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«Il nome del laboratorio è Melologos, in greco μελóλογος (con ben tre omicron)…»
Può sembrare fuori luogo aprire una campagna per incidere un disco e fondare un laboratorio di sperimentazione musico-letteraria in questi giorni. Giorni di paura, insofferenza, annunci di nuove restrizioni…
Al contrario, è perfettamente in luogo. Perché è sempre qui e adesso che bisogna resistere. E resistenza, per noi, è anche fare cultura altra. Curare un immaginario altro. Incitare pensieri altri. È quello che facciamo e che continueremo a fare.
Del non poterne più
Quest’ondata di terrore è la quarta o la quinta? Non le contiamo più. Di sicuro, da quest’ondata non vogliamo farci travolgere. Non ci faremo spingere in un cantuccio, ripiegati su noi stessi e costretti a sentir parlare solo di virus, la variante ϣ, la variante ϧ l’invariante Ⓑ[urioni], greenpass rafforzato con scappellamento a destra, coprifuoco alle otto nei giorni pari e alle nove nei giorni dispari, sostiene ilariacapua, dice il virologo taldeitali, ci insegna barbaragallavot… Baaaastaaaa, A N IN PÒS PIÓ!!!
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E dunque, resistenza.
Resistenza, non «resilienza», che è una pseudo-virtù neoliberista. Nell’attuale neolingua «resilienza» significa adattarsi al disastro, adattarsi alla merda, anzi, cogliere nell’innalzarsi del livello della merda una preziosa opportunità: ce l’hai già fino al mento, no? Allora assaggiala, ti piacerà. Ecco, bravo. Ah, fai pure il bis? Ottima prestazione. La tua e, soprattutto, la nostra. Infatti s’era già deciso di fartela mangiare. Ringrazia i nostri esperti.
Resistere, al contrario, significa adattarsi il meno possibile, farsi dominare il meno possibile, coltivare un frattempo per pensare al contrattacco.
Proseguiamo, cocciuti, coi nostri progetti.
Dai reading alla fonologia narrativa
Da tanti anni lavoriamo su un formato che all’inizio chiamammo, in modo riduttivo, «reading musicale», per poi capire che si trattava d’altro, qualcosa di diverso e dalle multiple derive. Abbiamo riesumato un termine vecchio di secoli, melologo, e coniato l’espressione «fonologia narrativa». “Disciplina” che include gli esperimenti che abbiamo fatto con podcast, radiodrammi in musica, novelle in Sprechgesang, in cerca di «questo silenzio che fa risuonare la voce di quest’onda / di questa vibrazione fonda della dignità» (Lello Voce, La rosa e la voce).
Non si contano i sonatori e le sonatrici, i compositori e le compositrici con cui abbiamo sperimentato diversi connubi, diverse giunzioni di sonorità e parola, racconto e melodia. Addirittura, due di noi sono membri in pianta stabile di band nate ad hoc: WM2 del Wu Ming Contingent e WM1 del Bhutan Clan (proposte d’ascolto cliccando sui nomi).
Il Bhutan Clan è quel che nel giornalismo rock si chiamerebbe «supergruppo». È formato da membri di diversi collettivi letterari (Wu Ming e Kai Zen), compagnie teatrali (Compagnia Fantasma), progetti musicali (GiroWeedz, Travellers) e progetti d’arte varia e agitazione culturale (Solipsia).
Per questo ensemble è tempo di inaugurare una nuova fase. Ma prima è necessario far pienamente tesoro di quella precedente. Ecco perché vogliamo incidere un album, e in generale registrare in modo professionale tutti i brani composti ed eseguiti dal vivo dal 2016 a oggi.
A Lab of Our Own
È la rincorsa per il salto di qualità, ovvero: prenderci un posto, comprare le attrezzature da metterci dentro, fondare un vero e proprio laboratorio con sala prove e ambienti adatti a riunioni, workshop, seminari, piccole esibizioni dal vivo, ascolti collettivi di percorsi fonoautoriali ecc. Un luogo nostro, dove sperimentare ad libitum, ma aperto ad altri singoli e gruppi; a Bologna, dove viviamo, ma aperto al boia d’un mond lèdar.
E qui torniamo alla frase d’apertura: il nome del laboratorio è Melologos. Con ben tre omicron.
