Cinque anni fa, insieme a Wolf Bukowski, abbiamo condotto un’inchiesta in sette puntate sul «Passante di Bologna», ovvero l’allargamento a 16/18 corsie del nastro autostradale che attraversa la periferia del capoluogo emiliano, a poco più di tre chilometri dalle Due Torri.
I primi tre articoli vennero pubblicati sul sito di Internazionale, con le foto di Michele Lapini, nel dicembre 2016. Gli altri quattro qui su Giap, tra gennaio e marzo 2017.
Non si trattò di un lavoro fatto solo sulle carte: assistemmo agli incontri del farlocchissimo «percorso partecipativo», ci intrufolammo alle cerimonie di presentazione del progetto, incontrammo le persone che abitano a ridosso dell’opera, organizzammo iniziative e camminate a tema.
Una sera di gennaio
L’11 gennaio 2017 illustrammo la prima parte della nostra ricerca al centro sociale Làbas, nell’ex-caserma Masini, tra le altre cose un luogo di memoria, dove furono rinchiusi e torturati diversi partigiani.
Non eravamo habitués di quello spazio e per la prima volta contribuivamo a riempirlo, per dare un segnale in un momento critico. Fioccavano le minacce di sgombero, di svendita dell’immobile da parte della proprietà – Cassa Depositi e Prestiti – e di speculazione edilizia in tandem con l’amministrazione. Non passava giorno senza che sulla stampa si leggesse di future, mirabili «riqualificazioni». L’allora sindaco Merola parlava di un albergo di lusso e di nuovi parcheggi. Fermare quei progetti e fermare il Passante per noi erano la stessa lotta, contro il partito dell’asfalto e del cemento-e-tondino.
Nella sala gremita, con grande piacere, riconoscemmo volti già visti a San Donnino, all’Arcoveggio, alla Croce del Biacco e a Borgo Panigale. Abitanti della cosiddetta «città della Tangenziale», costretti a vivere tra svincoli e barriere antirumore. Qualcuno di loro, a fine serata, ci disse di non aver mai messo piede, prima di allora, in un centro sociale occupato. Lo considerammo un risultato interessante: la lotta contro un’opera dannosa, inutile e imposta rendeva possibile un nuovo vicinato tra soggetti altrimenti ignari gli uni degli altri.
A distanza di cinque anni da allora, ci tocca ammettere che quell’impressione era sbagliata e domandiamo scusa a quanti vennero a Làbas, da quelle periferie, per ascoltarci parlare.
Il 28 dicembre scorso, all’una di notte, 24 consiglieri della maggioranza che governa Bologna – cioè tutti, tranne Davide Celli di Europa Verde – hanno approvato la delibera sulla conformità urbanistica del Passante, che per la terza volta ha cambiato nome: un tempo era «di Mezzo», poi «di Bologna», mentre oggi viene definito «di Nuova Generazione», e in alcune sintesi addirittura «Green», per via delle mitigazioni concesse da Autostrade per l’Italia (ASPI): nuove coperture con elettrofiltri per il particolato, ricarica «dinamica» e fast per i veicoli elettrici, vernici fotocatalitiche e pannelli fotovoltaici.
Insomma, nella “città più progressista d’Italia” (Matteo Lepore dixit) si può anche definire “verde” l’allargamento di un’autostrada. E si riesce a battezzare “di nuova generazione” un’opera che pare concepita sessant’anni fa, per costruirla in un futuro già invecchiato.
Tra i 24 consiglieri che hanno dato il loro assenso a questo progetto scellerato sul piano sociale, ambientale, trasportistico, economico e partecipativo, ci sono anche i tre di Coalizione Civica, dei quali uno “in quota” Làbas.
Coalizione Civica è una formazione “a sinistra” del PD, espressione di una parte di “società civile”, del mondo dell’associazionismo, di spazi come TPO e Làbas. Fino a pochi mesi fa sedeva nei banchi dell’opposizione al sindaco Merola, poi si è presentata in coalizione col PD per Lepore sindaco, ora fa parte della giunta, ha espresso la vicesindaca e scommette di trasformare “da dentro” il centrosinistra (yawn).
Centrosinistra che, va ricordato, a Bologna governa con appena il 31,6% dei voti reali. Detta altrimenti: a Bologna, tra coloro che hanno diritto al voto, quasi sette su dieci non hanno votato Lepore. Alle ultime comunali l’astensionismo ha toccato il 48,82%. Nella città reale – non quella che si racconta il neosindaco – domina, come altrove, il rigetto per l’attuale offerta politica, operazioni «civiche» comprese. Il ceto politico simula una rappresentatività che non ha.
Foglianti
Vediamole nel dettaglio, le fantomatiche “migliorie” – in realtà tutte foglie di fico – rivendicate da questi ex-oppositori come uno «straordinario risultato» che farebbe del Passante «un’opera simbolo della transizione ecologica».
Prima foglia (per la fumosissima «Fase 2» dei lavori): nuove coperture con elettrofiltri.
A dirla tutta, l’unica copertura davvero nuova, nei piani di Autostrade per l’Italia, sarebbe quella di via Zanardi. Le altre due sono solo ampliamenti di coperture già previste dal progetto definitivo del 2018 (San Donnino e Croce del Biacco). In totale: 3 chilometri su 13.
Quanto agli elettrofiltri, nelle sue FAQ sul Passante Coalizione Civica sostiene che «permettono di abbattere le emissioni dell’85-95% sul tratto considerato». Ma non cita né linka alcuna fonte. Tocca quindi constatare che ASPI ha fatto meglio i compiti, riportando uno studio dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR che ridimensiona l’efficacia di queste stazioni di filtraggio, oltre ad evidenziare che consumano suolo ed energia, producono rumore e hanno un considerevole impatto visivo.
L’entusiasmo “green” per la loro installazione dovrebbe quantomeno basarsi su studi alternativi, se è vero che in Norvegia gli elettrofiltri sono stati accesi in 8 tunnel e già disattivati «a causa di incerte prestazioni e costi operativi elevati». In Giappone, li si attiva solo se il particolato supera i livelli massimi, per poche ore al mese. A Madrid, dove gli elettrofiltri avrebbero un’efficenza pari a quella citata da Coalizione Civica (84% di abbattimento in media), gli impianti funzionano poche ore alla settimana. Ma un conto sono i dati forniti dal costruttore, in condizioni ottimali, e un altro sono le prestazioni ottenute nei casi specifici. Vicino a Sydney, in Australia, dopo un anno di test, la stazione di filtraggio sul tunnel della M5 East è stata disattivata perché i costi superavano i benefici (riduzione media dell’11% degli inquinanti e meno di 6 ore di funzionamento al giorno).
Seconda foglia: 50mila mq di vernici fotocatalitiche per l’abbattimento degli inquinanti.
Coalizione Civica sostiene che questo intervento permetterebbe di ridurre gli inquinanti, in particolare l’ossido di azoto, di «3-6 tonnellate» (un intervallo piuttosto largo: come se uno dicesse al fruttivendolo che vuole 3-6 chili di mele).
Secondo uno studio realizzato in Scozia, Galles e Irlanda del Nord, queste vernici avrebbero invece impatti poco significativi, anche perché «è fisicamente impossibile per un volume d’aria sufficientemente grande entrare in contatto con la superficie verniciata e quindi questo metodo non rimuoverebbe abbastanza molecole di NO2 per avere un impatto significativo sulle concentrazioni nell’ambiente».
Terza foglia: Installazione di pannelli fotovoltaici per complessivi 50 MW.
È da notare che soltanto una piccola parte di questi pannelli verrebbero collocati sul Passante (ovvero sopra le gallerie o sulle barriere fonoassorbenti). Per il resto, ASPI chiede di individuare almeno 10 terreni, con superficie compresa tra 7,5 e 12,5 ettari. Il che potrebbe comportare ulteriore consumo di suolo. E comunque un intervento slegato dal Passante, che si potrebbe realizzare a prescindere.
Quarta foglia: Sistemi di ricarica dinamica per veicoli elettrici.
Si tratterebbe di un sistema di ricarica wireless per le auto e a pantografo per i mezzi pesanti. Autostrade concede che nella Fase 1 dei lavori si potrà realizzare… un chilometro sperimentale con queste tecnologie, dato che esse sono ancora in fase embrionale e non esistono veicoli capaci di sfruttarle.
Quinta foglia: Certificazione Envision.
Si tratta di un sistema di valutazione per realizzare infrastrutture sostenibili. Una procedura che avrebbe senso attivare prima di realizzare un progetto, per recepirne le indicazioni, e non dopo. Non sarà il punteggio Envision a rendere il Passante più salubre o più ecologico.
Sesta foglia: Rafforzamento della comunicazione
E quindi, bambini e bambine, ripetete con noi: Il Passante è bello, il Passante è green, il Passante è bello, Il Passante… Insomma, diventa anche tu verde con l’ipnosi.
Settima foglia (già prevista): Digitalizzazione dell’opera.
ASPI aveva già identificato il tratto dell’A14/A1 Bo San Lazzaro – Casalecchio per un progetto pilota sul «dialogo» digitale tra veicoli e infrastruttura, con monitoraggio del traffico, informazioni sui pannelli, ecc.
Ottava foglia (già prevista): Punti di ricarica fast per veicoli elettrici.
Quelli che verranno installati si trovano nelle aree di servizio La Pioppa e Sillaro, ovvero fuori dal tracciato del Passante «di Nuova Generazione».
Già che ci siamo, facciamo notare che tutta quest’insistenza sulle autovetture elettriche è già di per sé una forma di greenwashing, perché distoglie l’attenzione dalla necessità di potenziare il trasporto pubblico collettivo, titilla un immaginario che resta incentrato sul trasporto privato, e dulcis in fundo maschera l’enorme impatto ambientale e neocoloniale di quest’industria. Non solo la richiesta di litio per le batterie porta a devastare i territori che hanno la sventura di esserne ricchi, ma il processo richiede un grande dispendio di energia e risorse: per ottenere un chilogrammo di litio servono duemila litri d’acqua. Per non dire di un altro grosso problema, quello dello smaltimento delle batterie.
Nona foglia (già prevista): Piantumazione di alberi.
Sulla logica compensativa di piantare alberi per mitigare le emissioni di Co2 di un’infrastruttura, abbiamo già scritto nella terza puntata della nostra inchiesta del 2016. Definire «ecologica» una soluzione del genere è come dire che sarebbe «salutare» rompere una gamba a una persona e poi dargli un antidolorifico.
Decima foglia (parzialmente prevista): Osservatorio ambientale.
L’Osservatorio ambientale è già previsto dalla legge, per le opere sottoposte a Valutazione d’Impatto Ambientale. Ce n’era uno anche per l’Alta Velocità Bologna – Firenze: domandate in Mugello com’è andata a finire. Il Comune di Bologna ha chiesto di avviarlo già prima dell’apertura dei cantieri (richiesta respinta) e di finanziarlo con un fondo ad hoc di 300mila euro, affinché rimanga attivo per 8 anni, monitorando la qualità dell’aria e sospendendo l’opera in caso di sforamenti dei parametri (richiesta accolta, almeno sulla carta).
Undicesima foglia (respinta): Individuare ulteriori aree da «desigillare»…
…ovvero da «ripristinare a verde», per compensare il consumo di suolo dell’opera. Tra quelle già previste, abbiamo raccontato il caso dell’area ex-Michelino, due ettari e mezzo cementati in seguito ai lavori del 2008 per la terza corsia “dinamica” sull’A14, che verranno gentilmente “desigillati”, grazie al Passante di Nuova Generazione, dagli stessi che li hanno “sigillati”, cioè ASPI. Prima asfalti, poi asfalti ancora di più, ma se togli un pezzettino dell’asfalto precedente, voilà, sei ecosostenibile!
Dodicesima foglia (respinta): reimpiego dei fondi di compensazione delle alberature abbattute nei quartieri attraversati dal tracciato.
L’opzione «ormai»
Come si legge su Bologna Today, i consiglieri di Coalizione Civica dichiarano di aver «contestato il progetto del Passante con ogni mezzo necessario» ma di aver «ricevuto un mandato preciso: portare a termine la negoziazione per evitare che il Passante venisse votato senza alcuna mitigazione […] Alle condizioni date, dopo 20 anni di discussioni su un’opera che mai avremmo promosso, questo è il massimo che potevamo ottenere.»
Viene però da chiedersi come facciano a saperlo. «Il massimo che si può ottenere» da una lotta contro un’opera nociva non è determinabile in anticipo, ma è piuttosto il risultato che si raggiunge impiegando le massime energie nel rifiutare quell’opera.
Il movimento No Tav, in Val Susa, tiene botta da più di trent’anni, blocca i cantieri e costringe i proponenti a rivedere i loro progetti proprio perché non si è mai spostato di un millimetro dall’opzione zero: l’opera non s’ha da fare, e tocca a chi la sostiene proporre migliorie, mitigazioni e modifiche che la rendano accettabile.
Se invece, al contrario, si accetta l’opera per ottenere le migliorie, e si acconsente a svolgere il lavoro della controparte, si finisce per ottenere molto poco cedendo su quasi tutto, e con ben poche certezze.
Infatti, quel «massimo che potevamo ottenere» è tutto affidato a generici «impegni», a garanzie «politiche» e a un ordine del giorno, collegato alla delibera sul Passante e approvato dalla maggioranza. Ovvero: dal sindaco Lepore, visto il potere e la legittimità che l’elezione diretta conferisce al primo cittadino.
Un sindaco che per 10 anni è stato uomo-immagine della giunta di Virginio Merola: quella del People Mover, dei milioni di visitatori sbandierati per FICO, dello Student Hotel al posto di una grande occupazione abitativa, degli sgomberi definitivi di Crash, Atlantide, Bartleby e XM24. Quella della svendita da parte di Cassa Depositi e Prestiti delle ex-caserme Sani, Mazzoni e Masini (proprio quella da cui venne cacciato Làbas, quattro anni fa, e a tutt’oggi ancora abbandonata). In quanto assessore al «Marketing Urbano», al Turismo e alla Cultura, Matteo Lepore è stato il protagonista della «svolta turistica» di Bologna, fatta di AirBnB, taglieri di salumi, decoro urbano, Daspo per i senza tetto, patrimonio Unesco e studenti universitari spinti fuori dal centro. Un curriculum che dà la misura di quanto possano valere le sue promesse e un patto d’acciaio che lo vincoli a mantenerle.
Tale patto impegna appunto il sindaco, e la sua giunta, «a sottoscrivere un accordo integrativo con ASPI», dove si precisino i tempi e i contenuti della fase 2 dei lavori, prima di avviare la fase 1.
A proposito della Fase 2, e delle cosiddette «mitigazioni», nell’ordine del giorno della maggioranza si dichiara che «appare necessario un significativo ampliamento e potenziamento degli interventi»: più gallerie, più elettrofiltri, ricarica dinamica su tutto il tracciato, più superfici verniciate fotocatalitiche, più pannelli fotovoltaici.
Ci si rende conto, evidentemente, che le condizioni “strappate” ad Autostrade e messe nero su bianco sono briciole, e si spera di rimediare alla brutta figura chiedendone di più, di più, di più. Oppure, rispetto ai 20mila nuovi alberi in carico ad Autostrade, si specifica che dovranno essere di «livello qualitativo paragonabile a quello della dotazione verde in carico all’amministrazione comunale» e con «un sistema gestionale analogo a quello del Comune di Bologna». Sai che bazza!, come diciamo da queste parti.
