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Andrea Olivieri

Quella tenerezza per l’autonomia operaia – di Anna di Gianantonio

«Mi rivedo sempre solo, ma nella Polaroid sovraesposta che ho trovato nella scatola siamo in tre a inscenare quel western campagnolo. Io, mia sorella e Denis, il figlio dei vicini di mio nonno. Suo padre si chiama Ferruccio, un uomo generoso, vitale, dagli occhi azzurri e lo sguardo intelligentissimo. Loro nel cognome sloveno, Černic, portano una storia terribile di persecuzione, di tortura e di morte che ancora non conosco perché nessuno la racconta. Nessuno racconta nulla della guerra, o almeno così mi pare di ricordare. Puntiamo le pistole contro il fotografo.»



[Una preziosa riflessione della storica goriziana Anna Di Gianantonio, a partire da Una cosa oscura, senza pregio, il libro di Andrea Olivieri pubblicato nella collana Quinto Tipo diretta da Wu Ming 1 per le Edizioni Alegre.
Di Gianantonio è un nome noto alla comunità giapster: ha infatti partecipato allo speciale La storia intorno alle foibe, curato dal gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki e pubblicato sul sito di Internazionale in occasione del Giorno del Ricordo 2017. Risulterà evidente la continuità tematica e, diremmo, poetica tra quella discussione e questo «esercizio di lettura» dell’UNO di Olivieri. WM]

di Anna di Gianantonio *

Il sentimento che mi ha provocato la lettura del bel volume di Andrea Olivieri è di grande commozione.

Commuove, per averlo sentito raccontare e vissuto, la tenerezza dell’espediente letterario, o reale, del ritrovamento in una scatola delle foto di Albano e Leda, i nonni di Andrea, e di un ritaglio di giornale. Quest’ultimo testimonia di un possibile incontro tra lo scrittore Louis Adamic – immigrato negli Stati Uniti ai primi del Novecento, lavoratore, scrittore, giornalista, morto nel rogo della sua casa nel 1951, studioso attento e partecipe dei movimenti sociali e politici americani – e gli stessi nonni a Zenica, in Bosnia, dove gli Olivieri erano finiti per essersi schierati dalla parte di Stalin nel corso della cosiddetta «rottura del Cominform» del 1948, in cui il destino dei due capi di stato comunisti si separò per circa un ventennio.

Andrea Olivieri riesce a collegare la storia degli operai, al di qua e al di là dell’oceano, attraverso un filo che in questi anni è stato spezzato dalla storiografia: il filo delle lotte spontanee degli sfruttati e degli oppressi, lotte accompagnate dalla dimensione del desiderio, del sogno, dell’avventura e, soprattutto, dalla sovversione dei ruoli: quello di genere, ma anche quello che distingue i comportamenti politici leciti da quelli illeciti.

→ Continua a leggere sul blog di Quinto Tipo.

* Anna Di Gianantonio, storica, insegnante e presidente dell’ANPI di Gorizia, è autrice tra gli altri di Ondina Peteani. La lotta partigiana, la deportazione ad Auschwitz, l’impegno sociale: una vita per la libertà, Mursia 2011; L’immaginario imprigionato. Dinamiche sociali, nuovi scenari politici e costruzione della memoria nel secondo dopoguerra monfalconese, Consorzio Culturale del Monfalconese – Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel FriuliVenezia Giulia, 2005; e con Marco Puppini di Contro il fascismo oltre ogni frontiera. I Fontanot nella guerra antifascista europea, 1919-1945, Kappa Vu, 2016.

Una cosa oscura, senza pregio. Con lo splendido libro d’esordio di Andrea Olivieri, ritorna la collana #QuintoTipo diretta da Wu Ming 1

Una cosa oscura, senza pregio

Clicca per aprire la copertina completa di Una cosa oscura, senza pregio, con quarta e bandelle (pdf)

Ricordiamo Louis Adamic soprattutto come l’autore di un libro «di culto», di quelli che è facile fraintendere, che a maneggiarli scottano le dita, che incatenano i loro autori a immagini stereotipate: Dynamite: The Story of Class Violence in America, scritto nel 1931 e riscritto nel 1934.

