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fantascienze

Stiamo scrivendo un romanzo russo.

«Attraverso i mondi e i secoli.»

Per noi è giunto il momento del rompete le righe agostano. Prima di staccare, ci teniamo a dirvi che un nuovo romanzo è in cantiere. Porteremo con noi in ferie la prima dozzina di capitoli da rileggere.
Sarà qualcosa di diverso da quello che abbiamo scritto finora, e al tempo stesso simile.

Se qualcuno fosse curioso di sapere in anticipo di cosa si tratta, è presto detto.
Il romanzo è ambientato in Russia nel primo trentennio del XX secolo.
Sì, avete capito bene. E no, non è quello che si potrebbe pensare.

Abbiamo detto che non scriveremo più romanzi storici come quelli che vanno da Q a L’Armata dei sonnambuli. Quella fase è finita.
Certo, senz’altro sarebbe più semplice dire: «Contrordine compagni, ci eravamo dimenticati una rivoluzione, e siamo proprio nel centenario, sapete com’è…». Invece no. Perché in effetti il nuovo romanzo di Wu Ming manterrà quanto ci eravamo ripromessi. La sfida per noi è proprio questa.

Si potrebbe forse descriverlo come una pozione magica o una ricetta da Pellegrino Artusi: prendete due misure di Victor Serge; una di Walter Tevis; una di Ursula K. LeGuin; un pizzico di Boris Pasternak (senza esagerare, ché quello è un Nobel) e annaffiate il tutto con uno scritto filosofico di Lenin. Prosegui la lettura ›

A ottant’anni dalla morte di H.P. Lovecraft. Lovecraft, l’Italia, la Valsusa, il Polesine

La prima tavola di Lovecraft nel Polesine di Aleksandar Zograf

La prima tavola di Lovecraft nel Polesine del fumettista serbo Aleksandar Zograf, opera abbinata all’omonimo album di Jet Set Roger (Snowdonia, 2016).

di Wu Ming 1

Oggi cade l’ottantesimo anniversario della morte di Howard Phillips Lovecraft, morto all’età di 46 anni il 15 marzo 1937.

Quasi sconosciuto in vita, nei decenni dopo la sua morte Lovecraft fu riscoperto e ottenne una celebrità postuma prima in alcune nicchie e poi presso un pubblico sempre più vasto, fino a divenire un «classico». Le sue opere hanno influenzato gran parte dell’horror e della fantascienza del XX secolo, e anche nel XXI il suo mondo continua a ispirare il cinema, i videogame, le arti visive e, non ultima, la musica. Soprattutto nel metal, HPL si aggira nei territori delle sonorità più estreme.

A lungo ritenuto un mero cacatore di «monnezzoni», nonché — per via dello stile ipotattico e carico di aggettivi — uno scrittore sgraziato, anno dopo anno l’eremita di Providence colleziona attestati di stima. Nel 2005 una raccolta di suoi racconti è stata pubblicata, a cura di Peter Straub, dalla prestigiosa casa editrice Library of America.
A un esame attento e non pregiudiziale, lo stile di Lovecraft rivela infatti una sorprendente, singolare maestria.
Soprattutto, l’immaginario che ha costruito risulta sempre più attuale.

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Peter Kolosimo, 30 anni «across the universe» (1984 – 2014)

Peter Kolosimo

Peter Kolosimo (al secolo Pier Domenico Colosimo) nel 1977. Clicca per ingrandire.

Speciale a cura di Wu Ming e Mariano Tomatis

Cos’è la tua più grande paura?
Il fascismo.
E cosa fai, concretamente, per eliminarlo?
Poco, troppo poco.
(Kolosimo intervistato da Playboy, novembre 1974)

Chi ha dai quarant’anni in su ricorda senz’altro Peter Kolosimo, «fantarcheologo», ufologo, sessuologo (!), esploratore del meraviglioso e divulgatore scientifico che negli anni ’60 e ’70, coi suoi libri visionari, fece sognare le moltitudini. Morì il 23 marzo 1984, a sessantadue anni, ma a noi piace pensare che abbia solo lasciato il pianeta, e sia tuttora in viaggio per l’universo. Prosegui la lettura ›

Per Antonio Caronia (al di là del ghiaccio dell’esserci persi di vista), 1944 – 2013