Per fare tutto questo, a partire dalla registrazione e stampa del disco, ci serve il vostro aiuto.
La campagna per finanziare Melologos parte oggi, sul sito di Produzioni dal Basso. [N.B. Eventuali commenti si possono lasciare là.] L’obiettivo è raccogliere 15.000 euro per essere operativi a primavera. Ce la possiamo fare.
In Emilia non diciamo «daje», diciamo: dàimo!
Proposte d’ascolto nella «Gallery» su Produzioni dal basso:
Radio Solipsia | Intervista a Wu Ming 1 & Bhutan Clan, 19 novembre 2019
Circostanza fatidica, nella quale la band risultò talmente convincente da reclutare uno degli intervistatori.
Wu Ming 1 & Bhutan Clan | Persefone
Brano della suite La macchina del vento, tratta dall’omonimo romanzo (Einaudi 2019)
https://www.produzionidalbasso.com/project/wu-ming-1-bhutan-clan-il-primo-disco-di-cirene-e-il-laboratorio-di-fonologia-narrativa/#theMedias
Grazie di cuore a tutte le persone che hanno già donato, qualunque livello dell’inferno abbiano scelto :-)
L’impresa è ardua, lo sappiamo, ma questo non ci scoraggia, anzi, ci pungola.
In questi tre mesi arricchiremo la campagna con sempre nuovi materiali e anche con apparizioni dal vivo del Bhutan Clan, alcune in forma di blitz.
Da oggi si può fare la donazione anche con la carta di credito. Dàimo!
COMPAGNשווא Di MELOLOGOS
Compagne e compagni di strada a cui abbiamo già proposto di tenere workshop, seminari, incontri nel nuovo laboratorio di fonologia narrativa, semmai riusciremo ad aprirlo, e che hanno dato subito la loro disponibilità.
LOREDANA LIPPERINI (in veste di musicologa quale ella effettivamente sarebbe ed è)
FILO SOTTILE (come si diventa una punkastorie; imminente l’uscita del suo libro Senza titolo di viaggio, Alegre, collana Quinto Tipo)
LUCA CASAROTTI (feat. WM1, tecniche della lettura su musica improvvisata e dell’improvvisazione musicale in interazione con la lettura di un testo*)
LELLO VOCE (musica interna della poesia, come farla sentire mentre si legge poesia su musica)*
MILITANT A (il ritmo, la parola, l’ascoltarsi… l’acufene)
[Lo sapevate che Militant A ha fatto un pezzo… con il coro dell’Antoniano?]
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* Un esempio dalla collaborazione Casarotti/WM1:
Cinque volte Turi Vaccaro
Reading/concerto tratto da Un viaggio che non promettiamo breve
Luca Casarotti – piano, tastiere
Wu Ming 1 – voce recitante
Live allo Spaziomusica di Pavia, 4 febbraio 2018.
Durata: 40’32”
Scaricabile anche in una cartella zippata (formato .wav, qualità cd).
** Un esempio del lavoro poetico-musicale di Lello Voce:
Lello Voce & Frank Nemola
Il lavoro cieco- 10’06”
«bevuto il nostro sangue il conto langue
siamo in credito di vita siamo in attesa
che sia finita questa pena infinita che nasca
la radice che traligna che esige che ora sia
esatta l’ora che fa tornare i conti siamo giunti
sin qua solo per mostrarvi i numeri la lista
e tutta l’evidente moderazione che c’è nel
comprendere come ormai l’unica soluzione
non sia un pranzo di gala ma piuttosto
tutt’un’altra rivoluzione»
Live all’Auditorium di Santa Caterina, Treviso, 15 ottobre 2016.
Tratto dall’evento «Omnia sunt communia!» con Frank Nemola, Lello Voce e Wu Ming 1.
Scarica tutti i brani di quell’esibizione in una cartella zippata.
Ci siamo assicurati anche la collaborazione di
Marco Messina (99 Posse, Elem, compositore di musiche per teatro e colonne sonore cinematografiche)
e
Valerio Vigliar (pianista e compositore, autore di ambienti sonori per teatro e colonne sonore per il cinema, sperimentatore nell’ambito del field recording, autore di radiodrammi).
