«Partiamo da una verità di base: tutto quello che la maggioranza degli italiani sa della morte di Carlo Giuliani è falso.» Prosegui la lettura ›
Fino a quando la marea. Materiali dalla discussione su #Genova2001 e la sentenza #10×100
La discussione sulla sentenza di qualche giorno fa prosegue ed è talmente densa e affollata che le varie segnalazioni apparse nei commenti (link, video, episodi, analisi, immagini) rischiano, se non di affogare nel marasma, di avere meno attenzione di quella che meritano. Abbiamo deciso di selezionarne alcune e farne un nuovo post. Prosegui la lettura ›
Genova 2001 e la sentenza 10×100 | Orizzonti di gloria
di Wu Ming 4
E’ chiaro che stanotte non c’è nessuna gloria. E domattina nessun orizzonte. Era antifrastico anche il titolo del film di Stanley Kubrick, uno dei più belli contro l’ottusità antiumana del militarismo. La trama è nota: durante la Prima Guerra mondiale, sul fronte occidentale, un inetto generale francese lancia un impossibile attacco contro una fortificazione tedesca. Le truppe francesi non riescono nemmeno a uscire dalle trincee, vengono falciate dalle mitragliatrici, ricacciate indietro. L’attacco è una catastrofe colossale. Per non passare da incapace, il generale addossa la colpa alla codardia dei suoi soldati e chiede che ne vengano fucilati cento, estratti a sorte. L’Alto Comando gliene concede tre. Tre capri espiatori, che pagheranno per tutti, anche se la colpa non è di nessuno, o meglio, è di chi stava in alto. Di chi ha voluto quella guerra. Prosegui la lettura ›
Philopat e Genova 2001: «Io sono tutto questo disastro» | 10 x 100
A sussulti e ondate, Genova 2001 non fa che tornare.
Pochi giorni fa, la Cassazione ha condannato in via definitiva alcuni dei dirigenti di PS che diressero l’irruzione nella scuola Diaz e il pestaggio di chi ci dormiva dentro, dopodiché per coprire quello scempio mentirono, falsificarono, calunniarono le loro vittime. Prosegui la lettura ›
Devastazione e saccheggio di dieci esistenze: Genova non finisce | #10×100
Pensando alle rivolte del 2011: Tamburi a Genova (nell’anno del decennale)
In Italia e in buona parte d’Europa le ultime settimane del 2010 hanno visto un brusco inasprimento del conflitto sociale. La questione della “violenza” è tornata all’ordine del giorno. Questione banale, che costringe a essere banali: la “violenza” che accende di sdegno gli opinionisti, fa esplodere i titoli dei TG e riempie articoli e servizi non è mai quella dei padroni e dei governi. Non è la violenza di chi taglia o licenzia, discrimina ed esclude, non è quella di chi specula, gioca d’azzardo con soldi virtuali ma ne incassa di veri, e se perde paga Pantalone (“privatizzare i profitti, socializzare le perdite”), non è la violenza di chi reprime. Queste violenze sono anzi elogiate, chi le compie è un moderno benefattore o, se si vola basso, “sta soltanto facendo il suo lavoro”. Proprio come, a suo tempo, il figlio di Maria Schefferling e Adolf Karl Eichmann.
No, la “violenza” di cui si dibatte, la “violenza” che si condanna è sempre quella della rivolta. Non solo per ipocrisia e servilismo, ma anche perché la rivolta è … poco sottile. E’ visibile e vistosa. Fotogenica, telegenica e al contempo inaccettabile. La rivolta attrae e respinge, coinvolge anche chi non la vuole e, in segreto, esalta anche chi la condanna. Non c’è filmato di riot o sommossa che non attivi i neuroni specchio di chi lo guarda, facendolo sentire in quelle strade, tra chi alza barricate, fugge o insegue. La critica, la spiegazione, la condanna, gli argomenti…Tutto questo viene dopo. Prosegui la lettura ›