Il TAR dell’Emilia-Romagna ha sospeso l’ordinanza del governatore Bonaccini, con la quale si disponeva che le scuole superiori della Regione restassero in DAD al 100% fino al 25 gennaio, diversamente da quanto previsto nell’ultimo DPCM, dove invece erano previste lezioni in presenza al 50% a partire da lunedì scorso.
Tra i 21 firmatari del ricorso, tutti genitori di studenti e studentesse, ci siamo anche noi tre Wu Ming, e siamo ovviamenti molto contenti di questo risultato.
Il tribunale ha chiarito che la Regione ha compiuto un abuso di potere, scavalcando il decreto nazionale, in quanto:
a) «nel provvedimento regionale non vi è riferimento a dati o indici specificatamente e univocamente attinenti al settore della scuola secondaria di secondo grado»;
b) «ove avvenuta, la rilevazione della situazione epidemiologica da cui trarrebbe linfa la qui contestata misura si riferirebbe comunque ad un periodo temporale durante il quale le scuole secondarie erano chiuse da tempo»;
c) «non sono indicati fatti, circostanze ed elementi di giudizio che indurrebbero ad un pronostico circa un più che probabile incremento del contagio riferibile all’attività scolastica in presenza nelle scuole secondarie di secondo grado»;
d) «in ogni caso neppure è ventilata l’ipotesi secondo cui il virus si diffonderebbe nei siti scolastici distribuiti sul territorio regionale più che in altri contesti»;
e) Di conseguenza, l’ordinanza «va immotivatamente a comprimere, se non a conculcare integralmente, il diritto degli adolescenti a frequentare di persona la scuola, quale luogo di istruzione e apprendimento culturale nonchè di socializzazione, formazione e sviluppo della personalità, condizioni di benessere che non appaiono adeguatamente (se non sufficientemente) assicurate con la modalità in DAD, a mezzo dell’utilizzo di strumenti tecnici costituiti da videoterminali (di cui peraltro verosimilmente non tutta la popolazione scolastica interessata è dotata)»;
f) «l’attività amministrativa di adozione di misure fronteggianti situazioni di pur così notevole gravità non può spingersi al punto tale da sacrificare in toto altri interessi costituzionalmente protetti»;
g) «d’altra parte riguardo alla “necessità di evitare assembramenti e sovraffollamenti” , l’Amministrazione procedente può agire con misure che incidono, “a monte” sul problema del trasporto pubblico di cui si avvale l’utenza scolastica e “a valle” con misure organizzative quali la turnazione degli alunni e la diversificazione degli orari di ingresso a scuola».
In sintesi, il risultato politico più evidente di questo ricorso – e di altri simili, come quello lombardo – è che i governatori regionali non possono più comportarsi come caudillos che dettano legge sulla chiusura e la riapertura delle scuole.
Riapertura che, tuttavia, non è affatto scontata. Nuovi Dpcm e zone rosse potrebbero ancora tenere in casa i ragazzi e le ragazze delle superiori. Per questo in varie parti d’Italia studentesse e studenti – ma anche insegnanti – si mobilitano contro la Dad. Decine di presìdi davanti alle scuole, già tre licei occupati a Milano. Occorre estendere la lotta.
Ecco perché oggi pomeriggio, alle 17.30, saremo sotto la sede della Regione E-R, in viale Aldo Moro. Non per cantare vittoria, ma per continuare la battaglia per la scuola.
Scarica il decreto del Tar (Pdf)
Postilla
La sentenza del tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna è stata immediatamente recepita dal governatore Bonaccini, che ha annunciato la riapertura scolastica da lunedì prossimo. Nel giro di poche ore è arrivato anche il nuovo DPCM del governo che, almeno per le regioni che non sono “rosse”, prevede la riapertura delle scuole in presenza in percentuale variabile dal 50 al 75%.
Dopo giornate di protesta davanti agli istituti, presìdi, occupazione di scuole, gesti dimostrativi, la politica non ha più retto la parte ed è dovuta scendere a più miti consigli. La lotta paga.
Riproduciamo e sottoscriviamo il commento di Girolamo De Michele:
«Senza trionfalismi, col massimo di calma e ponderatezza possibile: è la prova che si può fare. Senza fasciarsi la testa in anticipo, senza precludersi alcuna strada e alcuna possibilità di azione e interlocuzione (salvo rossobruni, Ku Klux Klan e QAnon ;-)), senza dar nulla e nessuno per scontato. Il mondo della scuola è molto più complesso, stratificato e problematico di quel che appare in superficie: chi, al di là delle retoriche consunte, ci sta dentro per davvero lo sa, e sa anche la fatica del lavoro quotidiano, sia in classe che fuori. Che non ci siano masse di lavoratori della scuola pronte a mobilitarsi è un fatto, un problema e, aggiungo, un rompicapo: che sotto la superficie le acque siano meno morte di quel che sembra, e che di questo qualcosa filtri sino alle stanze del TAR (e, spero, non solo quelle), sembra essere altrettanto vero. Certo, se scuola e sanità (su questo @filosottile ha ragione), e magari anche trasporti, si mobilitassero insieme non ci sarebbe governo che potrebbe tenere: è un obiettivo da conseguire, in tempi che temo non saranno brevi. Se nel frattempo ciascuno – insegnanti, ATA, studenti, genitori – fanno quel che è in loro potere fare, piccoli o meno piccoli spostamenti sono ancora fattibili. E non solo nel mondo della scuola.»
Il problema che abbiamo ora è quello delle regioni “rosse”, attuali o prossime venture. Ed è un problema nazionale, che va posto al governo centrale per mettere fine al carosello delle riaperture e chiusure scolastiche. Serve una linea generale: bisogna fare di tutto perché la scuola resti aperta, riducendo al minimo l’impatto sulla diffusione dei contagi. La scuola, come pilastro sociale dove si forma la prossima generazione, va tutelata assolutamente. Mentre in questo lungo anno pandemico si è ragionato esattamente all’opposto: la scuola è stata considerata l’attività più sacrificabile, perché economicamente improduttiva, perché i minorenni non votano, perché organizzare i trasporti e gli spazi adeguati era troppo complicato. Bisogna ribaltare completamente la prospettiva. Avanti.
Buongiorno, sono un insegnante siciliano che esercita il suo bellissimo lavoro in provincia di Palermo. Seguo molto, con interesse, stima e una base forte di condivisione delle idee il collettivo Wu Ming.
Non sono però per nulla d’accordo con l’approccio utilizzato per ciò che riguarda la scuola. La vedo come una contrapposizione tra diritti (alla sanità e all’istruzione) che non dovrebbe mai esserci. Aggiungo che il diritto all’istruzione non può esistere senza il diritto alla salute (in questo ci vedo un parallelo con ciò che disse Sandro Pertini, che sosteneva che «Non c’è vera libertà senza giustizia sociale»: ci sono dei diritti che non possono e non devono prescindere da altri.
Il diritto all’istruzione è sacrosanto, ma a mio avviso non esiste un vero diritto all’istruzione, se il costo è quello di sacrificare delle vite.
Nella comunità della scuola il dibattito è aperto e se ne discute, ma non c’è la posizione univoca che invece Wu Ming sembra avere e la mia sensazione è che, se c’è una posizione preponderante, non è quella dell’apertura a tutti i costi.
La scuola è il più importante presidio di democrazia? Vero.
La scuola è importantissima per la socialità? Vero.
La didattica a distanza non è scuola? Vero.
Aprire tutte le scuole di ogni ordine e grado è una priorità, anzi *la* priorità? Vero.
Tutto questo a mio avviso non può e non deve essere messo in contrapposizione con il dritto alla salute, che può essere garantito senza farli scontrare tra loro, scontro che, per inciso, è invece sempre ciò che il potere mette in risalto al fine di farsi gli affari suoi.
Ad oggi, è inutile negarlo, l’unico criterio per la differenziazione nelle aperture dei vari gradi di scuole è stato che i ragazzi delle superiori sono autonomi, quelli più piccoli invece devi _posteggiarli_ per permettere ai genitori di contribuire attivamente al sistema capitalistico ordoliberista che prevede *produci, consuma, crepa*.
In questo contesto la classe insegnante (o almeno una parte di essa) è sacrificabile (molti insegnanti morti, ma sembra che i motori di ricerca ignorino la questione), cosa ancora più facile del solito visto che addirittura ci sono divisioni all’interno della stessa su scuoleAperteSÌ-scuoleAperteNO nonostante, ad oggi, le aule siano l’unico posto dove sia legale che ci siano decine di persone assembrate per diverse ore.
Gianpiero, come già ti ho scritto in un altro commento, qua nessuno contrappone il diritto alla salute e il diritto all’istruzione. Chiediamo che si trovi tra i due un equilibrio ragionevole. Non si può accettare che un venga cancellato in nome dell’altro. La DAD al 100%, per settimane e settimane, significa cancellare il diritto all’istruzione dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni. Nessuno poi pensa che gli insegnanti siano sacrificabili: qui siamo, in due su tre, figli di insegnanti, quindi figurati se pensiamo che debbano essere sacrificati. Molti insegnanti morti? Qua se si fanno affermazioni di questo genere bisogna citare fonti, studi, dati. Altrimenti non serve a niente. Che le aule siano l’unico posto dove decine di persone possono assembrarsi per ore mi pare un’enoprme falsità. Non so, hai presente tutti i luoghi di lavoro tipo fabbriche, ospedali, uffici. Cerchiamo per favore di mantenere un principio di realtà, altrimenti vale tutto.
