a tappeto? E’ probabile che vi siano un paio di milioni di persone già contagiate e anche ormai negative. Questi 2 milioni di persone non andrebbero trattate in maniera diversa? Forse su questo punto la faccio tropo facile e ignoro qualcosa dal punto di vista scientifico …
@Deantonio in uno dei tuoi commenti scrivi:”l’impressione che se ne ricava è che l’intervento dell’uomo possa complessivamente poco escludendo sieri e vaccini, e che per questo si dovrebbe restare umili (termine che viene da “humus”), legati al terreno, alle differenze ambientali.”
Cosa vuoi dire con questo passaggio?
Che si dovrebbe accettare che il virus circoli liberamente tra la popolazione con il suo strascico di milioni di morti fino a che non avremo sviluppato un vaccino?
Che qualsiasi misura al di fuori del vaccino sia sostanzialmente inutile?
O che sarebbe necessario l’utilizzo di misure ferree ma circoscritto a piccole porzioni di territorio?
“strascico di milioni di morti”: ad oggi i “decessi Covid” – cioè non necessariamente per il Covid, né semplicemente in aggiunta al dato atteso – sono, in tutto il mondo, poco più di un milione. E le misure più ferree non sono certo state prese in tutti i paesi, e soprattutto sono state più dure (al di là della retorica) per le fasce meno a rischio: i giovani. Gli anziani hanno potuto normalmente ammalarsi nelle RSA, con le assistenti domestiche o semplicemente andando a fare la spesa – non è che la possibilità di trasmissione di un virus dipenda dalla morale o dalle dichiarazioni d’intenti dei politici.
Il massimo che si può fare in queste condizioni (a meno che non vi siano luoghi con notevoli eccessi di mortalità anche presso 50-60enni, cosa praticamente mai avvenuta in Italia) è consigliare prudenza a immunodepressi e anziani nei modi descritti appena qui sopra da “Giampaolo”. E magari chiudere le attività più a rischio non assolutamente essenziali, come tante fabbriche, gli stadi, le chiese, potenziando al contempo il proprio servizio sanitario – precisamente il contrario di quanto si sta facendo adesso.
Per il vaccino, si vedrà. Non è detto che serva, e in caso sarebbe utile solo ad alcune minoranze, ma non ditelo a Ricciardi, Ranieri Guerra e Speranza (nomen non omen).
Siete affetti da bias cognitivo.
Confondete finding con evidenze scientifiche.
Non riuscite neanche a capire se i dati a cui fate riferimento hanno senso o meno. I dati delle scuole pubblicate dal ministero non hanno senso, perché si testano in prevalenza sintomatici; e fino a 20 anni il rapporto asint Vs Sint è 12 a 1. Poi, è una percentuale fatta su cosa? In presenza? DAD? Boh. Quindi dovreste capire da soli che quei dati sono tutto meno che chiari.
Questa è un’epidemia, quello che succede è:
contagiati -> ospedalizzati -> icu -> morti
Vi entra in testa o no?
Vi entra in testa che il rischio epidemico non è lineare?
Si deve abbassare la community transmission. Ad ogni costo.
Quelli che ci hanno portato a questo disastro sono quelli che
Il virus è morto, è più buono (l’avete pure citato zangrillo quando ha sparato sta stronzata)
Muoiono solo i vecchi
I contagiati non sono malati
A scuola non ci si contagia
Le icu son vuote.
Voi fate parte di questa bella gente.
Di primo acchito mi verrebbe solo da dirti:
«Vergognati.
Vergognati per la disonestà intellettuale con cui falsifichi le posizioni, opinioni e analisi altrui.
Vergognati per le accuse campate in aria.
Vergognati per avere scritto su Giap un commento da flame di social network.
Vergognati per i clichés.
Vergognati e basta.»
Non penso ci sarà un secondo acchito.
SEI STATO TU! CON LA TUA CITAZIONE DI ZANGRILLO!
