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Libri

Poteva forse non accadere? Senza titolo di viaggio. Filo Sottile nella collana Quinto Tipo diretta da Wu Ming 1

cover Senza titolo di viaggio

Clicca per vedere la copertina “stesa”, cioè completa di quarta e alette.

Rombi di tuono e lampi: entrano in scena tre streghe. Così comincia il Macbeth.

Le streghe le vediamo anche qui, ma non compaiono all’inizio, né leggono il futuro a un condottiero scozzese. Queste streghe accolgono l’autrice – sorella nella buona e nella cattiva sorte – nella sterpaglia che costeggia il Sangone, torrente che dà il nome a una valle piemontese. È a loro che Filo racconta la sua storia, la storia che avete tra le mani, una battaglia partita per cinque lettere.

OMENA

«Battaglia che forse, chissà, non ci sarebbe stata senza la lotta No Tav».

«Come? C’entra pure quella?»

«Manco te l’immagini, quanto c’entra».

Le streghe ascoltano, commentano, consolano, preparano a Filo un brodo di erbe selvatiche. Anche loro hanno una storia, e a modo loro la raccontano. L’unica cosa che non fanno è leggere il futuro. Perché, come diceva un fratello maggiore, the future is unwritten. Prosegui la lettura ›

La traduzione della Rivoluzione. Un articolo e un’intervista su L’Armata dei sonnambuli in castigliano.

La maschera di Scaramouche, dalla copertina dell’Armata dei sonnambuli ai muri di Lavapiés, Madrid. Con storpiatura linguistica e rivoluzionaria del tradizionale motto ¡Viva España! (Foto di Andrea Bresadola, 2019)

[Quasi due anni fa, nel dicembre 2019, l’Università di Macerata ha organizzato il convegno “Il traduttore nel testo”, durante il quale Andrea Bresadola ha intervistato Wu Ming 2 a proposito delle “lingue” utilizzate per scrivere L’Armata dei sonnambuli, proponendo poi un’analisi minuziosa delle soluzioni adottate dal traduttore del romanzo in castigliano, Juan Manuel Salmerón Arjona. Con i soliti ritardi dovuti alla pandemia, gli atti del convegno sono stati pubblicati quest’estate, in un libro omonimo. La terza e ultima parte del volume (“In dialogo con l’autore”) è tutta dedicata alla suddetta intervista (“Dal foborgo al palco di Madama Ghigliottina:la lingua della Rivoluzione nell’Armata dei sonnambuli”) e all’articolo di Bresadola: “La traduzione della Rivoluzione: appunti su El Ejército de los Sonámbulos”. Quest’ultimo, in particolare, ci sembra interessante anche per chi non legge lo spagnolo e non si occupa di traduzioni letterarie, perché attraverso il confronto tra le due versioni del testo, mette sotto la lente d’ingrandimento l’impasto linguistico presente nel romanzo. Da un totale di oltre 75 pagine, vi proponiamo qui due estratti: dall’intervista a Wu Ming 2, abbiamo tolto la parte che riguarda la lingua dell’Armata, in parte perché ritorna poi nell’articolo e in parte perché si tratta di considerazioni che qui su Giap abbiamo già proposto a suo tempo; dall’articolo di Andrea Bresadola, prendiamo invece la terza parte (“La voce del popolo”) che riguarda il gergo popolare dei parigini, e in particolare del foborgo di Sant’Antonio, tralasciando quelle sulle altre varietà linguistiche individuate nel romanzo (il bolognese di Léo Modonesi, l’alverniate inventato, la pa’lata del Muschiatini e quella RivoluzionaRia di ScaRamouche). In appendice al post, sempre a proposito di lingua castigliana, il grande scrittore messicano Paco Ignacio Taibo II recensisce Stella del mattino di Wu Ming 4, che presto uscirà in Messico con il titolo Estrella del alba. WM]

A.B.: […] passiamo alla questione delle traduzioni dell’Armata dei Sonnambuli e, più in generale, della vostra opera.

WM2: Sul rapporto coi traduttori, direi che io sono abbastanza stupito del fatto che, soprattutto in tempi più recenti (all’inizio accadeva un po’ di più), difficilmente i traduttori si mettono in contatto con noi. Io non sono un traduttore, quindi non so proprio come si faccia, ma può darsi che ci sia un aspetto del lavoro di traduzione che si è affermato: non farsi influenzare dall’autore. L’unico con cui abbiamo avuto degli scambi regolari anche durante la traduzione è Serge Quadruppani, che ha tradotto diversi nostri romanzi in francese. Ma lui perché è un amico: lo conosciamo da prima che diventasse il nostro traduttore. Anzi, è diventato il nostro traduttore perché ci siamo conosciuti e si è interessato ai nostri lavori. Con gli altri non succede. Mi dico che io, se fossi un traduttore, e mi trovassi davanti all’Armata dei Sonnambuli, due o tre cose all’autore, potendo, le chiederei. E, invece, non è successo con le traduzioni tedesche, che ci dicono essere molto buone, e non è successo, se non all’inizio, con le traduzioni in inglese, che hanno anche vinto dei premi.  Prosegui la lettura ›

«Ribelli al confino», una graphic novel ambientata a Ventotene, una mostra itinerante e altro ancora

Ribelli al confino

Per richiedere il ibro – e informarti sulla mostra – contatta direttamente l’ANPPIA cliccando sulla copertina.