Oltre all’impegno ad impegnarsi con Autostrade – sempre che Autostrade sia d’accordo – l’ordine del giorno stabilisce altri due compiti per Sindaco e Giunta: «farsi parte attiva» per l’istituzione dell’Osservatorio Ambientale previsto per legge e per il «potenziamento del Servizio Ferroviario Metropolitano» – anch’esso già previsto.
È un vecchio trucco ormai sgamato quello di vincolare opere necessarie, da lungo attese, alla realizzazione di opere inutili e imposte. È la stessa logica delle cosiddette «compensazioni»: tu mi lasci devastare il tuo territorio e io in cambio ti costruisco la nuova scuola elementare, così questa diventa un pro con cui bilanciare la lista dei contro.
A Bologna sono quindici anni che si parla di completare il SFM, ma guarda caso, sarà proprio grazie al Passante che ci si riuscirà, e soprattutto, grazie a un OdG, firmato nella notte, come contentino per gli ex-oppositori dell’opera.
Se i lavori sulla ferrovia non procederanno di pari passo con quelli sul Passante, che succederà? Coalizione Civica fermerà i cantieri di quest’ultimo? Abbandonerà la maggioranza? Ci permettiamo di dubitarne.
Tra l’altro, se il SFM funzionasse davvero, la tangenziale di Bologna risulterebbe meno congestionata dalle auto private, e verrebbe a mancare una delle principali ragioni del suo «potenziamento in sede». Il fatto che invece si persegua quest’ultimo con tanta caparbietà, dà la misura di quanto davvero si crede al rafforzamento del trasporto pubblico cittadino.
Quanto all’Osservatorio ambientale, è significativa l’esultanza, da parte di Coalizione Civica, per aver ottenuto che ne faccia parte «un esperto indipendente», indicato dai comitati: peccato che nelle sue FAQ sul Passante la stessa Coalizione Civica non dia proprio un grande esempio di indipendenza, visto che la stima sul calo delle emissioni che viene proposta è quella calcolata… da Autostrade per l’Italia («meno 1.342 ton/anno»), mentre per gli altri dati non c’è nessuna fonte. Uno studio alternativo, con la consulenza scientifica di nove esperti del settore, è stato invece proposto dai comitati che si oppongono al Passante, con percentuali e cifre molto diverse. Chi appoggia l’opera dovrebbe confutare quei valori, non promettere di monitorarli con un Osservatorio, dopo averla approvata.
C’è da chiedersi quali altri risultati otterrà Coalizione Civica in cambio della sua repentina conversione al tantoramaismo, cioè la logica con cui, in tutt’Italia, si fanno passare le peggiori devastazioni a base di asfalto e cemento: tanto oramai la scelta era fatta, tanto oramai il territorio è antropizzato, tanto oramai i cantieri sono aperti, tanto oramai non si può tornare indietro, si pagherebbero le penali, resteremmo fuori dall’Europa, non si può fermare il progresso.
Sia come sia, il voto del 28 dicembre è la pietra tombale sulle ultime illusioni che la sinistra cittadina – e non solo – possa rappresentare, o anche solo capire, le istanze di chi si batte nei movimenti per la giustizia ambientale, per la tutela degli ecosistemi, per invertire la rotta del riscaldamento globale, per la salute degli esseri viventi. Ovvero: per alcuni dei temi su cui s’impernia, oggi, l’opposizione al capitalismo e il tentativo di costruire altri mondi possibili.
Col risultato che l’opposizione al Passante, in consiglio comunale, viene oggi interpretata da Lega e Fratelli d’Italia, in maniera del tutto strumentale, visto l’entusiasmo con cui queste formazioni appoggiano, in altre occasioni, il partito trasversale delle Grandi Opere. E quindi complimenti per un’altra battaglia di civiltà lasciata in mano alle destre. Avanti così, di cedimento in cedimento, fino alla vittoria finale!
Scoraggiosa
Il panorama non cambia, anzi peggiora, se ci si sposta a livello regionale, e si prende in considerazione il progetto della nuova seggiovia Polla – Scaffaiolo, sul Corno alle Scale, sostenutissimo dal governatore Bonaccini e dall’assessore al Turismo Corsini, nel silenzio totale della vice-presidente Elly Schlein e dei consiglieri di «Emilia Romagna Coraggiosa» – sedicente formazione “ecologista”, che non ha nulla da obiettare sull’ampliamento di un comprensorio sciistico a meno di duemila metri d’altezza, ma di certo ha molto a cuore i ghiacciai dell’Antartide.
Coraggiosa è un altro progetto politico tipicamente «un po’ più a sinistra del PD» che permette al PD di pescare tra chi altrimenti non lo voterebbe. Sostenuto da Articolo 1 e Sinistra Italiana, nel 2020 ha appoggiato la candidatura a governatore di Stefano Bonaccini, sotto la minaccia che l’Emilia-Romagna potesse passare alla destra. Nel suo programma, come di prammatica, si propone di reagire «all’emergenza climatica e sociale».
Una settimana prima del voto sul Passante, il 21 dicembre, Il TAR dell’Emilia Romagna si è espresso nel merito del ricorso, presentato dal comitato «Un altro Appennino è possibile», contro la decisione della Regione di approvare la costruzione della nuova seggiovia senza una Valutazione d’Impatto Ambientale.
Come avevamo già raccontato qui su Giap, in una prima udienza il TAR ha respinto le richieste del comitato, che però sono state riconosciute valide dal Consiglio di Stato. Così, nell’udienza del 21 dicembre, il tribunale amministrativo regionale ha disposto una «verificazione» del progetto, affidandola al Direttore del dipartimento di Ingegneria dell’Università di Ferrara. L’esperto dovrà valutare se il nuovo impianto comporterà l’occupazione di nuove aree, se implicherà un maggiore sviluppo in altitudine e se i terreni impattati siano già fortemente antropizzati oppure ancora incontaminati.
Il tutto verrà poi nuovamente discusso in una terza udienza, fissata per il 15 giugno.
Di fatto, il progetto è sospeso per sei mesi, come richiesto dal comitato con il suo ricorso.
E tuttavia, il Comune di Lizzano in Belvedere convoca lo stesso la Conferenza di servizi e procede, come se niente fosse, con l’iter dei lavori.
Così, tra sei mesi, anche i coraggiosi e le coraggiose potranno dire che «tanto oramai…»” e spacciare come uno straordinario risultato “green” la piantumazione di Carlina acaulis sotto i piloni della nuova seggiovia.
Oggi, in un’intervista su Repubblica Bologna, un consigliere comunale di Coalizione Civica, storico attivista di Làbas, risponde al nostro post e alle nostre critiche. Ci sembra interessante elencare con quali argomentazioni.
1) «L’accordo sul Passante non abbatte il sistema capitalista, ma nemmeno un articolo su un blog che ha ospitato teorie sulla pandemia incompatibili con i miei valori etici e politici credo sia in grado di farlo».
Peccato che il nostro post non critichi l’accordo sul Passante perché «non abbatte il sistema capitalista», bensì evidenziando una serie di contraddizioni e dati di fatto. Accusarci poi di non poter abbattere il sistema con un articolo è a dir poco puerile, sia per il contenuto della pseudo-obiezione sia per l’implicito paragone tra un testo apparso su un blog di scrittori e l’atto concreto di un’amministrazione comunale.
Inutile commentare il riferimento alle «teorie sulla pandemia», che non hanno niente a che fare col tema discusso. Un tentativo maldestro di sviare l’attenzione, che l’intervistatore non asseconda.
2) «Difendo questo accordo perché è meritevole di essere difeso»
Un’argomentazione quantomeno tautologica. Inattaccabile, in effetti.
3) «Da militante ho dato tutto me stesso, rischiando l’incolumità fisica e anche le denunce, lottando contro il Passante»
Nessuno ha contestato il “pedigree”, militante o ambientalista, di chi ha votato a favore del Passante. Si è fatto notare che tale voto, una scelta politica ben precisa, è in contraddizione con qualunque militanza ambientalista.
4) «Non c’è nessuna sorpresa nel nostro voto, perché lo avevamo detto in campagna elettorale»
Noi non siamo sorpresi dalla posizione di Coalizione Civica. Se mai, siamo sorpresi dal fatto che Làbas sia tra i soggetti che partecipano al coordinamento delle Lotte Ambientali Bolognesi, firmando lettere, appelli e documenti contro il Passante, mentre uno che si definisce «rappresentante di Làbas», difende in pubblico la scelta di approvare il Passante, ancorché «a titolo personale». Qualcosa non torna.
5) «Al nuovo Osservatorio ambientale potranno partecipare anche esperti indipendenti indicati dai movimenti e questo contribuirà a sgombrare il campo dalle ambiguità» [sulle cifre e i dati che lo riguardano, NdR]
Abbiamo riportato fedelmente questa notizia nel nostro post, ma le critiche che abbiamo sollevato rimangono senza risposta:
a) «esperti indipendenti» hanno già pubblicato validi studi per sostenere la nocività del Passante, ma Coalizione Civica e la maggioranza hanno deciso di non tenerne conto;
b) un osservatorio indipendente andava istituito prima di approvare il Passante. I comitati chiedono da tanto tempo di monitorare in maniera sistematica e continuativa l’inquinamento dell’A14/Tangenziale, ma le loro petizioni sono rimaste inascoltate;
c) Qualunque grande opera sottoposta a VIA prevede per legge un Osservatorio ambientale, che può pure fermare i cantieri. Ma quando l’opera è dannosa e nociva di per sé – come nel caso del Passante, dell’Alta Velocità Bologna – Firenze o del Terzo Valico TAV – non è un osservatorio che può cambiarne la natura.
6) «Non lo abbiamo [il Passante] mai definito “green”»
Nel post diciamo che è definito così in alcune sintesi, non da Coalizione Civica. Che però ha firmato un accordo di coalizione dove il Passante è definito «un simbolo della transizione ecologica». Ci pare sufficiente.
7) «Mitigazioni e opere accessorie sono cose importanti di cui la città godrà»
Questo è un articolo di fede. Capiamo che nell’intervista non ci fosse spazio per giustificarlo meglio. Tuttavia, se anche la città dovesse «godere» delle opere accessorie – come i pannelli fotovoltaici – questo non significa che godrà del Passante. E non significa che quelle opere, se meritevoli, non si potessero realizzare anche a prescindere dal Passante stesso.
8) «Ci misureremo sulla neutralità carbonica della città entro il 2030»
Come sa bene chi si occupa di questioni ambientali, quello della «neutralità carbonica» è un concetto che va analizzato, se non lo si vuole trasformare in uno slogan buono soltanto per il greenwashing. Da un lato, la «neutralità carbonica» si ottiene riducendo le emissioni, dall’altro catturando la Co2. Puntare sulla rimozione è spesso una facile scusa per evitare di ridurre le emissioni. E il caso del Passante pare proprio questo: oggi la Tangenziale/A14 produce il 42% delle emissioni del territorio bolognese. Con il Passante si arriverà al 50%. Però, piantando alberi, verniciando tutto con prodotti fotocatalitici e attivando elettrofiltri alimentati con pannelli fotovoltaici, si pensa lo stesso di raggiungere la «neutralità carbonica», sulla base di calcoli e promesse, e non di una reale riduzione dell’inquinamento.
Inoltre, la “neutralità carbonica” di cui si parla è «della città». Un obiettivo che si giustifica solo a livello d’immagine: l’aria non conosce confini. In un’area come la Pianura Padana, ai vertici delle classifiche europee per l’inquinamento e le produzioni climalteranti, che senso può avere la neutralità carbonica di… Bologna? E giusto una spilletta da attaccarsi sulla giacca.
9) «C’era una spinta a chiudere la partita nello scorso mandato e si sarebbe chiusa senza le opere accessorie»
Tutto da dimostrare. Anche perché il candidato sindaco Matteo Lepore blaterava di Passante «Green», «simbolo della transizione ecologica», anche prima di incassare l’appoggio elettorale di Coalizione Civica. L’attuale greenwashing era già ampiamente previsto. La spinta a chiudere nello scorso mandato non si è concretizzata grazie all’opposizione contro il Passante, che già aveva costretto il PD a tentare la strada delle “mitigazioni”. Il ruolo di Coalizione Civica nella maggioranza, su questo tema, appare davvero minimale. Non è questa formazione che ha “strappato” le mitigazioni. E’ Lepore che ha strappato a Coalizione Civica l’approvazione del Passante.
10) «Credo molto nel percorso che è stato fatto»
La domanda era: «Crede nella soluzione che è stata trovata?». La risposta è decisamente elusiva. Se devo andare a Roma e mi ritrovo a Milano, ma lungo la strada ho fatto tante belle chiacchiere con i compagni di viaggio, posso consolarmi dicendo che «credo nel percorso», intanto non sono dove dovevo essere.
11) «Potremo mettere a terra politiche importanti come il potenziamento del SFM e la città a 30 chilometri orari»
Non solo, come scritto nel post, questi risultati si dovevano perseguire a prescindere dal Passante, ma li si doveva perseguire in alternativa ad esso. Completare il Sistema Ferroviario Metropolitano serve proprio a decongestionare la Tangenziale e quindi a evitare soluzioni anacronistiche come quella del Passante.
E a che serve la «città a 30 chilometri orari» – o anche le giornate di stop a certe categorie di auto – se poi c’è un pezzo della stessa città, abitato da quasi centomila persone, dove si producono il 50% degli inquinanti del territorio, e il traffico non si ferma mai, a 130 km/h, e anzi lo si incentiva?
12) «Ci sono sfide importanti cui parteciperemo da protagonisti, non da testimoni»
La frase sembra voler dire che per essere protagonisti di «sfide importanti» bisogna stare nelle «stanze del potere» e non per strada, a manifestare, o nei comitati, a far politica dal basso. Quella è un’inutile testimonianza. Meglio voltare gabbana e stare con la squadra che decide davvero. Anche se si decide il contrario di quanto si era sostenuto prima.
Sull’essere protagonisti, poi, ci permettiamo di dubitarne: in queste elezioni, nonostante i 3 consiglieri eletti e il risultato personale della vicesindaco, Coalizione Civica ha perso 1295 voti rispetto alla scorsa tornata (l’11% del proprio elettorato). La maggioranza PD + Lista Lepore + Sindaco non ha bisogno dei voti di Coalizione Civica per stare in piedi. Il protagonismo di cui parla l’attivista di Làbas, oggi membro della maggioranza a guida PD, ci sembra più che altro una pia illusione.
«L’accordo sul Passante non abbatte il sistema capitalista, ma nemmeno un articolo su un blog che ha ospitato teorie sulla pandemia incompatibili con i miei valori etici e politici credo sia in grado di farlo».
L’avrò riletta dieci volte, ma io ‘sta frase proprio non la capisco. Il punto quale sarebbe, il mezzo, i contenuti in sé o il fatto che stiano sul culo a lui? Ma poi chi è questo qua, per considerarsi la pietra di paragone dell’etica rivoluzionaria? Oltre a essere uno che sostiene di aver letto “teorie sulla pandemia” su Giap, che per chi Giap lo legge davvero, è già abbastanza significativo.
In ogni caso, risposta puerile per risposta puerile, saranno belli i valori pandemici che esprimono gli amichetti suoi. Vedi Letta, che ha fatto le barricate contro la gratuità dei tamponi, e Bersani, per cui un vaccinato dovrebbe avere comunque la precedenza in terapia intensiva, anche se ha poche probabilità di cavarsela. E sono solo i primi due esempi che mi vengono in mente.
