Da qualche giorno, con cadenza regolare, riceviamo telefonate, messaggi e missive che riguardano Freaks Out, il nuovo film di Gabriele Mainetti.
Al netto di fronzoli e dettagli, queste comunicazioni sono di due specie:
1. Gente che ci domanda se per caso siamo co-autori del soggetto;
2. Gente che vuol sapere come mai ci sono tante somiglianze tra il film e lo spettacolo L’Uomo Calamita, scritto da Giacomo Costantini e Wu Ming 2.
A queste due categorie se ne potrebbe aggiungere presto una terza, ovvero:
3. Gente che ci chiederà se L’Uomo Calamita non sia un adattamento di Freaks Out.
La risposta al primo tipo di domanda è no: come si evince da qualunque scheda del lungometraggio, il soggetto è di Nicola Guaglianone, e la sceneggiatura è dello stesso Guaglianone, in tandem con il regista.
Anche la risposta al terzo genere di domande sarà negativa: lo spettacolo L’Uomo Calamita ha esordito in teatro, a Maiolati Spontini, nel dicembre 2017, anche grazie al finanziamento del bando Sillumina 2016. Già ad aprile 2016 Giacomo Costantini aveva presentato la storia, in forma di kamishibai – il teatro per immagini dei cantastorie giapponesi – alla 3ª edizione del festival Ratatà di Macerata. Costantini e Wu Ming 2 hanno iniziato a sviluppare l’idea nell’estate 2014, e ancora mesi prima, in quel di Bruxelles, il progetto veniva esposto ai direttori di Espace Catastrophe, accompagnato dagli scatti del fotografo Bernard Boccara, che ritraggono l’Uomo calamita con una selva di cucchiai attaccati al petto e al viso.
A quella data, nulla ancora si sapeva di Freaks Out – e nemmeno di Lo chiamavano Jeeg Robot, il primo film di Mainetti.
Quanto alla seconda domanda, non siamo in grado di rispondere, ma certo non possiamo fare a meno di notare che le somiglianze sono davvero parecchie.
Entrambe le storie sono ambientate in Italia, durante la Seconda Guerra Mondiale.
Entrambe ruotano intorno a un circo, il cui direttore è vittima delle persecuzioni razziali.
In entrambe il circo deve chiudere, interrompere gli spettacoli, e i suoi artisti si ritrovano fuori, a usare i loro superpoteri per combattere i nazisti.
In entrambe compare un uomo calamita, che attira fucili a distanza e si attacca cucchiai alla faccia.
In entrambe si assiste a una scena di tortura per annegamento.
Com’è naturale, ci sono anche molte differenze, a partire dal fatto che nel film ci sono attori che interpretano una compagnia di circo, mentre il nostro spettacolo è messo in scena da una compagnia di circo, e l’uomo calamita, il freak, si esibisce dal vivo, sul palco o sulla pista, e davvero rischia l’osso del collo, tra numeri magnetici e da funambolo.
In secondo luogo, il film sviluppa una trama della durata di 141 minuti, lo spettacolo invece è lungo meno della metà, con tre personaggi sulla scena.
Una delle due storie, poi, non ha l’happy ending (indovinate quale) e mentre in Freaks Out i fascisti non ci sono, ne L’Uomo Calamita compaiono in camicia nera, sono delatori, fiancheggiatori dei nazisti, e i circensi li combattono formando una vera e propria compagnia, la Brigata Partigiana Leone (ispirata ai Leoni di Breda Solini, attivi nella provincia di Mantova, e agli altri sinti e rom del mondo del circo che si schierarono con la Resistenza).
Lasciamo a chi ha visto il film, e a chi vedrà lo spettacolo, l’esercizio di trovare somiglianze e differenze, anche se il nostro suggerimento è quello di non pensarci affatto. La tournée de L’Uomo Calamita, dopo un anno e mezzo di lockdown e coprifuochi, è ripartita a fine settembre, da San Severino Marche, e prosegue a Torino, dal 26 al 29 novembre, e a Bari, dal 1° al 6 gennaio.
Restate sintonizzati, perché seguiranno dettagli.
***Aggiornamento del 17 novembre 2021***
A proposito delle reazioni di Nicola Guaglianone al nostro post qui sopra, pungolato dal giapster Isver, Wu Ming 2 ha scritto un commento per ribadire la nostra presa di posizione, che non equivale né a un’accusa di plagio, né a recriminazioni del tipo: “Mamma! Ci hanno rubato l’idea!”.
Aggiungiamo che purtroppo, per i soliti intoppi legati alla pandemia, le date torinesi de L’Uomo Calamita sono rimandate, probabilmente a gennaio. Resta confermato, invece, l’incontro al Circolo dei Lettori, con Giacomo Costantini e Wu Ming 2 in programma per il 26 novembre alle ore 21.