Ribelli al confino è una graphic novel ambientata a Ventotene, sceneggiata e disegnata dal grande Maurizio Ribichini.

Ribelli al confino è anche una mostra itinerante pensata per le scuole e in generale per le giovani generazioni, «realizzata su sedici roll up dedicati alla storia del confino politico durante il regime fascista e alle diverse forme di opposizione che le vittime elaborarono al tempo».

Il progetto è a cura dell’ANPPIA, l’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti fondata da Umberto Terracini, in collaborazione con il Centro di ricerca e documentazione sul confino politico e la detenzione – Isole di Ventotene e di Santo Stefano, che molti conoscono nella persona del suo infaticabile frontman Anthony Santilli.

Proprio ad Anthony si devono la consulenza storica e l’apparato didattico e iconografico che arricchisce e completa il libro, approfondendo ciò che è apparso, perturbante, nelle tavole del Ribichini.

Ma prima di tutto questo – e qui c’entriamo noialtri e in fondo è il motivo per cui ne state leggendo su Giap – appare un antefatto scritto da Wu Ming 1.

Infatti – ecco che alla buon’ora lo diciamo – Ribelli al confino è anche uno spin-off del romanzo di WM1 La macchina del vento (Einaudi, 2019). Prosegui la lettura ›

George Orwell strikes back: arriva in libreria «La strada di Wigan Pier», con la prefazione di Wu Ming 4

La strada di Wigan Pier

Puoi ordinare La strada di Wigan Pier anche sul sito delle Edizioni Alegre.

[Esce oggi in libreria, nella collana Working Class curata da Alberto Prunetti per le Edizioni Alegre, la nuova edizione italiana de La strada di Wigan Pier (€16), la celebre indagine sociale e conseguente riflessione politica che George Orwell realizzò e scrisse nel 1936, nei distretti minerari del Nord dell’Inghilterra.
Nonostante i quasi novant’anni che ci separano dall’epoca in cui quel testo fu scritto, le riflessioni di Orwell contengono spunti tutt’ora interessanti. Non soltanto perché la precarietà di vita e la condizione di certo proletariato persistono, e non soltanto fuori dal nostro continente; ma anche perché le riflessioni di Orwell si illuminano oggi di una luce nuova, se è vero, come scriveva il grande storico marxista Christopher Hill, che «la storia deve essere riscritta da ogni nuova generazione, perché, se il passato non cambia, è il presente che muta; ogni generazione rivolge al passato domande diverse, e nel rivivere aspetti diversi delle esperienze dei suoi predecessori, scopre di avere con essi nuovi punti in comune».
Di seguito riportiamo la prefazione scritta da Wu Ming 4.]

Prefazione

«La condizione della classe operaia è la vera base e il punto di partenza di tutti i movimenti sociali del presente poiché essa è la più alta e la più palese vetta della miseria sociale esistente ai nostri giorni.»
Friedrich Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra

Un celebre aneddoto vuole che nel 1891 il passeggero di un treno fermatosi alla periferia di Wigan per un guasto sulla linea ferroviaria si affacciasse al finestrino e guardandosi attorno pronunciasse la fatidica domanda: «Where the bloody hell are we?». Prosegui la lettura ›

Non basta tornare a parlare di clima, conta il come torniamo a parlarne. Primi appunti (post-pandemia e dal Delta padano)

La ricerca degli iconemi. Una delle cornici-capitolo della presentazione multimediale «Blues per le terre nuove».

PREMESSA: UN PERICOLO, DUE EMERGENZE, UN RISCHIO

Il testo che segue è stato scritto nell’estate 2020, durante la prima “tregua” concessa dall’emergenza pandemica, e pubblicato nell’ottobre successivo come saggio introduttivo a Quando qui sarà tornato il mare, romanzo «a mosaico» scritto dal gruppo Moira Dal Sito.

Il libro – risultato di un laboratorio su crisi climatica e scrittura collettiva che ho tenuto nel Basso Ferrarese – è arrivato in libreria in un momento sfortunato, mentre l’angoscia riscendeva le pareti del pozzo e, dopo le parziali riaperture estive, si tornava a chiudere tutto. Ogni attenzione era sui numeri della «seconda ondata» e  qualunque altro discorso era destinato a infrangersi contro l’Emergenza. Non è stato possibile organizzare presentazioni e l’esperimento – parte del progetto Blues per le terre nuove – ha attirato poca attenzione.