Ripeto e ribadisco: vi devono mangiare i cani, compagni.
Io è almeno dal 2001 che mi chiedo se questa gente ci è o ci fa.
Vale a dire: certe affermazioni, certa dialettica, sono davvero quello che questa gente pensa in cuor proprio, o sono gimkane dialettiche da campagna elettorale permanente?
Sparano cinicamente qualunque vaccata possa recuperi mezzo voto “low hanging” di qualche fessacchiotto e/o salvi la faccia presso gli amici della maggioranza di governo?
O sono convinti?
Io sono… boh.
Continua a farmi specie che questo spessore dialettico venga dalle self-appointed avanguardie, i vari People’s Front of Judea.
Non dovrebbe, avendo visto Brian di Nazareth, ma perdio almeno lì non parlavano esattamente come un Casini qualsiasi, mettevano un po’ di estetica rivoluzionaria, nel discorso…
Anzi, peggio.
Sembrano certe interviste del Berlusconi degli anni d’oro.
Dài, giochiamo a “trova le differenze”: https://archive.is/wip/8trpc
Il consigliere di Làbas/Coalizione Civica butta lì un riferimento ad cazzum alla pandemia e alle “teorie” in merito propugnate da Giap. Beh, la pandemia c’entra eccome, anche se in modo diverso. Non per le “teorie” che noialtri avremmo sostenuto, ma per il vuoto che ha prodotto. Forse il mio è soltanto un pietoso auto-inganno, ma non mi tolgo dalla testa che in questi due anni, se non fosse stato così difficile manifestare, scendere in piazza, in generale e contro il Passante in particolare, parlare di quello e non del Covid, forse non saremmo arrivati a ‘sto punto. L’isolamento – spesso auto-inflitto, come no – è una drammatica concausa della cattura di certi soggetti da parte del partito dell’Asfalto & Cemento. La chiamo cattura, sì, e non tradimento, perché voglio seguire il consiglio di Stefania Consigliere, quando suggerisce di considerare “prigionieri del nemico” i compagni e le compagne che cadono vittime della sua retorica, delle sue logiche. Si può distinguere, certo, tra un prigioniero catturato in battaglia e un disertore che si è consegnato volentieri, ma in fondo anche il disertore è un prigioniero catturato con le armi: con quelle della retorica, appunto, del tantoramaismo, del TINA, del do ut des. Finanche il “venduto” si può considerare un prigioniero, catturato con la tagliola più micidiale, il denaro. Ecco quindi il motivo di una critica “durissima” – ha scritto qualcuno – come la nostra. Ecco la ragione dei “brutti toni” – ha scritto qualcun altro – che abbiamo usato qui. Anzi: ecco uno dei motivi. Il primo e più importante è che stiamo parlando di un’opera dall’impatto mostruoso, sulla salute e sulla vita di migliaia di persone, non di pizzi e merletti. Il secondo è che al sortilegio dello stregone malvagio vanno contrapposti dei sonori ceffoni, se si vuol sperare che qualcuno si riprenda dall’ipnosi. Forse la mia finisce per essere una posizione paternalista, che considera i “prigionieri” come se fossero incantati, incapaci di ragionare davvero. E allora meglio dire: che vi mangino i cani. Forse sì. D’altronde, è un atteggiamento che sto provando a sperimentare per la prima volta, ancora non mi sono chiare tutte le implicazioni. E intanto, la ferita sanguina.
C’è una terza possibilità, oltre a cattura e tradimento: forse siamo alle prese con universi paralleli, linee temporali alternative, roba del genere. Ci ho pensato su e sto prendendo in considerazione la possibilità di essermi infilato senza volerlo in qualche portale spaziotemporale. La cosa deve essere successa in qualche momento nel febbraio 2020. All’inizio non ci si accorge di niente, sembra tutto uguale. Ma un po’ alla volta cominciano a comparire dettagli incongrui: quella crepa nell’asfalto del marciapiede non c’era, quella macchia di muffa sul muro aveva una forma diversa, gli occhi della tabaccaia erano azzurri e non verdi. Roba di poco conto ma sottilmente inquietante. Poi a un certo punto la realtà collassa tutta insieme. Compagni con cui hai condiviso lotte e militanza per una vita, da un giorno all’altro li ritrovi esperti di mascherine FPcaZ2o, entusiasti del confinamento, tutti intenti alla preparazione di ripugnanti biscotti dietetici e di tisane alla corteccia di olmo, e dediti alla delazione da balcone. Cicisbei da social, virologi da social, sbirri da social. Il resto viene da sè, c’è una coerenza in ogni foglia del multiverso, anche se le foglie sono in contraddizione tra loro. Chi denuncia il vecchietto che compra il vino al minimarket durante il lockdown, nello stesso universo, coerentemente e diligentemente, accetta di buon grado un’autostrada a 18 corsie che passa sulla testa dello stesso vecchietto.
> C’è una terza possibilità, oltre a cattura e tradimento: forse siamo alle prese con universi paralleli, linee temporali alternative, roba del genere.
Te ne dò una quarta.
Menzionavo “Chi Ha Incastrato Roger Rabbit” qualche thread fa, riferendomi ai “nerd dei grafici” (*) che menzionavi tu, che credono fermamente in idee e soluzioni(smo) che andrebbero contro ogni umana logica, a meno di avere seri problemi a comprendere l’esperienza umana stessa, come dei cazzo di Borg.
Nel film (uscito negli anni ’80 e ambientato negli anni ’40), Valiant deduce che l’antagonista, che vuole sgomberare Cartoonia per farci un megasvincolo, non può che essere un cartone animato perchè “That lame-brained freeway idea could only be cooked up by a Toon.”
Questo nonostante l’antagonista fosse insospettabile proprio perchè dai, un cartone non devasterebbe il proprio stesso habitat con un megasvincolo.
https://invidious.fdn.fr/watch?v=cIwlA5vYwgI#t=42s
Qui siamo proprio fuor di metafora, vogliono fare letteralmente un megapassante, nel 2022.
È toon logic.
Sono cartoni.
Scappati dal metaverso, in qualche modo.
Non c’è altra possibilità.
(*) E tra l’altro qui sarebbe da fare una parentesi osservando come il digerire acriticamente la cantilena dei giornaloni sia un valore che i compagni per Bava Beccaris chiamano “essere informati”, perchè vuoi mai essere un leghistaignoranteanalfabetafunzionale.
A questo punto ci sta un Brecht originale del 1943(*):
24 agosto ’43
I grandi delitti sono possibili soltanto a causa della loro incredibilità. La solita truffa, una semplice bugia, gli affari illeciti commessi con un minimo di pudore, sono cose che colgono impreparate molte persone. Le menti più sottili si rifiutano di ammettere che ci siano degli inganni primitivi, anche se sono già diffidenti sono pur sempre troppo pretenziose e infatti presuppongono dei delitti raffinati e magistralmente sottili. Si rifiutano con sdegno di «scambiare» uomini di stato con ladri di cavalli, generali con speculatori in borsa e in tal modo furti di cavalli e speculazioni in borsa per loro rimangono assolutamente incomprensibili. Naturalmente hanno ragione quando cercano nei grandi la scaltrezza: ma si tratta di una scaltrezza volgare, limitata all’esecuzione dei misfatti. Le percosse che somministrano non sempre sono mortali. «Abbindolano» il popolo coi bei discorsi che hanno lo scopo di rendere le loro vittime incapaci non di lavorare ma di intendere e di volere.
(*) Dal “Diario di lavoro”, lo stesso della famosa citazione che *solo in italia* è stata estrapolata, distorta, fraintesa e trasformata in bigliettino dei baci perugina per cinici, quella sul “sedersi dalla parte del torto”.
«E tra l’altro qui sarebbe da fare una parentesi osservando come il digerire acriticamente la cantilena dei giornaloni sia un valore che i compagni per Bava Beccaris chiamano “essere informati”, perchè vuoi mai essere un leghistaignoranteanalfabetafunzionale.»
Quando andavo alle elementari e poi alle medie io, (anni ’80) era conoscenza diffusa della sinistra anche “riformista” che “i giornali” potessero essere, anzi fossero, “non obiettivi” e in ogni caso portatori di un qualche tipo di interesse.
C’era il mito di farsi un’opinione “indipendente” leggendo più testate, e comunque ognuno sapeva bene chi fosse il padrone de “LaStampa” e quale fosse la relativa linea editoriale.
Oggi mettere in discussione i giornaloni è diventato di destra, non parliamo poi di andare a cercare notizie nella “controinformazione”, retaggio di rossobruni o peggio, gente con “la stagnola in testa”…
Non so se questo sia un “corollario” a margine di tutta la situazione descritta nella bella risposta sul significato di “sinistra” di WM1 poco fa, o se in qualche modo ne sia un prodromo.
“ma per il vuoto che ha prodotto. Forse il mio è soltanto un pietoso auto-inganno, ma non mi tolgo dalla testa che in questi due anni, se non fosse stato così difficile manifestare, scendere in piazza, in generale e contro il Passante in particolare, parlare di quello e non del Covid, forse non saremmo arrivati a ‘sto punto”
Dici bene, non ci sono neanche più spazi in cui poter riunirsi anche solo per fare assemblea. Gli unici spazi sociali rimasti sono poco inclusivi e gerarchici, così il tessuto sociale critico si disperde. Le persone non sanno neanche dove poter trovare un luogo fertile in cui poter parlare ad esempio del passante di mezzo. Spesso ci si ritrova arrabbiati, ma non si sa dove potersi aggregare per costruire qualcosa.
Senza dimenticare che poi quando trovi una benedetta sala in cui fare assemblea devi anche avere il green pass.
> Dici bene, non ci sono neanche più spazi in cui poter riunirsi anche solo per fare assemblea. Gli unici spazi sociali rimasti sono poco inclusivi e gerarchici, così il tessuto sociale critico si disperde. Le persone non sanno neanche dove poter trovare un luogo fertile in cui poter parlare ad esempio del passante di mezzo.
Aggiungiamo che molti spazi di aggregazione e discussione occasionale ed informale (su tutti, il bar del paese) sono stati oggetto, negli anni, di un processo che ha inibito proprio tale aggregazione e discussione occasionale ed informale (io me lo ricordo il bar del mio paese vent’anni fa, era un saloon), che è meramente culminato nelle linee disegnate per terra, nella devastazione della prossemica e nella rimozione dei quotidiani e delle carte da gioco “per motivi sanitari”.
Si badi, adesso pare che ci stiamo rituffando nel virocentrismo, ma io credo che al contrario sulla crisi sanitaria abbiano fatto “piggybacking” processi già in corso per raggiungere la velocità warp, quindi è destinata a saltare fuori in qualsiasi discorso a ottica sistemica tanto spesso quanto “la crisi dello spread” o “l’11 settembre”, o “la fine di Bretton Woods”, per sempre…
E ci rituffiamo in questo rosario delle doléances perchè ormai, a differenza di vent’anni fa, non c’è uno spiraglio in croce (non me ne vogliano WM, dirlo pare mancanza di rispetto per un progetto come Mèlologos che invece è proprio quello spiraglio, però è un granello di sabbia ed è molto fringe come cosa, mentre gli spazi tradizionali vengono spazzati via come elefanti, Làbas va in quota passante e i compagni per Bava Beccaris schiumano).
Figurati, no offence taken, certo che è uno spiraglio, ed è un’iniziativa molto specifica, con focus letterario e musicale, nulla che possa sostituire spazi “di movimento”. Col riferimento a questi ultimi nel commento dell’altro giorno intendevo semplicemente dire che per quei workshop non potremmo – né a questo punto vorremmo più – essere ospitati in quegli spazi che in teoria rimangono. Comunque è tutta teoria, è molto probabile che Melologos rimanga un progetto sulla carta.
Avete una grande pazienza a rispondere analiticamente, punto per punto, al consigliere di Coalizione Civica. Capisco che lo fate per mettere a nudo la contraddizione tra Làbas, CC e il voto positivo sul passante, altrimenti non ne varrebbe di certo la pena. La retorica, fatta propria da CC con uno schiocco di dita dal giorno dopo le elezioni, è la solita, stanca, banale, trita: responsabilità vs “fare testimonianza”, governare vs assumere pose radicali, ecc. ecc. con cui il PD campa dalla sua fondazione (e da ben prima in realtà). Noto però che la cattiva coscienza in questi giorni è più acuta del solito, e spinge qualcuno di CC e PD a parlare di inversioni di rotta “da qui in avanti”, di possibilità di fermare i lavori se le promesse non saranno mantenute… Tutte fregnacce ovviamente, ma indicano che il fronte granitico del “voi non sapete cosa dite perché fate le anime belle” di fronte alla mostruosa enormità del cambiamento climatico scricchiola un po’.
Ho lavorato quasi vent’anni nel settore VIA, VAS, monitoraggi ambientali. La mia esperienza va esattamente nella direzione delle obiezioni che fate al punto 5, ossia che gli osservatori ambientali non solo rischiano di essere inutili, ma il più delle volte rappresentano una comoda foglia di fico per quelle amministrazioni che vogliono realizzare opere e infrastrutture dando loro una patente di sostenibilità certificata. Insomma, il solito greenwashing che i cittadini dovrebbero prendere come garanzia. Il politico che evoca l’osservatorio ambientale, quindi, sta prendendo tempo. Fra un po’ saranno pochi quelli che si ricorderanno che esiste l’osservatorio, e che chiederanno conto del suo operato. Se poi il gruppo indipendente dovesse fare bene il suo lavoro, c’è sempre tempo e modo di affidare uno studio ad un privato in nome di una emergenza creata ad arte. Studio che, ovviamente, sostituirà il lavoro e le conclusioni dell’osservatorio (che quasi mai sono vincolanti) certificando la sostenibilità dell’opera (che è quello che riportate alla lettera a del punto 5). La frase citata dal consigliere per cui l’osservatorio “contribuirà a sgombrare il campo dalle ambiguità”, è la classica frase di circostanza, buona per scaricarsi la coscienza (politica) e liberarsi da ogni responsabilità. Ripeto, nessuna valenza generale.
Il principio della neutralità carbonica va specificato. Mi sono più volte imbattuto in interpretazioni originali, tipo: emetto X Kg di CO2 ma un albero nel Borneo ne assorbirà X Kg quindi la mia emissione è neutrale. Oppure: abbatto un albero, lo brucio ed emetto X Kg di CO2, ma questa emissione è neutra perché quell’albero nella sua vita ha assorbito gli stessi X Kg di CO2.
La neutralità carbonica che si apprestano a venderci è anche peggiore. Ad esempio ci vendono le e-bike, le auto elettriche, i cessi elettrici, tutti ordegni alimentati con batterie al litio, al costo di devastazioni ambientali terrificanti – ma in paesi preventivamente definiti canaglia, come la Serbia. Senza contare che, per caricare le batterie, la cazzo di elettricità green devi pur produrla da qualche parte, ad esempio con qualche reattore nucleare, oppure creando un lago artificiale grande come l’ungheria e devastando l’agricoltura di intere regioni. Altro che not in my backyard, qua siamo a not in my lounge.
1 / 2 Scusate l’OT rispetto al tema del passante e a quello altrettanto significativo della diserzione di parti di movimento, però mi sembra importante sgombrare il campo da quelli che mi sembrano piccoli equivoci che in futuro temo saranno certamente rilevanti a creare nuove spaccature.
