[Pubblichiamo la testimonianza e le riflessioni di Rosa S., antropologa, documentarista, madre di un figlio che frequenta le scuole elementari, o meglio, le frequentava prima della chiusura. Rosa invita a prestare attenzione ai bambini reclusi in casa, ad ascoltarli e a non sottovalutare il trauma che stanno subendo. Il suo testo è accompagnato da una postilla di Wu Ming 4 sullo stesso tema. È il primo di una serie di post, con i quali intendiamo dare testimonianza delle ricadute dell’emergenza sulla vita quotidiana di soggetti deboli e non solo. Buona lettura. WM.]
di Rosa S.
Fino a quando si è potuto, andavo a fare due passi con mio figlio nel parco vicino a casa, di solito verso l’ora di pranzo. Non vedevamo nessuno per centinaia di metri. Mi sembrava importante che il bambino potesse avere almeno un’ora d’aria al giorno, per prendere un po’ di sole e tirare due calci a un pallone, o rivedere l’erba. Andare al parco, anche se solo con me e non con i suoi amici – quindi non il massimo del divertimento, lo capisco – mi sembrava fosse per lui l’unico momento per riagganciarsi alla sua “vecchia” normalità e sopportare meglio la quarantena. Per i bambini, ricordiamocelo, la vita è stata sconvolta già più di un mese fa, quando sono state chiuse le scuole, le palestre, le piscine, insomma tutte le attività della loro quotidianità. Prosegui la lettura ›