Un altro esempio di melologo su musica completamente improvvisata fu «Zó bòt!!!» [in léngua emiliana: Giù botte!!!], tratto dal nostro L’armata dei sonnambuli e proposto in giro per l’Italia nel biennio 2014-2016 dal combo CVASI MING: Francesco Cusa (batteria), Vincenzo Vasi (basso e theremin) e Wu Ming 1 (vociferazioni).
Questa è la registrazione completa della performance alle Serre dei Giardini Margherita di Bologna, sera del 20 settembre 2016. Dopo un prologo tratto dall’Ouverture del romanzo, si narra la genesi del supereroe Scaramouche e se ne raccontano alcune gesta.
Nuova aggiunta alla gallery su Produzioni dal Basso.
BHUTAN CLAN – Un serpente in giugno
Scritto e letto da Jadel Andreetto
Un serpente in giugno è la spettrografia di Bolzano, una mappa storico-sentimentale in forma di melologo di una città, un viaggio per le strade del capoluogo dell’ultima colonia italiana, il Sudtirolo.
https://www.produzionidalbasso.com/project/wu-ming-1-bhutan-clan-il-primo-disco-di-cirene-e-il-laboratorio-di-fonologia-narrativa/#theMedias
Una pietra miliare lungo il cammino del melologo “à la Wu Ming” fu Pontiac. Storia di una rivolta, una chanson de geste/graphic novel in dodici cantiche, collegata al nostro romanzo Manituana e dedicata al condottiero Ottawa Pontiac (1720 – 1769).
Pontiac fu scritto e letto da Wu Ming 2, musicato da un vero e proprio supergruppo bolognese (con membri dei Massimo Volume e dei Settlefish) e disegnato da Giuseppe Camuncoli e Stefano Landini. Uscì in libro + cd nel 2010.
Tutti i brani sono scaricabili da una sezione ad hoc del vecchio sito dedicato a Manituana, che è on line da quindici anni, è un po’ sgarrupato qui e là ma ancora funziona.
https://pontiac.manituana.com/section/103
La corsa della depre attraverso i campi
(ma noi corriamo più veloci)
In tutto il mondo riesplode il conflitto sociale. Le lotte post-pandemiche sono confuse ma radicali. Giungono news di rivolte di piazza e nuove occupazioni. Negli USA non c’erano così tanti scioperi dagli anni Venti del secolo scorso, si sindacalizzano persino i baristi di Starbucks. Tutto questo sullo sfondo di un generalizzato non-poterne-più, un sentimento che si esprime anche nell’inattesa, spiazzante ondata di dimissioni di massa. Su Giap ne stiamo discutendo fittamente, in calce al reportage di Andrea Olivieri sui (prefiguranti) fatti triestini di ottobre-novembre.
Qui da noi sembrano spadroneggiare il pensiero unico paleo-neoliberista (so Nineties!), la depre da quarta ondata, il nichilismo passivo che porta a un amaro conformismo… Ma il ghiaccio è sottile. Ci sono più lotte in Italia di quante ne possa sbertucciare il giornalismo di regime. Devono solo affermare il proprio esistere, squarciando il velo dell’ideologia dominante.
Noialtri, collettivo di cantastorie, piazziamo una volta ancora la nostra scommessa, quella che lavora con lentezza e va oltre il contingente. Se la depre ci insegue, noi corriamo più veloci, perché stiamo prendendo la rincorsa. Vogliamo saltare e scavallare questa fase. Puntiamo su una nuova stagione di febbre e fermento, esperimenti e vertenze culturali, autogestione e autoproduzione.
La nuova stagione avrà bisogno di canti, e storie, e colonne sonore all’altezza della contraddizione che si acuisce.
Per questo ci siamo lanciati in un’impresa che in questi giorni pare folle: raccogliere la cifra necessaria a fondare Melologos, un laboratorio, un luogo dove chiamare chi scrive e chi declama, chi compone musica e chi la suona, chi ingegnerizza suoni inauditi e chi esplora le potenzialità della voce, per esplorare insieme gli infiniti modi di essere cantastorie.
Perché potranno esserci tutti i multiversi transumani che il capitale può implementare, ma cantastorie ce ne saranno sempre.
Su Giap e su Produzioni dal Basso, per tutta la durata del crowdfunding continueremo a ripescare esempi del lavoro fatto in tutti questi anni, quel lavoro che ora deve fare un salto di livello.