Comunque stavo giusto pensando una cosa che casca a fagiolo. Se invece che ai visoni in Danimarca, la “sorte” oggi avesse condannato i gatti in Italia, quanti fenomeni come questo sarebbero disposti a farsi uccidere pur di salvare il loro amichetto peloso? E certo qui troverebbero più solidarietà che tra gli altri fenomeni della stessa risma che però non amano i gatti.
Ricordatevi che è solo un caso, compagni, che vi troviate da una parte della barricata anziché dall’altra. Il vostro assolutismo morale è solo il vestito buono delle vostre scoregge.
Isver, tu ci scherzi, ma a brevissimo certi “compagni” si troveranno a tifare repressione.
Domani a Bologna c’è una manifestazione del mondo della scuola che vuole tornare a scuola. Questo è il comunicato:
«Sabato 7 novembre alle 16 in Piazza Maggiore, noi, studenti, docenti, presidi e genitori, ci riuniremo per dare un chiaro messaggio di dissenso nei confronti del ricorso alla DAD su tutto il territorio. Riteniamo irrazionale costringere a tale misura tutti gli studenti delle scuole superiori ed irrispettoso mantenere le altre fasce scolastiche esenti da questo provvedimento solo e soltanto perché ritenute dei luoghi dove “parcheggiare” i ragazzi che non possono stare a casa da soli.
La nostra rivendicazione prevede una riapertura in presenza delle scuole superiori come parte di un disperato appello ad una maggiore considerazione della scuola in generale da parte del governo.
Provate a pensare come sarebbe stata la vostra vita con gli anni più importanti della vostra formazione passati dietro uno schermo, senza l’interazione con i professori, senza un compagno di banco, senza le prime esperienze di vita…sareste lì dove siete ora?
Collettivo Interscolastico di Bologna»
Ecco, non ascoltare o non riuscire a capire quello che ci sta dicendo una generazione non è soltanto avere scambiato il materialismo storico con il moralismo, è anche il segno di quanto purtroppo avessimo visto giusto prevedendo lo spostamento su posizioni reazionarie di tanta «bella gente».
Purtroppo i milioni di visoni che saranno uccisi in Danimarca non contano quanto le bare di Bergamo. Eppure sono anche loro vittime della follia pandemica. Ma siccome erano già destinati a morire per fare pellicce, allora chi se ne frega. A me non sembra che il Covid giustifichi un genocidio di massa che non avrebbe dovuto essere giustificabile neanche per la speculazione capitalista. Eppure in questo atto di crudeltà estrema risiede una delle chiavi di lettura e delle angolazioni da cui guardare questa pandemia. In fondo, se ci si può spingere a tanto legittimando qualunque azione come forma di protezione dal virus, è evidente che di fronte a questa malattia si debba zittire qualunque forma di dissenso. L’ appiattimento di qualunque dimensione di relazione è solo la conseguenza logica di una totale mancanza di empatia per il prossimo e più che essere protetti veniamo continuamente ” moralizzati” dai guardiani delle regole. Un piano che si può realizzare perfettamente, grazie a quella che WB ha definito ” ideologia del decoro”. La figlia piccola di una mia conoscente ha un rituale di inizio per ogni nuovo gioco che consiste nella sanificazione e nella rilevazione della temperatura col un termoscanner…
Poveri visoni. Non hanno nessuna colpa e sono destinati ad una fine orribile.
Gli allevamenti intensivi fanno schifo e misurano il grado di civilizzazione della società in cui viviamo. Una società non destinata a durare se non cambia dalle sue fondamenta.
Fatta la dovuta premessa, quello che scrivi filo a piombo è un insieme di accostamenti davvero poco azzeccati secondo me:
“Purtroppo i milioni di visoni che saranno uccisi in Danimarca non contano quanto le bare di Bergamo”
A cosa serve fare a gara tra le tragedie?? Sono due cose completamente diverse, due dinamiche diverse, due coinvolgimenti emotivi completamente diversi.
“A me non sembra che il Covid giustifichi un genocidio di massa” Quello dei visoni non è un genocidio di massa. Nessuno ha intenzione di far estinguere i visoni. Quei visoni sono nati in provetta, per uno scopo infimo e chi li ha “creati” ora se ne “sbarazza” perché la Natura, con un virus, dimostra di essere implacabile a differenza dell’essere umano.