Marcello, tu scrivi: «Il principio della neutralità carbonica va specificato. Mi sono più volte imbattuto in interpretazioni originali, tipo: emetto X Kg di CO2 ma un albero nel Borneo ne assorbirà X Kg quindi la mia emissione è neutrale. Oppure: abbatto un albero, lo brucio ed emetto X Kg di CO2, ma questa emissione è neutra perché quell’albero nella sua vita ha assorbito gli stessi X Kg di CO2 »
Ecco, certo la neutralità carbonica va specificata e certo che da lì passeranno per il greenwashing, però queste 2 specifiche affermazioni non sono “interpretazi originali”.
Sulla prima possiamo discutere e ci sarebbe da fare interi post a proposito: è il principio su cui si basano i crediti di carbonio. Di cui contesto in parte l’impostazione “politica” (paghi e puoi emettere al posto di altri, invece di ridurre le tue emissioni e ridiscutere i tuoi comportamenti), ma la seconda, «abbatto un albero, lo brucio ed emetto X Kg di CO2, ma questa emissione è neutra perché quell’albero nella sua vita ha assorbito gli stessi X Kg di CO2» è proprio così e non c’è niente di “originale”.
La CO2 è un gas serra (non è l’unico) la cui concentrazione in atmosfera è stata soggetta a fluttuazioni nel corso delle ere geologiche e che fa parte di un ciclo di organicazione del carbonio che è alla base della vita sulla terra.
Le piante catturano la CO2 dall’aria, la fissano in composti organici, che poi vengono in parte consumati nella catena trofica reimmettendo CO2 in atmosfera e in parte stoccati (legna, humus, in parte catturata negli oceani etc.).
Ogni combustione produce (semplifichiamo) principalmente CO2, ma l’incremento di natura antropica della quantità di CO2 presente in atmosfera è dovuto alla combustione di combustibili “fossili”: carbonio cioè che era stoccato al di fuori di quel ciclo “ordinario” di organicazione del carbonio, perché in epoche geologiche era stato immobilizzato in giacimenti di petrolio, gas, carbone fossile etc. che l’uomo è andato ad utilizzare in massa a partire da una certa epoca per alimentare la propria rivoluzione industriale.
2 / 2
Quindi, ammesso che l’energia termica in un modo o nell’altro “serve” e servirà anche indipendentemente dal tipo di società che la richiede, e che la cosa importante da fare sarebbe ridurre la quantità di energia che utilizziamo o che produciamo in modo inefficiente, è assolutamente vero che per averla è più “neutro” un kwh prodotto dalla legna, che un kWh prodotto dal Gas naturale fossile.
Questo perché il carbonio prodotto dalla combustione del gas fossile con cui si ottiene quel kWh 200 o 300 anni fa anni fa se ne stava tranquillo in un giacimento sotterraneo e senza l’uomo _mai_ sarebbe finito in atmosfera, mentre invece l’albero magari sarebbe bruciato per un fulmine, o brucato e digerito e respirato da fauna varia in un tempo che è più compatibile con la scala di riferimento umana.
Senza contare inoltre l’impatto in emissioni di CO2 per “ottenerlo” quel kg di materiale da bruciare: serve più gasolio e devastazioni per tagliare il robinieto* ceduo dietro casa o per andare a estrarre il gas naturale in Iran o in Russia e portarlo fino a qui?
(fatti salvi tutti i problemi di scala e di fabbisogni che tralascio per semplicità, ovviamente, prendetela come un’iperbole questa).
Questo vale anche per il nucleare: l’energia termica prodotta da una centrale nucleare non causa “direttamente” l’emissione di gas serra, perché non prevede combustioni: ma quante emissioni si causano per costruirla e gestirla? (cemento, acciaio, mezzi di cantiere, trasporti, etc., tralasciando tutte le altre considerazioni sulle scorie).
Detto questo, che la “neutralità carbonica” declinata nel senso di cui parla tuco sia una farsa o meglio una tragedia, con il giardino sul davanti ben curato e nel retro, dove vivono “gli altri”, una discarica di macerie tossiche, siamo completamente d’accordo.
PS: non so come si fanno i pedici o la formattazione in corsivo o altro scrivendo qui, scusate.
*PPS 2: secondo me c’è una serie di pregiudizi sul “taglio degli alberi”. In parte fondati e condivisibili, in parte secondo me frutto di una errata percezione e di scarse informazioni sulla pratica selvicolturale e sulle realtà locali su cui si basano poi gli spin doctor del greenwashing, che ti vengono a vendere la messa a dimora (senza manutenzione e cure successive) di mille mila alberi come la soluzione ad ogni problema.
Cugino, fuori di polemica, nessun pregiudizio sul taglio degli alberi. L’originalità dell’interpretazione a cui mi riferivo sta nel fatto che tutta la politica carbonica è una forzatura, e dunque qualsiasi lettura se ne faccia è pretestuosa e funzionale a giustificare la prosecuzione delle pratiche emissive. A cominciare proprio dalla compravendita dei crediti, che consente di continuare ad emettere CO2 senza problemi, cosa che vanifica, su scala globale, il virtuosismo di un paese. Inoltre se posso bruciare l’albero perché ha fatto il suo dovere di assorbitore, non ho nessun incentivo a trovare una fonte energetica alternativa, perché, se ci pensiamo, tutti gli alberi ottemperano a questo dovere che risponde a logiche umane, non certo naturali (seguendo questa logica potremmo per assurdo radere al suolo la foresta amazzonica, perché ogni albero che ne fa parte ha già abbondantemente assorbito la CO2 che restituirà bruciando). Poi hai perfettamente ragione quando dici che è meglio bruciare un albero che carbone fossile, ma non è questo il nodo, non può essere così che si affronta il problema. Le tue argomentazioni sono ineccepibili dal punto di vista formale, ma questa precisione tecnica rischia di distogliere l’attenzione dal tema vero, che non è quello della conta esatta della CO2 emessa, e se questa conta rientra nella quota a disposizione di ciascun paese, e quanti soldi bisogna tirare fuori per poter continuare ad emettere (nota, si parla di soldi alla fine, solo di soldi), ma quello della reale diminuzione delle emissioni. Concentrarsi sulla neutralità carbonica non significa avanzare verso l’obiettivo di salvare la maggior parte degli esseri viventi, significa semplicemente ridurre tutto a pura economia politica, oggetto di trattativa e scambi come qualunque altra merce. È una contabilità che consente di dire:”ti faccio il passante qui ma te lo rendo neutrale piantando X alberi in Mozambico, quindi vedi di non rompere la palle con questioni ambientali o fisime ambientaliste”. E non lo dice lo spin doctor del greenwashing, lo dice l’assessore che vuole costruire l’outlet, al quale la retorica della neutralità fornisce un’arma formidabile.
«Concentrarsi sulla neutralità carbonica non significa avanzare verso l’obiettivo di salvare la maggior parte degli esseri viventi, significa semplicemente ridurre tutto a pura economia politica, oggetto di trattativa e scambi come qualunque altra merce.»
Ma su questo sono assolutamente d’accordo (e fuor di polemica anch’io), e lo avevo messo nella premessa parlando della tua prima affermazione.
Così come sono anche d’accordissimo sul ”ti faccio il passante qui ma te lo rendo neutrale piantando X alberi in Mozambico, quindi vedi di non rompere la palle”.
D’accordo anche con il tuo paragone con l’Amazzonia o anche solo il boschetto dietro casa, che non sono “serbatoi di carbonio” e basta, ma ecosistemi complessi, rifugio per la fauna, protezione del suolo, e svariati altri “servizi ecosistemici”. Quella che una volta si definiva la “multifunzionalità” del bosco.
Però, tenuto conto che il peso politico ed economico della filiera alpina e appenninica della legna da ardere è sicuramente inferiore a quello del distributore di gas internazionale, la “correttezza formale” come la chiami tu, se non serve a salvare la maggior parte degli esseri viventi da una partita a scacchi politica sulla pelle dei più deboli, serve almeno a non farsi prendere per il naso dall’assessore o dal lobbysta di turno che ti vuole far passare il gas naturale o peggio il nucleare come una rinnovabile perché più “pulito”…e magari “congelare” i boschi italiani che, per condizionamenti stazionali e difficoltà di accesso, sono già in larga parte congelati oggi.
Poi, ripeto, sono assolutamente d’accordo che l’obiettivo sia 1) ridurre le emissioni, 2) preservare l’ambiente e gli ecosistemi tout court.
Ma allora (ad esempio) smettiamo di costruire in cemento e acciaio, e costruiamo in legno, così oltre a ridurre le emissioni di una delle industrie più impattanti, usiamo un materiale rinnovabile che in più stocca del carbonio per decine di anni.
Ovviamente questo ha senso se quel legno NON andiamo a prenderlo in Amazzonia o in altri posti a rischio, ma in foreste “antropizzate” come quelle italiane ed europee, oggetto di piani di assestamento, gestite e (perdonate la parola inflazionata) “sostenibili”.
Ciao,
sul tema del sottothread vorrei segnalare il podcast linkato qui dentro:
https://web.archive.org/web/20220202091824/https://www.rivistasherwood.it/tematiche-1/video-e-podcast-2/foreste-e-carbonio-online-la-nuova-puntata-del-podcast-ecotoni.html
Si tratta di una serie di podcast di una rivista del settore forestale (ho comunque messo il link da archive.org) ma nello specifico parlano proprio della capacità di alberi e foreste di assorbire e immagazzinare il carbonio atmosferico, che mi sembra in tema.
Lo segnalo soprattutto perché fra gli intervistati c’è Giorgio Vacchiano, un ricercatore dell’Università di Milano esperto in ecologia e selvicoltura che si occupa spesso di carbonio e Climate Change e che collabora con la Sisef (https://sisef.org/).
Già. Ma mica bisogna andare tanto lontano, la corrente per fare andare climatizzatori, auto elettriche, e-bike e ora anche il secondo supercomputer Leonardo (che da solo consumerà quanto una città delle dimensioni di Modena), in Italia si è rimandata la chiusura di diverse centrali A CARBONE!
Altro che passante di nuova generazione e città carbon neutral entro 8 anni, la propaganda politica della Ditta ci porterà a ingoiare ogni tipo di balla e faremo la fine della famosa rana nella pentola d’acqua tiepidina.
Comunque spero che Begaj abbia esaurito lo spazio interiore che riserva alle figure raccapriccianti, che personalmente speravo avesse finito già con la dichiarazione di voto del 28 dicembre ma forse gli ha prestato qualche slot qualche altro collega di Coalizione Civica che misà che hanno un magazzino bello grande per tutto il cringe che stiamo subendo da certi volti noti dell’ambientalismo
La scelta di Coalizione Civica di appoggiare la candidatura di Lepore era già incomprensibile quando è stata annunciata, ed è diventata completamente assurda quando si è scoperto che la moneta di scambio col PD era la rinuncia alla battaglia contro l’allargamento del Passante. Si trovano facilmente in rete le dichiarazioni, di meno di un anno fa in cui l’attuale vicesindaca sostiene l‘incompatibilità del Passante con una visione ecologista. Un suicidio politico.
Non credo ci sia quindi molto altro da dire su una formazione politica ggiovane, ma ormai morta, che probabilmente alla prossima tornata non riuscirà ad esprimere nemmeno un consigliere (e comunque chissene).
Mi interessa qui però sottolineare il fatto che i comitati che si battono contro il Passante, e che si sono riuniti nella Rete delle Lotte Ambientaliste Bolognesi (dentro cui ci sono anche le due realtà che hanno espresso i consiglieri di CC, cioè Labàs e Salva i Ciclisti) hanno mantenuto da sempre, e indipendentemente dalle scelte che hanno fatto i consiglieri, una posizione di netta contrarietà al Passante (l’opzione zero) e l’hanno ribadito più volte negli ultimi mesi: sia prima che dopo le elezioni comunali, sia prima che dopo il voto in giunta e ancora, l’ultima volta, domenica scorsa al termine della biciclettata rumorosa che è stata organizzata lungo i viali cittadini (perché in centro permane il divieto di manifestare, non si capisce se per paura del Covid o se per non disturbare lo shopping. Ma questa è un’altra storia).
Ho partecipato a quella manifestazione, in cui naturalmente non si è vista nessuna faccia nota di CC, e sono stato molto felice, alla fine, di sentire che tutti gli interventi (compresi quelli di Labàs e di Salva i Ciclisti) ribadivano con forza la necessità di non abbandonare la lotta contro quest’opera, dimostravano di non credere alla retorica del ‘tantoramaismo’ e delle compensazioni, e iniziavano anche a pensare alla possibilità di opporsi fisicamente alle ruspe quando e se mai dovessero iniziare i lavori. L’impressione che ne avuto io è che qualcosa della lezione valsusina si sia finalmente imparata, e che il motto “non ci sono governi amici” cominci ad avere un senso anche in questa città.
Questo per dire che probabilmente la famosa società civile, anche a Bologna, è già un passo più avanti della politica, l’ha già sorpassata e lasciata indietro. Mi sembra che stia tornando la voglia di mobilitarsi e andare in strada. Guardiamo avanti e ragioniamo a partire da lì.
«Sono stato molto felice, alla fine, di sentire che tutti gli interventi (compresi quelli di Labàs e di Salva i Ciclisti) ribadivano con forza la necessità di non abbandonare la lotta contro quest’opera, dimostravano di non credere alla retorica del ‘tantoramaismo’ e delle compensazioni, e iniziavano anche a pensare alla possibilità di opporsi fisicamente alle ruspe quando e se mai dovessero iniziare i lavori»
Qui però c’è bisogno di chiarezza, perché la situazione appare parecchio melmosa:
1) il consigliere comunale espresso da Làbas vota a favore del Passante e difende quella scelta sul momento e anche dopo, attaccando noi per averla criticata (criticata argomentando e fornendo dati, dettagli e fonti);
2) nel mentre, Làbas, a quanto si intende, partecipa alle iniziative contro l’opera e interviene dicendo che va fermata, che vanno alzate le barricate ecc.
La domanda che si forma nella corteccia prefrontale, dove ha sede il raziocinio, è inevitabilmente:
Làbas sconfessa o no il voto, le dichiarazioni e il ciurlare nel manico della persona che ha mandato in consiglio comunale?
Se hanno preso le distanze pubblicamente da qualche parte, a noi è sfuggito, e allora qualcuno ci fornisca il link.
Alla biciclettata qualcuno gliene ha chiesto conto? E se sì, cos’hanno detto?
Se le distanze non le hanno prese, per noi non hanno la minima credibilità. Non si può tenere sempre il piede in due scarpe, non si può voltare gabbana a ogni cambio di scena, modello Fregoli.
Fuor di metafora, non sei «di lotta e di governo» se quel che persegui al governo è in opposizione frontale a quel che persegui nella lotta. Sei di governo e basta, e contro la lotta.
Se Làbas mantiene quest’ambiguità e non sconfessa pubblicamente
1) il suo esponente che ha votato per il Passante e lo difende;
2) Coalizione Civica, della cui assemblea Làbas fa parte,
noi ci riteniamo autorizzati a ritenerli un tutt’uno, dunque a dire senza alcuna remora che Làbas finge di opporsi al Passante ma è in combutta con chi lo impone.
Ma ripetiamo, forse la sconfessione, la presa di distanza, la critica pubblica c’è stata e siamo noi a non averla vista. Illuminateci, please.