Nemmeno la nostra posizione è quella dell’apertura “a tutti i costi”. Mi pare molto chiaro. Noi crediamo che il diritto alla salute e quello all’istruzione, come sempre accade, debbano trovare un punto d’equilibrio ragionevole. Chiudere le scuole superiori e proporre la DAD al 100% per settimane, non è un punto d’equilibrio: è buttare dalla finestra uno dei due pesi che dovrebbero stare sulla bilancia.
Noi chiediamo che siano prese tutte le misure possibili perché la scuola riapra in sicurezza (e ne abbiamo elencate tante, non possiamo certo riassumerle tutte le volte). Crediamo che in questo momento la scuola, almeno in parte, possa riaprire in sicurezza, con tutte le attenzioni del caso. Crediamo che le battaglie per la scuola vadano fatte a scuola: finché le scuole restano chiuse non si ottiene nulla, né in termini di salute, né in termini di istruzioone, né in termini di didattica, niente. Si ottiene solo di aumentare la paura.
“Noi crediamo che il diritto alla salute e quello all’istruzione, come sempre accade, debbano trovare un punto d’equilibrio ragionevole.”
A questo proposito cito un’agenzia di stampa uscita da poco e che riguarda l’incontro tra la delegazione di PAS Emilia Romagna e i rappresentanti della Regione:
“Prima novità: verranno moltiplicati i tamponi rapidi che gli studenti e le loro famiglie potranno fare in farmacia. “Ogni due settimane, anzichè una volta al mese, si potrà fare il tampone rapido in farmacia e abbiamo proposto al Governo di inserire il personale scolastico tra le categorie a cui fare il vaccino nella seconda fase”
Queste cose si sono ottenuto rompendo le scatole. Rovesciando la narrazione sulla scuola degli ultimi 11 mesi e rendendo evidente l’esigenza di un ritorno a scuola.
È un piccolo passo, ma sono le cose da ottenere affinché il diritto alla salute non sia a scapito di tutto il resto.
Che poi, il fatto che stare in Dad equivalga ad una garanzia del diritto alla salute, che è un sillogismo che si orecchia spesso, è secondo molto opinabile
Secondo me mettere a confronto la scuola con i centri commerciali (…e allora perché loro stanno aperti? Anche noi!) vuol dire solo accettare una trattativa al ribasso. A mio modesto avviso invece è inaccettabile avere una media di 500 morti al giorno da settimane, invece ormai ci siamo abituati.
Forse semplifico troppo le cose, ma a mio avviso prima si riducono i contagi al di sotto della soglia di 50 nuovi positivi alla settimana su 100 mila abitanti, limite approssimativo stabilito dalla comunità scientifica al di sotto del quale è possibile operare in modo serio con la tracciabilità; le regioni messe bene ne hanno il triplo.
A quel punto tutti i diritti potranno essere garantiti, ma per fare ciò è necessario faticare, progettare, avere un piano che preveda il breve, medio e lungo termine, che preveda degli obiettivi.
La scorciatoia c’è, ed è quella in cui ci troviamo: contrapporre diritti e fare dibattiti semplificati su scuoleAperteSÌ-scuoleAperteNO, qualcosa la chiudiamo qualcosa la apriamo, qualche spostamento lo permettiamo qualcun altro no, il cashback va bene, il bonus vacanze forse no…
Si possono fare molte cose, e se ti fai un giro nei commenti ne sono state elencate tante, per evitare sia la scorciatoia, come la chiami tu, sia la strategia dello struzzo, come la chiamo io, cioè non fare nulla di realmente incisivo finché non passa la nottata. Limitarsi a dire che le scuole non devono riaprire finchè la pandemia non concede tregua è strategia dello struzzo. E mentre lo struzzo ha la testa sotto la sabbia, passa il leone e se lo mangia, a partire dal culo.
Cosa analoga è avvenuta in Lombardia. Il TAR, con decreto del 14 gennaio, ha sostanzialmente detto che la regione non è competente a decidere su una materia per la quale un decreto legge (il 19/2020) attribuisce al presidente del consiglio la competenza ad adottare misure circa la didattica a distanza (https://www.altalex.com/documents/news/2021/01/14/scuola-tar-lombardia-didattica-a-distanza).
Si tratta di un primo risultato, tuttavia è anche una magra consolazione, vista la generale comunità d’intenti fra governo e regioni, incapaci entrambi di affrontare la questione alla radice e ammettere che il problema non è la scuola, ma quello che c’è prima e quello che c’è dopo, entrambi in grado solo di adottare la soluzione più semplice (e pertanto sbagliata).
PS. Il fatto che i presidenti di regione interpretino il loro ruolo come caudillos, risiede, secondo me, in due elementi: la riforma del titolo V e l’elezione diretta. Io, dice il presidente di regione, sono più legittimato a governare del presidente del consiglio, perché ho l’investitura popolare diretta. Al di là del merito della decisione del TAR e della situazione specifica (DAD), questo atteggiamento dei “governatori” si enfatizzerà sempre di più in futuro, in forza di un plebiscitarismo la cui tentazione è sempre presente in questo Paese. E siccome la classe politica locale è generalmente meno attrezzata di quella nazionale (il che è già tutto dire), il futuro non appare davvero roseo.
[Chiedo scusa per la ripetizione, questo commento l’avevo lasciato in calce al post di PLV, lo riposto qui, in un luogo più appropriato]
Senza trionfalismi, col massimo di calma e ponderatezza possibile: è la prova che si può fare. Senza fasciarsi la testa in anticipo, senza precludersi alcuna strada e alcuna possibilità di azione e interlocuzione (salvo rossobruni, Ku Klux Klan e QAnon ;-)), senza dar nulla e nessuno per scontato. Il mondo della scuola è molto più complesso, stratificato e problematico di quel che appare in superficie: chi, al di là delle retoriche consunte, ci sta dentro per davvero lo sa, e sa anche la fatica del lavoro quotidiano, sia in classe che fuori. Che non ci siano masse di lavoratori della scuola pronte a mobilitarsi è un fatto, un problema e, aggiungo, un rompicapo: che sotto la superficie le acque siano meno morte di quel che sembra, e che di questo qualcosa filtri sino alle stanze del TAR (e, spero, non solo quelle), sembra essere altrettanto vero. Certo, se scuola e sanità (su questo @filosottile ha ragione), e magari anche trasporti, si mobilitassero insieme non ci sarebbe governo che potrebbe tenere: è un obiettivo da conseguire, in tempi che temo non saranno brevi. Se nel frattempo ciascuno – insegnant*, ATA, student*, genitor* – fanno quel che è in loro potere fare, piccoli o meno piccoli spostamenti sono ancora fattibili. E non solo nel mondo della scuola.
Quando ho scritto il post precedente sono stato attento a cercare di non insultare nessuno, non era il caso. Ma mi sembra che il tribunale abbia scritto quello che non ho scritto io! In poche righe devasta l’autorevolezza di chi ha deciso di chiudere le scuole, non ora a gennaio in Emilia Romagna, ma in generale.
È da mesi che mancano dati che chiariscano univocamente il fatto che le scuole siano luogo di contagio più che altri luoghi. Sto parafrasando, ma veramente poco.
Viene detto, nero su bianco, che la Dad non garantisce alcunché e la didattica in presenza è preferibile: il mio nuovo contratto mette tutto sullo stesso piano.
Bisogna tenere conto di altri problemi, al di là del virus.
Si agisce a monte e non con botte di repressione degli assembramenti.
Dai Wu Ming, dite la verità: ‘sta roba l’avete scritta voi. è un fake, vero?
(A presto per commenti meno de panza. Ci si vede in piazza)
In effetti, il decreto è lapidario, nel senso proprio della lapidazione, cioè lancia parole che sono pietre. Va in frantumi, con una semplicità – e un senso quasi di ovvio – fino a ieri impensabile, tutto l’impianto “virocentrico” di quest’ultimo anno, l’approccio dominante alla gestione dell’emergenza.
A leggere il testo del decreto, emerge anche un giudizio di merito sulla scuola in quanto tale. È innegabile che parole di questo tenore, fino a ieri, le si ascoltava solo in iniziative “politiche”, non nei pronunciamenti istituzionali. Mi pare evidente che il lavoro fatto da marzo ad oggi per mettere nella giusta luce la funzione della scuola, conuigato con la presa di coscienza di tant@, a partire dai genitor@, sulla scuola in sé e, al contempo, sull’inadeguatezza della didattica digitale (e qui pesa, eccome, il fatto che anche uno come Boeri si esprima nei luoghi suoi, che pure ci sono avversi), ha pagato. Uno smottamento lento e impercepibile, che adesso comincia a produrre effetti. Che questo avvenga in contemporanea con la geniale idea dell’occupazione con tampone nei licei milanesi fa sperare che la partita sia ancora aperta, se ci si crede.
La sentenza del Tar enuncia un sacrosanto principio quando afferma che “pur nella gravità della situazione sanitaria, non possono essere azzerati dei diritti costituzionalmente garantiti” (in questo caso il diritto per gli adolescenti a una piena istruzione, comprendente anche la socializzazione e le esperienze formative vissute nel luogo-scuola). Il vulnus costituzionale, che da marzo a oggi è stato perpetrato, deriva appunto dalla distorta logica dell’azzeramento di tutti i restanti diritti in nome di uno perlopiù ideale (la salute), quando è invece la stessa Corte costituzionale a predicare il bilanciamento dei diritti, proprio per perseguire una più efficacia tutela rispetto a interessi confliggenti. Nel caso specifico della scuola, però, per arrivare a questa conclusione era necessario evidenziare una cosa ovvia, eppure non scontata: ovvero che la DAD al 100% viola anche il più minimo parametro del generale diritto all’istruzione.
