di Nicoletta Bourbaki*
[La prima puntata dell’inchiesta è qui.]
INDICE DELLA SECONDA PUNTATA
di Nicoletta Bourbaki*
[La prima puntata dell’inchiesta è qui.]
INDICE DELLA SECONDA PUNTATA
[Mentre prosegue il lavoro di ricerca e analisi dei documenti relativi alla vicenda di Giuseppina Ghersi, il gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki continua a prendere in esame narrazioni che hanno in comune col caso Ghersi non solo la zona in cui sono ambientate (l’Appennino Ligure tra Genova e Savona), ma anche autori, propagatori, incongruenze e problemi metodologici.
Il quadro che ne emerge è impietosamente in linea con tutta la produzione narrativa sui fantomatici «orrori partigiani», produzione nella quale ricorrono sempre gli stessi elementi: dicerie mai sottoposte a verifica e anzi prese per oro colato; dettagli sempre più macabri, assenti da ogni fonte documentale reperibile, aggiunti a piene mani ogni volta che si racconta la vicenda; fosse comuni vuote, introvabili e addirittura “mobili”; vittime non solo mai trovate ma addirittura mai esistite – come la fantomatica «Jolanda Crivelli», della quale è stato inventato persino il nome; uso sensazionalistico di immagini shock estranee alle vicende narrate; partigiani descritti come indemoniati che non hanno nulla di umano, immancabilmente stupratori se le vittime sono donne – Giuseppina Ghersi, Norma Cossetto… – e in ogni caso crudi torturatori.
Dopo essersi interessata al mai avvenuto «eccidio di Monte Manfrei», questa volta Nicoletta Bourbaki si occupa della Colonia di Rovegno, un edificio che qualcuno racconta come un luogo dell’orrore, ma…
Buona lettura. WM]
di Nicoletta Bourbaki *
di Wu Ming 1
Il 29 settembre 2019, insieme ad alcuni amici e colleghi, decido di avventurarmi in quel che resta del cimitero dei detenuti sull’isolotto di Santo Stefano.
Alzando lo sguardo, l’isola di Ventotene brilla azzurra e verde nel sole; con quel posto, dopo La macchina del vento, sento di avere un rapporto sempre più stretto.
Abbassando lo sguardo, lo stato di abbandono del camposanto strizza il cuore come un tubetto. La vegetazione sta inghiottendo tutto. Molte tombe sono già invisibili.
C’è anche la tomba del compagno Gaetano Bresci. Il suo nome campeggia su una croce appoggiata al suolo di sbieco, in bilico. Prosegui la lettura ›
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[WM1:] Ecco il video del keynote speech che ho tenuto a Berlino il 20 settembre 2019, su invito di Tatiana Bazzichelli, in apertura della conferenza «Citizens Of Evidence: Independent Investigations for Change», organizzata dal Disruption Network Lab.
La questione su cui si incentrava la conferenza era: «Nell’attuale contesto di disinformazione e deliberata messa in circolazione di false notizie, ha ancora senso riferirsi ai dati di fatto riscontrabili [evidence] come prove dirette della verità fattuale? Come possono giornalisti, narratori e attivisti generare consapevolezza rendendo pubbliche informazioni nascoste, quando il confine tra i significati di ciò che è falso e ciò che è vero si fa sempre più sfumato?»
Rispetto a tale domanda, il mio intervento è stato, se non fuori fuoco, quantomeno sghembo. Obliquo, per direzione di provenienza, tema svolto e modalità di esposizione, fin dal titolo, che tradotto in italiano suona così: «Spettri nei boschi ed entità perturbanti. Come mi sono ritrovato a raccontare il movimento No Tav».
Qualcuno ha definito il keynote «molto poetico» e «so airy», cosa che in un consesso di giornalisti e ricercatori può essere parsa bizzarra, e che forse alcuni avranno trovato disfunzionale. Prosegui la lettura ›
[Nel pubblicare quest’importante saggio-confessione di Alberto Prunetti, ricordiamo che proprio lui affiancherà Wu Ming 1 oggi a Firenze; alle h.18:00 presenteranno La macchina del vento alla libreria Marabuk, via Maragliano 29/e. Riproporremo il binomio a Piombino il 25 ottobre, potete trovare i dettagli nel nostro calendario. E ora, buona lettura. WM]
di Alberto Prunetti *
[In questo «Friday for Future», vogliamo ricordare che in Italia c’è una lotta ambientale, quella No Tav, che ha pagato – e sta pagando – la propria coerenza e radicalità con quasi duemila indagati, valanghe di arresti e misure restrittive (ad esempio i fogli di via) e centinaia di anni di carcere irrogati in decine e decine di processi.
Processi, va sempre fatto notare, istruiti e giunti a sentenza in pochi mesi, mentre i procedimenti aperti per le violenze delle forze dell’ordine si perdevano in un porto delle nebbie, come si vede nel documentario Archiviato narrato da Elio Germano.
L’ultimissimo, paradigmatico sviluppo in ordine di tempo: l’attivista Luca Abbà, raggiunto da una condanna per un episodio di poco conto risalente a dieci anni prima, è stato preso dai carabinieri e portato al carcere torinese delle Vallette. La richiesta di affidamento ai servizi sociali è stata respinta con motivazioni scritte che “scansionano” e giudicano il suo stile di vita, le sue idee politiche, le sue frequentazioni.
Xenia Chiaramonte si occupa di diritto e criminologia e studia da anni l’impatto tra movimenti sociali e macchina giudiziaria. Al caso No Tav ha appena dedicato un libro importante, Governare il conflitto (Meltemi, 2019). La sua tesi, corroborata da un’enorme mole di materiale documentario, è che con la repressione della lotta in Valsusa si sia imposto un nuovo modello di criminalizzazione tramite il diritto penale. Un modello che lei chiama «neopositivistico», perché risuona con teorie d’antan come quelle, famigerate ma mai davvero cadute in disuso, di Cesare Lombroso.
Con questo meccanismo potrebbero presto dover fare i conti i nuovi movimenti che agiscono dentro la crisi climatica. Anche per questo è importante capire come funziona. Abbiamo dunque chiesto a Xenia di commentare per Giap quel che sta accadendo a Luca. Buona lettura. WM] Prosegui la lettura ›
di Alpinismo Molotov*