Grazie a chi vorrà scommettere insieme a noi.
Un altro esempio di melologo su musica improvvisata fu We Insist! For Emmanuel Chidi Namdi, eseguito una sola volta, all’Auditorium Monteverdi del conservatorio di Mantova, nell’ambito di Festivaletteratura, l’11 settembre 2016.
Wu Ming 1 lesse alcune parti del suo romanzo del 2004 New Thing mentre il pianista/polistrumentista Fabrizio Puglisi cuciva « rumori e lacerti di Thelonious Monk, Cecil Taylor, Otis Spann e variazioni su Lift Every Voice and Sing, l’inno nazionale afroamericano». Il tutto dedicato a Emmanuel, ucciso dall’odio razzista a Fermo il 6 luglio 2016.
Ecco la registrazione di quell’evento. Dura circa 49 minuti, introduzione parlata compresa. Buon ascolto!
We Insist! (For Emmanuel Chidi Namdi) – 48’44”
Scaricabile anche in una cartella zippata (93 mega, mp3 a 256k).
Dalla recensione di Luca Casarotti:
«L’aspetto forse più saliente di questa lettura scenica è l’amplissima gamma dinamica: sia Fabrizio sia WM1 si muovono con facilità tra pianissimo e fortissimo, ora con escursioni rapide, ora con progressioni costruite pazientemente, per accumulo di tensione, come nel lungo frammento conclusivo basato su Lift Every Voice and Sing. Né hanno timore di restare in silenzio mentre l’altro suona o legge in solitudine.
Molteplici sono anche i linguaggi messi in campo da Fabrizio: quasi una trasposizione sonora dei continui cambi del punto di vista nel testo. Ci sono gesti tipici dell’avant-garde più genuina e veramente attenta alla ricerca, come le preparazioni estemporanee dello strumento, che convivono con citazioni da vari periodi della storia della black music, sia nella scelta dei temi, sia nelle tecniche di esecuzione: dall’arcaico stride “detournato” da Monk alle cascate di clusters (quando vuole, e soprattutto ce n’è bisogno, Fabrizio suona tonnellate di note), dai bassi ribattuti dello spiritual agli ostinato in 5/4.
Alcune volte la musica commenta il testo, altre volte se ne distacca, altre ancora lo anticipa. Quando sono menzionati Parker e Gillespie, ad esempio, ci si potrebbe attendere un tema bop a fare da sfondo: invece Fabrizio sceglie di continuare a suonare una serie di accordi dissonanti. In un altro punto, il pianoforte si assesta su un blues qualche secondo prima che il blues sia citato nel testo. Ancora, la descrizione dei dialoghi sonori tra Monk e Coltrane è valorizzata da un accompagnamento che è tutto quanto un omaggio alle armonie spigolose di Monk…
Dalla sequenza su Prospect Park in avanti, il reading diventa uno studio, fulgido e coeso, sul timbro e sul ritmo. La voce che risuona sulle corde del pianoforte lasciate libere di vibrare; il lungo pedale swingante; il fraseggio della mano destra alterato dalla preparazione del piano, a far perdere i punti di riferimento dell’armonia; e poi il potente climax conclusivo, con il crescendo in la bemolle, l’armonia e la melodia che ritornano, e la melodia è quella di Lift Every Voice and Sing… A ricordarci da dove viene la musica che suoniamo.»
Siamo alla prima “soglia”: già 50 persone hanno dato un contributo alla campagna. Siamo a circa 1/6 della somma da raccogliere e abbiamo ancora 80 giorni. Si può fare.
Sappiamo che il nostro lavoro sulla “fonica” della letteratura incontra l’interesse di una minoranza – per quanto attenta e attiva – di chi ci segue. È così anche per gli UNO, per gli studi tolkieniani e altri percorsi della nostra ricerca. I nostri libri “solisti” non vendono mai quanto i nostri romanzi collettivi; i progetti musicali si rivolgono a una “nicchia” ancora più ristretta. Stiamo parlando di “zoccoli durissimi” del nostro pubblico, ma è proprio la sperimentazione che calza quei sabots a fare di Wu Ming quel che è, a farci evolvere come collettivo e come “foundation”, e a nutrire di nuova linfa anche i nostri romanzi. Quando ci sembra di imitare noi stessi, gettiamo uno zoccolo negli ingranaggi, ci “auto-sabotiamo” a colpi di esperimenti per cambiare strada. Senza il lavoro su lettura e musica, per fare un solo esempio, non sarebbe esistita la lingua del foborgo ne L’Armata dei Sonnambuli; senza il lavoro sugli UNO non esisterebbe tout court quel romanzo, perché non saremmo mai andati oltre il romanzo “neostorico”.
