Un proclama, un appello, una minchiata, una promessa, un invito, un dài dài dài alla cazzo di cane, una richiesta d’aiuto. Una proposta di calcio totale alla depressione. Attacchiamo. Divertiamoci.
Annusiamo calcio da quando eravamo bambini. L’odore di muffa dello spogliatoio, il grasso per ungere le scarpe, il sudore delle maglie. Intere formazioni mandate a memoria.
Lo giochiamo. Lo abbiamo giocato. L’oggetto magico di ogni materiale: carta, stracci, plastica, cuoio, e quel cazzo che si usa adesso per fare un pallone. Così come le superfici: asfalto, terra sconnessa, aiuole con in mezzo alberi e panchine, sabbia, terra rossa, sintetiche o artificiali. Erba. Sempre troppo poca.
Guardiamo il calcio da sempre. Riconosciamo gli stadi di mezzo mondo ai primi fotogrammi. Abbiamo numi tutelari. Epiche figure mondiali, insieme a piccole divinità locali. E con loro una costellazione, una spoon river di campioni, compagni e amici da ricordare. Prosegui la lettura ›