Antonio Caronia

Lo avevamo conosciuto prima di conoscerlo, grazie ai suoi scritti sulla fantascienza (negli anni Settanta era stato uno dei membri del collettivo “Un’ambigua utopia”, che nel ’79 aveva prodotto questo libro fon-da-men-ta-le), sul cyberpunk prima di quasi tutti gli altri, sulle subculture radicali che dal fandom fantascientifico erano passate all’attivismo digitale sulle BBS. Le BBS! Quelle reti telematiche d’antan, nei primissimi anni Novanta, furono le nostre “palestre d’ardimento”, e fu proprio in quella temperie che incontrammo Antonio Caronia di persona. Prosegui la lettura ›

Perché il futuro non sia solo “presente invecchiato”

L'occhio del purgatorio

[Per tutto il mese di ottobre e – a quanto abbiamo visto – ancora negli ultimi giorni, nelle edicole d’Italia si aggirava Jacques Spitz (1896-1963), uno degli scrittori più inquietanti e misconosciuti del Novecento francese. Spitz è riapparso col più radicale dei suoi libri, L’occhio del purgatorio, da troppo tempo irreperibile in italiano. A dare una nuova spinta a questo capolavoro è stato il n. 105 di Urania collezione.
Tra le altre cose, L’occhio del purgatorio ha ispirato (e dato il titolo a) una conferenza di WM1 di qualche mese fa.
Il merito di questa ricomparsa va tutto a Giuseppe Lippi, nome “storico” dell’editoria fantascientifica in Italia, da anni curatore di Urania. E proprio dal blog di Urania preleviamo il testo di Lippi che chiude il volume, per proporlo anche qui. Si intitola “Viaggio al termine del purgatorio”. Ovviamente, ci fa piacere che la riflessione inizi proprio dalla conferenza di WM1 ricordata sopra.
N.B. Per acquistare una copia di Urania Collezione n.105, info alla mail collez@mondadori.it – Oltre ai dati desumibili qui sopra, fornire il numero ISSN 17216427]

«L’occhio del purgatorio: “Viaggiare nella causalità” – Il tempo della mosca, quello della mucca e quello dei batteri – L’espediente di Dagerlöff – Cibo già digerito, vino che è già piscio – Critica dell’ideologia quotidiana – “Non vedo più il nuovo” – La fotografia – Vedersi morire allo specchio – Il sole pallido…» E’ il sommario del lungo intervento con cui Wu Ming 1 ha parlato del romanzo di Jacques Spitz alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena, il 1° giugno 2011.  Il lettore curioso ne trova la registrazione audio al sito http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=4353,  dove potrà rendersi conto di come L’occhio del purgatorio – un piccolo capolavoro del ‘900 – venga accostato non casualmente a un altro grande testo sulla visione del futuro, “Il continuum di Gernsback” di William Gibson. Anzi, in entrambi i casi è possibile tracciare una «differenza tra futuro e “presente invecchiato” simile a quella già introdotta da Fredric Jameson nel suo Archaeologies of the Future (2005)», e quindi «tra “programma utopico” e “impulso utopico”.» Il critico può così «prendere di petto il problema del tempo e del controllo capitalistico sui tempi.» Passando a un piano più esplicitamente politico, Wu Ming 1 parla poi «del rischio che i movimenti subiscano tempi e ritmi del potere e non decidano in autonomia le proprie “scadenze”.» Prosegui la lettura ›

L’occhio del purgatorio, la rivolta e l’utopia

Ieri, 1 giugno 2011, Wu Ming 1 ha parlato alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena (la storica sede di via Roma 47, oramai in dismissione). L’occasione era l’ultimo incontro del seminario “Il lavoro culturale”, iniziato nel gennaio scorso e interamente organizzato e gestito da dottorandi, studenti e ricercatori precari. Il setting era la Sala Cinema Fieravecchia, antro gremito, denso d’afa e puteolente di sudori atavici e più recenti.
WM1 è partito dall’analisi di due diversi racconti di fantascienza (uno di William Gibson, l’altro di Jacques Spitz), entrambi incentrati sul vedere il futuro. Dopodiché, ha parlato della differenza tra futuro e “presente invecchiato”, affermato la necessità dell’utopia e proposto la distinzione – già introdotta da Fredric Jameson nel suo Archaeologies of the Future, 2005 – tra “programma utopico” e “impulso utopico”. Tutto ciò serviva a prendere di petto il problema del tempo e del controllo capitalistico sui tempi. Passando a un piano più esplicitamente politico, WM1 ha parlato del rischio che i movimenti subiscano tempi e ritmi del potere e non decidano in autonomia le proprie “scadenze”. Prosegui la lettura ›