Se avessimo puntato solo su quel che interessa/piace alla maggior parte delle nostre lettrici e dei nostri lettori, cercando di intercettare le aspettative più facili da prevedere, la nostra vena si sarebbe inaridita da tempo. Invece andiamo avanti, continuiamo a fare esperimenti da mad professors, “facciamo rizoma”, moltiplichiamo le collaborazioni e gli sconfinamenti… Essere ancora qui a farlo dopo questi due anni di gestione pandemica è già un bel risultato. E poiché nemmeno gli anni a venire saranno facili, vogliamo attrezzarci (in senso lato e in senso stretto) per affrontarli.
Yo Yo Mundi feat. Wu Ming 1
Ettore, Stella Rossa vince
Live in Pavia, 4 febbraio 2018
«Il 4 febbraio 2018, una domenica sera, allo Spaziomusica di Pavia si è rinnovato un sodalizio, quello tra Wu Ming e i nostri “cugini” Yo Yo Mundi. Sodalizio che nel 2004 diede vita all’album 54, tratto dal nostro romanzo di due anni prima. Abbiamo riproposto dal vivo un brano di quell’album, Ettore (Stella Rossa vince), per la prima volta con Wu Ming 1 alla voce recitante. Un ritorno, e un ricordo del collega (collega di tutti noi: scrittore e musicista), compagno e amico Stefano Tassinari, che nel 2002 fece conoscere le due band».
Paolo Enrico Archetti Maestri – chitarra
Andrea Cavalieri – basso
Eugenio Merico – batteria
Chiara Giacobbe – violino
Wu Ming 1 – voce recitante
Andiamo avanti con la rassegna del lavoro “melologico” fatto in tutti questi anni, quel lavoro che vorremmo portare a un nuovo livello con la fondazione del laboratorio di fonologia narrativa.
WU MING 2 + CONTRADAMERLA – ALTAI IN READING – 1h 07′ 11″
(Il viaggiatore del mondo; Tre giorni di febbre)
Live at Bartleby, Bologna, 18 novembre 2012.
Francesco Cintioli (chitarra)
Alessandro Cintioli (chitarra)
Gaetano Vitalino (tromba)
Luca Vannicola (batteria)
Giampaolo Paticchio (basso)
Wu Ming 2 (voce narrante)
Prima di Surgelati, WM2 e la Contradamerla avevano già portato in giro per l’Italia questa sonorizzazione del nostro romanzo Altai. Si tratta dei due “intermezzi”, i lunghi capitoli del viaggio che porta Ismail da Mokha a Costantinopoli.
Una bellissima testimonianza di Filo Sottile sul rapporto che ha avuto nella sua formazione – galeotto Jim Morrison con la sua «Celebrazione della Lucertola» – il rapporto tra voce recitante, parola affabulata e musica. Il tutto per arrivare al progetto Melologos. Buona lettura.
Ripeschiamo un altro melologo con musica improvvisata, una session che si è svolta a Catania il 31 agosto 2019, nell’ambito della rassegna «Stralunata». Rassegna curata dal musicista Francesco Cusa – uno dei più inventivi batteristi d’Europa – insieme all’associazione Gammazita e a Lunaria Edizioni.
Quella sera, in piazza Federico di Svevia, Wu Ming 1 ha letto brani de La macchina del vento accompagnato da due storici ed eccelsi sodali: lo stesso Cusa e il pianista e polistrumentista Fabrizio Puglisi, per l’occasione impegnato a tastiere e synth analogico.
La serata catanese fu registrata dal fonico Luca Recupero, la riproponiamo qui in streaming (mp3 a 320k):
La macchina del vento – Live in Catania
oppure ➝ in download
(cartella zippata, file ad alta resa sonora, wav qualità cd).
