Per Bruno Fanciullacci

A Firenze è un “largo”, a Pontassieve una “via”. Largo e Via Bruno Fanciullacci. Due targhe inaugurate di recente (2002 e 2003), tra polemiche politiche e querele incrociate. Fanciullacci fu un partigiano gappista, medaglia d’oro della Resistenza. Alcuni lo ritengono un killer (“l’assassino di Giovanni Gentile”), altri – noi compresi – un eroe. Pochi sinora lo hanno considerato un filosofo. E’ tempo di omaggiarlo in quella veste.

Sì, filosofo. Una nomea da riscattare, dopo anni di utilizzi arrischiati tipo “il filosofo Rocco Buttiglione”, di torpore accademico e convegni trascorsi a spaccare in sedici il pelo trovato nell’uovo. La filosofia, la prassi del filosofare, deve tornare nelle strade, le strade dove stanziava Socrate, dove viveva come un clochard Diogene detto “il Cane”. Non c’è bisogno di imitare quest’ultimo e dormire in una botte: è sufficiente abbattere gli steccati tra quel che si dice e quel che si fa. Vivere eticamente.

Bruno studia da autodidatta, nel fatiscente carcere di Castelfranco Emilia. Mentre sopporta angherie e privazioni e si rovina per sempre la salute, discute di economia, storia e ingiustizie secolari. Tra i detenuti circolano, ben occultati o mandati a memoria, testi di Marx, Engels, Labriola. Sono gli anni dal 1938 al 1942, Bruno è appena un ragazzo, arrestato ancora minorenne per aver distribuito stampa clandestina antifascista. Aveva un buon lavoro in un hotel di Firenze, poteva farsi i cazzi suoi nel comfort della “zona grigia”, e invece ha scelto l’opposizione al regime. Da bambino, nel pistoiese, ha visto le camicie nere angariare suo padre e costringerlo a trasferirsi con tutta la famiglia. L’antifascismo è una scelta di vita. Prosegui la lettura ›

Sentieri, guerre, previsioni

Cinque racconti notturni scandiscono il cammino lungo Il sentiero degli dei. Prendono corpo al buio, tra una tappa e l’altra, mentre il protagonista cerca di dormire. Non è chiaro se si tratta di sogni, storie vere, leggende o visioni.
Due di questi notturni sono diventati altrettante letture musicali, pensate per chi ama ascoltare e non soltanto leggere. Il primo audioracconto che vi proponiamo dura 33 minuti, ed è la prima volta che “suoniamo” un testo così lungo. La vicenda si svolge durante la XII edizione delle Mille Miglia (1938), a cavallo del Passo della Futa. Prosegui la lettura ›

Gli altri anni ’80. Appunti da un cono d’ombra

di Wu Ming 5 *

Da qualche tempo giro con vecchi compagni e i nostri percorsi sono quelli di più vent’anni fa. Bologna non cambia, e proprio per questo le periferie non dormono. Benché i consumi culturali siano diversi, incomparabili rispetto a quelli degli anni di cui parliamo, e benché il cibo mentale e ideale di cui ci si nutre sia dissimile, difforme, a me pare sempre che le strade abbiano qualcosa di preciso da dirmi. L’asfalto e il cemento, il ferro e la vegetazione inurbata, i volti, i vestiti e le andature degli uomini e delle donne: l’esperienza dei sobborghi è tra quelle fondamentali, per me. La mia formazione è Periferia. Prosegui la lettura ›

Il sentiero degli dei

Giovedì 29 aprile arriva nelle librerie Il sentiero degli dei, ultimo lavoro di Wu Ming 2 e seconda uscita per la collana A passo d’uomo della casa editrice Ediciclo.
Per spiegare meglio di cosa si tratta, ecco le due pagine che aprono il volume.

Nota dell’Autore
(alla maniera di Paco Ignacio Taibo II)

Una buona parte di questo libro consiste nella descrizione del cammino che va da Bologna a Firenze, da Piazza Maggiore a Piazza della Signoria, conosciuto con il nome di Via degli Dei. Tappa per tappa, il lettore può seguire il percorso e il camminatore arrivare a destinazione. C’è pure una scelta di foto scattate lungo il tragitto e una guida pratica per chi vorrà cimentarsi.
Mancano però le mappe topografiche al 25000 e il tono dei vari paragrafi è narrativo, partigiano e sentimentale. Sarebbe dunque difficile sostenere che questa è una guida per escursionisti.

