Esistono varie forme di negazionismo climatico. La più pericolosa la mette in campo chi finge di occuparsi della crisi in corso ma, anziché affrontarla per quel che è – ovvero la crisi che contiene tutte le altre – la riduce a uno dei tanti temi su cui fare promesse a vuoto, mentre va avanti con le politiche e le scelte di sempre.
Scelte che tutelano gli interessi dei capitalisti che ci stanno spingendo nel baratro, dunque sono negazionismo climatico applicato. E nulla incarna il concetto meglio delle grandi opere inutili e imposte. Soprattutto in Italia.
Quella contro le grandi opere è da decenni la lotta più avanzata dentro la crisi ambientale. Non solo la più avanzata, ma la più sovversiva: i movimenti contro le grandi opere mettono le dita nelle piaghe giuste, per questo il potere si impegna a diffamarli e reprimerli, ma nessuna bufala o calunnia, nessuna denuncia o arresto può far cessare un conflitto endemico e inestirpabile.
Se il nuovo e giovane attivismo sul clima, che da mesi riempie le piazze, incrociasse la strada dei movimenti contro le grandi opere, che da anni mettono bastoni tra le ruote del sistema, entrambe le mobilitazioni farebbero un grande salto di qualità, e darebbero al potere negazionista serissimi grattacapi.
Ne parla Wu Ming 1 in → un articolo appena uscito su Jacobin Italia. Buona lettura.