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Inchieste al volo: #twitterisnotFB

Dalle discussioni in rete sul post precedente (“Giap, Twitter e il Terrore”) è nata una richiesta d’intervista da parte di Repubblica (il quotidiano, non il sito). Dalla richiesta del giornale è nato un esperimento di consultazione pre-intervista via Twitter. La consultazione è subito diventata un’inchiesta di massa, con migliaia di messaggi [la pagina dei risultati si apre automaticamente in opzione “Top”, per vedere tutti i tweet scegliere “Tutto” nel menu a tendina]. Inchiesta empirica e umorale, certo, ma proprio per questo significativa e utile a chi studia i social network. Qualcuno userebbe, forse, la parola “con-ricerca”.
L’instancabile “storicizzatore” @jumpinshark ha cercato di ricostruire la discussione tuttora in corso, grazie allo strumento dello Storify.
N.B. Al termine di ogni schermata cliccare “Read more” per proseguire.

Giap, Twitter e il Terrore

Louis Antoine de Saint-Just, santo persecutore dei troll

Una specie di addendo all’ultimo post di news e segnalazioni.
Poche settimane fa, @akaOnir – al secolo Francesco Spè – si è laureato all’Università di Macerata con una tesi intitolata «Un collettivo, 140 caratteri. Wu Ming, Twitter e la repubblica democratica dei lettori».
In parole povere, ha analizzato la nostra comunicazione via Twitter, gli esperimenti che abbiamo portato avanti con quel mezzo e (non ultimo) il rapporto bidirezionale tra Twitter e questo blog.
Tale  lavoro di ricerca non è terminato con la laurea: la tesi verrà ampliata, aggiornata e pubblicata in rete dopo la pausa agostana.
Il 16 giugno scorso, @akaOnir ha realizzato una lunga intervista a WM1 sui temi di cui sopra. L’ha trascritta e messa on line ieri notte. C’è un sacco di roba, pure troppa. Contiene, ad esempio:
– non pochi dietro-le-quinte, es. sulla gestione di Giap e sul rapporto con Einaudi Stile Libero;
– una “fenomenologia” dell’accoppiata Repetti & Cesari, forse eccessivamente polarizzata: chi la legge tenga conto che anche Repetti lavora sui testi e anche Cesari fa lavoro “relazionale”;
– un non affettuosissimo amarcord della vecchia Indymedia: in sintesi, si salvano quasi solo Franti e Mazzetta, e proprio perché a l’arcurdén, la ricordiamo sin troppo bene.
Inoltre, sono svariati i sassolini tolti dagli anfibi. Si veda soprattutto l’ultima risposta.
Insomma, pensateci: può essere una piacevole lettura estiva.
E… il titolo di questo post, che ai più attempati avrà forse ricordato Renato Rascel nei panni di Robespierre?
La spiegazione è alla risposta 23.

Al diavolo la “concordia nazionale”! Lo spettro di Bruno #Fanciullacci su Twitter

Questa sera, in Piazza Tasso a Firenze, gli antifascisti ricorderanno il partigiano Bruno Fanciullacci, morto a ventiquattro anni il 17 luglio 1944, dopo tre giorni di torture per mano della “Banda Carità”, tra le pareti della famigerata”Villa Triste”.
Per non essere costretto a rivelare i nomi dei compagni, Fanciullacci si gettò da una finestra, le mani legate dietro la schiena. Morì per le conseguenze della caduta e per le rivoltellate degli sgherri di Mario Carità.
Mentre il capoluogo toscano renderà onore a un “bastardo senza storia” (come Valerio Gentili chiama gli antifascisti “scomodi”, eroi dalle storie spigolose, personaggi il cui ricordo è poco duttile e dunque inadatto ai “santini”), il volto di Bruno Fanciullacci apparirà come “avatar” in molti profili di Twitter (e di altri social network).
A dire il vero, sta già succedendo. Da venerdì pomeriggio è in corso un piccolo evento, ibrido di commemorazione, campagna d’opinione ed esperimento di “ingegneria inversa” sul dispositivo-Twitter. Mentre scriviamo, poco meno di un centinaio di persone ha modificato il proprio profilo, sostituendo l’avatar con la foto più conosciuta di Fanciullacci [in alto a destra]. L’intenzione è di esporla come vessillo fino a domenica notte, ovvero fino al termine della serata fiorentina (qui i dettagli). Prosegui la lettura ›

Note sul #referendum, i social network e il “popolo della rete”

[A proposito di alcuni discorsi post-referendum che ci sembrano pericolosi, oggi abbiamo detto alcune cose via Twitter. @diariominimo ha raccolto tutti i messaggi, li ha montati in sequenza e ne è venuto fuori un intervento ready-made. Lo riproponiamo qui, al volo. Per leggere anche botte-e-risposte con altri utenti, potete visitare il nostro profilo su Twitter.]
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Il problema dell’esultanza di questi giorni sul ruolo “della rete” e del “popolo della rete” è la riduzione del molteplice a Uno: “LA rete”, “IL popolo della rete”… Come se Internet fosse una cosa, e chi la usa fosse un blocco sociale contrapposto a un altro. Quindi “la TV” (cioè… Berlusconi) sarebbe stata sconfitta da “la rete” (cioè il popolo onesto e libero). Anni e anni di analisi sulla “convergenza” sostituiti da una sorta di “mito tecnicizzato dei social network”. Prosegui la lettura ›

Aggiornamenti, appuntamenti, news e una presa di distanza!

