L’Armata dei Sonnambuli.
…o meglio, dal 19 germile dell’anno CCXXII.
Sappiamo di averci messo tanto tempo.
Germile è il mese più crudele.
Ci scusiamo per la lunga attesa.
L’Armata dei Sonnambuli.
…o meglio, dal 19 germile dell’anno CCXXII.
Germile è il mese più crudele.
Ci scusiamo per la lunga attesa.
[WM5:] Chi cerca i segni li trova. Al tramonto, prima del concerto allo Strike per la presentazione della Guida alla Roma ribelle, io e i compagni del Wu Ming Contingent guardavamo il cielo e seguivamo le evoluzioni degli stormi, la sincronia medianica tra centinaia di uccelli che si impennano, virano, cambiano configurazione come un cuore, un organo contrattile, mutevole, come un solo animale celeste. La musica che avevamo captato nei mesi precedenti, nell’aria, quella che sentivamo ci appartenesse, doveva negli auspici rispondere a dinamiche simili. La musica che avevamo captato era antica, apparteneva tutta a un altro secolo, eppure pensavamo che fosse doverosa, che ci rappresentasse appieno, che dicesse in modo inattuale qualcosa di focalizzato, parziale, fazioso, non pacificato sull’oggi, e che quello – suggestioni post punk, no-disco, kraut rock, garage – potesse essere il tappeto volante per portare in giro una parte delle storie di Wu Ming.
Poiché si è in cerca di segni, i segni compaiono. Prosegui la lettura ›
di Wu Ming 5
Se si dovessero riassumere in una timeline, la cronaca e la storia recente della rivolta in nord Mali restituirebbero già, senza bisogno di analisi approfondite, le dolorose contraddizioni di un processo postcoloniale che sembra aver riconsegnato intere aree del continente agli antichi padroni. La siccità e le carestie che hanno colpito il Sahel dalla fine degli anni ’60 in poi hanno radicalizzato la distanza tra Tuareg e arabi del deserto e popolazioni “nere” del sud. I Tuareg, che hanno una storia di resistenza accanita contro i colonialisti francesi, vedono nello stato del Mali e nei governi che si sono succeduti nei decenni nient’altro che la continuazione di quella dominazione. Riassumiamo un po’ di punti, che servono a riflettere sull’intreccio tra conflitto dispiegato, dimensione simbolica, arte e ideologia planetaria dominante. Prosegui la lettura ›
AP. Il tuo libro dà un contributo importante a un genere che ha valore anche dal punto di vista narrativo. The Frontman è una biografia, un saggio, un pamphlet politico, una miscela di tutti questi generi. Come mai hai deciso di impostare la tua scrittura su quest’ibridazione? Stavi seguendo qualche esempio, forse nella tradizione della pamphlettistica radicale?
HB. Sono lieto che lo riteniate un contributo importante! La cornice concettuale e di genere di The Frontman si deve a Verso, la casa editrice britannica, che pubblica la collana “Counterblasts”. L’idea di fondo della collana è rivitalizzare la tradizione del pamphlet tipica del diciassettesimo e diciottesimo secolo, con libri dedicati a singoli personaggi, che sono saggi biografici duri e polemici in forma di pamphlet estesi. O, per usare un’espressione vernacolare del XXI secolo, sono dei “takedown“. Prosegui la lettura ›
C’erano voluti due mesi per Tifiamo Asteroide, l’antologia sorella di questa, e ce ne sono voluti altrettanti per Tifiamo 4 – Acqua (la scadenza per inviare le “giocate” era il 23 dicembre 2013).
Guidati da Mr Mill, il curandero, i 34 giocatori (uno dei quali bicefalo) hanno corretto, editato, migliorato e tagliato i loro fotoracconti. Poi lo stesso Mr Mill ha svezzato il pdf impaginando, prefazionando, sbozzando e disponendo. Troppo lavoro per un uomo solo: così, per la cover, ci siamo affidati a un ulteriore contest e Luigi Farrauto – copertinaro di Tifiamo Asteroide – ha scelto l’immagine qui sopra, realizzata da Davide Gastaldo. Prosegui la lettura ›
di Piero Purini (guest blogger),
con una postilla di Wu Ming e una breve linkografia ragionata.
Magazzino 18 di Simone Cristicchi mi è sembrato un’operazione teatrale molto furba con uno scopo politico più che evidente: fornire uno strumento artistico efficace per propagandare la cosiddetta memoria condivisa, tanto cara al mondo politico «postideologico», secondo cui tutti gli italiani devono riconoscersi in una storia comune. Storia comune di cui, fin dal nefasto incontro Fini-Violante del 1998, le foibe e l’esodo sono pietre angolari.
Premessa – di Wu Ming 1
Ecco un’occasione da cogliere al volo.
Il 2014 si è aperto alla luminosa insegna degli «Italiani brava gente», la solita autonarrazione vittimistica e tossica su cui si basano tanto le versioni dominanti della vicenda «due Marò», quanto il discorso dominante sullo spettacolo Magazzino 18 di Simone Cristicchi. L’Italiano, chiunque e ovunque egli sia, va rappresentato come buono e come vittima: vittima dello straniero, delle circostanze, della sfortuna, di “traditori”…
Le parti di storia che vedono – o anche solo potrebbero vedere – l’Italiano nel ruolo di carnefice vanno minimizzate, quando non completamente rimosse. E’ sempre colpa di qualcun altro, sono «loro» ad avercela con noi. Prosegui la lettura ›