Siete dei signori, come ha scritto qualcuno un po’ di tempo fa… Secondo me altri avrebbero (anche giustamente, con buoni argomenti) alzato un gran polverone, convocato una conferenza stampa, avrebbero probabilmente minacciato di ricorrere alle vie legali e chiesto come minimo un risarcimento alla casa di produzione del film… Invece voi, anche in coerenza con quello che avete sempre detto sia sulle querele che sul plagio, avete solo chiarito che il vostro spettacolo circola da molto prima che il film fosse concepito, senza esprimere giudizi, e così ognuno può farsi la propria idea. Chapeau.
Ci tengo solo a precisare che nel post non diciamo nemmeno che il nostro spettacolo “circola da molto prima che il film fosse concepito”. Per quanto ne sappiamo, potrebbero anche averlo concepito nel 2010. Non ci interessa la gara a chi ha avuto prima l’idea. Di sicuro, noi l’abbiamo avuta indipendentemente da Freaks Out e dai suoi autori, quando del loro progetto non si sentiva nemmeno l’odore, e sentivamo il bisogno di spiegarlo a chi in questi giorni ci chiede come mai il film sia tanto simile al nostro spettacolo.
Credo che lo sceneggiatore di Freaks Out (Nicola Guaglianone) sia anche co-autore del soggetto, di cui si prende sostanzialmente i meriti in un paio d’interviste pubblicate da La Repubblica nelle sue varie incarnazioni.
Guaglianone ha lavorato (a mio avviso) bene per il primo film di Mainetti; ha scritto invece un soggetto imbarazzante per un film con protagonista la Cortellesi come Befana moderna.
L’autore fa riferimento a Freaks! di Ted Browning (1932) come fonte d’ispirazione della sua storia. Non fa alcuna menzione dell’Uomo Calamita, ma le similitudini sono forti e il rasoio di Occam suggerisce l’ipotesi di una certa (magari inconscia?) ispirazione.
Aggiungo che chi ha seguito questo blog non ha certo potuto sospettare che l’Uomo Calamita non fosse un lavoro completamente originale e indipendente dal film di Mainetti, considerato che si sono raccontate le tappe da work in progress alla versione attuale. Del resto, il legame di Costantini al circo con il progetto ElGrito è genuino ed evidentemente più ovvio rispetto a quello degli autori di questo film oggetto di paragone…
Lo sapete che avete accusato un tizio di plagio? Ve lo dico, perché potreste non esserne informati, se la vostra sola fonte per quanto riguarda voi… foste voi.
Il tizio ha pure risposto piccato con tanto di documenti su Facebook, linkando questo post di Giap coi suoi ben quattro commenti – 30 righe complessive di testo – che però né lui né chi gli ha fatto eco evidentemente hanno letto.
Perché se l’avessero fatto, avrebbero letto anche l’inequivocabile risposta di Wu Ming 2 a Sangiusto. Risposta che c’era già, come si evince anche dallo screenshot a corredo del post su Facebook, dove si può leggere chiaramente “4 commenti – una diramazione”. Quello di Wu Ming 2 è il secondo commento, inserito alle 13:15 del 15/11, ovvero quasi 20 ore prima della pubblicazione del post su Facebook.
Non che ci sia arrivato proprio oggi, ma dopo tanti anni credo di aver finalmente capito quale sia il problema principale dei social: sono una forma di comunicazione scritta per gente a cui pesa troppo il culo per leggere.
By the way, a parte qualche profilo di siti di gossip e merda varia, su Twitter la cosa è stata rilanciata indovinate un po’ da chi? Bravi. Quello che non ce l’ha personalmente con voi. Ma per niente proprio.
Come noto, non frequentiamo Twitter da molto tempo e su Facebook non ci siamo mai stati.
Ieri sera ci hanno segnalato un articolo, uscito su Badtaste e firmato da Andrea Francesco Berni:
https://www.badtaste.it/cinema/articoli/freaks-out-e-luomo-calamita-i-wu-ming-parlano-di-somiglianze-guaglianone-li-corregge/
Il titolo recita:
«Freaks Out e L’Uomo Calamita: i Wu Ming parlano di somiglianze, Guaglianone li corregge».
Sappiamo che sui “grandi” giornali i titoli vengono messi un po’ a cazzo di cane, ma ci dispiace constatare che quest’abitudine è invalsa anche sui piccoli e meritevoli spazi d’informazione indipendente.
Perché dalla lettura del pezzo si evince il contrario di quel che sta scritto nel titolo, ovvero che Guaglianone NON ci corregge.