Bice, anche se a te sembra un insieme di accostamenti poco azzeccati a me sembra una constatazione scontata che però ha, indubbiamente, una matrice provocatoria nel volere stabilire un paragone tra la vita umana e quella degli animali. In questo senso non c’entra nulla la gara fra tragedie ma, semplicemente, la totale mancanza di considerazione riservata agli esseri viventi non umani. Meno degni di attenzione. Uccidere 15 milioni di visoni d’emblee è un genocidio anche se questo non è lo scopo dichiarato. Il fatto che accanto al genocidio venga coltivata la riproduzione non significa che non ci sia una intenzione criminale visto che comunque, per profitto, non arriveremo mai alla loro estinzione. Evidentemente la parola ” genocidio” aveva anche una connotazione metaforica.
In ogni caso, quello che volevo dimostrare è che non è la Natura matrigna ad essere implacabile ma è proprio l’ uomo. Esattamente l’opposto di ciò che dici tu. Ed è proprio questo il senso della critica che si sta facendo alla gestione della pandemia, cioè quello di rintracciare nelle responsabilità politiche di un sistema di sfruttamento le cause del problema e non, evidentemente, nel comportamento dei singoli. Le connessioni fra pandemia ed allevamenti intensivi sono più che evidenti ormai e, di sicuro, la Natura non ha previsto la presenza di allevamenti intensivi. Mi sembra che nell’atteggiamento di chi ignora questo tipo di relazioni risieda lo stesso fanatico atteggiamento dei sostenitori dei movimenti pro Life. Cioè un ideologico strumentale e disonesto interesse per la vita, ma non in senso lato. È un po’lo stesso fanatismo assunto di fronte alle bare. Quel fanatismo che non sente ragione di alcun tipo al cospetto dei morti. Come diceva Robydoc, anche se parlando d’altro, ” non è con la ragione che usciremo da questa merda”. Anche il genocidio dei visoni, come le migliaia di morti che abbiamo avuto, poteva essere evitato. Perché, evidentemente, la causa è proprio la stessa: il profitto.
Per inciso mi domando perché continuo a salutare una che pubblica su fb foto degli assembramenti.
Per la seconda volta invitiamo a non trasformare questa discussione in un duello tra due utenti.
E’ un discorso che a tratti avete già affrontato e che ogni tanto riemerge.
Il fatto è che essere “compagni” e avere una certa ideologia (oltre ad avere “gli strumenti” di cui partlava StefanoR millemila commenti fa), non ti mette al sicuro dal prendere delle cantonate.
Nè garantisce che il tuo pensiero sia scevro a livello più o meno conscio da conflitti di interessi (cosa conviene a me e alla mia famiglia?), sia oggettivo (cosa implicano certe riflessioni e prese di coscienza? A quanti dei miei paletti e delle mie costruzioni mentali devo rinunciare se accetto “quell’opinione”?) e soprattutto sia lucido e coerente con le ideologie di cui sopra.
(non che io o chiunque altro qui lo sia: è già buono se c’è una certa consapevolezza di certi bias!)
Circa il sarcasmo che sta inizando a girare, pur concordando in parte con robydoc sull’atteggiamento di una parte di chi lo usa e sulla sua potenziale “funzionalità” al sistema qualunquista del “non si poteva fare meglio”, io ne sono comunque contento (concordo molto con Tuco su questo).
Significa che “qualcosa” almeno si muove ed è sempre meglio, oggi e dopo tutto quello che è successo e NON è successo, dell’atteggiamento di chi è ancora virocentrico e viroterrorizzato e disposto a sacrificare ogni ragionamento e ogni diritto sull’altare della “sicurezza sanitaria” e per cui il semplice sorridere o discutere di certe contraddizioni suona come un atto sacrilego.