Se può interessare un po’ di cronaca estera: paradossale situazione quì in UK (quasi 1500 decessi giornalieri) dove il governo, prima di Natale, minacciò con azioni legali varie autorità locali [1], colpevoli di aver autorizzato la chiusura anticipata di scuole e colleggi; l’autorizzazzione era stata data in aree dove nelle scuole si registravano alti tassi di infezione; si parlava di 1 ogni 27 alunn* tra gli 11 e 16 anni e 1 ogni 40 tra i 5 e gli 11 anni (nell’area Londinese rispettivamente: 1 ogni 18 e uno ogni 23) [2] .
Nel primo week-end di Gennaio la National Education Union incassa 16000 nuovi iscritti [3]; la leader, Mary Bousted, definisce la strategia del governo ”whack-a-mole” (bastona la talpa) [4] descrivendo inoltre le linee guida del Dipartimento per l’Educazione, modificate ben 41 volte nel giro di una sola settimana, «caotiche»[5] ). I docenti stanno presentando lettere ai manager scolastici che citano la Section 44 dei Diritti dei Lavoratori (Act) del 1996 che dovrebbe proteggere dal licenziamento se si riesce a provare di essere in «serio o immediato pericolo», cosa molto probabile, e fanno richieste preicse al governo prima di riaprie. Da qualsiasi lato la si voglia guardare è sempre di diritti che stiamo a parlare.
[1] https://www.theguardian.com/uk-news/2020/dec/15/greenwich-backs-down-over-plans-to-close-schools-in-face-of-legal-action
[2] https://neu.org.uk/press-releases/ons-coronavirus-infection-survey
[3] https://twitter.com/NEUnion/status/1346132107500912643?s=08
[4] https://www.ft.com/content/addc53a9-546d-4fb2-8470-c6f588b07c36
[5] https://neu.org.uk/media/10816/view
Il Regno Unito è il paese europeo messo peggio sul fronte pandemico. Ma a quanto si legge negli articoli che linki, sembra anche il peggio organizzato sul fronte scolastico. A dicembre ancora discutevano di fornire alla scuole i DPI… e di fare i test rapidi agli studenti e vaccinare il personale scolastico. Lo si evince anche da quanto afferma il sindacato di categoria NEU:
«The fact that the Government has consistently downplayed the risk of large groups gathering in schools without social distancing in poorly ventilated buildings and with minimal mask wearing has undoubtedly contributed to the dire situation the country is currently in».
È chiaro che se riapri le scuole senza attuare seriamente i protocolli di sicurezza e senza fornire i DPI, così, come se niente fosse, te la vai a cercare la diffusione del contagio. Soprattutto in certe aree, come può essere la conurbazione londinese (la versione al cubo di quella milanese-brianzola).
Molto interessante anche quello che NEU aggiunge:
«This week the Government has been caught widening the definition of key worker and vulnerable children, largely due to their past failures to set up adequate contingency plans in the first place. If the Government is serious about having more children at school during this lockdown it should reduce bubbles and groups sizes to minimise transmission risks. However, with current staff already fully engaged in providing remote learning to the children at home, reducing bubble sizes will require more staff. The Government should demonstrate its commitment to our young people by mobilising supply staff, many of them currently furloughed or even without pay, for this task.»
Riduzione degli studenti per classe, assunzione di nuovo personale, sanificazione degli spazi, distanziamento… In Italia, dove questi protocolli sono già stati attuati nel mese e mezzo di riapertura scolastica in autunno, si chiede anche che ci sia un servizio di guardiania esterna, che faccia mantenere il distanziamento e la mascherina agli studenti nell’area limitrofa agli istituti scolastici, per non vanificare le precauzioni prese all’interno. È senza dubbio poco simpatico, ma saggio. Soprattutto non leggo – nei link – alcun dibattito sui mezzi di trasporto pubblici. Questa è una delle richieste più avanzate, secondo me, portata avanti dal movimento di priorità alla scuola. Perché è chiaro che, come si diceva, se ci si affolla in spazi chiusi e con scarsa areazione, come possono essere autobus, tram, pullman e metropolitane, magari non ti contagi a scuola, ma ti contagi andandoci.
Insomma a occhio e croce il dibattito in Italia mi pare più avanzato che in UK. Ma perché resti tale, e perché questi provvedimenti vengano imposti dal governo centrale e non affidati alle regioni in base al loro grado di “virtuosità” o “possibilità” è necessario che il movimento si estenda e si faccia sentire ancora più forte.
Invito a fare attenzione ad affermazioni come “è messo peggio (meglio) di” o almeno specificare cosa si intenda. Una cosa sono il numero di contagi (Uk è dietro Olanda, Portogallo, Belgio, Svezia e qualcun altro) altro il numero di morti (come purtroppo sappiamo solo il Belgio e forse la Slovenia sono peggio dell’Italia). A parte questo dato “macro” c’è la solita considerazione che il dato stesso su scala nazionale ci dirà sempre molto poco dell’epidemia.
Ne approfitto per dire che a Malta (dal punto di vista “macro” più o meno come la Germania) c’è naturalmente molta attenzione per la scuola, ma dopo la chiusura totale della prima ondata durante la seconda (più seria) si è sostanzialmente tenuto aperto, anche l’università. L’idea è di avere delle linee generali e lasciare poi che il complesso sistema educativo (le scuole sono private, statali e cattoliche) si regolasse con una certa autonomia. Fin qui è andata benino mi pare, nonostante una protesta del corpo docente che preferirebbe chiudere. Personalmente a me questo modello piaciucchia (anche se non lo sposo in toto), perché appunto vive il tema ma senza isterismi, intervenendo – anche con la chiusura – se mai dovesse arrivare il positivo. Ovviamente c’è da dire che il tracciamento non è saltato, che il posto è piccolo ecc. ecc., non voglio suggerire particolari comparazioni.
«…il dibattito in Italia mi pare più avanzato che in UK.»
Purtroppo non ho tempo sufficiente per seguire nei dettagli il dibattito italiano; spero però lo sia e mi sembra che il lavoro di PaS rappresenti una gran bella realtà. Posso testimoniare che quì quel «…trionfo dell’individualismo anche nella sfera pubblica» del quale si parla nelle note sul Recovery Fund che Girolamo linkava qualche commento fà, è totale. L’evolversi della situazione scolastica post natalizia in UK, secondo il mio punto di vista, può servire a mettere in evidenza alcune delle dinamiche che potrebbe incontrare il sistema scuola italiano in un futuro prossimo: dinamiche che per quanto riguarda il corpo insegnanti e le famiglie (in caso ci fosse bisogno di confermarlo) avranno a che fare in maniera sempre più preponderante con questioni legali/amministrative, da delegare ai sindacati (nel loro ruolo di garanti di privilegi, appunto, economico/amministrativi) piuttosto che didattiche. Quì, ora, in questo momento storico che si potrebbe anche definire propizio, nessuno parla per esempio di programmi, del magma pscologico nel quale siamo tutti immersi, di come insomma affrontare un rientro dei/delle ragazz* dopo un anno che definire traumatico sarebbe eufemistico; non un pensiero o una parola nè da parte degli insegnanti/sindacati, delle autorità o dei genitori su cosa e come sarebbe opportuno insegnare al rientro; manca totalmente una discussione, che secondo me dovrebbe essere invece prioritaria, sulla necessità di «imparare a imparare» dall’esperienza vissuta.
Sintomtica di questo “trend” è anche la situazione a livello universitario dove la “battaglia” si stà combattendo sul fronte dei cosidetti “rent strikes” [1] e altre azioni legali mirate ad ottenre, in futuro, una miglior “garanzia di servizio”.
[1] https://thetab.com/uk/2021/01/07/updates-these-are-the-unis-offering-rent-rebates-or-rent-reductions-for-lockdown-188439
Scrivere che viviamo in Assurdistan è ormai fin troppo lusinghiero per il paese del ministro Speranza. Il CTS è stato convocato questa mattina, domenica 17, per una riunione urgente, durante la quale dovrà dare un parere sulla ripertura in presenza al 50% delle scuole di alcune regioni, a partrire da domani: Lazio, Piemonte, Molise ed Emilia-Romagna (grazie alla sentenza del TAR).
Ma che bisogno c’è di una riunione urgente, di domenica mattina, quando il DPCM di pochi giorni fa già stabilisce come si devono comportare le Regioni in base ai tre diversi colori, all’indice Rt, ai livelli di contagio, alla percentuali di questo e di quest’altro? Perché si convoca il CTS su una questione che il DPCM, recentissimo, ha già regolato? Non sarà che al governo, in fondo, faceva comodo l’abuso di potere di un governatore come Bonaccini, che lo sollevava dalla responsabilità di una decisione valida per la scuola a livello nazionale? Non sarà che il governo chiama in ballo il CTS per dare comunque ragione a Bonaccini, in un balletto allo scaricabarile veramente indegno? No, davvero questo non è più l’Assurdistan. L’assurdo, grazie a Camus, Jarry e Ionesco ha una sua dignità. E persino le barzellette sarebbero svilite se le si usasse per descrivere questa situazione. Ci rimane soltanto quella parola escrementizia resa celebre dal generale Cambronne.