Eppure, prima di trovare una morte enigmatica negli Stati Uniti della «caccia alle streghe», Louis fu tante persone, forse troppe: inquieto adolescente sloveno nell’impero austroungarico, migrante transatlantico in cerca di fortuna, americanissimo scrittore on the road, padre mai riconosciuto del New Journalism, cantore delle comunità meticce dei nuovi proletari (un Jack London mitteleuropeo tra gli scioperi degli Industrial Workers of the World), agitatore politico e infine sostenitore della Iugoslavia del maresciallo Tito. Una storia, molte storie a cavallo tra due continenti, tra i mostri del ventre d’Europa e l’American Dream spazzolato contropelo. Prosegui la lettura ›

Speciale «Cent’anni a Nordest». Suoni, video, reazioni, recensioni e discussioni dalla Croazia alla Sardegna

«The Burning Cemetery», la performance ideata e realizzata da Alberto Peruffo con cui si apre Cent'anni a Nordest. Clicca per vedere tutte le foto e leggere un resoconto dettagliato della giornata.

«The Burning Cemetery», la performance ideata e realizzata sull’altopiano di Asiago da Alberto Peruffo con cui si apre Cent’anni a Nordest. Clicca per vedere tutte le foto e leggere un resoconto dettagliato della giornata.

Il libro di Wu Ming 1 Cent’anni a Nordest sta facendo molto discutere, on line e dal vivo.

La prima presentazione del «Ventre della Bestia Tour» si è tenuta al Lunatico Festival di Trieste, nel parco di S. Giovanni (dove un tempo c’era il manicomio, quello smantellato da Basaglia e compagni), la sera dell’8 agosto 2015. Sono arrivate non meno di duecentocinquanta persone, il dibattito è stato intenso e in questo post ne proponiamo la registrazione, divisa in due parti, ciascuna dotata di un indice ragionato. Durata complessiva: un’ora e quarantacinque minuti. Proponiamo anche un video di Fausto Vilevich ispirato a un momento della serata. Fausto è uno dei fondatori e gestori del Knulp, il locale triestino dove si svolge anche una scena di Cent’anni a Nordest.

Negli ultimi giorni sono uscite svariate nuove recensioni, ciascuna con un “taglio” differente, in alcuni casi basate su sguardi obliqui che mettono in luce aspetti della tematica non appariscenti ma cruciali. Un esempio non a caso: la recensione di Omar Onnis, teorico di un indipendentismo sardo che rifiuta nazionalismi ed essenzialismi. Anche la recensione di Stefano Lusa, maturata nel mondo delle comunità italiane in ex-Jugoslavia, è utile e fornisce una prospettiva discutenda e, più che spiazzante, spiazzata. Altre recensioni interessanti sono quelle di Daniele Barbieri, Franco Berteni e Pietro Amati (quest’ultima è una videorecensione). Prosegui la lettura ›

Radio Giap Rebelde | Seminario sull’uguaglianza all’Unical, 8 ottobre 2014 #ArmatadeiSonnambuli

Scaramouche visto da Paola Loprete aka Morpheus. Clicca sull'immagine per aprire il fotostream dell'autrice su Flickr.

Scaramouche visto da Paola Loprete aka Morpheus. Clicca sull’immagine per aprire il fotostream su Flickr.

L’8 e 9 ottobre 2014, in quel di Cosenza, WM1 e WM5 hanno tenuto un seminario sull’idea di uguaglianza ne L’Armata dei Sonnambuli. L’evento era parte del Dottorato in Politica, cultura e sviluppo, Dipartimento di Scienze politiche e sociali, Università della Calabria. Per l’ideazione e organizzazione ringraziamo Andrea Olivieri, Elena «Mrs. Wolf» Musolino, Valentina Fedele, Nicola Fiorita, Carmelo Buscema, Enzo Giacco e Agostino Conforti. Sono intervenuti e hanno supportato l’iniziativa i due coordinatori del dottorato Alberto Ventura e Paolo Jedlowski, oltre ai docenti Renate Siebert, Laura Corradi, Elisabetta Della Corte e Giorgio Giraudi. Per la partecipazione, l’amicizia, il sostegno e la tormenta de cerebros non possiamo non ringraziare Claudio Dionesalvi, Gianfranco Tallarico, Fabio Cuzzola, Giuliano Santoro e Milena Jedlowski.

