da Il MUCCHIO Selvaggio n.480, dal 2 all'8 aprile 2002:
Wu Ming, 54, Einaudi, pp.666, euro 15L'azienda collettiva di servizi narrativi Wu Ming è di nuovo in pista, con un volume frutto di quasi tre anni di lavoro. Storia e cultura pop, il mito che si fonde con la realtà per aprire nuovi squarci d'interpretazione: le anticipazioni confondevano anziché chiarire, tra comunisti dissidenti, traffici di eroina, elettrodomestici protagonisti quanto vere e proprie icone come Cary Grant, Lucky Luciano e il maresciallo Tito. L'uscita posticipata ha evocato nella mente di chi scrive la leggenda di quel vero e proprio monumento al perfezionismo che fu Gaucho, ultimo disco degli Steely Dan, ma in questo caso non ci troviamo di fronte a un canto del cigno, quanto piuttosto a un nuovo vertice della produzione letteraria a firma WM. L'intreccio, come e più che in Q, torna a essere il cardine attorno al quale ruota una moltitudine di personaggi, ognuno dei quali si ritaglia spazi importanti in una narrazione frutto di un intenso lavoro di limatura e di ricerca sul linguaggio, capace di scartare dalle forme dialettali bolognesi e triestine all'italo-americano del mafioso Steve Zollo Cemento. Con 54 i Wu Ming ribadiscono ancora una volta il rifiuto del racconto minimalista e impastano questa nuova avventura nella melma di un anno convulso come il 1954, sezionato e riportato sulla pagina nei suoi fatti più o meno noti, dalla sconfitta dei francesi a Dien Bien Phu al riarmo della Germania, dalla nascita del KGB agli esperimenti nucleari nei deserti.
Se già in Q il fondamento d'ogni narrazione canonica - l'identità del protagonista - era scardinata dai tanti ruoli che la voce narrante assumeva con lo scorrere delle pagine, qui la cosa si spinge oltre, tanto che il personaggio diventa l'azione stessa, capace di coinvolgere e incrociare le esistenze più lontane e diverse tra loro. Tra un Cary Grant agente segreto per conto dell'intelligence inglese alle prese con Tito, una famiglia bolognese divisa da scelte politiche differenti e un Lucky Luciano perseguitato da uno sbirro impiccione e costretto al confino, raccontare la trama diventa un esercizio inutile, tanto è articolata e magistralmente condotta: quello che preme sottolineare è la capacità di questi scrittori di pensare in grande, utilizzando la Storia come sfondo narrativo nel quale intersecare mito, realtà e immaginazione in un'unica soluzione, alla continua ricerca di spunti che confermino come, in fondo, quella che i testi riportano non è che una delle versioni di quanto accaduto.
Se a questa propensione aggiungiamo una capacità di scrittura e di costruzione della pagina fuori dal comune (il capitolo con l'imperatore Bao Dai e Kociss che si sfidano al tavolo verde sotto gli occhi del vecchio Hitch al Casino Municipal di Cannes è semplicemente da urlo), ecco che la vetta delle migliori uscite dell'anno ha già trovato un serissimo candidato.Nicola Violi