Segnalo questo articolo https://www.money.it/virus-governi-finanza sull’assurdo che assurdo non è (al di qua delle “modalità attuative” degli stili particolari dei vari soggetti politici delle diverse formazioni sociali) “(…) Sempre più analisti, ovviamente ben guardandosi dal rendere eccessivamente pubbliche le loro opinioni, ritengono che la politica globale di lockdown – strettamente connessa agli stop-and-go sanitari legati ai vaccini e alle ospedalizzazioni – si stia dimostrando uno straordinario strumento di contenimento del fall-out economico, finanziario e politico. Non tanto e non solo della pandemia ma dall’accumulo di eccessi – debito e azzardo morale sul leverage in testa – che questa ha fatto emergere. E, potenzialmente, rischia di far deflagrare del tutto, come gli scossoni del marzo 2020 hanno dimostrato, obbligando le Banche centrali di tutto il mondo a un intervento senza precedenti (…)”
“(…) in base a quanto messo in campo a livello di misure espansive solo a far data al terzo trimestre dello scorso anno, l’ammontare diretto e indiretto era già quasi doppio rispetto a quello sfoderato dopo la crisi Lehman-subprime. E da allora, le stamperie globali hanno continuato a far lavorare le rotative, promettendo impegno h24 anche per gran parte dell’anno appena iniziato.
Alla base del ragionamento, di fatto, c’è(…)il cosiddetto Covid loop, un circolo vizioso di sfruttamento economico e massimizzazione controllata del danno derivante appunto dal continuo alternarsi di regimi di apertura e chiusura delle economie. Quando gli effetti di supporto messi in campo cominciano a scarseggiare, tendenzialmente si richiudono le società, al fine di minimizzare non solo la percezione di precarietà economica incombente (non esco, non spendo, se non per mangiare) ma anche i costi vivi dell’operatività, puntando tutto ciò che è possibile sullo smart working. A quel punto, riattivata l’emergenza, ecco che riparte anche la campagna di stimolo economico e il ricorso, giocoforza e benedetto anche dai regolatori in nome della lotta alla pandemia, a indebitamento e deficit. A quel punto e gradatamente, si riapre. Cercando di tamponare le falle più grandi, utilizzando gli asciugamani forniti per l’ennesima volta da governi e Banche centrali. Il problema è che un circolo vizioso simile non può durare per sempre,
a meno che il Covid non divenga realtà permanente e variabile di convivenza forzata delle società(…)”.
Una cosa che è forse non è stata notata troppo, ma va detta a gran voce.
Vi è chi dice che la scuola deve essere riaperta, ma va riaperta in sicurezza, lasciando intendere che ora non lo è e quindi per l’apertura tocca aspettare. Ora, c’è una cosa da valutare: stando a casa non si è ottenuto niente, se non dei banchi con le rotelle.
Venerdì, dopo la sentenza del Tar, una delegazione di PAS è stata invitata ad un incontro con Bonaccini Emily Schlein e Paola Salomoni.
In un incontro molto acceso, Bonaccini&socie hanno aperto ad un programma di screening basato sui tamponi rapidi per la popolazione legata alla scuola. Non è quello che si chiedeva, perché si basa sul fatto che bisogna andare nelle farmacie. Non è nemmeno organizzativamente del tutto sufficiente, perché bisogna ora costruire una relazione con l’ufficio regionale scolastico per avere un quadro più chiaro. Ma è decisamente qualcosa di importante.
Non solo, si è ottenuto l’inserimento dei lavoratori e delle lavoratrici nella scuola over 55 e/o fragili tra i beneficiari dei vaccini, a partire da marzo.
Non si sarebbe ottenuto nulla di tutto ciò senza che si fosse paventata l’idea di una riapertura delle scuole. Arcuri ha detto già l’8 Gennaio che la campagna di screening poteva essere avviata in funzione di una maggiore sicurezza delle scuole. La Regione si sia mossa solo a partire dal 15. Questo ci dice che è l’idea di tornare a scuola di aver svoltato la situazione. E sono stati buttati 7 giorni.
Ancora: la campagna di screening non sarà dedicata alle persone legate alle scuole delle superiori, ma all’intera popolazione scolastica. In altre parole si fa un passo in avanti nel tracciamento del virus, un passo valido per tutt*.
Questo è quello che la riapertura delle scuole e le lotte hanno messo in campo.
In merito al rientro a scuola (la nuova ucronia)posso dire che il dibattito sui mezzi pubblici c’è. PAS-Modena ha cercato di dialogare con AMO, SETA e con la Prefettura.Con lo Stregatto sarebbe stato meglio, ma queste sono le controparti. Risultato: per la Provincia di Modena (in difficoltà sulla mobilità studentesca per politiche che hanno privilegiato la bretella Modena-Sassuolo ed altre arterie viarie per favorire le industrie locali)mancano 70 mezzi!La “terra dei motori” non riesce a dare ai propri studenti una mobilità che garantisca un diritto costituzionale! Per non prescindere dai dati materiali (70 autobus non si materializzano dall’oggi al domani)abbiamo chiesto di consentire agli istituti di poter decidere in autonomia se riprendere al 50% o al 75%, sulla base dei quadri orari e della provenienza degli studenti (insegno in un liceo classico- linguistico dove buona parte dell’utenza viene da fuori città,fare i turni 8-13 e 10-15 significa condannare certi ragazzi a tornare a casa alle 17. Un rientro organizzato in questo modo è sostenibile. Non è perfetto, ma se mio suocero ha fatto le medie sotto i bombardamenti e non ha perso 7 mesi di scuola (al limite le lezioni duravano 45 minuti e non 60) allora accetto il compromesso. Il rischio zero non esiste: chi ha fatto l’Università a Bologna sa che nella seconda metà degli anni Novanta ci sono stati focolai di meningite batterica (Roberto Dionigi, nel’97, è morto così), ma all’Università, da pendolari della metroland emiliana, ci siamo andati. Altrimenti tanto vale rinchiudersi in una caverna sotto terra e diventare monadi schizoidi.Penso che nelle scuole siano stati messi in atto molti sistemi di distanziamento, tracciamento, sanificazione, prova ne sia che in due delle mie classi ho avuto casi di positività che non hanno infettato né i compagni né i docenti. Detto questo, il sistema può e deve essere migliorato, occorrono presidi medici negli istituti,occorre un masterplan per l’edilizia scolastica, perché tutte le classi abbiano garantito il diritto ad aule adeguate. Questo dobbiamo chiederlo come progettualità sul medio periodo, ma, sul breve, riapriamo le scuole,perché vedere dei ragazzi di 16 anni che non riescono più a parlare del futuro né “al futuro”è sconcertante!Se il mio mondo sono le mie parole (solipsismo linguistico a parte)allora stiamo facendo silenziosamente implodere il futuro del Paese.
Nell’infervorarsi del dibattito di questi ultimi due giorni sulla riapertura scolastica a cui il governo nazionale ha dovuto piegarsi, salta agli occhi la totale assenza di qualsivoglia ragionamento politico circa le sentenze dei TAR.
Eppure i TAR hanno posto sia un problema di competenze Stato-Regioni, sia un problema di costituzionalità. A occhio e croce stiamo parlando delle fondamenta dello stato italiano. Alle cui sorti si può essere anche pochissimo affezionati, ci mancherebbe, ma è pur sempre il sistema che vige nel maledetto luogo in cui ci troviamo a menare l’esistenza.
In particolare nelle esternazioni e commenti pubblici mi sembrano passati in cavalleria i punti f) e g) dell’elenco riassuntivo della sentenza del TAR dell’Emilia-Romagna, che per comodità riporto e commento qui:
f) «l’attività amministrativa di adozione di misure fronteggianti situazioni di pur così notevole gravità non può spingersi al punto tale da sacrificare in toto altri interessi costituzionalmente protetti»
Significa che c’è un limite a quanto si può abusare dell’interpretazione dello stracitato (nell’ultimo anno) articolo 16 della Costituzione, quello che recita: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza». Se costituzionalmente certi diritti possono subire “limitazioni”, non li si può però “sacrificare in toto”. Questa parte della sentenza del TAR dell’Emilia-Romagna mi sembra importantissima, perché ripristina un principio di razionalità dopo un anno in cui “per motivi di sanità e sicurezza” lo Stato e le Regioni si sono concessi qualunque cosa, dalla più sensata alla più insensata, dalla più liberticida alla più lassista.
g) «d’altra parte riguardo alla “necessità di evitare assembramenti e sovraffollamenti”, l’Amministrazione procedente può agire con misure che incidono, “a monte” sul problema del trasporto pubblico di cui si avvale l’utenza scolastica e “a valle” con misure organizzative quali la turnazione degli alunni e la diversificazione degli orari di ingresso a scuola».
Qui il tribunale regionale dice chiaramente che la responsabilità di garantire il diritto costituzionale all’istruzione è di chi può e deve agire a livello organizzativo. Cioè ancora Stato e Regioni. Il loro compito è quello di rendere possibile la scuola in presenza, pur con le dovute limitazioni precauzionali, nonostante la pandemia.
Quello che è successo è un caso da manuale di «check and balance»: il potere giudiziario che argina la prerogativa del potere esecutivo. Un vecchio principio dello stato liberale borghese, quello della divisione dei poteri e del loro reciproco controllo, teorizzato tra XVII e XVIII secolo da alcuni padri della filosofia politica moderna contro l’assolutismo monarchico. Assolutismo a cui molti si sono assuefatti durante questo lungo anno, complice la paura: il collante perfetto di ogni involuzione sociale e politica.
