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La nuova centralità della working class in tempi di coronavirus (e le scritture per raccontarla)

I dipendenti FCA nello stabilimento di Pomigliano d’Arco, foto di repertorio. Il 10 marzo 2020 sono scesi in sciopero spontaneo per strappare tutele contro il coronavirus.

di Wu Ming
[Deutsche Übersetzung hier]

Negli ultimi due mesi, la working class sembra avere riconquistato una visibilità sui media e una centralità nei discorsi che non aveva da molti anni. L’emergenza coronavirus ha riportato in auge questioni come le condizioni di lavoro, le nocività in fabbrica, il rapporto tra lavoro e salute, tra diritto del lavoro e medicina… La forma presa dal dibattito è stata quella della querelle su quali produzioni bloccare e quali no, quale voce si dovesse ascoltare di più, quali interessi dovessero prevalere.

Quali abbiano prevalso all’inizio diventa ogni giorno più chiaro: i catastrofici errori fatti nel gestire l’emergenza coronavirus in Lombardia – su tutti, non aver isolato la val Seriana – derivano in gran parte dall’aver anteposto le esigenze del padronato alla salute di lavoratori e cittadini. Tutt’intorno, nel mentre, si ricorreva al lockdown a macchia di leopardo e con continui riaggiustamenti, con piglio cialtrone e brancaleonesco.

E i lavoratori? Non pervenuti.

Non erano ancora entrati nello schermo del radar.

Per entrarci, hanno dovuto fare irruzione. Prosegui la lettura ›

«È colpa di quelli come te se c’è il contagio!». Abusi in divisa e strategia del capro espiatorio nei giorni del coronavirus

di Pietro De Vivo*

(con una postilla di Luca Casarotti **)

Fino a venerdì 20 marzo, prima dell’annuncio della chiusura di tutte le attività produttive, ho continuato ad andare al lavoro, ovviamente rispettando tutte le precauzioni: abito sulla stessa strada dell’ufficio – a pochi numeri civici di distanza –, nei pochi metri che faccio a piedi non incontro nessuno, e in sede in quei giorni eravamo solo in due e ci tenevamo a distanza. Gli altri lavoravano già da remoto, veniva solo uno dei miei soci, che come me abita molto vicino e non vedeva praticamente nessun altro oltre al sottoscritto.

Era ancora consentito dai decreti (il telelavoro era solo consigliato, non obbligatorio), e oltre a dover usare per forza macchine e software dell’ufficio, trovavo che andare in sede fosse anche una buona pratica: per separare il tempo del lavoro da quello del non lavoro, per prendere un po’ d’aria, vedere un po’ di luce, e scambiare due chiacchiere col mio collega. Vivendo solo con il mio coinquilino, in una casa molto piccola anche per due persone, rischio di impazzire.

Ma ciò che a Roma di solito è un’enorme fortuna – abitare vicino a dove si lavora –, in tempi di quarantena e con le occasioni per camminare ridotte al minimo era diventato una prigione. Avevo preso allora l’abitudine, dopo aver staccato, di fare un giro largo per rincasare. Niente di che, neanche cinquecento metri, praticamente il periplo dell’isolato. Prosegui la lettura ›

Resistere all’emergenza: consigli per chi lavora in fabbrica o ha una libreria indipendente

libreria puntoeacapo Pisogne

La libreria Puntoeacapo nello spazio STORiE, Pisogne (BS).

Due segnalazioni – anzi, tre – che ci sembrano importanti.

■ Su Jacobin Italia il “nostro” Luca Casarotti analizza e smonta i decreti del premier Conte sull’emergenza coronavirus, dimostrando che contengono molte vaghezze e incongruenze.

Ciò è pericoloso, perché lascia molta discrezionalità alle forze dell’ordine e alle amministrazioni locali, situazione che sta generando abusi d’autorità e introducendo divieti che nel testo non ci sono. Molti esempi si trovano nei commenti in calce al Diario virale #3.

Di contro, pare proprio che le denunce a pioggia di questi giorni – per violazione dell’art. 650 del codice penale, ovvero «inosservanza di provvedimenti legalmente dati dall’autorità» – siano giuridicamente infondate. Un decreto ministeriale o della presidenza del consiglio è una norma giuridica, non un provvedimento dell’autorità, ergo non ricade nell’ambito d’applicazione dell’art. 650. Prosegui la lettura ›

Le ultime due settimane della raccolta per Blue.