Si c’è da dire che però Salvaiciclisti e Labàs hanno osservato un silenzio religioso sulla manifestazione del 16 di Gennaio. Non basta cliccare “organizza l’evento su facebook” per dimostrare che la tua organizzazione sta aderendo ad una lotta. E questo è stato gravissimo e a questo è seguito il silenzio della loro base salvo rarissime eccezioni, anche se poi pare che in manifestazione fossero in molti. Ma come si dice, le parole sono importanti e anche le azioni e non è affatto vero quello che scrivi su come si siano comportati Salvaicicilisti e Labàs, se lo hanno pensato nel segreto delle loro assemblee, fuori da quelle sono apparse due realtà di fatto smarcate dalla manifestazione del 16 gennaio, che seguiva le imbarazzanti dichiarazioni di voto di assenso all’allargamento mitigato da parte dei loro due leader storici incellofanati nella divisa di guardie svizzere di Lepore.
Rispondo, perché mi sento tirato in ballo in quanto coordinatore SIC dentro a ReLoAB.
Innanzi tutto La nostra ex presidente ha dato le dimissioni da qualsiasi carica al momento della decisione di candidarsi con CC. Tra queste anche la sua presenza nella ReLoAB. Da me sostituita. La posizione SIC riguardo al passante è sempre stata la stessa, essendo noi un associazione autonoma e slegata da qualsiasi partito, ed essendo un’associazione che si occupa da parecchi anni di mobilità abbiamo sempre sostenuto che allargare le strade porta più traffico che poi si riversa in città rendendo le strade più pericolose per i ciclisti, senza contare il peggioramento dell’impatto ambientale, mortale per tutta la popolazione. Dopo il consiglio del 27 e un duro attacco via mezzo stampa e blog e social e volantini lanciati manco si fosse D’Annunzio sopra Trieste, in Sic si è aperto un approfondimento sul passante, avendo noi ancora un affetto verso la nostra ex presidente. Ed essendo nostra pratica anche la concertazione con le parti politiche. Questo percorso prevede incontri riservati ai soci e l’assemblea annuale che disegnerà il percorso da seguire per il prossimo anno, dando a me un mandato condiviso sulle lotte da proporre anche in sede ReLoAB. Riguardo all’accusa di aver evitato la promozione via social: forse il mondo non gira solo intorno alla macchina infernale di Zucchino, come dimostra il potere comunicativo di queste pagine che ci ospitano, che non hanno presenza social. Noi SIC abbiamo momenti di incontro settimanale, dove pedaliamo insieme, un folto gruppo Whatsapp ed uno ancora più folto sulla macchina infernale di Zucchino, dove la discussione prima e dopo il voto comunale è stata ampia e accalorata. E se tu ci seguissi forse ti saresti accorto che la biciclettata contro le pompe di benzina, la spentolata e la bicilettata rumorosa sono state ampiamente diffuse anche sul faccialibro. Rammarica la tua posizione soprattutto perché per entrambe le bicilettate mi sono speso di persona nella preparazione, disegnando il percorso, tenendo i rapporti con le forze dell’ordine ed impegnandomi affinché riuscissero al loro meglio, e tutta SIC ha aiutato sia facendo servizio d’ordine (sai, le auto ci godono ad infilarsi in un corteo di bici) che fornendo le attrezzature (la cassa arancione, i megafoni etc.)
Grazie per aver chiarito la posizione di Salva I Ciclisti in relazione alla sua ex-presidente, al Passante, alla ReLoAB e a Coalizione Civica. Si potrà essere più o meno d’accordo con i passaggi che avete fatto, ma almeno sono chiari e ti sei preso la briga di esporli qui. Il che, a giudicare dal comportamento di altri soggetti, non è per niente scontato.
Barto, le posizioni dei singoli attivisti o soci non sono posizioni ufficiali dell’organizzazione, finché questa non le esprime come ufficiali. Però se le ha espresse bene (ma pure il tuo parlare qui come delegato è già una presa di posizione ufficiale, certo), ma va pure bene se come dici le esprimerà dopo un percorso ancora in fieri, di approfondimento interno. Per ora però onestamente post voto di dicembre tra le realtà di reloab a me continua a sembrare che ci sia piuttosto un silenzio formale, mentre più o meno tutte le altre realtà spingono o spingevano (non sulle chat private o alle riunioni interne, ma sui loro canali pubblici, facendo opinione e facendolo in maniera più netta). Sarebbe comprensibile questo silenzio e questa attesa di definire meglio se questa contro il passante (= contro allargare le strade) non fosse, o dovesse essere, già una lotta “storicamente acquisita” da SiC e nella quale gli affetti contano poi il giusto.
Quindi la Vostra ex presidentessa prima vi ha raccontato tante belle cose contro il passante e la cementificazione, poi ha votato a favore di quest’opera, a mio parere sputando sulla dignità e sul rispetto di chi l’ha votata, e voi ancora portate stima per questa persona?
Non è illegittimo sostenere l’allargamento di una strada (è stupido, scellerato e controproducente a livello ambientale, ma non illegittimo) mentre raccogliere voti sostenendo una politica per poi pulircisi le scarpe ed annichilirla, invece si che lo è.
Siete stati ingenui, e vi siete fatti manipolare, e non c’è biciclettata ne manifestazione che rimedierà a questo casino.
Trovo la disamina di questo articolo perfetta da ogni latitudine.
Non c’è bisogno di elencare le numerose volte in cui la sinistra istituzionale si è incistata nello stomaco del governo per cambiarne la direzione dall’interno per capire che era na operazione infattibile.
Oltre che infattibile alimenta ancora la corrente del meno peggio di cui ormai il dibattito è esausto.
Mi preme sottolineare l’ovvio ma forse non tanto: l’esigenza di un consigliere comunale di rispondere all’articolo su un blog “privato” nemmeno fosse apparso sulle pagine di un quotidiano per esprimere divergenze. La coda di paglia e un certo timore emerge chiaro da questo fatto.
Non so se l’opposizione bolognese sarà in grado di replicare l’esperienza valsusina. Ogni volta che c’è un barlume di lotta di strada mi illudo e a botte di illusione ho le pive nel sacco che prudono per averci creduto, ma penso che questa sia l’ennesima occasione per dimostrare che c’è ancora vita in questa città, fiaccata da decennali politiche di una amministrazione che, sempre più scaltra, si è incammellata una quota di opposizione che ancora una volta si mette di traverso al conflitto sotto la maschera del centrosocialismo militante.
«Mi preme sottolineare l’ovvio ma forse non tanto: l’esigenza di un consigliere comunale di rispondere all’articolo su un blog “privato” nemmeno fosse apparso sulle pagine di un quotidiano per esprimere divergenze. La coda di paglia e un certo timore emerge chiaro da questo fatto.»
Se è per questo, oggi ci ha risposto… il PD!
Titolo di Repubblica Bologna: «Passante, il Pd a Wu Ming: “Serviva responsabilità per decidere. Una certa sinistra preferisce crogiolarsi su se stessa”»
Riassumiamo: tre scrittori che rappresentano solo ed esclusivamente se stessi e in città non hanno alcuna affiliazione politica scrivono un articolo critico sul loro blog, cioè sul loro unico mezzo di comunicazione, perché nemmeno stanno sui social… e si crea questo scompiglio, con rappresentanti istituzionali e partiti che si affrettano a replicare.
Il progetto politico leporiano, questo gigante d’innovazione, deve avere veramente i piedi d’argilla – e una grandissima coda di paglia – per arrivare ad avere paura di una singola (per quanto triplice) voce che si leva a criticare.
A dimostrazione dei piedi d’argilla si scomoda la neo segretaria cittadina del PD. Me l’ero persa.
A babbo PD hanno toccato la neonata CC.
Ma tutto a posto?
Sarebbe imbarazzante se non fosse che questo tipo di attacchi ormai seccato le gonadi:
NO TAV, NO TAP, NO NATO, NO GREEN PASS, NO PASSANTE, e tanti altri NOiosi slogan, dicono loro, cercando di svuotarli del loro senso politico.
Perché dietro al NO, ci sono ragioni e forza di idee.
Lo dice bene (e meglio) Ennio Flaiano:
“Un NO deve salire dal profondo e spaventare quelli del SÌ. I quali si chiederanno che cosa non viene apprezzato nel loro ottimismo.”
Beh, intanto incassate questa cosa che sanno che avete un peso gramsciano, e che quando vi chiamano “coscienza della sinistra” non è solo per fare della chiacchiera.
Il PD di Lepore rivendica il coraggio di avere deciso, ma le risposte loro così come l’imbarazzante doppietta di Begaj, scoprono il loro nervo: sanno che hanno preso una decisione sbagliata da qualunque parte la si prenda tranne che se la prendi dalla parte degli investitori, anche se provano in tutti i modi a giocare la carta “che decide Roma” salvo quando non si debbano vantare di essere decisionisti perché “hanno dato l’assenso”.
Il PD sperava che assoggettando Coalizione Civica avrebbe spento le proteste contro questa follia, e invece le proteste del 18 dicembre e del 16 gennaio sono state molto partecipate e progressive e i comitati pare che continueranno a convocarne.
Quella frase letta su Repubblica in cui venivamo definiti «coscienza critica della sinistra» a me ha dato la nausea, e non per modo di dire. Mi ha dato davvero nausea fisica.
Non ce ne frega niente di avere un ruolo del genere, che non sappiamo nemmeno in cosa debba consistere. L’articolo qui sopra lo abbiamo scritto perché ce lo ha imposto la nostra coscienza, perché dopo tutto quello che abbiamo scritto e organizzato in tema di grandi opere inutili e nello specifico sul Passante, non potevamo tacere su quel che ha fatto Coalizione Civica (e in subordine sull’ambiguità di Làbas), non potevamo dare adito ad alcun dubbio su come la pensiamo.
Ce lo ha imposto la nostra coscienza, che è critica, sì, ma non è la coscienza critica «della sinistra». È la nostra, punto.
Cos’è, da chi sarebbe formata oggi «la sinistra», specialmente in Italia? Cos’è, se non la sinistra del capitale? Le peggiori controriforme neoliberiste, le peggiori nefandezze securitarie, le peggiori schifezze autoritarie sono state imposte con la parola «sinistra» sulle labbra. Dunque non possiamo riconoscerci nella sinistra reale. E dire che no, questa non è davvero «la sinistra», che idealmente «la sinistra» è un’altra cosa, è pura “testimonianza”. Avrà anche una sua verità ma non basta più. Non bastano più nemmeno le fin troppo dotte riflessioni che abbiamo fatto su destra e sinistra qui su Giap nel decennio scorso. L’espressione «la sinistra» è oggi impronunciabile, e non so quanto tempo possa trascorrere prima di poterla ripronunciare con una minima (minima) credibilità.
Quel che è avvenuto col Passante è a tal punto un cliché, l’ennesima replica di uno spettacolo i cui attori sono sempre più sciatti e meno convincenti, l’ennesima ritritatura di pseudoargomenti “responsabilmente” governisti, lo schema è talmente già visto e già sentito, il solco talmente scavato e riscavato che oggi l’unica definizione di «sinistra» che mi sentirei di condividere è quella data da Alain Badiou, tagliando la testa al toro, nel suo La Comune di Parigi:
«Chiamiamo “sinistra” l’insieme del personale politico parlamentare che si dichiara il solo capace di assumere le conseguenze generali di un movimento politico singolare. O, in un lessico più contemporaneo, il solo capace di fornire un “esito politico” ai “movimenti sociali”.
La dichiarazione del 19 marzo del 1871 può allora essere descritta in questi termini: è una dichiarazione di rottura con la sinistra.
Evidentemente è proprio questo che si è fatto pagare nel sangue ai comunardi. Poiché, nel caso di grandi movimenti, la “sinistra” è, almeno dal 1830 in poi, il solo ricorso all’ordine stabilito. Nel maggio 1968 [il partito comunista francese] fu il solo capace di ristabilire l’ordine nelle fabbriche. La Comune è l’esempio unico di una rottura con la sinistra di tale portata […]
Oggi la Comune va restituita alla sua visibilità politica attraverso la sua disincorporazione: bisogna tirare fuori la Comune, che fu fatta proprio dalla sua rottura con la sinistra, da tutta l’ermeneutica di sinistra che l’ha così a lungo oppressa.
Possiamo approfittare del fatto che la sinistra, nonostante la sua bassezza costitutiva, sia caduta talmente in basso da non fingere nemmeno più di ricordarsi della Comune.»
E questo vale non solo per la Comune di Parigi ma per ogni comune si formi, anche solo per breve tempo, nelle lotte contemporanee. Tanto più una comune è in grado di estendere la propria durata (e quindi di estendere la lotta stessa) quanto più non si fa strumentalizzare da «la sinistra» intesa come la definisce Badiou: l’insieme dei recuperatori, dei “responsabili”, degli autoproclamati “interpreti” istituzionali del sociale.
Di recente, Bifo l’ha messa giù in modo più semplice:
«La sinistra è stata per trent’anni lo strumento politico principale dell’offensiva ultracapitalista, chiunque investa le sue speranze nella sinistra è un imbecille che merita di essere tradito, dal momento che tradire è la sola attività che la sinistra è in grado di svolgere con competenza.»
Se non vogliamo metterla giù in termini di tradimento – che però non è necessariamente una categoria moraleggiante e ad hominem: una scelta compiuta può semplicemente tradire aspettative senza che chi la compie sia necessariamente un pezzo di merda sul piano personale – mettiamola giù in termini di “cattura”: «la sinistra», la sinistra reale e non quella vagheggiata, è ormai solo un dispositivo che cattura benintenzionati e li conduce lungo strade di cooptazione e recupero talmente consuete, talmente battute e ribattute, calpestate e ricalpestate, che più che strade sono veri e propri fossati.
Anche perché continuando a calpestare quel suolo se ne aumenta la subsidenza, e ogni volta il percorso è fatto a un livello più basso, i discorsi che giustificano lo stare nel fossato sono sempre più sdozzi. Dalla “doppiezza togliattiana” d’antan – che tante tare ci ha lasciato ma comunque era su un piano più alto – alla doppiezza di cui ci stiamo occupando in questi giorni c’è stato un innegabile sprofondamento.
@ Wu Ming 1,
capisco perfettamente il senso di nausea fisica che hai provato. Il sintomo si cura facilmente, per esempio fumando una canna. Il male invece non lo puoi curare perché non è in te, è fuori. Cosa significa coscienza critica della sinistra? Poiché innanzitutto sinistra indica un’idea, la coscienza critica della sinistra è sapere distinguere l’idea dalle sue interpretazioni storiche, per cui laddove vi sia un’epoca senza una sinistra, nondimeno qualcuno, anche se non la trova, la sa. Questo forse volevano dire dicendo che siete coscienza critica della sinistra. Siete coscienza critica della sinistra nel senso che fra coloro che si sono espressi pubblicamente siete fra i pochi che non hanno perduto tale coscienza. E questo probabilmente è vero. Coscienza critica nel senso che anche durante l’epoca del grande delirio da covid, che ha visto tradimenti e catture fra le file di una cultura di sinistra già molto debole al punto che il nome di “sinistrati” pareva perfetto, non avete perso lucidità, non siete finiti preda delle paure indotte, per un’abitudine critica che poi è vostra, non della cultura di sinistra effettiva dei nostri tempi. Quindi io leggerei l’espressione “coscienza critica” attribuita ai Wu Ming nel senso di “fra gli ultimi che non si sono dimenticati dell’idea di sinsistra”. Tutto ciò in un’epoca in cui il senso della “coscienza” è andato quasi totalmente perduto.