L’ordinanza TAR Emilia Romagna è un momento importante, ma credo che in molti non abbiano presente la situazione in Campania ( e credo in molte altre regioni del sud). Ormai è da fine febbraio 2020 che i ragazzi non tornano in aula. Superiori, medie ed elementari (oggi rientravano fino alla terza elementare). Mio figlio, ora in 3 media, negli ultimi 11 mesi è rientrato in classe per sole 2 settimane (per 15 ore nella prima e 20 ore nella seconda). Ed il TAR Campania è stato molto clemente con il nostro mirabolante presidente della regione. lascio a voi immaginare cosa possa comportare un uso così lungo della DAD in una regione come la nostra. Tra l’altro nel primo lock-down la scuola media di mio figlio è partita con la DAD solo dopo Pasqua
fra, non sei il primo campano che scrive qui, infatti, segnalando lo scandalo di quella regione, che per altro nella gara spettacolare tra i vari “governatori” a chi si fa più notare e/o la spara più grossa tiene saldamente una delle prime posizioni.
Bisognerebe parlarne di più di quello che è successo ai ragazzi del Sud in questo anno. Ci pensavo proprio oggi, leggendo la lettera firmata dagli studenti di alcune scuole superiori di Bologna che vogliono restare in DAD. Lettera scritta dagli studenti di una quinta…liceo. E co-firmata da classi di altri licei. Cioè ragazzi e ragazze che appartengono a famiglie borghesi, per lo più, che in qualche modo se la cavano o se la caveranno, anche con la pseudo-didattica a distanza, vuoi perché più responsabilizzati dalle famiglie, vuoi perché facilitati dagli spazi e dagli strumenti a disposizione (sia tecnologici sia culturali), vuoi perché avranno la possibililtà di implementare la propria istruzione in altri modi. Lo sanno loro, ma soprattutto lo sanno i loro genitori.
Non tutti gli studenti però sono in quelle condizioni. E non vivono tutti nell’Aemilia Felix (si fa per dire, eh).
Del resto, molti istituti tecnico-professionali hanno continuato a fare almeno i laboratori in presenza durante questi mesi, e non mi risulta che nessuno si sia stracciato le vesti gridando al pericolo che gli veniva fatto correre. Non vorrei che una certa diversità di approccio rispecchiasse anche una diversa composizione sociale, insomma. Ma sicuramente è un difetto ottico mio quello di trovare sempre il pelo di classe nell’uovo dei comportamenti. Quindi chiedo venia in anticipo.
Segnalo l’articolo di Franco Lorenzoni su internazionale:
https://www.internazionale.it/opinione/franco-lorenzoni-2/2021/01/18/chiusura-scuole-adolescenti
Oltre alle riflessioni sulla scuola, ha il pregio di mettere al centro della discussione il corpo degli adolescenti.
In chiusura, torna su De Luca:
“Tollerare che il presidente di una regione che ha le percentuali di dispersione scolastica tra le più alte in Europa possa arrogarsi il diritto di tenere chiuse tutte le scuole per mesi e per di più deride pubblicamente il desiderio di apprendere di una bambina, è un segno estremo, ma purtroppo significativo, di un paese che sembra incapace di mettere al primo posto la qualità della crescita delle future generazioni, su cui grava la necessità e il peso di riparare il mondo.”
Come per il figlio di fra, le mie nipoti a Napoli, in quarta elementare e terza media, da marzo sono entrate in classe per 11 giorni. La più piccola, alla notizia che le terze elementari sarebbe tornata a scuola ha chiesto candidamente: qual è la differenza tra la terza e la quarta?
La più grande si chiede invece la differenza tra lei, all’ultimo anno di scuola media e mia figlia che qui a Bologna frequenta da inizio anno la seconda media. E la Campania è in zona gialla…
la componente di classe è ovviamente fondamentale. credo che non a caso non susciti particolare interesse la situazione dei giovani, e giovanissimi, meridionali che già scontavano un gigantesco gap formativo rispetto ai coetanei del centro-nord ( mio figlio si guardava con aria stupefatta i video da Casalecchio di Reno della figlia dell’ultima coppia di amici andata via, chiedendoci perché mai non ce ne fossimo andati via anche noi). Anche se adesso non potranno più continuare a prospettare a tutti un futuro da pizzaioli, in ogni caso temo che sconteranno duramente questi 2 anni scolastici in qualche modo persi. E non sto parlando delle situazioni “limite”, di quella importante percentuale di ragazzi che già prima finivano ad ingrossare le fila della dispersione scolastica
Resto dell’opinione che non mi sentirei di utilizzare la parola vittoria per la sospensione dell’ordinanza di Bonaccini da parte del TAR.
A mio avviso il termine vittoria potrebbe essere utilizzato se si trovasse una strategia per fare abbassare il numero del positivi al di sotto dei 50 su 100’000 abitanti: a quel punto si potrebbe discutere se le scuole possano essere “aperte in sicurezza”. Ma per me scuole aperte in sicurezza non vuol dire solamente che in classe ci devono essere le condizioni affinché ciò avvenga (areazione regolamentata, distanza ben oltre un metro, che è sufficiente solo se tutti stanno sempre immobili), ma anche che in tutto ciò che orbita attorno (milioni di persone) ci sia un basso rischio epidemiologico.
Forse era opportuno utilizzare il tempo perso a comprare banchi a rotelle (nella mia scuola hanno avuto la lucidità di chiedere i semplici monoposto, e sì che sono stati un investimento positivo) o a parlare di concorsi a crocette in mezzo a una pandemia, mentre 6 mesi (sei!) potevano essere utilizzati per mettere in atto un piano strategico a breve, medio e lungo termine: assunzione immediata di tutti i docenti con almeno 3 anni di servizio (sono di ruolo, quindi niente conflitti di interesse!), riduzione consistente del numero di alunni per classe e un piano per un corposo aumento sia di docenti e ATA, che dei locali, i primi in parte reclutati attraverso il procedimento di emergenza di cui sopra e in parte attraverso supplenti; per ciò che riguarda i locali ci vorrebbe un progetto a medio e lungo termine, ma nell’immediato si potrebbero utilizzare i locali vuoti delle pubbliche amministrazioni, come caserme dismesse e immobili confiscati alla criminalità, convenzioni con cinema, teatri, alberghi che per adesso non lavorano.
Visto che tutto ciò non è successo, a mio avviso la soluzione non è l’apertura delle scuole, a mio avviso la lotta deve essere per la vita delle persone, dei docenti, degli studenti, dei lavoratori in genere, lotta per il diritto alla salute, dopodiché si può pensare agli altri diritti. Cosa se ne fanno i miei colleghi morti, e vi assicuro che non sono pochi, del diritto all’istruzione dal di dentro della loro tomba?
PS secondo me iI confronto con altri stati capitalisti/liberali/occidentali/ordoliberisti porta a poco, poiché l’ormai endemico pensiero unico alla base di qualsiasi strategia ha portato alla confusione più totale le direzioni politiche da intraprendere, strette tra l’esigenza del profitto a tutti i costi e i morti (ormai palesemente sacrificabili fino a un certo numero, in Italia sembra che 500 al giorno sia accettato, a maggior ragione se si tratta di anziani o con comorbità, gente che non contribuisce a ciò che i padroni chiamano benessere collettivo, ma che in realtà è il profitto di pochi)
Gianpiero perdonami è la seconda volta che sento un accenno ad un alto numero di insegnanti morti. Siccome mi pare curioso che possa essere passato in secondo piano – anzi, ho addirittura il sospetto che anche casi singoli possano assumere enorme rilevanza – non è che mi diresti dove posso guardare qualche dato? Aggregato è meglio ma anche dei casi specifici sarebbero di estremo interesse per me. Grazie in anticpo. (sul merito: è strana sta cosa che dici che “siccome non avete fatto niente allora teniamo le scuole chiuse”).
Approfitto per precisare a WM2 che sulla “questione morale” rispondevo ad un critica di dea. E anche per un’altra richiesta: se clicchiamo su un link di qualcuno veniamo “buttati fuori” da GIAP. Credo sia abbastanza semplice evitarlo, e di fare in modo semplicemente che si apra un’altra scheda del browser, non è che si ptorebbe fare? Tornare indietro a me pare poi complicato. Grazie e scusate del mischione, è anche colpa delle limitazioni :-)
Solo una precisazione alla richiesta di Robydoc per Gianpiero: i dati utili sui “non pochi” insegnati morti – aggregati o relativi a casi specifici – devono ovviamente riguardare docenti deceduti positivi al Sars-Cov2 e contagiati in ambiente scolastico – quantomeno verosimilmente. Intendo dire che un deceduto positivo, di professione insegnante, che non andava in classe, con gli alunni in presenza, da più di quindici giorni, non è un dato interessante.
Invito Gianpiero a non lasciare altri commenti finché non ha chiarito questo punto, poerché già la prima volta che ha citato la questione gli avevo richiesto quantomeno una fonte. Alla seconda affermazione del genere, delle due l’una: o ci indica i dati, affinché possiamo discuterli, oppure ci sta spacciando fuffa cospirazionista, alla quale in questo blog non vogliamo concedere alcuno spazio.
«Visto che tutto ciò non è successo…»
E cosa è stato fatto perché succedesse, non te lo chiedi?
Per ottenere il programma di massima che hai elencato si sarebbe dovuto lottare, o no? O pensavi che lo stato e le regioni te le dessero così quelle garanzie, perché gliele chiedevi, potendo invece tenere tutti in DAD a costo zero? Quanti scioperi della DAD per un rientro a scuola in sicurezza ci sono stati in Italia durante l’anno in cui le scuole sono state chiuse? A me non ne è giunta notizia. Se qualche sigla sindacale li ha indetti, sono stati talmente poco partecipati da passare inosservati.