Ora la questione climatica è tornata in primo piano e ripartono le mobilitazioni sul tema, che è il tema dei temi, perché noi viviamo nel clima. Il clima è sempre stato la precondizione di ogni attività umana, di ogni modo di produzione, di ogni civiltà e società.

Forse è un buon momento per proporre quel testo su Giap, e riprendere i fili di Blues per le terre nuove.

Blues per le terre nuove è un progetto la cui fase preliminare è partita nel 2017 e che mi terrà impegnato ancora per diversi anni, probabilmente per tutti gli anni Venti. È imperniato sulla storia e la geografia del grande Delta del Po, in particolare del Basso Ferrarese, e sui modi in cui i cambiamenti climatici permettono di rivisitare tale storia. Quei territori, infatti, sono destinati a essere sommersi – con un’ingressione dell’Adriatico fino a trenta chilometri dalla costa – da qui alla fine del secolo. Dove la terra fu strappata all’acqua in secoli di bonifiche e ingegnerizzazione del territorio, l’acqua tornerà a regolare i conti.

Blues per le terre nuove è partito come idea per un libro, un «oggetto narrativo non-identificato» a tema geografico, sulla scia di Point Lenana e Un viaggio che non promettiamo breve. Nel tempo, però, si è trasformato in un progetto più articolato e transmediale, fatto di performances, esplorazioni, reportages, laboratori di scrittura, autoproduzioni letterarie e audiovisive… e opere «di avvicinamento» al libro vero e proprio, che includono anche un sequel de La macchina del vento.

Si tratta di lavorare sullo sguardo di chi scrive, forzarlo, usare la letteratura per sperimentare diversi modi di raccontare la crisi climatica. Raccontarla partendo dal territorio e dalla storia dei conflitti che lo hanno plasmato e strutturato. Un approccio che combatta rimozioni e diversivi, faccia a meno del fatalismo, non si esaurisca nella distopia, dia profondità di campo connettendo tra loro le epoche, e soprattutto tenga i piedi sulla strada. Anche con l’acqua già alle ginocchia. Un contributo peculiare – quello che sempre può dare la letteratura, persino quella che sembra art pour l’art – alla lotta generale.

Lotta che, non facciamoci illusioni, si farà più difficile. Prosegui la lettura ›

A Facebook non piace «La Q di Qomplotto» (e viceversa). Una piccola storia di algoritmi e mannaie

Titolo di Repubblica on line, 1 settembre 2021.

A fine giugno è capitato al circolo culturale Magazzino Parallelo di Cesena. La notizia è uscita sulla stampa locale – Cesena Today e Il Resto del Carlino –, ma sembrava un singolo episodio.

Il 29 agosto è toccato al CSA Sisma di Macerata. Che ha scritto un bel comunicato, tanto che oltre a linkarlo lo riportiamo qui sotto.

Due punti fanno una linea. Qualcosa stava accadendo e la notizia è arrivata alla stampa nazionale: Matteo Pucciarelli ne ha scritto su Repubblica, Luca Pakarov sul Manifesto.

A quel punto si è scoperto che l’8 luglio era accaduto pure a una terza realtà: l’associazione sarda Argonautilus, che solo collegando la propria vicenda alle altre due ha capito come mai la sua pagina FB era svanita.

Immaginate la sequenza: invitate Wu Ming 1 a presentare La Q di Qomplotto. Fissate la data. Poi create l’«evento» su Facebook e…

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«In viro veritas?» Scarica i capitoli de La Q di Qomplotto dedicati a pandemia, vaccini e complotti

La Q di Qomplotto - copertina

Clicca per scaricare i capitoli «In viro veritas?».

Abbiamo deciso di rendere disponibili in pdf quattro capitoli di La Q di Qomplotto. È una sorta di “miniserie” nel flusso del libro di Wu Ming 1, intitolata «In viro veritas?»* e dedicata alla pandemia di Covid-19, alla critica di com’è stata gestita l’emergenza pandemica e alle fantasie di complotto su Sars-Cov-2 e vaccini.

In linea con l’approccio sviluppato nell’intero libro, tali fantasie di complotto non ci si limita a “smontarle”, ma si cerca di riconoscerne ed evidenziarne – sotto i velami e i panneggi di narrazioni diversive – i nuclei di verità.

Si tratta di una sessantina di pagine. Funzionano come vademecum e sintesi proiettata in avanti del lavoro fatto su Giap dall’inizio della pandemia.

È vero che alcuni ragionamenti, alcuni nodi concettuali sono comprensibili al meglio solo avendo letto i capitoli precedenti, ma pensiamo siano comprensibili in linea di massima anche senza quel prerequisito. E in ogni caso si tratta di pochi passaggi.

Per noi è uno strumento rivolto a tutte e tutti: a chi ha seguito il nostro lavoro e a chi non lo ha seguito e vuole farsene un’idea scavalcando a pie’ pari dicerie e “riassuntini” capziosi. Prosegui la lettura ›