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questioni di genere

Poteva forse non accadere? Senza titolo di viaggio. Filo Sottile nella collana Quinto Tipo diretta da Wu Ming 1

cover Senza titolo di viaggio

Clicca per vedere la copertina “stesa”, cioè completa di quarta e alette.

Rombi di tuono e lampi: entrano in scena tre streghe. Così comincia il Macbeth.

Le streghe le vediamo anche qui, ma non compaiono all’inizio, né leggono il futuro a un condottiero scozzese. Queste streghe accolgono l’autrice – sorella nella buona e nella cattiva sorte – nella sterpaglia che costeggia il Sangone, torrente che dà il nome a una valle piemontese. È a loro che Filo racconta la sua storia, la storia che avete tra le mani, una battaglia partita per cinque lettere.

OMENA

«Battaglia che forse, chissà, non ci sarebbe stata senza la lotta No Tav».

«Come? C’entra pure quella?»

«Manco te l’immagini, quanto c’entra».

Le streghe ascoltano, commentano, consolano, preparano a Filo un brodo di erbe selvatiche. Anche loro hanno una storia, e a modo loro la raccontano. L’unica cosa che non fanno è leggere il futuro. Perché, come diceva un fratello maggiore, the future is unwritten. Prosegui la lettura ›

Il libro dei bambini, di A.S. Byatt – Recensione di Wu Ming 4

«I fabiani e gli scienziati sociali, gli scrittori e gli insegnanti videro, in modo diverso dalle generazioni precedenti, che i bambini erano persone, con identità, desideri e intelligenze. Videro che non erano né bambole, né giocattoli, né adulti in miniatura. Videro, in molti casi, che i bambini avevano bisogno di libertà, avevano bisogno non solo di imparare, e di essere buoni, ma anche di giocare e di essere selvaggi.» [Pag. 442]

Premessa: ho lasciato trascorrere i mesi prima di scrivere una recensione del romanzo di A.S. Byatt, Il libro dei bambini. Ho dovuto lasciarlo sedimentare, aspettare cosa sarebbe affiorato, quasi per selezione naturale, da un testo denso, lungo, popolato da moltissimi personaggi, le cui biografie intrecciate sono narrate attraverso un quarto di secolo.
Sì, perché se ogni romanzo è un’impresa, allora Il libro dei bambini è una di quelle da far tremare i polsi. Perfino leggerlo non è una passeggiata. E infatti forse non è come un romanzo che andrebbe letto questo tomo di settecento pagine, ma piuttosto come il racconto poetico di due generazioni di inglesi, uno spaccato di vita d’altri tempi che improvvisamente si fa vicina. E come una crudele elegia.
Che l’Inghilterra sia un posto strano è un dato di fatto. Un luogo in cui la Camera dei Lord convive con il punk rock; in cui la monarchia è un’istituzione indiscussa nonostante sia stato il primo paese dove il popolo ha tagliato la testa al re e dove oggi gli studenti tirano pietre contro la Rolls Royce dell’erede al trono… ecco, diciamo che un posto così dà quanto meno da pensare.
Il romanzo di A.S. Byatt parla indirettamente anche di questa stranezza, e lo fa scegliendo un momento specifico e un ambiente specifico nella storia sociale britannica. Le date che racchiudono la trama parlano da sole: 1895-1919. Venticinque anni, lo spazio di una generazione, che hanno cambiato la faccia dell’Europa, traghettandola dalla Belle Epoque al secolo di ferro. Prosegui la lettura ›