Quanti insegnanti sono venuti in piazza con PAS da primavera a oggi? Pochi ma buoni, mi viene da dire per consolarmi. Invece ho sentito enunciare dalle varie sigle di categoria (eccetto i Cobas, a onor del vero) un unico concetto semplice: «Non ci sono le condizioni quindi non si può riaprire la scuola». Finita lì. Se avessero ragionato così i lavoratori della sanità, o anche solo quelli che ti garantiscono di trovare il cibo sullo scaffale al supermercato, allora sì che ne avremmo viste delle brutte.
Qui abbiamo detto che ci sono mille attenuanti per questa diserzione e depressione, che vanno riconosciute alla categoria, senz’altro una delle più bistrattate (anche nel discorso comune) che ci siano in Italia.
Tuttavia resta il fatto che accontentarsi/accomodarsi nella DAD è stato il più grande favore che si potesse fare al governo e alle Regioni. Tant’è che da febbraio a oggi tutto quello che ha fatto il governo è stato segare o cambiare dei banchi, e il resto è stato affidato al buon cuore dei governatori regionali. Così chi sta in Emilia magari riesce a rientrare e chi sta in Campania si attacca al cazzo e va a ingrossare le fila della dispersione scolastica (o della Camorra).
Ma manco una richiesta forte, che so?, di avere la precedenza nella vaccinazione, come i medici e i paramedici, così niente più “colleghi morti”?
Solo PAS si è battuta, insieme a un po’ di studenti che occupano le scuole, e ai genitori che hanno fatto i ricorsi ai TAR regionali. Questi sono i soggetti che stanno costringendo Stato e Regioni ad affrontare il problema. Perché l’unico modo di smuovere qualcosa in questo paese è mettere la politica davanti al fatto compiuto.
Adesso che la scuola superiore riapre, qualche sigla sindacale vuole finalmente organizzare uno sciopero per ottenere tutte le garanzie di cui sopra? Sarebbe cosa buona e giusta. Si vogliono classi dimezzate, più personale, nuove scuole, più spazi, ecc. ecc.? Se una pandemia mondiale non è un motivo buono per fare quello che stiamo aspettando da decenni, non so cosa lo sia. Quando gli insegnanti vorranno venire in piazza c’è da accoglierli a braccia aperte (metaforicamente parlando, tranquillo). È da primavera che li aspettiamo. Ché dalla scrivania di casa si possono solo riempire i thread di commenti come stiamo facendo qui, ma di certo non si ottiene ancora nulla. Come dice Girolamo De Michele, insegnante: se si unissero lavoratori della sanità, dell’istruzione e dei trasporti smuoverebbero le montagne. Prima però bisogna muovere il (proprio) culo.
Spero di non essere OT. Vorrei lasciare il link relativo ad un articolo che mi ha colpito.
https://archive.vn/oK2lx
Molte discussioni che sento “ in giro” e negli ambienti che frequento hanno un denominatore comune ovvero che la DAD può rappresentare una valida alternativa alla didattica in presenza e che comunque la scuola è il settore più sacrificabile. Queste affermazioni mi fanno schizzare la pressione perché le trovo oltremodo superficiali. E quanto riportato nell’articolo di cui sopra lo dimostra. Nella mia regione, la Sardegna, le superiori sono in stand by fino al prossimo 31 Gennaio ed un dirigente scolastico che avrebbe meritato applausi è stato “ stoppato” dal prefetto.
https://archive.vn/jvXOY
L’ineffabile De Luca ha colpito ancora. Anche per la prossima settimana non è previsto il rientro in classe, non dico degli alunni delle scuole superiori che dovendosi spostare con i trasporti pubblici evidenzierebbero il fallimento delle politiche regionali in materia di trasporto pubblico locale, ma neanche degli alunni delle scuole medie che normalmente frequentano scuole nei quartieri di residenza. è stato ripresentato un nuovo ricorso al Tar Campania, ma temo che anche questo troverà un’accoglienza non proprio entusiastica. Come ha saggiamente notato Wu Ming 4, in Campania, ancora una volta, dovremo attaccarci al cazzo.
Il Tar della Campania ha appena accolto uno degli ultimi ricorsi fatti contro le ordinanze della riapertura delle scuole. È da Ottobre che si attende questa notizia.
Cito brevemente alcuni elementi contenuti nella sentenza:
– «i ricorrenti […] sono certamente legittimati all’impugnativa azionata, giacché
gli atti contestati sono, in tesi, lesivi (anche) di situazioni soggettive tutelate agli stessi riconducibili (diritto all’istruzione dei figli minori, diritto alla formazione individuale e al libero svolgimento della personalità).»;
– «la stessa modalità a distanza, come imposta (e perpetuata), sarebbe lesiva del diritto alla salute dei minori, giacché potenzialmente ingeneranti gravi patologie psicofisiche.»
Nero su bianco, si fa un passo oltre la sentenza dell’Emilia Romagna: la DAD fa male.
Inoltre il giudice, consapevole di aver invece rigettato precedenti ricorsi scrive che «la perdurante e perpetuata sospensione dell’attività didattica in presenza, tuttavia, impone una rivalutazione dell’intero quadro». E prosegue a rilevare come manchino dei dati nuovi che chiariscano la necessità di misure più restrittive. Anzi:
«i dati acquisiti, anche quelli “aggiornati”, dimostrano invece che il contagio si sviluppa anche quando le scuole sono chiuse (appunto, durante le vacanze natalizie); il che fa sorgere il legittimo dubbio sull’effettiva idoneità della misura restrittiva dell’attività scolastica in presenza ai fini della riduzione del contagio».
Traduco: il contagio avviene comunque e avviene da qualche altra parte. Vogliamo risolvere ‘sta situazione prima di negare un diritto?
Si chiude poi aggiungendo:
«l’accoglimento deve intendersi nel senso che non possa essere reiterata analoga ordinanza soprassessoria disponente ulteriore sospensione delle attività didattiche in presenza oltre il 24 gennaio 2021.»
Insomma, piantiamola con le ordinanze. Prendiamoci le responsabilità con una pianificazione seria e non alla cavolo: «incomb[e] agli organi regionali impartire ogni disposizione necessaria o opportuna per consentire la riapertura delle scuole medie entro il 25 gennaio 2021».
In altre parole, muovetevi e fate quello che non avete fatto negli ultimi 11 mesi.
Grandissime le persone che hanno tenuto botta tutto questo tempo.
Ok, mi devo autocorreggere. La prima parte che cito, riguarda le motivazioni espresse dai ricorrenti (i danni della Dad). La forma mi induceva a pensare che il giudice accoglieva anche questa riflessione, ma non è così. La sentenza è infatti divisa nella sua struttura e in questa prima parte i giudici non commentano le motivazioni di chi fa il ricorso.
Ciò non toglie che anche questa motivazione ha concorso a indurre la decisione di sospensione dell’ordinanza.
Di base rimane il resto che sottolineavo: senza ulteriori dati non ha senso inasprire le misure previste dal dpcm e ora l’amministrazione deve agire per sistemare la situazione per ridurre il rischio.
In ogni caso, buone notizie
Peccato che l’intervento della magistratura sia arrivato (come spesso accade) a buoi decisamente scappati. Ora, se, da come ho capito, la frase «i dati acquisiti, anche quelli “aggiornati”, dimostrano invece che il contagio si sviluppa anche quando le scuole sono chiuse ecc.», fa parte delle motivazioni del giudice (e non dei ricorrenti) ecco, si stabilirebbe un altro interessante principio oltre a quello DAD=violazione diritto costituzionale all’istruzione, ovvero che l’assioma luoghi aperti=aumento contagi, debba essere fattualmente e scientificamente provato non congetturato (e penso per esempio ai cinema e ai teatri): peccato che, in mancanza di un vero e proprio focolaio, questa prova sia spesso sostanzialmente una probatio diabolica.
Purtroppo queste piccole e grandi, ma dovute, (ri)conquiste giuridiche per ora sono a livello di giurisprudenza regionale.
La Corte Costituzionale è il grande assente da mesi: se ne sta in silenzio, perché se dovesse pronunciarsi, tutto il castello costruito da marzo a oggi, crollerebbe su se stesso.
Sono d’accordo con te sui ritardi. Però non sno convinto sul fatto che “i buoi sono decisamente scappati”. Il percorso per riaprire le scuole non è finito, tutt’altro. Questa è solo una tappa.
In mezzo c’è tutta la questione della didattica blended (metà persone in aula, metà a casa) che si sta per aprire come una voragine: chi è a casa in malattia riceverà lezioni online? e chi non vuole venire a scuola perché a paura?
Ma “tenere le scuole aperte” vuol dire anche tenerle aperte il più in sicurezza possibile. La Campania su questo non ha mosso un dito da mesi e qualcosa, inevitabilmente, dovrà succedere.
Ma poi la situazione è ancora in bilico. Con una variante leggermente diversa del virus siamo fregati…ammesso che questi vaccini funzionino.
Aggiungi poi che ormai è evidente che la questione della riapertura è il primo passo: qui c’è un REcovery Fund (altrove chiamato Next Generation EU) che è basato sulle sperimentazioni della Dad. Riaprire la scuola vuol dire scoperchiarla e cercare di indirizzare in altre direzioni il mondo della scuola.
È vero quanto dici sulla Corte Costituzionale, ma penso che tutte le sentenze che stanno arrivando ci danno idea di un mutamento generale che è stato recepito dall’alto. Penso che in realtà qualcosa sia successo, anche se in modo non ufficiale
Concordo sul silenzio della Corte Costituzionale, ma ciò non toglie che questo tardivo allineamento del TAR Campania con gli omologhi Lombarsi ed Emiliani, riporta noi Campani in una dimensione da esseri umani.
E sono infinitamente felice per i nostri ragazzi. Finora dimenticati, quando non irrisi.