Le sue affermazioni, infatti, riguardano due questioni: 1) La data precisa in cui lui e Gabriele Mainetti hanno registrato il soggetto di Freaks Out e 2) Le somiglianze tra la loro idea e la nostra.
Il punto 1) non può proprio essere una “correzione” di quanto abbiamo scritto noi, perché nel nostro post non c’è nessun riferimento alle tappe del processo creativo di Guaglianone & Mainetti. Noi parliamo del nostro, non del loro. E diciamo che l’idea del nostro spettacolo circola fuori dalle nostre teste fin dai primi mesi del 2014. Delle loro teste, nulla sappiamo e poco ci interessa. Ma certo Guaglianone non smentisce le informazioni che abbiamo dato qui.
Sul punto 2), ancora una volta, Guaglianone non corregge un bel niente, né prova a farlo. Non scrive che le somiglianze elencate tra le due storie (e tra i due poster qui sopra!) non ci sono. Dice che “la lista delle somiglianze disegna un dominio vastissimo di film e sceneggiati”. Noi sicuramente siamo meno ferrati di lui nella storia del cinema e della televisione, quindi prendiamo per buona la sua affermazione. A quanto pare, c’è “un dominio vastissimo di film e sceneggiati” che ruotano intorno a un circo, nell’Italia della Seconda Guerra Mondiale, con un direttore perseguitato dalle leggi razziali, con un Uomo Calamita e con i circensi che, non potendo più esibirsi, usano i loro poteri contro i nazisti e al servizio della Resistenza. Il tutto condito con una scena di tortura per annegamento in acqua e una locandina con l’Uomo Calamita che fa volteggiare in aria cucchiai, forchette e pentolini. A noi, tutte queste somiglianze, continuano a sembrare un caso di studio quantomeno particolare, visto che si trovano, tutte insieme, in due storie concepite quasi in parallelo, in anni molto simili. Sarà l’effetto dello Zeitgeist, dell’esprit du temps, dell’immaginario collettivo, o di qualcos’altro?
Sarebbe bastato riconoscere la singolarità delle somiglianze, tutte insieme. A maggior ragione potendo provare che il soggetto è del 2015. Le coincidenze esistono e pace.
Ma a quanto pare dev’essere particolarmente difficile capire cosa significhi portare in giro per anni uno spettacolo di nicchia e trovarsi all’improvviso a “competere” nell’immaginario del pubblico con un film di cui si è parlato parecchio, e che tanti – evidentemente digiuni di film e sceneggiati quanto voi – ritengono possa essere basato sulla stessa idea. Forse serve qualche superpotere per farlo.
Molto più facile schermirsi e metterla in burletta, potendo contare sui social per fare il resto del lavoro sporco.
Non credo sia un caso che Guaglianone abbia utilizzato il social network per rispondere a quest’articolo. Su quella piattaforma, per definizione chi non ci sta ha torto a prescindere, agli occhi di chi invece la frequenta.
E non solo per chi la frequenta: anche per la cosiddetta informazione, e per il gossip. Una cosa detta sul social network, pur in assenza di un dibattito, e forse anche proprio per questo, diventa una notizia di per sé, un “fait accompli”. Il sito di gossip ha riportato la risposta di Guaglianone come se fosse la parola finale a un dibattito che non è in realtà mai esistito perché svolto su piani troppo disallineati.
Ho visto il film, ma non il vostro spettacolo. Sospetto che più delle somiglianze sarebbe interessante parlare delle differenze, in particolare per quello che immagino sia il diverso modo in cui le due opere si rapportano con la Storia e la elaborano. Nel caso di Freaks Out è forse il caso di parlare di “Storia di secondo grado”, tanto è schiacciata su convenzioni di genere, omaggi e citazioni e banalizzata per pure esigenze di intreccio (sorvolo su imbarazzanti momenti didascalici). Devo essere io che l’ho preso male, perché leggo quasi solo recensioni osannanti, in cui spesso si dà per scontato che usare i nazi come übercattivi, i partigiani come eroi duri ma di gran cuore e gli ebrei come canoniche vittime da salvare sia un’operazione neutra, giustificata dal contesto “supereroico”
Sono d’accordo con te. Come sempre accade quando due autori raccontano, in maniera diversa, una storia con molti punti in comune, le differenze acquistano uno speciale significato. Tuttavia, poiché in un confronto del genere anche lo spettacolo che ho scritto con Giacomo Costantini sarebbe parte in causa, preferisco non lanciarmi in questa disamina, per evitare di cantarmela e suonarmela da solo, o detto in altri termini, di cadere in un conflitto d’interessi.