Rubricare a episodio di costume l’episodio di Cotticelli – con il conducator che interviene prontamente a ristabilire l’ordine e ridare il meritato commissario ai calabresi – mostra come il governo sia sostanzialmente inattaccabile e come sia perfettamente in grado di scaricare su terzi qualunque responsabilità, di qualunque tipo. Il commissario è nominato dal presidente del consiglio, a lui, al ministro della salute e al ministro dell’economia deve relazionare ogni sei mesi, da lui era stato riconfermato. Come si capisce “non è con la ragione che usciremo da questa merda”.
Ieri pomeriggio, insieme ai miei due soci, sono stato in Piazza Maggiore a Bologna, alla manifestazione per chiedere la riapertura delle scuole superiori. Considerato il clima plumbeo del paese, e la scarsa pubblicizzazione dell’evento (praticamente solo tam tam) e nessuna sigla di peso a organizzarla, è stata piuttosto partecipata. Faccio fatica a quantificare, perché dovendo stare distanziati occupavamo una superficie tripla rispetto al normale.
Tagliando un po’ con l’accetta si può dire che abbiamo ascoltato due tipi di interventi. Quelli degli adulti (genitori, docenti), che spiegavano come la DAD non si possa in alcun modo considerare scuola e come le scuole siano luoghi più sicuri di altri, essendo sotto protocollo, dove ragazzi e ragazze sono più controllati anziché no; e quelli degli studenti delle scuole superiori, che dicevano la stessa cosa, ma parlando della propria esperienza diretta. Devo dire che i giovani mi sono parsi estremamente efficaci, benché la partecipazione fosse prevalentemente di adulti. L’intervento più fuori contesto lo ha fatto l’unico studente universitario che è intervenuto. Credo che avesse sbagliato manifestazione, perché ha detto che la DAD va bene, ma mobilitiamoci perché lo stato inverta la rotta e torni a investire nell’istruzione. Il poveretto non ha capito che la DAD è precisamente l’investimento che lo stato sta facendo sull’istruzione e che se non la combatti ora te la ritroverai integrata nel piano di studi dalle superiori all’università vita natural durante. Ecco, quello che in teoria doveva essere il più colto e, rispetto ai ragazzi delle superiori, il più politicizzato, ha espresso la posizione più retrograda e conciliante rispetto alle scelte del governo.
Questo mi ha confermato due cose: non è dall’università che arriveranno particolari segnali di rabbia e insorgenza politica contro la gestione dell’emergenza; e quei collettivi ed ensemble politici che hanno appoggiato il lockdown senza se e senza ma (“Lockdown fino alla vittoria!”) oggi nelle piazze non hanno niente da dire, sono del tutto fuori posto.
Tornato a casa ho scoperto che mio figlio maggiore era rimasto a cena da compagni di classe. Sono andato a recuperare lui e altri due suoi amici alle 21:30, prima che scattasse il coprifuoco. Mentre attraversavo il quartiere in auto per riaccompagnare tutti a casa, vedevo gruppi di ragazzi della stessa età, mascherati, che si aggiravano per l’ultima mezz’ora, prima di salutarsi e andare a trascorrere il resto del sabato sera tra le mura domestiche, in famiglia. Ho pensato a cosa potessero pensare. Quale messaggio questo paese stesse trasmettendo loro. Allo scopo di combattere un contagio che minaccia di morte i loro nonni e rischia di far collassare il sistema sanitario nazionale per i troppi ricoveri, possono frequentarsi di persona soltanto fuori da scuola e fino alle dieci di sera. Dopo, tutti in casa. In quale modo questo possa incidere sul contrasto di un’epidemia non può spiegarglielo nessuno, perché ovviamente è una cosa senza senso. Ed è a questo vivere “senza senso” che li stiamo abituando. È un effetto collaterale, sia chiaro, non premeditato. Vivete in Assurdistan, ragazzi, è un fatto. Un paese dove da febbraio comanda un sultano, insieme a un consiglio di “esperti” i cui atti sono segretati; un paese in cui durante una pandemia si è votato per dimezzare il numero dei parlamentari, ma di fatto li si è aboliti tutti; un paese in cui l’unico bilanciamento del potere centrale è quello di venti piccoli satrapi regionali che trattano separatamente con il sultano; un paese dove gli esercenti virtuosi che avevano applicato i protocolli a proprie spese, sono stati chiusi per primi, mentre tutti gli altri vanno a lavorare; un paese che per primo ha chiuso le scuole, per ultimo le ha riaperte, per unico le ha richiuse. Eccetera.