@ Negante, grazie del suggerimento, però non fumo. Come antiemetico naturale è efficace lo zenzero, che oggi ho grattugiato liberalmente su ogni pietanza consumata, che ci stesse bene o meno.
Se posso fare una parentesi anedottica, riflettevo stamattina come proprio la Legge Sirchia abbia avuto un certo effetto sulla sterilizzazione degli spazi che menzionavo in risposta a il gelataio.
Per carità, certo, i danni del fumo, tutto quello che vogliamo.
L’odore del fumo mentre mangio mi sta pure sui coglioni.
Ma all’improvviso i locali sono divenuti un po’ più “semplici luoghi di consumo”, benchè salubri, e le compagnie di amici in pizzeria hanno iniziato a dividersi e portare sull’uscio le discussioni più interessanti, con una sigaretta in mano.
E gli altri, che non fumano, s’attaccano.
Però possono consumare in pace, rosicando perchè la biondina quella carina fa sempre parte del gruppetto all’esterno.
Dentro i bar si è proprio polverizzato il nobile istituto del “congresso”, frammentato in mille pause sull’uscio.
È una dinamica che rivedo puntualmente, amplificata fino alla mostruosità, nell’effetto del lasciapassare, per cui la Legge Sirchia è stata un po’ una inconsapevole prova generale.
Non a caso poneva per prima in capo al barista i doveri di “sbirro” con conseguenze penali, non a caso Lorenzin, che per prima ha intuito la potenzialità del “capro no-vax”, voleva estendere a un sacco di posti, ed è un buffo scherzo della Storia leggibile a posteriori che la legge Sirchia contenesse anche disposizioni per la digitalizzazione aggressiva.
Oggi, quando si va al bar o in pizzeria (o si pianifica di andare a una mostra o) si fanno i conti con amici e conoscenti lasciati fuori come i cani, o semplicemente non più invitati — magari dopo aver addotto tremila scuse per non ammettere il proprio status di untori — e progressivamente alienati.
Non mi è chiaro — e cambia probabilmente molto a seconda dei contesti sociali — se siano i non-dotati di lasciapassare ad essere “chiusi fuori” o siano i dotati di lasciapassare ad essere “chiusi dentro” i locali, mentre “gli altri” socializzano in luoghi di clandestinità molto più fighi, tipo speakeasy degli anni ’20.
Qui si imporrebbe una speculazione sul livello della controparte.
Essa potrebbe stare cercando di:
1. Neutralizzare, come storicamente si fa con qualche vecchio leader o uomo politico: gli si dà una bella medaglia, una scrivania in radica e lo si chiama “emerito”, mettendolo in condizione di non nuocere, estraendolo (eventualmente simbolicamente) dal campo di battaglia e dandogli licenza di spararle grosse, di fare discorsi perfettamente utopici che verranno mediati da chi “emerito” non è.
La mediazione, nei fatti, sterilizzerà tutta la ciccia del discorso: “sì, le parole del vecchio dimmerda sono giuste, purtroppo in pratica dobbiamo controvoglia commettere un piccolo ecocidio, il mondo non è ancora pronto… però come compromesso lo facciamo green”.
Dare a uno della “coscienza critica” è un po’ come dargli del matto del paese, o del vecchio rincoglionito.
Intanto il vecchio emerito dimmerda — pur se completamente ignoranto nella pratica — può dare lustro, prestigio e conferire “purezza” quel tanto che basta a recuperare ancora un po’ di voti, e andiamo così al punto…
2. Arrogarsi WM. “Sono dei nostri, sono sinistra (*) come noi. Sono compagni un po’ più puri. Ma sono come noi. Questi sono dibattiti interni tra correnti diverse, ma insomma, sono dettagli. Dopotutto stiamo parlando di un’opera pubblica, non di cose divisive.
‘It’s a bypass. You’ve got to build bypasses.'”
3. Entrambi. Vi stanno dando della “coscienza critica dei Vogon”.
Però più che la nausea io mi farei una risata. O al limite denuncerei per diffamazione…
(*) Si scrive “sinistra” ma si pronuncia “Vogon”.
Mi fa ridere che alla fine pare essersi realizzata — in modo molto diverso dal previsto — la profezia autoavverante che “destra e sinistra sono categorie superate”…
In realtà sono sicuro che la giornalista lo intendesse, hélas, come complimento.
Ad ogni modo anche le dichiarazioni della segretaria del PD bolognese sono tanto grottesche quanto rivelatrici. Se il consigliere di Coalizione Civica ha il problema di mantenere la credibilità di strada – e sarà un po’ più dura adesso, dopo avere difeso il progetto che aveva osteggiato e dopo aver rilasciato un’intervista dai toni a dir poco “democristiani” -, la segretaria del PD bolognese sembra avere piuttosto un problema reale di autoconvinzione (e quindi di coscienza).
Per lei il Passante sarebbe «un’opera di Nuova Generazione perché qui c’è una nuova generazione che la responsabilità di decidere, chiudendo una discussione nata quando stavamo alle elementari, se l’è presa». Dunque il punto non è che si sia presa la decisione sbagliata, che sventrerà la cerchia cittadina per anni, che aumenterà il traffico automobilistico, che consumerà suolo, colerà cemento, ecc. L’importante è che una decisione sia stata presa. Elogio del decisionismo purchessia. E quindi ecco la responsabilità rivendicata, per potersi ancora guardare allo specchio al mattino, pensando a chi i figli alle elementari li ha e nella città del Passante dovrà crescerli.
Ma ancora più significativo, ancorché triste, è che la segretaria si spende per difendere Coalizione Civica, quando la stessa CC si è ben guardata dal farlo preferendo il silenzio. Costei prende le difese degli alleati “di sinistra”, come a volerli consolare dalla figuraccia, rivendicando l’alleanza strategica «che pone le basi per un nuovo centrosinistra». Un nuovo centrosinistra il cui biglietto da visita è l’approvazione di un ecomostro che avrà un impatto devastante sulla città. Gran bella novità.
La conclusione invece regala quasi un sorriso: «È ovvio che da qui in poi le nostre scelte saranno diverse. Guarderemo al ferro e al trasporto pubblico». E subito viene in mente quello che accendendosi una Camel dopo una cena luculliana e allentandosi la cintura dichiara: «da domani mi metto a dieta e smetto di fumare».
Questa città non ha mai avuto una classe dirigente più patetica.
La mia frase preferita dell’articolo di oggi è:
«Se però la maggioranza fa muro, i Wu Ming non mollano».
Siamo veramente dentro la rappresentazione più grottesca immaginabile. La maggioranza che governa Bologna che dà l’impressione di… «fare muro» contro degli scrittori! I quali continuano a dire quel che pensano e quindi… «non mollano».
“La conclusione invece regala quasi un sorriso: «È ovvio che da qui in poi le nostre scelte saranno diverse. Guarderemo al ferro e al trasporto pubblico».”
Io ormai ‘sta gente la vedo così grottescamente reazionaria, che quando ho letto del ferro, anziché pensare alla ferrovia, ho pensato alla spada. Per un istante ho creduto stesse dicendo una di quelle minchiate tipo “è l’aratro che traccia il solco…”.
Sarà l’effetto che fa l’aver passato la giornata in fabbrica con dei tizi a cronometrare ogni tuo movimento, perché l’azienda ha deciso di aumentarti i carichi di lavoro del 50% (a parità di salario, ça va sans dire). Il cronometraggio, per la cronaca, è l’idea di lotta del sindacato. Perché se uno ti vuole mettere una scopa nel culo, tu mica ti opponi. Che modi sono? Pretendi una verifica, nella massima serenità. E se poi la scopa ci passa… be’…
D’altra parte, appunto, ci vuole responsabilità. Perché la situazione è quella che è. Ma se c’era al governo (da sola) la destra, era molto peggio, eh.
Son ben distante, fisicamente, da Bologna e da quella combriccola di accalappia voti di cui qui si dibatte l’operato; a voi tutt* la mia solidarietà, dietro il banner, «an injury to one is an injury to all».
Nella contea fredda e fradicia dalla quale vi scrivo abbiamo avuto spesso occasione di discutere, all’interno di uno dei gruppi che bazzico, a proposito di comportamenti/prese d posizione simili a quelle che descrivete nel post, adottate da rappresentanti pseudomarxisti/finto-ambientalisti, come avvenuto con Coalizione Civica e devo dire che trovo la parola tantoramaismo azzeccatissima. Vi avviso che ve la rubo e che lavorerò ad una valida traduzione da proporre in assemblea. «Omnia sunt communia», no?
.
Qui, comunque, abbiamo provato a definirla come strategia del campeggiatore o campismo, termine appartenente alla teoria politica imperialista anglosassone e/o gli approcci strategici all’antiimperialismo di sinistra.
Come ben sappiamo, ad un certo punto del processo politico comprendente quel teatrino dell’assurdo che sono le consultazioni pubbliche, a qualsiasi latitudine, sopraggiunge immancabilmente la necessità di dover fare una scelta, e, consequenzialmente, di dover decidere dove piazzare la tenda, tenda che nove volte su dieci, perlomeno nel nostro caso, è stata puntellata nel soffice praticello in astroturf messo a disposizione dal corporativismo partitocratico, piuttosto che all’addiaccio; si fottano coerenza/dignità politica e militanza ambientalista.
Niente panico, comunque, come diceva quel tizio: quando la situazione è senza speranza, non c’è neanche più niente di cui preoccuparsi.
Segnaliamo che nella Regione dove piace costruire nuovi impianti di risalita, in Appennino, sotto i duemila metri, c’è un comprensorio sciistico, Cerreto Laghi, che nelle prossime settimane minaccia di chiudere la stagione, appena iniziata. Il motivo sono i costi di gestione troppo elevati, tra cannoni sparaneve, mezzi per battere le piste e funzionamento delle seggiovie. Ci voleva la crisi energetica e il caro-bollette per evidenziare quanti kilowattora si mangia una stazione del genere, al punto da renderla – anche in tempi pre-Covid – un’attività insostenibile anche solo dal punto di vista economico.
«Oggi noi possiamo solo sperare in nuove nevicate dal cielo per poter andare avanti con la stagione invernale – ha detto il gestore Marco Giannarelli a ‘Il Resto del Carlino’ – perché a queste condizioni i costi per noi sono più insostenibili. Non saremmo in grado di proseguire l’attività perché al super-costo dell’energia elettrica va aggiunto quello del gasolio dei mezzi che si muovono sulle piste. Se facciamo bene i conti tra personale e tutto il resto, l’attività sciistica al completo, ci costa 10.000 euro al giorno. Contiamo nelle condizioni meteo favorevoli, però nei prossimi giorni dobbiamo fare le nostre valutazioni se proseguire o meno con l’attività sciistica di fronte a questi costi così eccessivi»
Notare il passaggio: i costi per noi sono “più insostenibili…”
Inutile aggiungere che pure a Cerreto Laghi si è discusso di una nuova seggiovia, approvata nel 2020, con polemiche relative soprattutto all’eccessivo taglio di alberi. Dopo due anni, i lavori sono ancora fermi, perché – dice il sindaco – i costi sono aumentati…: https://www.redacon.it/2022/01/12/prezzi-aumentati-per-la-valle-fonda-ferretti-opera-ereditata-riprenderemo-i-lavori-al-piu-presto/
Due sono gli aspetti che più mi hanno colpito leggendo quest’articolo. Il primo è che si continua a discutere di progetti vecchi, fatti magari negli anni ’70/’80/’90 quando – quantomeno – non ci si poneva il problema ambientale, mentre oggi si va sviluppando un’etica ambientale più consapevole ma… i progetti di cui si discute restano immutati. Una contraddizione così evidente che dovrebbe portare le masse a prendere a calci in culo la classe politica, se non fosse che decenni di annnichilimento della coscienza di classe hanno frantumato la critica militante, rendendola inoffensiva.
Il secondo aspetto è legato al binomio “transizione ecologica / auto elettrica”. Le due cose sono incompatibili, eppure ci propinano ogni giorno l’esigenza di elettrificare la mobilità privata per “salvare l’ambiente”. Oltre alle critiche già espresse nell’articolo aggiungo un altro imput: le auto elettriche sono energivore, insostenibili e incompatibili con la “transizione”. Da dove la si prende l’energia per alimentarle? Non di certo dalle fonti rinnovabili. Stante l’attuale assetto capitalista sotteso alla produzione e gestione degli impianti, le rinnovabili servono solo a far soldi. Producono poco, male, con picchi produttivi e fasi di stasi, con dispersioni rilevanti, in un sistema infrastrutturale non concepito per la loro ottimizzazione. Allora quale sarà la soluzione? Il nucleare? Visti i recenti dibattiti, penso proprio che l’attuale classe dirigente punterà su quello.
Il problema, come sempre, è l’approccio. Una classe dirigente borghese non potrà mai discostarsi dalla propria ideologia, che tende a tutelare la proprietà privata e tutto ciò che ne consegue. La soluzione ottimale sarebbe quella di puntare alla mobilità collettiva, al disincentivo dell’uso dell’auto privata, in modo da rendere inutili nuove infrastrutture impattanti, e ridurre significativamente le emissioni. E’ falso, come spesso si sente dire, che gli italiani amano le automobili. Spesso l’auto la si usa per obbligo. Se per spostarmi da casa al lavoro non trovo un mezzo pubblico, devo per forza usare l’auto. Ma se mi si propone un’alternativa, col cazzo che la userò, perché il mezzo pubblico è molto meglio: mi costa meno, evito i rischi, evito lo sbattimento del parcheggio, posso fare tante cose durante il tragitto (leggere, cazzeggiare, chiacchierare, ecc.).
Quindi “l’opzione ormai” non è altro che il perpetrarsi di un’ideologia borghese che si autoalimenta.
Ciao Giox. Giusto per aggiungere al tuo commento la mia esperienza: io andavo a lavoro in bicicletta, facendomi 6 km di campi per aggirare la via Emilia che senza ciclabile è molto pericolosa. In un certo punto dovevo per forza attraversare la via Emilia e farne un pezzetto, 300mt circa, e li facevo in uno stradino sterrato che correva parallelo alla strada. Per motivi a me ignoti, il Comune di Modena ha messo dei paletti e una recinzione per non permettere più a nessuno di fare quello stradino sterrato (una mattina avevo trovato una persona che lo aveva usato come rifugio per la notte, dormendo coperto da un cespuglio.. Mi chiedo se hanno impedito il passaggio per evitare che qualcuno ci potesse dormire). Adesso per me è obbligatorio fare la via Emilia, tra camion e macchine private. In quello stesso tratto di strada, qualche settimana fa, è stato investito e ucciso un ciclista. Non me la sento più di andare in bici, è davvero troppo pericoloso ora.
L’amministrazione si riempie la bocca di belle parole sulla mobilità sostenibile e l’ecologia, poi non sono non le mette in pratica, ma la disincentiva tramite lavori miopi e senza un senso.
Quello che non capisco è chi cercano di convincere con la retorica del green, del sostenibile,… Oramai c’è molta educazione su questi temi e le balle che le amministrazioni raccontano sono alla luce del sole. Come diceva anche rinoceronte_obeso, è difficile capire se sta gente c’è o ci fa. Forse queste panzane le raccontano in primo luogo a loro stessi?