Anche questa performance fu recensita da Luca Casarotti, che scrisse un vero e proprio saggio breve sul melologo improvvisato:
«[…] Spesso, direi sempre, quando WM1 progetta una lettura scenica con un accompagnamento improvvisato, non fa alcuna prova prima del reading: ad esempio, per Cinque volte Turi Vaccaro, il reading tratto da Un viaggio che non promettiamo breve che lui e io abbiamo portato in giro per nord e centro Italia tra il 2016 e il 2018, le prove hanno coinciso con la prima esecuzione pubblica dello spettacolo, al Barrio Campagnola di Bergamo. Non sempre è così: ci sono gruppi d’improvvisatori che provano moltissimo. Il che può sembrare paradossale, dato che la musica suonata nelle prove sarà diversa da quella suonata in concerto. Ma anche per gli improvvisatori, come per chi suona musica scritta in tutto o in parte, le prove hanno sempre la stessa funzione: oliare l’interazione tra i musicisti, amalgamare le diverse voci strumentali nel suono complessivo del gruppo etc. Non provare, per contro, ha il vantaggio di valorizzare al massimo l’ecceità, la spontaneità della creazione nel momento presente. La cosa non crea particolari problemi quando si tratta di una performance solista, ma si complica quando sul palco c’è un ensemble. Anche la più estemporanea delle improvvisazioni, però, non nasce mai davvero ex nihilo; e non nasce solo nel momento presente. Nella creazione spontanea, ogni improvvisatore porta la sua vita, vale a dire il suo lessico musicale, le sue tecniche, il suo suono, in generale i suoi stilemi. Se chi è coinvolto nella performance conosce bene i suoi partner (è il caso del trio convenuto sul palco di “Stralunata”), le prove possono essere tranquillamente omesse, a tutto vantaggio della freschezza dell’esecuzione / composizione istantanea.
Un aspetto che varia molto nei reading di WM1 è la forma, in rapporto ai testi scelti per la lettura: a lunghi brani (es. un intero capitolo, o più capitoli consecutivi, anche se non per forza tematicamente unitari: cfr. qui i tre prologhi), tende a corrispondere una forma che echeggia la suite. A testi trascelti da parti diverse del libro corrispondono forme più brevi, ciascuna ritagliata sul singolo brano. Esempi di reading che consistono di un’unica forma estesa: i già menzionati We Insist! (unità testuale: tutto il secondo capitolo di New Thing) e Cinque volte Turi Vaccaro (unità tematica: tutti i brani di Un viaggio che non promettiamo breve in cui compare Turi). Esempio di reading basato su forme più concise: La macchina del vento con Fabrizio Elvetico e Marco Messina al Mezzocannone di Napoli.
Qui invece abbiamo in sostanza due suite: in realtà, stando all’intro di WM1, le ultime due improvvisazioni dovevano forse rimanere ciascuna a sé stante, ma di fatto sono legate insieme dalla transizione di batteria che Francesco esegue mentre WM1 presenta l’ultimo brano.
Ciò che di questa performance più balza all’orecchio è che si svolge per la maggior parte fuori dal sistema temperato (cioè la suddivisione dell’ottava musicale in dodici note discrete, ciascuna con altezza determinata e posta a distanza di semitono dalla precedente e dalla successiva): pensiamo ai tasti di un pianoforte o di una chitarra che, quando premuti, generano note via via più alte d’un semitono man mano che si procede da sinistra verso destra (l’opposto nelle chitarre mancine). Qui Fabrizio Puglisi, che pure suona uno strumento a tastiera, esce spesso dal temperamento. Risultato a cui su un pianoforte acustico si può giungere con diversi tipi di preparazione, e che qui Fabrizio ottiene agendo sui dispositivi che modellano il suono del sintetizzatore: oscillatore, filtri ed effetti. Di conseguenza, nelle improvvisazioni dominano ritmo e ricerca timbrica. Quando si sottrae al temperamento, Fabrizio può suonare ritmicamente e timbricamente senza che si creino, come “effetto collaterale”, armonie o melodie non volute: può cioè suonare in maniera più simile a un percussionista. Ed è per questo che l’interazione con Francesco funziona molto bene: a tratti, è come se sul palco ci fossero due percussionisti. Dopotutto, il pianoforte a rigore è uno strumento a percussione (vedi alla voce Cecil Taylor per magniloquenti dimostrazioni).