Una buona parte di questo libro ha per protagonista un personaggio fittizio, con i suoi pensieri e le sue motivazioni. Alcune avventure che gli accadono sono frutto di invenzione, altre – le più numerose – si basano su fatti realmente accaduti. Tuttavia la trama del libro è il semplice susseguirsi dei passi e il protagonista è una mano tesa al lettore, per invitarlo a camminare. Sarebbe dunque molto difficile sostenere che questo è romanzo. Di certo, non è letteratura. Prosegui la lettura ›

¡Que viva Maurizio Maggiani! (e il libero download)

Ci aveva detto che l’avrebbe fatto e lo ha fatto.
Qualche tempo fa Maurizio Maggiani ci ha telefonato per esporci la sua idea. Voleva un confronto, un consiglio, un parere da chi rende accessibili da sempre i propri testi in rete.
Coincidenza ha voluto che giusto il giorno dopo dovessimo andare alla Spezia, la città in cui Maggiani vive, per un incontro con le scuole (la mattina) e una presentazione (il pomeriggio), organizzate dall’Arci. Così tra un evento e l’altro, l’indomani ci siamo ritrovati in una trattoria sulle colline, con vista sul golfo della Spezia, davanti a un memorabile stoccafisso in umido con patate e pinoli.
Avevamo incontrato Maggiani una sola volta in precedenza: ben dieci anni fa, a Cuba, alla Feria intercontinental del libro de la Habana, ma allora non avevamo avuto modo di scambiare più di due parole (troppo impegnati a girare al largo da Sgarbi e a sbronzarci a spese dell’ambasciatore italiano). Invece in quel della Spezia si è discusso a lungo.
L’idea di Maggiani era quella di rendere disponibili ai lettori i suoi primi racconti, pubblicati in edizioni ormai introvabili, e dei cui diritti è tornato in possesso esclusivo, nonché gli inediti, insieme agli articoli scritti in tanti anni di collaborazioni con vari giornali. Insomma si trattava di aprire il suo archivio personale ai lettori.
Noi ovviamente l’abbiamo incoraggiato, ché finché certe cose le facciamo noi “giovinastri” scrittori collettivi cinesi è una roba strana per gente strana, ma se un passo del genere lo fa un autore celebre e pluripremiato forse la percezione esterna inizia a cambiare.
Il sito adesso è online: www.mauriziomaggiani.it e questo è il video di presentazione con cui Maggiani spiega l’operazione: Prosegui la lettura ›

L’Aquila città chiusa

Per colmare lo scarto tra l’archivio e la strada: una giornata sui luoghi del terremoto del 6 aprile 2009
di Wu Ming 2


Lunedì 12 aprile siamo stati a L’Aquila per presentare Altai. L’incontro si doveva tenere nel tendone di Piazza Duomo, ma il freddo e la neve ci hanno dato lo sfratto. La giornata è partita così all’insegna del trasloco e dell’incertezza: un minuscolo assaggio di quanto gli aquilani vivono da mesi. Abbiamo trovato rifugio alle Casematte, nel grande complesso dell’ex ospedale psichiatrico di Collemaggio. Un’area molto vasta, in gran parte inutilizzata, a fortissimo rischio di speculazione edilizia. Dopo il terremoto del 6 aprile, la rete sociale 3e32 ha occupato proprio qui un piccolo stabile, con bar e saletta concerti. Subito a fianco, una casetta di legno fai-da-te ospita il media center e lo spazio riunioni. Ci stipiamo lì dentro e tocca a me iniziare, con uno strano imbarazzo:
– Siamo venuti qui, a raccontarvi una storia, e adesso mi rendo conto che vorrei solo stare zitto e che le parti dovrebbero essere invertite: voi che raccontate e noi che ascoltiamo in silenzio.
Poi rifletto e penso che Enrico ci ha invitato anche per questo: trovarsi un pomeriggio a parlare di un romanzo, per stare insieme e riflettere oltre il terremoto, le macerie e il piano C.a.s.e.
Allora mi dico che Altai è stato spesso un punto di partenza, un’allegoria per discutere di sogni, identità, rivolta e potere. Dunque, anche di questa città e del desiderio di ricostruirla, senza ridurre tutto a una questione edilizia.
Così comincio, parto verso Venezia e Istanbul, anno di grazia 1569, sperando che la macchina del tempo funzioni anche stavolta, e che ci sia abbastanza benzina per un ritorno al futuro. Prosegui la lettura ›

Branco ’75

Unire quel che appare diviso: Salò e Amici miei, note per una visione comparata

di Wu Ming 1

“Ragazzi, come si sta bene fra noi, fra uomini! Ma perché non siamo nati tutti finocchi?”
– L’architetto Melandri (Gastone Moschin) in Amici miei

Due film del 1975

Salò o le centoventi giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, Amici miei di Mario Monicelli.
[Nei titoli di testa c’è scritto “Regia di Pietro Germi”, per un errore. Doveva dirigerlo Germi, ma morì all’improvviso, e il film lo prese in mano Monicelli.]
Due film coevi, quasi simultanei, uno “alto” e uno “basso”. Due film dai destini molto diversi:
– Amici miei
è un film godibilissimo, quando esce nelle sale fa in poco tempo 7 milioni di spettatori paganti, poi vince due David di Donatello (miglior film + miglior attore protagonista) e diventa un culto di massa tramandato di generazione in generazione, stra-citato, continuamente ritrasmesso in tv.
– Salò viene sequestrato poco dopo l’uscita e a tutt’oggi lo ha visto poca gente: in tv non può essere trasmesso (è VM18), inoltre la visione è quasi insostenibile. E tra i pochi che lo hanno visto, pochissimi hanno voluto rivederlo. Prosegui la lettura ›