In sole tre settimane, la raccolta popolare per sostenere Blue ha raggiunto il suo obiettivo: 5000 euro per stampare il libro fotografico di Luca Santini e Matteo Natalucci, con un testo di Wu Ming 2, e ripagare il loro lavoro d’inchiesta sui luoghi dell’allevamento intensivo in Italia.
Il crowdfunding però non è ancora concluso: fino al 7 marzo sarà sempre possibile fare una donazione, prenotando una copia del libro, una cartolina, una stampa di grande formato. Al momento di scrivere queste righe, il progetto ha 250 sostenitrici e sostenitori. Ci piacerebbe arrivare a 300, cifra tonda. Prosegui la lettura ›

Il debutto dell’Uomo Calamita. Recensioni, interviste, prossime date.

Il 12 dicembre scorso, al teatro Vascello di Roma, ha debuttato L’Uomo Calamita, lo spettacolo di circo, letteratura, musica e magia scritto e interpretato da Giacomo Costantini, Fabrizio “Cirro” Baioni e Wu Ming 2.  Cinque repliche in quattro giorni, di fronte a una gradinata da più di 300 posti, quasi sempre esauriti, sono state il miglior approdo che potessimo immaginare, per un viaggio iniziato nel 2017, e un ottimo stimolo a ripartire, con le prime date invernali.

Ai primi di febbraio siamo stati ad Arezzo, al teatro Mecenate, ospiti del festival Altre danze: sold out al pomeriggio della domenica, sold out alla matinée per le scuole. Abbiamo esaurito le ultimissime copie del libro illustrato da Marie Cécile, stampato e rilegato a mano, in 500 esemplari, da Strane Dizioni, con il racconto di Wu Ming 2 dal quale è tratta la sceneggiatura. Presto ne avremo una nuova tiratura: stesso formato, ma stampa in digitale e prezzo di copertina più economico.

Il prossimo fine settimana (15-16 febbraio) saremo al festival Moncirco di Montiglio Monferrato, organizzato dal Magdaclan. Tutte le info sono qui. Prosegui la lettura ›

Dal Corno d’Africa alla Resistenza italiana. Ecco il libro sui «Partigiani d’Oltremare».

Dopo qualche intoppo nella distribuzione, da pochi giorni è disponibile, in tutti i canali di vendita, un libro che attendevamo con entusiasmo e trepidazione: Partigiani d’Oltremare. Dal Corno d’Africa alla Resistenza Italiana, di Matteo Petracci.

L’autore lo ha presentato – insieme a Wu Ming 2 – durante una serata memorabile al CSA Sisma di Macerata – luogo che a buon diritto si può considerare la culla dell’intero progetto. Prosegui la lettura ›

«Aiutiamoli a casa loro». Cosa stanno facendo Impregilo e CMC in Sudafrica?

[Con questo articolo di Luca Manes prosegue la nostra collaborazione con l’associazione Re:Common intorno alle imprese neocoloniali delle aziende italiane in Africa. In questo caso si parla del Sudafrica e delle attività di due ditte molto note a chiunque si interessi di Grandi Opere Dannose, Inutili e Imposte: Salini-Impregilo e CMC. Quest’ultima, con sede a Ravenna, è anche un prodotto d’esportazione del «modello economico emiliano-romagnolo», di cui tanto s’è parlato negli ultimi mesi. Le fotografie sono di Carlo Dojmi di de Lupis. Buona Lettura.]

di Luca Manes

Ladysmith è una cittadina della provincia sudafricana del KwaZulu-Natal, a metà strada tra Johannesburg e Durban, teatro di uno degli eventi più famosi della Seconda Guerra Boera. Qui fra il 2 novembre del 1899 e il 28 febbraio del 1900 le truppe boere assediarono quelle britanniche, senza riuscire a espugnare l’avamposto nemico. Davanti al municipio di Ladysmith ci sono ancora due dei cannoni usati in quei giorni, mentre il vicino hotel è una sorta di museo non ufficiale di quel conflitto, che vide l’esercito di sua maestà imporsi sui coloni boeri e vendicare l’onta della sconfitta nel primo conflitto. Ma in tutta l’area intorno al centro abitato risuona ancora l’eco delle sanguinose battaglie svoltesi sulle tante colline che movimentano il panorama.

La più celebre è la Spion Kop, su una collina che si raggiunge tramite una stradina stretta e ripida dopo una mezz’ora di macchina da Ladysmith. La strenua resistenza e le tante vittime (243), in buona parte originarie del Lancashire, colpirono così tanto l’immaginario collettivo inglese che molte “curve” degli stadi di calcio allora in costruzione furono rinominate Spion Kop. Poi abbrevviate in Kop, come quella del Liverpool che anche i meno appassionati di football conoscono. Prosegui la lettura ›