Il ritmo è per lo più su una pulsazione metronomica, e le scansioni eseguite da Francesco evocano generi riconoscibili: ora il breakbeat della drum’n’bass, ora un tiro più funk, ora un basilare groove rock, ora la cassa in 4. Ci sono però anche episodi svincolati dal metronomo: rarefatti, come all’inizio della prima suite e per quasi tutto l’ultimo movimento della seconda (prima del crescendo finale), oppure molto densi, come nella transizione tra primo e secondo prologo.
Ho detto che ritmo e timbro dominano: non vuol dire che melodia e armonia siano assenti. L’armonia compare nell’episodio più stratificato di tutto il reading, sia per la drammaturgia molto cangiante sia per il materiale eterogeneo da cui Fabrizio e Francesco hanno attinto: in particolare, Fabrizio improvvisa, e opportunamente riprende più volte, un tema rinascimental-baroccheggiante, (à la Orlando Gibbons, che saldandosi al testo crea un singolare groviglio di piani temporali: : a far da sottofondo alla riunione del dodecatheon convocata per discutere sul da farsi nella seconda guerra mondiale, c’è un tema in stile secentesco, con corredo di trilli, mordenti e acciaccature. Ancora, l’armonia torna di prepotenza nel finale: questa volta si tratta di un tipo di armonia che alcuni definiscono “pantonale”, altri “modalità complessa”. La sostanza è che la progressione degli accordi non è regolata da una serie di funzioni predeterminate (armonia tonale), ma dall’effetto acustico, dall’atmosfera, dal color (per rubare il termine ai retori antichi), che l’accostamento di un accordo all’altro provoca.
Della melodia, intesa non come un tema cantabile, ma proprio tecnicamente (come l’intendevano Arnold Schoenberg e Alban Berg) come successione di intervalli, è fatto un uso molto scarno: qui una serie di terze minori (due note poste a distanza di un tono e mezzo), lì un frammento di scala esatonale (scala composta da sei note, poste tutte a distanza d’un tono l’una dall’altra), da ultimo uno scheletro di blues che prelude al finale.
In tutto questo, non è affatto secondario il ruolo della voce recitante, sulla quale dico due cose. La prima: prassi già in atto da qualche tempo, WM1 tende molto meno di prima a leggere stando appoggiato metricamente al beat. Come fosse uno strumento solista, che articola le note staccandosi dal tempo metronomico, con l’effetto di aggiungere un ulteriore strato ritmico alla musica. Le inserzioni di lettura metrica, essendo più sporadiche, diventano anche più sorprendenti. La seconda: mercé l’incontro con gli studi del grandissimo Franco Fussi, la gamma timbrica, e con essa l’espressività, della voce di WM1 si sono notevolmente allargate.»
Intervista a Wu Ming 1 apparsa oggi – e accade ben di rado, in più di vent’anni le occasioni si contano sulle dita di una mano – sul Resto del Carlino, pagine bolognesi.
Wu Ming 1 & Francesco Cusa
Se ti dimentichi – 4:43
(Unplugged Grindcore Version)
Live al festival della cultura libera Gran Gala de los Oxcars, Sala Apolo, Barcelona, 28 ottobre 2008. Fonazione del cap. 0 di New Thing con traduzione spagnola in simultanea sullo schermo. Occhio che alla fine c’è un bestemmione! :-/ Da non ascoltare in compagnia di gente suscettibile.
Wu Ming 1: sbraitamenti e vociferazioni
Francesco Cusa: batteria e verso del coyote
«…Wu Ming 1, distinguido en el apartado literario, ha publicado la novela New thing (Acuarela), de la que leyó a gritos algunas páginas, de espaldas al público y con la compañía de un batería de ritmo frenético.» El Pais, 30/10/2008
Uno dei motivi per cui ci piacerebbe aprire a Bologna uno spazio tutto nostro è perché, dopo due anni di rullo compressore pandemico e certificata la disgregazione di tutte le “scene” in città, non abbiamo più spazi a cui fare riferimento, che siano culturali o “di movimento”.