Fa piacere, ogni tanto, smettere di attaccarsi al c…
Grazie per tutti i vostri contributi.
molto interessanti le ultime incursioni di robydoc con annesse diramazioni. Sono piccoli fari.
Grazie anche a Isver, nel quale mi riconosco assai… Sia quanto ad approccio/opinioni, che per quanto riguarda lo stipendio di m…. Che prendo anxhe io, da impiegato tecnico, al lavoro da sempre. E in contesto che quanto a sicurezza è affidato solo alla buona volontà del singolo. In ogni caso mascherina 8 h al di’, è pesante anche in un ufficio. Niente smartworking perché il capo necessita di alirarti sul collo, come succede in tutte le piccole realtà pseudo imprenditoriali del mezzogiorno. Che sanno tanto di patriarcato. Ma il codice ATECO decreta.
tant’e. Meno male che posso raggiungere il lavoro a piedi. Perché qui stiamo a pezzi, quanto a trasporti… Da srmpre
Scusate se chiedo quì ma non saprei daverro dove rivolgermi, sono venuto a conoscenza del movimento tramite Giap: ma perchè PaS non ha ancora un sito/blog invece di affidarsi, per la comunicazione, ai “social”? É una questione di tempistica o di fondi? Dinamiche di gestione? Chiedo per due ragioni: primo perchè vorrei poter continuare ad informarmi e passare/condividere con familiari e compagn* ma non me la sento davvero di creare un account e accedere a FB/Insta, che significa in ogni caso contribuire e sostenere un modello. Secondo perchè d’istinto, il fatto che un iniziativa come PaS, si affidi appunto ai “social” «to spread the news», personalmente ( e senza voler offender nessuno) mi fa in qualche modo dubitare della validità del progetto.
Condivido molto il disagio, ma Pas, come tanti altri movimenti, è costituito da persone che lavorano e che riescono a condurre mobilitazioni nel tempo che hanno liberato, che non è sempre molto. Gestire un blog, o quantomeno avviarlo, non è cosa immediata
Anche perché le comunicazioni sono connesse ai vari nodi territoriali, quindi la mole è notevole.
Poi il problema è anche alla base:la consapevolezza nelle problematiche connesse all’uso dei social non sono così diffuse e lo stesso argomento delle piattaforme Google usate per la dad è poco ripreso.
Concludiamo che le varie persone che saprebbero gestire il lavoro sono pochette e sono già oberate.
Insomma, è dura.
Ti ringrazio per la risposta. Chiedo perdono se insisto ancora un pochino in questa diramazione un po’ OT. Una premessa e un paio di cosiderazioni e poi chiudo.
Per quel che ho letto, visto e sentito ho fiducia in ciò che PaS stà facendo e ne apprezzo moltissimo le intenzioni. Nonostante viva all’estero mi sento emotivamente coinvolto in quanto ho un nipote e un fratello ai quali sono legatissimo e che frequentano.
«Pas […] è costituito da persone che lavorano e che riescono a condurre mobilitazioni nel tempo che hanno liberato».
Ma g-l* alunn*? Mi sembra di averne visti un paio intervenire nell’unica “assemblea” che sono riuscito a seguire su FB, senza registrarmi. Non si potrebbe coinvolgerl* , magari insieme ai genitori, in un progetto di costruzione di un alternativa. Stento a credere che non si riesca a trovare il tempo o che manchino competenze basilari. Tra l’altro l’atto di “sconnettersi” rappresenterebbe anche un ottima occasione per introdurre/ampliare/risolvere il problema che giustamente esponi:
«la consapevolezza nelle problematiche connesse all’uso dei social […] le piattaforme Google usate per la dad […]»
Problema chiave, se mi si permette, riguardante lo sviluppo della personalità e la salute mentale non solo dei/delle ragazz* ma anche di noi adulti e che andrebbe affrontato con una certa urgenza e competenza se si vuole far emergere qualcosa di diverso, quella «comunità educante», come la chiama johnnylevy44, dalle macerie della scuola e della società in generale; qualcosa in grado non solo di stimolare l’amigdala ma anche di incoraggiare la phronesis.
Bene questa vittoria ma mi chiedo, fino a quando non emerge una comunità educante, a cosa di più potremo mai ambire, oltre a vincere qualche battaglia, e perdere sistematicamente terreno? Intanto questa Dad che fino a un anno fa non esisteva, è entrata prepotentemente nella realtà, e nulla mi dice che se ne andrà. Inoltre, cosa vuole la scuola dai nostri figli? A giudicare dalla mia esperienza di padre di neoliceale, certo non educarli per come lo intendo io. Ignorando completamente una qualsivoglia funzione educativa, atrraverso innanzitutto il livello iniziale richiesto e un approccio brutalmente deduttivo e astratto alle materie, crea in maniera direttamente proporzionale alla provenienza sociale, ma anche al tipo di intelligenza, alla sensibilità, al carattere etc., crea dicevo alienazione. Il risultato è garantito con l’arma del voto. Sono troppo duro? Spero di sì. Spero che la scuola sia anche un momento di condivisione, certo nella fatica, ma che la scuola restituisca anche un po’ di gioia, oltre al diploma e a quelle nozioni che ti dovrebbero far “andare avanti”. Io invece questo nella esperienza che sto vivendo, non lo sto vivendo. Sul gruppo di classe, dopo aver diverse volte fallito nel tentativo di iniziare una discussione, oggi viene fuori un genitore che denuncia che la figlia, peraltro con ottimi voti, a causa di ansia, non riesce più a venire a scuola ed è al momento sotto cure sanitarie (“psicologi, nutrizionisti e neuropsichiatri”). Al che ho rilanciato la proposta di vedersi per condividere le nostre esperienze. Speriamo, vi aggiorno se ci sono novità.
Ancora c’è chi prova a contrapporre il diritto alla salute al diritto all’istruzione, come se il venir meno di quest’ultimo non ledesse anche il primo? Eppure emergono sempre più le analisi sulle conseguenze psicofisiche negative di quasi un anno di assenza quasi totale di formazione. Intanto Sant’Egidio lancia l’allarme, un bambino su quattro non segue le lezioni: https://archive.is/K7qJ3
In Sicilia siamo zona rossa e quindi ci sono molte restrizioni ma giusto ieri l’assessore ascoltato in commissione cultura ha sottolineato la volontà di garantire l’apertura delle scuole ed è partita una campagna di screening. Su dati parziali, lo sottolineo, si ha un’incidenza dell’1,01% nel rapporto tra positivi e tamponi, in numeri assoluti 621 casi su quasi 60.000 testati. (https://archive.is/ZpXPp) Ovviamente le aperture sono solo fino alla prima media, essendo noi in zona rossa. D’altra parte però il presidente minaccia lockdown totale come a marzo perché dice che i contagi non calano, quando 1) stanno forse iniziando ora ad abbassarsi; 2) se con le scuole chiuse sono aumentati di che parliamo?
Nel gruppo di scuola alcune mamme si sono dichiarate contrarie al tampone perché dicono che i bambini pagano sempre per gli adulti. Questo è vero, ma mi sembra pretestuoso rispetto alla questione del tampone, che è fastidioso, a volte doloroso, ma se le scuole chiudono allora i bambini e i ragazzi continueranno a pagare sempre di più per le colpe degli adulti, come per altro accaduto fino ad ora. E’ bene secondo me diffondere consapevolezza perché la situazione non si risolve nel breve periodo, e dovremmo cercare di limitare i danni per quanto possibile. Come qualcuno ha già detto, l’occasione sarebbe buona, e finalmente, per ribadire cosa non va della scuola, e lottare per il cambiamento. Ma ovviamente queste battaglie devono essere condivise, anche dal corpo docente.
Aiuto in Veneto stiamo assistendo ad una “mistificazione” della realtà.
Queste la notizia ripresa dai quotidiani locali online con relative dichiarazione nella consueta conferenza stampa di Z@i@.
“VENEZIA. Il Tar del Veneto ha respinto il ricordo presentato da 17 genitori contro l’ordinanza del presidente del Veneto Luca Zaia che aveva deciso per la chiusura delle scuole fino a fine gennaio.
«La decisione del Tar del Veneto è una bella notizia al di là del contenuto anche perchè si è andati nel merito. Si tratta dell’ulteriore dimostrazione che non si fanno le ordinanze per partito preso anche se qualcuno lo vuole far credere. A muovere la decisione del Tar sono state di sicuro le motivazioni solide ma penso anche che abbia avuto il suo peso il fatto che mancano pochi giorni a fine di gennaio e una sospensiva avrebbe portato ad una mole di lavoro che non avrebbe prodotto effetti».
Così ha commentato la decisione del tribunale amministrativo regionale il presidente della Regione Veneto Luca Zaia.
Il giudice della prima sezione del Tribunale amministrativo, Maddalena Filippi, ha fissato un’udienza in camera di consiglio per il giudizio cautelare il 27 gennaio prossimo.”
Ecco io di “leguleio” capisco poco però la sentenza non dice esattamente questo.
In pratica respinge di dover intervenire con la misura cautelare monocratica perché ritiene che basti l’udienza “normale” del 27.01.2021 la quale viene però convocata di urgenza con il dimezzamento dei tempi.
Dice comunque tra le varie cose:
– “fumus boni iuris con riguardo alla censure dedotte con il ricorso che, alla luce dell’informale audizione in contraddittorio, non appaiono del tutto sfornite di elementi di fondatezza”;
– “rilevata la non univocità di valutazione dei dati epidemiologici da parte degli Enti compententi”;
– “necessaria valutazione comparativa dei contrapposti interessi fatti valere dalle parti, meritevoli di altissima considerazione e costituzionalmente rilevanti”.
