A proposito di una notizia falsa sul nostro conto

I dolori del giovane Raul.

[Aggiornamento h.15:27 03/06/2022: nell’edizione on line dell’intervista il passaggio in cui eravamo tirati in ballo (noi e… Kafka) è stato espunto. Ci dicono che su Facebook Montanari ha riconosciuto di aver «infilato nell’intervista un errore» e annunciato che domani l’edizione cartacea del Corriere–Bergamo pubblicherà una rettifica. Noi siamo a posto così. WM]

In un’intervista rilasciata all’edizione bergamasca del Corriere della Sera il collega scrittore Raul Montanari, parlando dei fatti suoi, ha inspiegabilmente sentito l’impulso di tirare in ballo noi, totalmente a sproposito, attribuendoci una fantomatica richiesta che avremmo fatto non si capisce quando al Salone del libro di Torino:

«A me sta avvelenando la vita, il politicamente corretto, non mi sento più libero di fare una rappresentazione del femminile nelle cose che scrivo, come lo ero vent’anni fa. Mi pongo problemi, devo andare con il bilancino, cerco di equilibrare. Nel caso di Nori la cosa più grottesca è che hanno cercato di imporgli di parlare di autori ucraini accanto a quelli russi, per tenere il corso. Anni fa successe una cosa del genere al Salone del Libro, quando Wu Ming protestò contro gli autori israeliani, chiedendo che venissero ospitati anche autori palestinesi. Ma, insomma, mettere gli autori palestinesi accanto a Kafka o ad altri grandi autori ebrei non aveva alcun senso. E, mi tocca precisarlo, sono tutto meno che un sionista.»

La circostanza è inventata di sana pianta.

L’unica volta che abbiamo preso una posizione pubblica su questioni riguardanti l’organizzazione della kermesse torinese – a cui nella nostra carriera lunga ormai un quarto di secolo abbiamo partecipato molto di rado – è stata quella del 2019 con cui ci siamo rifiutati di partecipare dentro una cornice che, sul suo versante espositivo, dava oggettivamente visibilità, credito e occasione di profitto a una casa editrice  neofascista.

Non ci siamo mai sognati di contestare la mera presenza in qualsivoglia contesto letterario di autori di nazionalità israeliana e men che meno dei loro libri, che non abbiamo mai banalmente identificato con le politiche dei governi israeliani. Sarebbe come identificare noi stessi e i nostri libri con le politiche – che riteniamo il più delle volte nefande, ma non è nemmeno questo il punto – dei governi italiani.

Avversiamo qualunque strumentalizzazione nazionalistica e “geopolitica” della letteratura,  ma ancor più avversiamo la sciatteria e il pressapochismo con cui si rende conto di idee e posizioni altrui.

Tra l’altro, Montanari prima parla di «scrittori israeliani», ma subito dopo, con un salto logico del quale chi lo intervista non gli chiede conto, questi diventano «Kafka e altri grandi autori ebrei». Kafka diventa israeliano per falso sillogismo, e noi avremmo protestato per la sua presenza “non bilanciata” al Salone del libro.

Invitiamo il collega Montanari a informarsi prima di esternare e in generale a tenerci fuori dai suoi sfoghi.

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Come spiegato nell’ultimo aggiornamento complessivo (ne faremo un altro tra pochi giorni), in questa fase Giap funziona “col motore al minimo”. Soprattutto, mancano le energie per gestire lo spazio commenti. Ecco perché sotto i nuovi post mettiamo il “lucchetto”. Ce ne scusiamo, purtroppo va così.

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