Rialziamo questo thread perché da oggi mancano solo 40 giorni alla fine della campagna di crowdfunding.
Come si scriveva qui sopra, per varie ragioni la campagna è partita nel momento peggiore. E infatti – com’è nostro costume siamo sinceri – non si può dire che stia procedendo trionfalmente tra squilli di fanfare, anzi…
Vabbe’, noi ci abbiamo provato, e ancora per poco più di un mese ci proviamo. Dovesse non andare in porto, di sicuro non rinunceremo ai nostri esperimenti su testo, voce, musica, spazi sonori, però è chiaro che toccherà ridimensionarli un poco.
Intanto, vediamo se c’è uno scatto di reni.
https://www.produzionidalbasso.com/project/wu-ming-1-bhutan-clan-il-primo-disco-di-cirene-e-il-laboratorio-di-fonologia-narrativa/
Nuovo reperto sonoro nella gallery del crowdfunding:
Bhutan Clan & Wu Ming 1
Oto ed Efialte (tra la Grecia e il Delta del Po)
Tratto da: Wu Ming 1, La macchina del vento, Einaudi, 2019
Live al centro sociale VisRabbia, Avigliana, Val di Susa, 11 ottobre 2020.
Erminio Squarzanti, confinato politico ferrarese a Ventotene, ri-immagina il mito greco dei giganti Oto ed Efialte… padanizzandolo un poco.
https://www.produzionidalbasso.com/project/wu-ming-1-bhutan-clan-il-primo-disco-di-cirene-e-il-laboratorio-di-fonologia-narrativa/
«Di questi tempi avviare un crowdfunding è un azzardo. Gli ultimi due anni hanno lasciato il segno. Non tutti hanno la voglia, o la possibilità, di sostenere una raccolta per un progetto del genere. La parola stessa progetto sembra in dissonanza con lo Zeitgeist, proiettare in avanti in un presente dilatato allo stremo è come trovarsi sull’orlo di un buco nero: il tempo è prossimo all’immobilità e guardare oltre l’orizzonte degli eventi sembra impossibile. Eppure… Eppure in molti hanno fatto questo salto nel buio e ci hanno appoggiato e sostenuto con donazioni di varia entità, un atto di coraggio che in un altro momento sarebbe stato un “semplice” atto di generosità. Abbiamo puntato in alto, ma non c’era altro modo, le cifre parlano chiaro. Registrare un disco e avviare uno spazio di condivisione dei saperi ha dei costi materiali che non si possono evitare e dovevamo provarci, se poi non ce la faremo, continueremo a fare di tutto per suonare live, organizzare incontri, workshop, condividere pratiche e conoscenze ripensando l’intero progetto… Per dirla con Beckett: “abbiamo provato, abbiamo fallito. Non importa, riproveremo. Falliremo meglio.” Sarà un percorso tortuoso, ma siamo abituati a scarpinare in salita… Sapere che là fuori ci sono altre persone che hanno voglia di ri-mettersi in gioco, di tornare a fare e a respirare, per noi è la ricompensa più grande.» (Jadel Andreetto / Kai Zen J)
https://neutopiablog.org/2022/02/03/il-bhutan-clan-e-wu-ming-1-ce-movimento-in-cirenaica/
Radio Città Fujiko intervista il Bhutan Clan: Jadel Andreetto, Stefano D’Arcangelo e Bruno Fiorini, ospiti della trasmissione «42, la risposta», parlano dei progetti con WM1, di Resistenze in Cirenaica e di Melologos. Buon ascolto.
https://www.spreaker.com/user/quarantadue/intervista-bhutan-clan
E così, dal canale Telegram e dal sito e dal calendario si constata che la campagna per finanziare Melologos è terminata, e si è mancato l’obiettivo.
L’aritmetica enuncia: 170 persone, una media di 50 € ciascun*, 58% della somma raccolto.
Roma è stata costruita i tanti giorni, il viaggio di mille chilometri comincia con un passo.
Si ricomincerà.
L’ipotesi è: esiste la voglia di approfondire il tema e la forma del melologos e ci si è messi in gioco, perché si desiderano i canti come d’Orfeo, più seducenti di quelli delle sirene, perché, davanti a ciò cui assistiamo ogni giorno, ci siano meraviglie più stupefacenti, più affascinanti, più incantevoli.