Ho provato a mettermi nei loro panni, a liberarmi del cinismo, dell’assuefazione e della disillusione dei miei quasi cinquant’anni, e mi sono venuti i brividi. Stavamo attraversando una città deserta, alle nove e mezza di un sabato sera, e avrei voluto citare loro la scena di un vecchio film di Woody Allen, che sicuramente non hanno visto, “Il dittatore dello stato libero di Bananas”. È la scena nella quale, dopo il trionfo della rivoluzione, il primo dpcm del nuovo presidente consiste nel proclamare lo svedese lingua nazionale e nell’obbligo per la popolazione di indossare la biancheria sopra i vestiti.
Invece non ho detto nulla, ho seguitato a guidare in silenzio, pensando a quanto potessero sentirsi spaesati (letteralmente) quei tre ragazzi, insieme a un’intera generazione. Allegri! In un’altra epoca o in un altro continente sarebbe potuto toccarvi di andare in guerra.
Bella consolazione.
Secondo me, la consolazione “più bella” di ieri ce la hanno offerta i riders. La mappa della contestazione ha toccato i luoghi simbolo del lusso. E le rivendicazioni, in un momento come questo, erano quelle di una paga adeguata e di addebitare la crisi ai ricchi. Cose che ormai sembrano lontane anni luce dall’immaginario retorico della sinistra ” classica”. Tra quei riders ci sono anche tanti studenti lavoratori che, per un salario da fame, rischiano la vita tutti i giorni per fare le consegne. Senza alcuna garanzia. “La sinistra” ha abbandonato i fondamentali su cui si basava, rinnegando la difesa degli sfruttati e dei più deboli. Ovviamente qui non si è potuto parlare di infiltrazioni mafiose. La protesta dei riders riguarda trasversalmente tutti noi, così come quella della scuola. Seguendo la didattica a distanza, ho notato una grande difficoltà di comunicazione per gli insegnanti più bravi e preparati rispetto a colleghi più giovani ed avvezzi all’uso dei social. Ma nella sostanza, a tutti, manca la possibilità di guardarsi per stabilire una reciproca complicità e comprensione. Durante le lezioni gli studenti non mettono in discussione il mezzo di trasmissione del sapere sacrificando, con enorme sforzo, tutta la componente emotiva del rapporto o,come la ha definita uno psicologo, la componente erotica della relazione di apprendimento: la passione di apprendere. Eppure è una vera sofferenza questa didattica, a prescindere dalla fascia anagrafica di età. Oggi a scuola non accade più di sentirsi brutalmente schiacciati da modelli autoritari come, invece, continua ad accadere nel mondo del lavoro che stimola, forse per il livello di barbarie, maggiori pulsioni ad una reazione. Ma in tutto questo siamo stati abbandonati da sedicenti movimenti rivoluzionari. Ieri sono state arrestate due persone prese così, a caso, nel mucchio. Senza una forza in grado di organizzare questa rabbia i costi della rivolta li pagheranno molto cari solo i singoli. Ma è così che funziona, no? È così che ci viene detto tutti i giorni. Che per colpa di qualcuno, poi paghiamo tutti… A me sembrava proprio il contrario.
Volevo solo aggiungere una considerazione: protestare e mantenere il distanziamento “sociale” è quasi una contraddizione in termini in cui siamo finiti per evitare strumentalizzazioni che poi, tanto, ci sono comunque. Oggi Il Carlino, facendo la ” cronaca” della manifestazione di ieri, scriveva ” piovevano bottiglie di vetro come coriandoli”. Un’ espressione così iperbolica da suscitare diffidenza e scetticismo in un lettore attento. Non si è per nulla preoccupato di sottolineare la mancanza di distanziamento fisico, trattandosi di riders e centri sociali. Ed essendo attaccato un bene primario superiore alla tutela della salute: le vetrine di galleria Cavour! Perché preoccuparsi del distanziamento fisico se fino alle sei di sera il virus non circola? Incongruenza su cui la stampa mainstream chiude un occhio. Anzi due, quando bisogna difendere le scelte fatte dal governo. Forse per vincere questa battaglia bisogna cominciare a spogliarsi della paura di rimanere vittime di alcuni giudizi, tanto comunque la fai vieni bollato come un negazionista. Allora meglio spostare direttamente l’ attenzione sul motivo della protesta invece che sulla forma. Tanto a spostare l’ obiettivo, distorcendo l’ immagine, ci pensano già i media di potere.
