Da Diario della settimana, s.d. [primavera 2002]
Cocktail del Novecento
Un romanzo postmoderno di cappa e spada
di Giancarlo Ascari
54 di Wu Ming
Einaudi, pp. 674, 15 €
Il 1954 in Italia fu segnato da tensioni interne e internazionali, scandali e innovazioni, tra cui l’inizio delle trasmissioni tv della Rai. Proprio al filo di un televisore il collettivo Wu Ming (in cinese mandarino anonimo) annoda le storie che si intrecciano in 54, postmoderno romanzo di cappa e spada che riprende e svilupa temi presenti in Q primo lavoro del gruppo firmato Luther Blissett. Se lì si sceglieva la forma epico-didascalica per raccontare con occhio al presente l’utopia comunista nel Cinquecento di Muntzer e delle rivolte contadine, 54 viaggia sulla strada della citazione e della parodia. Va a porsi nello scaffale in cui sono stipati i libri di Doctorow, Soriano, Paco Taibo II, Ellroy, Kaminsky e altri. Anche i Wu Ming hanno deciso di scegliere i personaggi nel catalogo dei vip del Novecento, estraendone Cary Grant, Hitchcock, il maresciallo Tito, l’imperatore del Vietnam, Lucky Luciano. Hanno aggiunto un tocco di Emilia: «Se non ci conoscete guardateci la bocca, siamo l’Emilia rossa», una Napoli malapartesca, spleen alla Pavese e Amarcord felliniano. Il tutto in un contenitore da intrigo internazionale; hanno forse shakerato un po’ troppo velocemente. La storia è un classico suspence in cui varie trame e personaggi si incrociano tramite un oggetto che passa di mano in mano, un televisore zeppo di eroina. Compaiono gangster, registi, attori, comunisti, piccioni viaggiatori, bordighisti, Bologna, Los Angeles, Marsiglia, Città del Messico e le vallli di Comacchio, Montréal e Mosca. Si rincorrono rimandi a Dumas, all’Odissea, a James Bond, al situazionismo, alla Resistenza tradita. Ci sono amori impossibili, la pazzia, un’orfana adultera, l’Lsd, nani, ballerine e canzoni di Battiato. Un esercizio di funambolismo senza rete che regala numeri di grande bravura, ma inciampa anche in dialoghi da romanzo rosa e incastri narrativi prevedibili. 54 è un libro di satira (nell’eccezione latina satura indica miscela, ferragine di cose diverse), con propensione a contenere alto e basso, risolto e maldestro, guizzo geniale e crollo fragoroso. In questo inizio di millennio, però, la satira non riesce a star dietro a una realtà che somiglia a una ruota mossa da un criceto impazzito. Così nel finale di 54 troviamo l’invenzione letteraria di un partigiano emiliano che si unisce a Castro nella liberazione di Cuba. Peccato che negli ultimi mesi i giornali abbiano scovato un partigiano italiano (veneto), che ha partecipato con Fidel. [*] Invece molto attuale un titolo del Resto del Carlino del febbraio 1954 citato nel libro: Il gabinetto Scelba si presenta oggi in Parlamento – In atto la manovra comunista per sollevare le masse contro il governo – Le sinistre intendono scardinare il nuovo Ministero prima che si sia messo all’opera per combattere la miseria. Speculando sugli incidenti da esse provocati cercano di creare fratture nella compagine governativa. Sembra Il Giornale di oggi. Scherzi del postmoderno o postmoderno degli scherzi?*Gino Donè Paro non è stato "scovato" "negli ultimi mesi". La sua storia - che pure non è mai stata un segreto per chi conosceva la storia della rivoluzione cubana- è "riemersa" più volte nel corso degli anni Novanta, in forma di interviste e articoli. Noi venimmo a conoscenza leggendo la biografia del Che scritta da Paco Ignacio Taibo II°, Senza perdere la tenerezza (Il Saggiatore, 1997). Da Bompiani sta per uscire un libro su Donè scritto da Maurizio Chierici. Va anche aggiunto che nel finale di 54 non vi è proprio nessun "partigiano emiliano che si unisce a Castro nella liberazione di Cuba".