Dopo la tempesta del #rogodilibri, urgenza che ha giustamente “sequestrato” Giap e dis-locato l’ordinaria scaletta dei post (del resto, Giap non esiste forse per essere, alla bisogna, “sequestrato”? e in ogni caso, mentre si parlava di quello, si parlava anche di Tunisia, Egitto, operai in sciopero etc.), oggi diamo un po’ di aggiornamenti su uscite, iniziative, altre lotte. Per quanto riguarda la battaglia contro gli epuratori di biblioteche, state certi che proseguirà. Chi è su Twitter (ma anche chi non c’è) può seguire il tag #rogodilibri; altrimenti, basta dare ogni tanto un’occhiata alla finestrella qui a sinistra, dove è riprodotto il flusso dei nostri tweet. In genere, segnaliamo tutte le novità significative.

Per prima cosa, un’anteprima assoluta.
E’ iniziato il conto alla rovescia, Anatra all’arancia meccanica sarà in libreria tra un mese, ai primi di marzo il 23 febbraio [update/rettifica del 12/02].
E in cosa consiste l’anteprima?
In questo pdf
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La Stampa: intervista sul nuovo Giap, la rete, il copyright, l’iPad

[Quest’intervista è apparsa ieri sul sito del quotidiano La Stampa.]

I WU MING E LA SECONDA VITA DI GIAP
Dopo dieci anni, il collettivo bolognese chiude la sua storica newsletter, trasformandola in blog. Tra presente e futuro, disseminazione e razionalizzazione dei contenuti, social network, iPad e copyright, Wu Ming 1 ci spiega perché. di
Luca Castelli

Dieci anni. Oltre cento invii. Più di dodicimila iscritti. Sono i numeri di Giap, la newsletter-rivista con cui – dal 2000 all’altro ieri – il collettivo di scrittori Wu Ming ha mantenuto via email il contatto con i lettori. Articoli, riflessioni, racconti, link e battaglie: un modo innovativo, soprattutto in Italia, per sviluppare la propria presenza online. Un percorso, tuttavia, che si è pian piano rarefatto. Fino alla chiusura definitiva della newsletter, trasformata in blog e integrata con Twitter, Anobii, il mondo dei social network, dei feed, dell’aggiornamento costante e istantaneo. Protagonisti di numerose iniziative online, dal progetto transmediale di Manituana al download libero di tutti i loro libri, fin dagli albori del www i Wu Ming svolgono un ruolo di avanguardia nell’esplorare la mutazione dell’autore ai tempi delle tecnologie digitali. Per questo, prendendo spunto dalla seconda vita di Giap, abbiamo deciso di fare il punto sulla situazione con il gruppo. A risponderci, attraverso i fili invisibili di Skype, è stato Wu Ming 1.

Perché avete deciso di terminare le spedizioni di Giap?

Di fatto, l’ultimo numero di Giap risale all’ottobre 2009. La newsletter è già chiusa da tempo. Negli ultimi mesi abbiamo comunicato principalmente tramite il blog dedicato ad Altai, Twitter e sulla bacheca della nostra libreria su Anobii. Gestire una newsletter via email negli anni è diventato sempre più brigoso: tra problemi tecnici, antispam, gente che si iscrive e poi se ne dimentica e  protesta perché la riceve. Inoltre, per fare Giap era necessaria una vera e propria attività redazionale ed era uno strumento troppo lento. Per “giustificare” la spedizione di un numero c’era bisogno di una certa quantità di materiale significativo, quindi le spedizioni erano rarefatte.

E’ vero, come scrivete sul vostro sito, che avete cancellato tutti gli indirizzi degli abbonati? Un’eresia nell’era del marketing digitale…

E’ vero, erano circa 12.400 iscritti e con un solo click a mezzanotte in punto abbiamo cancellato tutto. Ricominciamo da capo, senza riposare sugli allori di un’attività telematica ultradecennale. Anche dopo l’uscita di Q, quando cambiammo nome (da Luther Blissett a Wu Ming, NdI), le reazioni nell’industria editoriale furono di sbigottimento: “Ma come, faticate anni per imporre un brand e dopo che avete successo lo distruggete?”. Noi non ragioniamo sul breve termine, guardiamo in avanti, tutte le scelte sono strategiche e devono riflettere il nostro ethos. Rinunciamo anche a “grandi” vantaggi immediati ma effimeri, come la notorietà che avremmo andando in tv, pur di non tradire il nostro stile. Questo ci porta a compiere gesti che secondo il metro dominante sembrano azzardati o addirittura incoscienti. Prosegui la lettura ›