Quella che segue è la registrazione completa della prima giornata, con abstract che si possono leggere durante l’ascolto. Seguirà la sessione della mattina dopo, con le relazioni di Elma Battaglia (del collettivo Ateneo ControVerso) e Giuseppe Bornino (del collettivo Il Filo di Sophia). Prosegui la lettura ›

Il giorno in cui Putin liberò #Trieste. Dietro la nostalgia del Kaiser, gli affari dello Zar

Putin libera Trieste

[Dato che i post precedenti hanno suscitato reazioni isteriche (*), siamo ben felici di proseguire la nostra inchiesta sul neoindipendentismo triestino – o meglio, sulla sfuggente organizzazione che vuole rappresentarlo di fronte al mondo, il Movimento Trieste Libera.
E’ giunto il momento di approfondire certe liaisons lobbistiche e affaristiche, per mostrare cosa vi sia dietro la facciata del Rathaus di cartapesta e i cumuli di paccottiglia nostalgica sull’Austria Felix (bigiotteria non meno reazionaria e strumentale di quella irredentofascista sulla Trieste «Italianissima»). Non è difficile trovare la direzione oltre la fuffa, basta seguire l’immortale consiglio:
FOLLOW – THE  – MONEY!!!рубль;;Ξ!!€!?!‡копе́йка‰!№♠♠!!!]

di Tuco (Martino Prizzi)

«Penso de gaver le balle piene de sta italia, che no fa altro che asecondar baluba, zingani, politici coroti, lesbiche, culatoni…. Che cojoni che go… Quando el Territorio Libero?» (dal profilo FB di un indipendentista, 19 novembre 2013)

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Il Movimento #Trieste Libera cosa pensa delle esternazioni pazzoidi di chi usa il suo nome sul web?

Dalla pagina Facebook ufficiale del Movimento Trieste Libera, ieri

Dalla pagina Facebook ufficiale del Movimento Trieste Libera, ieri. Clicca per ingrandire.

Ormai una settimana fa abbiamo pubblicato un lungo articolo di inchiesta sul neoindipendentismo triestino. Non solo sull’organizzazione che afferma di rappresentarlo in toto, il Movimento Trieste Libera, ma sull’intrico di interessi, il groviglio di temi, il miscuglio di umori che il recente riaffiorare della tematica al tempo stesso rivela (a chi decide di analizzarla con serietà) e copre (a chi si accontenta della facciata).

L’idea di dedicare spazio a quel che sta succedendo a Trieste è stata di Wu Ming 1, che con quella città intrattiene da undici anni uno stretto rapporto. La sua compagna di vita è triestina (di Opicina/Opčine, per la precisione); insieme, e con la loro bimba, trascorrono a Trieste diversi mesi all’anno; WM1 ha studiato a fondo la storia della “Venezia Giulia” nel Novecento e ha dedicato alle vicende triestine tra 1918 e 1947 buona parte del suo ultimo libro, Point Lenana, scritto insieme a Roberto Santachiara. Prosegui la lettura ›

TraumStadt. Paradisi fiscali, oleodotti e ritorno del rimosso: viaggio nel neoindipendentismo triestino

Corteo del Movimento Trieste Libera

di Tuco (guest blogger)

-What kind of music do you usually have here?
-Oh, we’ve got both kinds, we’ve got country and western.
(The Blues Brothers)

Il 15 settembre scorso Trieste è stata attraversata da due cortei, uno al mattino, l’altro al pomeriggio.

Di mattina hanno sfilato gli italianissimi, quelli che Trieste è cara al cuore di tutti gli italiani, quelli che il Piave mormorava, quelli che torneremo in Istria, quelli che allora le foibe… Non erano molti, al massimo trecento. All’arrivo del corteo, in Piazza S.Antonio, un rappresentante dell’Associazione Arditi d’Italia ha letto i nomi dei morti del ’53 con voce strozzata. Un furgone preso a nolo – i drappi tricolori non riuscivano a coprire del tutto la scritta «35$ AL GIORNO»- ha gracchiato dagli altoparlanti canzoni patriottiche. Poi l’adunata si è sciolta. Il tutto è durato un’ora scarsa.

Il corteo del mattino era stato organizzato in fretta e furia da una lista di associazioni nazionalpatriottiche (se non apertamente fasciste) come risposta al corteo del pomeriggio, quello del Movimento Trieste Libera, organizzato da più di un mese per rivendicare la piena attuazione del Territorio Libero di Trieste. Prosegui la lettura ›