Eddi. All’ombra di un’emergenza che oscura ogni altra questione e in un momento nel quale l’azione collettiva è concretamente impossibile causa quarantena, una compagna viene definita «socialmente pericolosa» e condannata a subire dure restrizioni della propria libertà, identiche a quelle del confino fascista.
Non c’è da stupirsi: la «sorveglianza speciale» discende per via diretta dal confino fascista.
Le restrizioni imposte a Eddi dureranno ben oltre l’attuale regime di quarantena, e ben dentro gli strascichi dell’attuale situazione. Quel che le sta accadendo deve spingerci a una riflessione più lucida e acuminata su quel che può accadere a noi tutte e tutti, sulle nostre libertà, sulla permanenza nel nostro ordinamento giuridico di strumenti che consentono, nel tempo di uno schiocco di dita, di ledere o annullare libertà fondamentali.
E cosa significa «socialmente pericolosa»? A quale idea di società fa riferimento l’avverbio? Per quale società vogliamo lottare? Per quella di adesso, un arcipelago di solitudini in cui la «sorveglianza» è nel tessuto stesso dei rapporti sociali – e social – e l’atomizzazione impera, o per un’altra, davvero sociale, nella quale si possano esprimere con pienezza forme di vita solidale e felicemente corporea?
Quel che sta accadendo a Eddi deve portarci a una pratica più consapevole e determinata delle nostre libertà, pratica dentro la quale dobbiamo far brillare già ora la società che vogliamo, rifiutando quella che vogliono imporci.
Ecco l’aggiornamento che ha scritto per Giap Davide Grasso. Buona lettura. [WM]
di
Davide Grasso *
Alla vigilia dell’anniversario della morte in battaglia di Lorenzo Orsetti, caduto con l’uniforme delle Unità di protezione del popolo curde (Ypg) mentre affrontava gli ultimi miliziani dello Stato islamico, la sezione per le Misure di prevenzione del Tribunale di Torino ha decretato che la sua compagna in quelle battaglie, Maria Edgarda Marcucci, detta Eddi, è «socialmente pericolosa», confinandola alla misura restrittiva della sorveglianza speciale. Si era arruolata nel 2017 nell’esercito gemello delle Ypg di Lorenzo, le Unità di protezione delle donne (Ypj), e si erano trovati alla prima esperienza sullo stesso fronte, ad Afrin, nella provincia di Aleppo, nella proibitiva difesa di un cantone invaso da ventimila miliziani jihadisti sostenuti da terra e dal cielo dalla Turchia. Prosegui la lettura ›