In pratica dicono la cosa è importantissima, ci prendiamo un po’ di tempo in più per valutare il tutto però effettivamente qualcosa che non va’ c’è.
E il governatore invece di tacere rilascia una dichiarazione surreale partendo da quanto battuto da ANSA, riportato da TGR Veneto, Gazzettino e Nuova Venezia.
Ma qualcuno che legga le sentenze e entri veramente nel merito, non ce l’hanno in redazione o negli uffici stampa della Regione Veneto?
Nel frattempo, il sindacato di base USB, ha promosso lo sciopero dei dipendenti Inps, chiamandoli a lavorare in presenza, per protestare contro lo ” storno” di tutti gli emolumenti che integravano lo stipendio dei dipendenti pubblici quando andavano a lavorare in ufficio, come ad esempio i buoni pasto, utilizzati per aumentare lo stipendio e che si potevano spendere per fare la spesa di generi alimentari. Il sindacato denuncia che il costo del lavoro viene così invece scaricato interamente sui lavoratori in termini di connessione, riscaldamento, integrazioni salariali svanite, ecc… Questo senza che il lavoratore possa opporsi, visto che sono state disposte misure di emergenza per il contenimento della pandemia. Questa categoria di lavoratori ha deciso di “scioperare andando al lavoro”, contro lo smart working che da misura di contenimento è diventato un pretesto per ridurre i diritti dei lavoratori. La crisi morde e i lavoratori, toccati nel portafogli, scioperano.
Non sono lavoratori preoccupati di fornire una migliore erogazione del servizio al pubblico che vede penalizzati ed esclusi tutti coloro che non hanno dimestichezza con la tecnologia. Sono lavoratori preoccupati per la perdita progressiva del potere d’acquisto e l’impoverimento, mascherati attraverso il contenimento della pandemia. Forse anche il corpo docente avrebbe motivo di nutrire le stesse preoccupazioni se non è preoccupato per la salute mentale degli alunni. La didattica a distanza non aumenterà il numero dei posti di lavoro degli insegnanti ed i precari non saranno per questo motivo stabilizzati e sempre più difficile sarà per loro organizzarsi senza un luogo fisico in cui vedersi.
Comunque questo è il comunicato di USB:
“[…] A molti lavoratori che avevano comunicato ai direttori di sede l’intenzione di recarsi oggi in ufficio per lavorare in presenza è stato negato l’ingresso per motivi di sicurezza, essendo stato raggiunto il numero massimo di presenze già programmate.
L’attuale smart working, quindi, non è volontario come sostiene l’amministrazione per non riconoscere il buono pasto, lo straordinario e la banca delle ore ma, come ha sempre sostenuto la USB, è una misura necessaria ad evitare l’affollamento nelle sedi”
Scusate se forse non c’entra niente.
L’ilarità che vedo in giro via via che Draghi si manifesta per quello che è comincia a sembrarmi pericolosa. Non mi pare sia solo folclore.
Nel governo Draghi precipitano delle tendenze di lungo periodo. La prima è l’idea delll’unica ideologia trionfante, il “liberismo realizzato” più che quello teorico. Come ogni ideologia, viene presentata come neutra, talmente neutra che è impossibile non aderire. Se in parlamento non ci sono oppositori non è solo convenienza, e in ogni caso non è questo che conta. Conta la convinzione che i sistemi sociali siano complicati ma risolvibili. Questione di studio e capacità e lo risolvi.
La finzione vuole che questo sia temporaneo ma è chiaro che “tutto è qui per restare”.
Il secondo aspetto è la repressione dell’idea di conflitto. Repressione dura, lungamente allenata contro i migranti e pronta ad essere scatenata contro gli sparuti eretici, che protestano, fanno blocchi, scioperi, manifestazioni. La pandemia è stata un’opportunità da non sprecare e da buoni professionisti non è stata sprecata. La complicità di quelli che hanno sbraitato a lungo sullo stare a casa, non rompere i coglioni al manovratore, cosa volete che sia la costituzione, ha semplificato ulteriormente il lavoro ad un blocco a cui non è parso vero di poter procedere così speditamente.
La nomina del capo della polizia a sottosegretario con delega ai servizi segreti e alla sicurezza fa leggere in una luce diversa l’incredibile dichiarazione che non conterebbe tanto il tasso di criminalità quanto la percezione della criminalità. Il blocco di potere percepisce un pericolo e si è preparato ad affrontarlo, appunto come fanno gli stati autoritari, cioè con la polizia.
Non è certo complicato pronosticare scontri, gente in galera, ragazzi spediti all’ospedale, tutto nascosto dal cane da guardia, quella immonda schifezza rappresentata dalla stampa e, a diversi livelli, dalle altre istituzioni culturali, dalla scuola all’università. I meccanismi di selezione del resto negli ultimi anni hanno fatto il loro dovere e la funzione critica è inesistente.
Il sarcasmo che esercitiamo quei 4 sparuti gatti nei social è, nel migliore dei casi, sintomo di disperazione, nel peggiore non comprendere cosa significhi spedire l’ignorante a fare il sottosgretario alla cultura, la ricompensa alla bracciante inscaltrita. Giorgetti è uno che amava Franco Freda, tanto per dire.
Che non c’è proprio motivo per rallegrarsi dovrebbe sembrare evidente se la sbornia ebete da capitalismo trionfante non fosse sventolata come il vessillo vittorioso della pandemia. La preoccupazione avrebbe dovuto fare capolino al solo accenno ad una scuola di impronta prevalentemente professionalizzante, Draghi rispolvera la brutalità delle classi dirigenti al potere con una spruzzata di novità e, invece, non c’è proprio nulla di più vecchio ed obsoleto nel voler costruire una scuola al servizio del mercato, è il progetto ” occulto” da molti anni, ormai, della fondazione Agnelli che sotto il filantrocapitalismo maschera il desiderio malcelato di ristabilire un ordine castale fra le classi. Che non venga mai in mente ai poveri di migliorare la propria condizione sociale e qui, purtroppo, mi vengono in mente solo le parole di un prete, Don Lorenzo Milani… comunque adesso ci pensa Draghi a ripristinare l’ ordine, azzerare i diritti sindacali degli insegnanti e di tutti gli altri, rispedirli a scuola, mentre alcuni di loro sono convinti che invece la loro vita sia più preziosa di quella di altri lavoratori sacrificabili agli interessi del mercato ( come i riders che in questi giorni hanno ottenuto un primo storico pronunciamento e neppure una parola dalla politica…). Mentre Anita, studentessa di 12 anni, viene insultata pubblicamente perfino dagli stessi insegnanti perchè vuole andare a scuola. In Giappone cresce in maniera esponenziale il tasso dei suicidi fra le donne ma, adesso, vogliono convincerci che la crisi sia solo una conseguenza della pandemia… il capitalismo non c’entra niente. Anzi è la nostra salvezza…Adesso voglio vedere scendere in piazza tutti i fanatici dell’ ” io resto a casa” per difendere il loro diritto a non ammalarsi, visto che la pandemia non si combatte col vaccino ma con la segregazione, come nel medioevo. Il mercato però deve andare avanti, ah già… ma dal salotto non avevano mica sconfitto il capitalismo?…
Analisi lucida e condivisibile che purtroppo non leggo e non sento da alcun giornale e tv di respiro nazionale.
Io non ce l’ho con Draghi, che probabilmente in questo sistema economico è la persona più adatta a governare, ma è il sistema economico che ha fallito. Un sistema economico che ci sta portando indietro al medioevo come progresso sociale, dove vale la regola del “Niente scrupoli o rispetto verso i propri simili, Perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili” (Frankie Hi-Nrg).
Con il pretesto della pandemia stanno erodendo i diritti acquisiti in lotte ormai ultracentenarie. Ed il grave è che sento moltissime persone che si dichiarano di sinistra che danno colpa della situazione al covid.
A proposito di “Non è certo complicato pronosticare scontri, gente in galera, ragazzi spediti all’ospedale, tutto nascosto dal cane da guardia, quella immonda schifezza rappresentata dalla stampa e, a diversi livelli, dalle altre istituzioni culturali, dalla scuola all’università.” Questo è già stato sperimentato contro gli attivisti NO TAV e chissa’ in quali altre parti dell’Italia.
non ci credo.
un anno esatto fa Bonaccini chiudeva le scuole in Emilia.
un anno.
cullati dietro al falso refrain che la dad funziona (sì, l’ho sentito dire a Bonaccini a alla Schlein) non si sono posti altri problemi e l’hanno rifatto. Richiudono le scuole.
inutile che tutti sappiano che la scuola è l’unico posto dove viene mantenuto il distanziamento, dove tutti tengono le mascherine, dove ci si lava e igienizza le mani in continuo, dove ci sono protocolli di tracciamento contagi che tutto sommato funzionano.
inutile.
inutile far presente che non tutti possono stare a casa con i minori perchè le scuole sono chiuse ma non i negozi, le fabbriche, gli uffici, i bar.
inutile.
inutile far presente che anche questa primavera è bella e calda e che quindi i ragazzini staranno all’aperto, al parco a giocare e fare assembramento. Caro (nel senso di costoso per le mie tasche) Bonaccini, caro Sindaco di Bologna: richiuderete anche i parchi? rimanderete ancora carabinieri, guardia di finanza, guardie ecologiche, vigili urbani e i droni a controllare che i bambini non vadano su un prato?
so che, rispetto all’anno scorso, ci sono alcune realtà organizzate. una è il Comitato Priorità alla scuola. Lotteremo.