La cosìdetta gente di sinistra, a me ha detto che sono neo nazista e vuole ammazzare i vecchi perchè sono critico nel confronti dei vari dpcm. Più che critico sono intollerante perchè mi sembrano senza senso e creano dei pericolosi precedenti per le limitazioni personali.
Ieri sono andato in mtb e dicevo agli altri miei due amici che continuavano ad arrivarmi messaggi su gruppi w.a. che colpevolizzano i cittadini che non hanno rispettato le regole, come quello della mascherina, che è colpa di questi se ci troviamo in questa situazione (insomma la stessa storia raccontata a reti unificate). Un mio amico mi ha chiesto che lavoro fanno questi, gli ho detto che fanno lavori d’ufficio (come me). Lui ha risposto che chi appoggia queste idee dovrebbe trasportare carichi di 20 kg su e giù per le scale, tutto il giorno e farlo con la mascherina. Poi vediamo se continuano a pontificare sull’utilizzo della mascherina.
Oggi è l’8 novembre, sono passati 19 giorni dal primo PCDM della seconda ondata, quello discusso in questo post. Autocitarsi, comprenderete, è irresistibile: “in 14 giorni sono diventati una volta e mezzo, se mantenessero questo andamento ci potremmo davvero trovare con 500.000 positivi a metà novembre e quindi 500 morti al giorno, vedete voi quanto può essere sostenibile.[…] faccio fatica a credere che mascherine e coprifuochi possano fare sostanzialmente nulla, ed è ridicolo pensare di risolverla con i comportamenti personali e litigare sulla mascherina, perché a me pare probabile a questo punto che il problema sia altrove e che questo altrove significhi che il calo di fine aprile era dovuto a chissà cosa.”
Il commento è della mezzanotte del 24 ottobre, la sera degli incidenti di Napoli.
Oggi i positivi sono 558.636 i morti per fortuna un po’ meno. Una settimana prima di “metà novembre”. Mi pare che i casi siano due: o sono un genio o forse non era così difficile capire che non c’era nessuna relazione tra i provvedimenti e l’andamento delle curve. Io propendo per la prima, ci mancherebbe altro.
“forse non era così difficile capire che non c’era nessuna relazione tra i provvedimenti e l’andamento delle curve.”
A proposito di questo, un medico di base a Roma ha fatto ricorso al Tar per dimostrare che la sequela di DPCM che subiamo da mesi sono non solo inefficaci, per contenere la pandemia, ma anche dannosi per la salute e l’ economia. Si tratta dello stesso medico che fece ricorso contro l’ obbligo di vaccino antinfluenzale in Lazio, vincendo la causa. Il Tar, ovviamente, non entrò nel merito della questione scientifica e la causa fu vinta, semplicemente, perché non spetta alla regione ma allo Stato istituire l’ obbligo vaccinale. Questa è la riprova di un fallimento di qualunque istanza politica di sinistra, se si lascia che gli interessi di milioni di persone debbano essere dimostrati in tribunale da un medico di base di cui, personalmente, non conosco il posizionamento politico e che potrebbe riflettere anche solo interessi ” speculativi”, dietro un’apparente intenzione di proteggere i cittadini. È ormai assodato che gli alfieri che sostengono di volere difendere salute ed economia, benessere psicologico e sociale, non stanno di certo a sinistra. Quindi c’è ampio spazio di manovra per chiunque altro, sia esso nazista dell’Illinois o vittima di fantasticherie di complotto. Forse essere affetti da realismo è pure peggio.