Non è vero che “E’ falso, come spesso si sente dire, che gli italiani amano le automobili.” Io preferisco di gran lunga andare al lavoro in auto. Me ne sto seduto comodo, sento la radio e non devo aver vicino gente che non conosco e magari puzza. Tutti sono disposti alla “transizione ecologica” purché non debbano rinunciare ai loro privilegi, grandi o piccoli che siano (aria condizionata, vacanze al mare, sci, auto belle grandi eccetera). Per questo l’auto elettrica viene appoggiata acriticamente, così come tutte le trovate di Cingolani. Compreso il nucleare, che tra un po’ verrà venduto come l’unico modo “green” di non cambiare le nostre abitudini. E verrà accettato.
Ma è evidente. Prendere i mezzi, e specialmente questi mezzi, fa schifo per il pendolare che abita in provincia.
Se prendessi i mezzi starei fuori casa per lavoro 13 ore anzichè 10.
È fuori discussione.
La soluzione è, indovina un po’, ridurre l’orario di lavoro e riappropriarsi dei centri storici.
POI, armati della giornata lavorativa di 5 ore che “entro il 2000” avremmo conseguito (anzichè sparare alle stelle il productivity-wage gap) provvederemmo anche a risocializzare le aziende di trasporti e costruire una mobilità pubblica come si deve, sperando nel frattempo di avere azzerato un sacco di bullshit jobs nel terziario che producono il niente fritto, senza ovviamente danni per il reddito dei lavoratori ivi impiegati, sostenuto da un generoso Universal Basic Income.
Tutte cose che una sinistra dovrebbe essere capace a proporre, in un mondo laddove la sinistra esistesse e non ci fosse il Partito Unico Neoliberista, con fazioni che si differenziano meramente per la distanza di ingaggio suggerita per sparare ai poveri.
Lo dico anche a chi, più sotto, si chiede cosa succederebbe se “governasse la destra”…
P.S.: Se pare un pipe dream, si noti che già adesso in Danimarca – che non è esattamente il paradiso del leninismo – la giornata lavorativa è di 7 ore e si badi che hanno una produttività individuale superiore…
Nel paniere dei disincentivi all’uso dei mezzi collettivi, ci sta anche l’aumento ingiustificato dei trasporti, nonostante l’azienda T-Per sia in attivo.
Le misure che sono state adottate oltre ai disagi logistici, che persistono all’interno dell’area metropolitana, si sono rivelate dannosi e fallimentari (vedi People Moover) e vanno comunque nella direzione di prezzi non giustificati per il servizio offerto.
Eppure a Genova, non a Cuba, qualcuno sta cercando di cambiare rotta almeno su questo fronte come già accde in altre realtà di Lussemburgo, Estonia e Belgio.
Dalle parole del presidente dell’azienda municipale locale dei trasporti, apparso il 20 gennaio su Repubblica online:
“(…) a Genova è nata la volontà da parte dell’amministrazione di rendere la città più attrattiva e a misura d’uomo, offrendo un servizio diverso capace di aiutare non solo a ridurre il traffico ma anche a stimolare gli spostamenti in fasce orarie diverse rispetto a quelle di punta.
La sperimentazione è partita il primo dicembre e si concluderà il 31 marzo. Riguarda gli impianti verticali e la metropolitana, ma quest’ultima solo in certe fasce orarie. Dunque ascensori, funicolari e cremagliera sono gratuiti tutti i giorni della settimana senza limiti di orario, mentre la metropolitana lo è dalle 10 alle 16 e dalle 20 alle 22.”
Ora non so se i politici locali, che vantano uno sguardo al futuro, portando esempi di paesi a loro dire più progrediti (e progressisti, ma mai più progressisti della città più progressista d’Italia!), si siano mai affacciati nel capoluogo ligure.
Fatto sta che il massimo che sono riusciti a immaginare è una mega strada a 18 corsie. Wow.
P.S.
avevo scritto un analogo intervento che non vedo nel blog.
Forse è stato bloccato perché avevo linkato l’articolo. Mi scuso se ho violato la nétiquette che non ricordo e mi scuso nel caso questo intervento sia un doppione
Io penso che se ci chiediamo chi è “green” la risposta è tutti, nel senso che tutti vorrebbero un mondo meno inquinato, col genere umano che viva in equilibrio con l’ambiente.
Quando poi si va nel concreto, si osserva lo schema tipico del mondo borghese, ossia solo alcune categorie sociali possono adottare un certo stile di vita “sostenibile”, e dunque fare l’impianto fotovoltaico sul tetto di casa, mangiare in un certo modo, fare la spesa a Km zero, ecc. Sono le stesse categorie che possono permettersi di aderire alla retorica dell’auto elettrica senza chiedersi da dove arriva l’elettricità, ma che poi vanno a sciare nell’impianto energivoro.
Da questo punto di vista, la storia del passante di Bologna non ha nulla di nuovo. L’ipocrisia borghese consente di mascherare dietro il dito della sostenibilità qualsiasi cosa, e quando questo dito non basta c’è quell’altro, quello della necessità e della creazione di posti di lavoro, e quand’anche non bastasse neanche questo c’è quello dello sviluppo, perché la società non può rimanere ferma, e deve tenere il passo con il mondo che corre, e come ultima spiaggia c’è il dito già evidenziato, quello dell’oramaismo, che è lo stesso di quello che “se non lo facciamo noi lo fanno gli altri”.
Ho esaurito le dita della mano, anzi no, me ne avanza uno: il medio.
Eh, mettere il dito nella piaga ha scatenato reazioni scomposte! Mica gli piace a certa gente sentirsi dire certe cose.
Ho potuto osservare, per questioni di prossimità, tutto lo sviluppo della vicenda Labas. E mi azzardo a dire che la linea del consigliere comunale è la linea condivisa dal… boh, come chiamarlo? Centro di aggregazione giovanile Labas? Delle esperienze di lotta delle occupazioni ovviamente non hanno alcuna memoria neanche recente e neppure una vaga idea di cosa significhi resistere. La concessione dello spazio di vicolo Bolognetti non è stato l’inizio della fine di una esperienza antagonista ma il premio ricevuto per la sottoscrizione di clausole di muta obbedienza. Quando accetti questo tipo di ricatto non sei un ” prigioniero del nemico”. No. Mi spiace (anche se capisco il ragionamento di Stefania Consigliere). Sei uno che ha firmato un patto d’ acciaio con valori incompatibili per la sinistra. E tutto è cominciato con l’accettazione delle politiche imposte dal comune sul degrado e sul decoro. Tutto è iniziato sposando quella pericolosissima linea di frattura tra buoni e cattivi invece che tra capitalisti ed anticapitalisti. Sono guardiani delle regole più inflessibili dei loro padroni. Non è sorprendente quindi che abbiano potuto votare per il passante, loro e i “coraggios*”…
Poi quando scegli un nome come Coalizione civica o Emilia coraggiosa ( ecologista progressista …) c’è già da farsi un mucchio di domande…
Per Isver: “il tempista” è sempre stato il nemico giurato di tutti gli operai. È da sempre che bisogna farci i conti. Purtroppo. Nella fabbrica di mio papà il tempista aveva aumentato il numero dei motori da collaudare da 8 a 13, sempre in 8 ore. Con tutto ciò che ne poteva conseguire in termini di sicurezza sul lavoro, sicurezza del motore e soddisfazione dell’operaio. Perché a mio papà collaudare motori piaceva tantissimo. Nonostante il rumore e i gas di scarico.
Già.
La grande manifestazione che a furor di popolo doveva finire con la rioccupazione e invece finì in un niente perché era stata suggellata la promessa di regolarizzare la presenza di Labàs e dargli vicolo Bolognetti con un bando farsa. È lì che tutte abbiamo perso tutto.
Peccato che non ci si sia voluti rendere conto, perché era comodo così, che con “il precedente Labàs” si stava validando il guinzaglio a tutta la galassia delle esperienze indipendenti.
Se da questo albero è caduto un voto di assenso al passante, come stupirsi? Si chiama istinto di sopravvivenza, quello che è evidentemente mancato caparbiamente ad XM24, e quello che sta lentamente narcotizzando tutta questa città sempre più luminosa, ma di una luce fredda da tavolo di obitorio.
> Poi quando scegli un nome come Coalizione civica o Emilia coraggiosa ( ecologista progressista …) c’è già da farsi un mucchio di domande…
Da non-bolognese sono andato a indagare la storia e il profilo di questa gente (non scontati per noialtri), e sono finito sulla biografia di Schlein sul suo depliant elettorale: https://archive.is/NbZQ7
È una delle cose più irritanti che abbia mai letto, che mi infastidisce in modo così viscerale da mettermi di fronte alla paura di essere un po’ una merda sessista-nonnista-xenofoba.
Invece poi ci rifletto, e invece sono proprio frasi come le seguenti ad essere indisponenti almeno quanto un nome come “Coraggiosa”, un po’ Salgari e un po’ Brontë:
“Elly dall’età di cinque anni suona il pianoforte, ma a quindici compra di” nascosto una chitarra elettrica”
“Di fronte all’epocale sfida […] Elly decide di non stare con le mani in mano e di partire per Chicago a fare da volontaria nella campagna elettorale di Obama”
o infine:
“La campagna #slowfoot è stata il nostro modo per immaginare insieme un futuro sostenibile e per ascoltare e riflettere sulle esigenze delle persone, del territorio […] si scrive Schlein, si legge europea”.
Penso che dietro ci sia lo stesso copywriter che ha lavorato per “Giovanni, che mangia solo pasta col tonno e obbedisce solo alla Musica” (Allevi, naturalmente).
Ciao Rinoceronte! Si, hai colto nel segno. Questa è la “sinistra” bolognese… Anzi nazionale. Anzi ” la sinistra”… Il background della Schlein non fa pensare a niente, ma proprio niente di proletariato,ma non è neanche questo il punto. Il problema a monte è la normale ostentazione delle differenze di classe nella più totale inconsapevolezza, con tanta arrogante mancanza di sensibilità. Io di certo non posso prendere l’ aereo per Chicago quando mi gira o “per sostenere Obama” e neanche ho potuto scegliere con tanto “coraggio ribelle” ( mi viene da ridere) se suonare la chitarra al posto del piano… caspita, queste sì che sono posizioni davvero conflittuali… e quindi… chissà, appunto, se ci sono o ci fanno. Ci dev’essere una forma di dissociazione o di bipolarismo. Non mi metto a discutere su cosa sia ” la sinistra”, che detto così è proprio ridicolo. So però benissimo cosa sia la sinistra per il passante, o la sinistra responsabile che ci ha responsabilmente tenuto segregati in casa con l’esercito, per il nostro bene! Questa è la sinistra per Bava Beccaris.
Coalizione civica poi cosa vuol dire? Niente! un nome più insulso e più sterilizzato di così non si poteva proprio trovare… un prodigioso equilibrismo, degno del miglior artista circense! Fa il paio con Emilia coraggiosa. Ed in comune hanno anche l’ atteggiamento curiale che hanno adottato da quando sono stati investiti del potere. Tipico proprio di chi fa intrallazzi di nascosto ai danni dei più indifesi, ma poi allunga l’obolo con atteggiamento ipocrita e melenso. Per dirla alla Tuco “Per altri versi, mi ricorda anche quel pezzo di merda di condomino”… Giusto per parlare chiaro.
Ne approfitto per dire che mi è piaciuto moltissimo il commento di Red Carpet con la metafora della “luce da tavolo di obitorio”. E che è una bellissima notizia il laboratorio di scrittura collettiva di Wu Ming 2.
A noi interessa criticare nel merito un dispositivo di cooptazione (e di greenwashing), una dinamica che si ripete sempre uguale a ogni ciclo, e criticare “la sinistra” come protagonista di tale avvilente dinamica. Non ci interessa invece focalizzare su questa o quella persona, perché basta un momento di disattenzione e subito si abbassa il livello, e si ripropongono andazzi simili a quelli tipici dei social.
Leggo in una discussione su Facebook che il 70% dei bolognesi sarebbe favorevole all’opera. Nella stessa discussione, però, si parla della contrarietà (di facciata) dell’opposizione.
Quindi, ricapitolando, abbiamo la maggioranza – o almeno il PD – che si dichiara favorevole solo perché bisognava prendere una decisione. Il che, a rigor di logica, implicherebbe che la decisione contraria fosse un’opzione ugualmente valida, ma passi. Poi abbiamo i cosi curiosi che si dichiarano favorevoli solo perché dovevano stare col PD in quest’occasione, in modo da avere crediti politici da sfruttare più avanti (al dì ad San Mai, come si dice dalle mie parti). Infine abbiamo tutti gli altri soggetti politici variamente contrari.
In pratica, fatemi capire, in tutta questa storia apparentemente nessuno rappresenta nessuno, ma tutti lo fanno con grande senso di responsabilità.
Isver, al senso di responsabilità aggiungerei anche il senso estetico.
Diversi anni fa l’università della mia città, facoltà di economia, organizzò un seminario per discutere sui vari aspetti di un progettando impianto di estrazione di metano che, nelle intenzioni dei proponenti, avrebbe dovuto sorgere in un pezzo di campagna incastrato fra cittadine e paesi, in zona classificata sismica. Fra i relatori venne invitato un think tanker di Nomisma. Fra gli argomenti che costui portò a favore della realizzazione dell’impianto ci fu la sua…bellezza.
Chi conosce la linea ferroviaria adriatica sa che, a Falconara, passa proprio in mezzo alla raffineria ENI. Ebbene, l’esperto disse di come, provenendo in treno da Bologna, rimase affascinato dalle luci, dagli incastri delle tubature, dai silos, dai labirinti d’acciaio lucente, dallo spettacolo dell’ingegno umano. Perché, concluse, un manufatto industriale può avere anche una valenza estetica.
Insomma, almeno a Bologna si sono risparmiati che qualcuno dicesse della bellezza e del fascino che avvicinano un passante autostradale ad un’opera d’arte, ma, evidentemente, la danno per implicita.
Rientra negli imbrogli da cialtrone di cui parla Brecht nell’appunto che ho ricopiato qua sopra. Mi fa venire in mente quell’agente immobiliare che, illustrandoci la bellezza di un appartamento, aveva avuto la faccia di culo di dirci che il tubo di plastica volante che portava l’acqua dal lavandino alla doccia era molto comodo perché ci si poteva appendere i panni ad asciugare. Per altri versi, mi ricorda anche quel pezzo di merda di condomino, che per non dover sborsare le 2 lire in croce in quota a lui, aveva diffidato l’assemblea del condominio dal far aprire una botola nel soffitto del pianerottolo per permettere agli operai di raggiungere il tetto, sostenendo che io, abitando nel sottotetto, ero tenuto a far passare gli operai attraverso il mio misero tugurio.
Leggo sulla stampa online che nel 2023 si apriranno i cantieri.
Ci saranno momenti di incontro con i cittadini e degli open-day in cui sarà possibile accedere alle aree cantieristiche per fare una allegra gita guidata a dimostrazione di come le cose vengono fatte a modino.
(Mi sembra una bella occasione… … …)
Non consono dall’interno la realtà di Bologna For Climate Justice, immagino sia una realtà molto variegata. Chiedendo ad un compagno che c’è dentro, mi dice stiano lavorando su diversi settori in riunioni chiuse al pubblico, ma che di volta in volta propone assemblee aperte e partecipate.
Dove non so (qualcuno conosce?) ma penso ci sia bisogno di un “osservatorio permanente” in cui discutere sul “che fare?” dal momento che i giochi sono fatti.
Penso a un libro bianco da fare girare sia in rete che in strada, banchetti, iniziative magari a cadenza regolare (una volta al mese?), conferenze stampa, etc.
L’esperienza valsusina insegna che l’azione è l’unica via per ostacolare un’opera che ha dietro interessi economici che non sentono ragioni.
Parlo da esterno quindi sicuramente sto vaneggiando e non sto facendo o conti con la sonnolenza di questa città e le forzo che possono essere messe in campo, ma il Passante non deve passare.
“Perché” mi sembra l’unico punto chiaro e fermo, sul “Come” mi piacerebbe si aprisse un confronto che superi i personalismi e le divergenze intellettuali prima che qualche pseudo partito, anche non propriamente di fatto, inizi a mettere il cappello sulla cosa e inizi dall’alto a dettare una linea.
Bologna for Climate Justice fa parte della Rete delle Lotte Ambientali Bolognesi: https://lotteambientalibolognesi.noblogs.org/la-rete/
Attualmente, questa è il soggetto più attivo e visibile nella battaglia contro il Passante. Per proporre azioni e iniziative, mi pare sensato prendere contatti con loro e partecipare ai prossimi appuntamenti che lanceranno. Poi si vedrà. Se i cantieri partiranno – e anzi, un po’ prima che partano – sono anch’io convinto che li si dovrà fermare fisicamente, con accampamenti di tende, presidi in stile valsusino, corpi, biciclette e quant’altro ci suggerirà la fantasia. Nei prossimi mesi, bisognerà darsi da fare perché cresca la consapevolezza di quest’opoosizione necessaria.
Le persone non sanno neanche dove poter trovare un luogo fertile in cui poter parlare ad esempio del passante di mezzo. Spesso ci si ritrova arrabbiati, ma non si sa dove potersi aggregare per costruire qualcosa.
Senza dimenticare che poi quando trovi una benedetta sala in cui fare assemblea devi anche avere il green pass
Non voglio fare il passo più lungo della gamba,ma potrei provare a sondare la disponibilità di uno spazio all’aperto, in cui bypassare il problema del green pass, per convocare una assemblea di tutte le realtà contro il passante. Così come auspicato anche da Il gelataio.
Forse è opportuno mettere in chiaro una cosa, perché troppo facilmente certe critiche vengono ficcate strumentalmente dentro uno schema preconcetto, che finisce per essere comodo a molti. Ci ha provato la segretaria bolognese del PD, ed era scontato, ma è una tentazione “giustificatoria” che abbiamo visto espressa anche dal consigliere di Coalizione Civica, che pure ha un percorso diverso alle spalle, ancorché convergente. Si tratta di quella che potremmo forse definire la “reductio ad extrema”. Vale a dire la rappresentazione del dissenso in termini di “estremisti vs entristi”, “testimoniali vs decisionali”, “idealisti vs pragmatisti”, ecc. Ecco, sfuggire a questa cattura non è difficile, certo, ma per riuscirci è consigliabile restare in allenamento.
Ci sono stati anni, nella nostra città come in altre, in cui l’attività di certi consiglieri comunali – o perfino assessori e sindaci, come in Val Susa – che erano espressione di movimenti reali è stata preziosa, anche con l’inevitabile portato di compromessi. Questo perché produceva un attrito concreto rispetto all’andazzo generale, dava voce a lotte sul territorio, apriva contraddizioni interne. Qui non si tratta – né si è mai trattato – di mettere in campo una critica purista o estremista (in senso leniniano) al lavoro di minoranza svolto all’interno di istituzioni o organizzazioni. Il punto casomai è dimostrare l’efficacia di questo lavoro.
Il problema infatti sorge quando, come in questo caso, tale dimostrazione passa per la rivendicazione di “mitigazioni” che appaiono come la copertura “green” per la propria credibilità e coscienza politica prima ancora che per il progetto dell’ecomostro Passante e che vengono strappate in cambio di un impegno generico sull’implementazione del trasporto pubblico su rotaia. La “Città Metropolitana” – come si è ridefinita Bologna con il suo hinterland – vede approvare l’allargamento della tangenziale prima di un qualunque investimento serio sulla metropolitana di superficie (di cui si ragionerà “da domani”). È qui che si misura l’efficacia di cui sopra, il peso di una presenza che oggi non è più d’attrito ma tutt’uno con la maggioranza, con il PD e con la sua anima apparentemente più “smart” e “giovanile”, che però abbraccia subito la regressiva colata di cemento, la cantierizzazione, l’aumento del traffico privato su gomma, tanto per smentire qualunque illusione.
C’è inoltre un problema di autorappresentazione. A volte sembra quasi che certi aggregati della sedicente sinistra di lotta e di governo considerino positivo il fatto stesso che certe persone siedano nella stanza dei bottoni. Questa idea rivela uno snobismo profondo, come se non fossero le azioni, le decisioni, i voti, a stabilire chi sei politicamente e cosa ci stai a fare là dentro, ma bastasse la tua “bella” faccia, perché tu sei tu e gli altri sono comunque peggio. Ogni giorno che passa risulta sempre più ingiustificata e abusiva questa autorappresentazione di sé e della propria compagine come “migliore”. Non basta avere letto più libri, o i libri giusti, né avere le medaglie di lotte passate da affiggersi sul petto ovvero da ostentare nei curricula politici. Siamo quello che facciamo o non facciamo. E i risultati si possono ottenere sia dall’interno sia dall’esterno delle stanze decisionali. Non esistono ricette metodologiche, ma esiste la valutazione del lavoro politico (in senso proprio etimologico di apporto alla vita della polis), alla quale non è possibile sottrarsi solo perché ci si considera “i buoni” (cit. Luca Rastello) o gli esemplari di una Next Generation dalle meravigliose sorti e progressive che a conti fatti si limita ad allargare le braccia e a “fare quel che può”. Non l’ha ordinato il dottore di fare cose sbagliate, tradendo il proprio percorso, né di governare insieme a chi le pianifica. Si può quel che si fa.
Semi OT
«“C’è inoltre un problema di autorappresentazione. A volte sembra quasi che certi aggregati della sedicente sinistra di lotta e di governo considerino positivo il fatto stesso che certe persone siedano nella stanza dei bottoni. Questa idea rivela uno snobismo profondo, come se non fossero le azioni, le decisioni, i voti, a stabilire chi sei politicamente e cosa ci stai a fare là dentro, ma bastasse la tua “bella” faccia”»
Concordo su tutto, ma volevo solo fare una chiosa a questo punto, perché per esperienza (cosa valida specificamente nei piccoli comuni, che sono poi la maggioranza, non mi esprimo in realtà più grandi) mi sembra che oltre allo snobismo che citi tu, ci sia anche una certa dose di “ingenuità” o di ignoranza dei meccanismi della pubblica amministrazione.
Spesso le persone entrano “in minoranza”, pensando di poter avere un peso, di poter influire su certe decisioni. In realtà, per come sono impostati i piccoli comuni e in generale le amministrazioni locali:
1) già “l’amministrazione locale” di per sé può fare relativamente poco, specie quando non c’erano nemmeno i soldi da spendere, e ha vere competenze e può dare veri indirizzi su un numero limitato di materie;
2) ma poi, quel poco che le amministrazioni locali fanno (nel mio campo ambientale prevalentemente decidendo come spendere soldi stanziati da altri, fra i paletti decisi da altri), lo determinano la giunta e comunque la maggioranza. In questo le “minoranze” possono avere un mero ruolo di “testimonianza” e al massimo dissuadere con la loro “sorveglianza competente” da procedure troppo naif o scorciatoie troppo semplicistiche (quando va bene) le “maggioranze”.
Ma in termini di vero ostruzionismo contano poco o nulla.
Questo non vuol dire che non valga comunque la pena di esprimere una minoranza e un dissenso, ma come dici tu, conta quello che fai. E quello che possono fare le minoranze, oltre almeno a votare in modo manifesto NO in 3 o 4 su 12 o più (la maggioranza, approva), come detto, è mettere in piazza vizi procedurali, errori di valutazione e di progettazione, conflitti di interessi, irrazionalità / incompatibilità ambientali di certe decisioni, smascherando il cemento dietro il greenwashing ogni volta che sia possibile, nella al momento molto tenue speranza di raccogliere abbastanza consenso politico da far “balenare” una reale perdita di credibilità a quelle maggioranze che poi mettono la faccia su certe decisioni.
“Spesso le persone entrano “in minoranza”, pensando di poter avere un peso, di poter influire su certe decisioni.”
Guarda, quando ha iniziato a circolare il nome per il ruolo di vicesindaco ho pensato: stai a vedere che mettono un guinzaglio politico alla minoranza di coalizione interna. E infatti…
Dico guinzaglio politico perché “ingabbia” la leader di CC in un ruolo istituzionale di secondo ordine (a Bologna il vicesindaco è sempre stata espressione di minoranza di coalizione con in ruolo piuttosto irrilevante fin dai tempi del PCI/PSI).
È diverso da un assessorato, qui è la vice della Giunta. Sembra un dettaglio ma non lo è e purtroppo il PD i giochi politici li sa fare molto bene, vecchia scuola.
Poi si può rivendicare la propria indipendenza sulle varie questioni, però…
A proposito di uno dei primi post di WM1 (se non erro) quando si diceva che ci sarebbe stata più onestà nel dire “o raga vabbè gli facciamo passare sta porcata del Passante ma otteniamo cose su altri settori”, è successo con il finanziamento per le ristrutturazioni delle case popolari in Cirenaica dove viene fatto notare e sottolineato con lo stabilo boss, che “avete visto? adesso si inizia ad ottenere qualcosa dalla nostra entrata in maggioranza”.
Siano beati loro, non gli illusi…
No, non l’ho scritto io.
Per me sarebbe rimasta una roba immonda comunque avessero provato a giustificar(se)la. Tanto sarebbe stato un altro cliché, roba stramacinata e straudita. Questa storia tanto più tanfa di vecchio quanto più insiste sull’essere gggiovani.
Nella storia recente d’Italia l’unica realtà che è riuscita a sperimentare in modi non stereotipati, inattesi, creativi dentro il rapporto tra mobilitazione radicale e riappropriazione di nessi amministrativi è il movimento No Tav valsusino. Nemmeno in valle son tutte rose e fiori, ma chi si permettesse mosse come quella di CC e interviste come quella dell’esponente di Làbas si attirerebbe all’istante l’informale ma ben concreta “mozione di sfiducia” da parte del movimento, ergo la secca revoca del mandato sociale, con rapida fine politica del soggetto in questione.
Segnaliamo, sulle tematiche legate al Passante “Gassante”:
La lettera della Rete delle Lotte Ambientali Bolognesi alla Commissione Europea per segnalare che l’approvazione del Passante è in contrasto con la candidatura di Bologna a firmare il Climate City Contract:
https://lotteambientalibolognesi.noblogs.org/lettera-alla-commissione-europea/
L’intervista con il meteorologo Luca Mercalli, realizzata da Bologna for Climate Justice: https://www.bolognaforclimatejustice.it/2022/01/14/luca-mercalli-e-il-passante-e-un-po-come-tagliare-una-gamba-sana-a-una-persona-video-intervista/
Nel frattempo quassù nell’Adriatisches Kustenìand il Gauleiter e le regie ferrovie stanno progettando un tunnel ferroviario di 27km sotto il carso. Oltre alle associazioni ambientaliste, si oppongono all’opera anche i sindaci dei comuni lungo il tracciato, e persino mezza giunta regionale. Indovinate invece chi è favorevole? La CGIL (notizia di oggi).
Altro giro altra corsa. Di concerto col governo nazionale, il podestà della città che crede nella scienza ha imposto alla città una cabinovia dal mare ai monti. La cabinovia non la vuole nessuno, ma bisogna farla perché così vuole il podestà, e poi se non si fa si perdono i soldi del PNRR (cioè, li perde la ditta che dovrebbe costruire la cabinovia, ma non bisogna dirlo, perché la città crede nella scienza). E poi c’è il covid, mica vorrete opporvi alle scelte del governo e allo sforzo coordinato della nazione! La città crede nella scienza, nelle cabinovie, nei tunnel e nel denaro.
Direi che qua si può citare a proposito il famoso non-aforisma di Brecht….
[…] Il dottor Pollock, l’economista dell’Istituto di sociologia (un tempo a Francoforte e ora a Hollywood), è convinto che il capitalismo potrebbe senz’altro liberarsi di tutte le sue crisi semplicemente mettendosi a fare lavori pubblici. Marx non poteva certo prevedere che un giorno il governo avrebbe potuto semplicemente mettersi a costruire strade! — Eisler e io, sentendoci un po’ esausti a un tiro tale, perdiamo ben presto la pazienza e «ci mettiamo dalla parte del torto», in mancanza di un altro posto in cui metterci.
Il passante, come la cabinovia, rientra fra le tante opere inutili per le quali si trova sempre una ragione d’essere.
Il passante lo devi costruire perché fa scorrere meglio il traffico, e il traffico che scorre meglio inquina meno.
Lo devi costruire perché diminuisce i tempi di percorrenza.
Lo devi costruire perché permette un più rapido trasporto delle merci, e un più rapido trasporto delle merci significa più produzione, e più produzione significa più operai che lavorano.
Lo devi costruire perché la sua stessa costruzione crea posti di lavoro.
Il passante è sviluppo, progresso, modernità. Il sistema infrastrutturale italiano è arretrato e bisogna svecchiarlo per poter competere nel mondo globalizzato.
Sono queste le giustificazioni che corredano questo tipo di opere, che se ci pensiamo sono le stesse per tutte le grandi opere inutili, dalla Val di Susa alla BRE-BE-MI, dalla variante di valico al porto di Genova, al tunnel ferroviario sotto al Carso.
Sono circa 10 anni che la cittadina nella quale abito sta vedendo diminuire la sua popolazione; in questo lasso di tempo siamo passati da ca 40.000 a ca 35.000 ab., eppure si costruiscono nuove palazzine residenziali, che stanno spuntando come funghi. Cemento che va a consumare suolo. Nonostante non vi sia alcuna esigenza abitativa, questi nuovi appartamenti (diverse centinaia) vengono venduti lo stesso. Rimangono vuoti, sono investimenti del benestante che accumula beni rifugio, sono pertanto assolutamente inutili alla società, tuttavia sono tutti contenti, perché il muratore, l’elettricista, il piastrellista, l’idraulico, l’imbianchino, il serramentista, l’imprenditore (il nostro totem, il nostro dio) lavorano. Capiamo allora perché a Trieste sia rimasta solo la miope CGIL favorevole a certe pratiche. Tutti figli di Pollock.
La Commissione Europea ha risposto alla lettera della Rete delle Lotte Ambientali Bolognesi:
“La selezione delle città che parteciperanno alla ‘Cities Mission’ – scrive la Commissione – si svolgerà nei prossimi mesi: nel caso Bologna fosse selezionata per la partecipazione, inviteremo le autorità locali responsabili a tenere in considerazione queste preoccupazioni nella preparazione del ‘Climate City Contract”.
Sto cercando se è disponibile la risposta integrale della Commissione europea ma non trovo nulla. Qualcun*?
Qui il link riportato dalla Rete sul canale Telegram.
https://www.bolognaforclimatejustice.it/2022/02/04/commissione-europea-sul-passante-inviteremo-le-istituzioni-locali-ad-ascoltare-le-preoccupazioni-dei-cittadini/