Giap #11 - Cronache da sotto la "testuggine", 15 giugno 2000
 

BOLOGNA NO OCSE 14 GIUGNO 2000 - PEACE & LOVE!
 
 

"Quei delegati 'rinchiusi' nella prigione di Re Enzo"
(La Repubblica, 15/6/2000)

 

"I potenti della terra assediati nel palazzo
I PRIGIONIERI DI UNA CITTA' BLINDATA

Costretti a lasciare gli alberghi come clandestini. Hanno dovuto rinunciare alle visite nelle aziende bolognesi. La cena di gala allestita nel cortile."

(La Stampa, 15/6/2000)

 
 

Chi ha già visitato o visiterà il sito di Indymedia-Italia (<http://www.italy.indymedia.org/>) e visto i video degli scontri (vedi anche: <http://www.ecn.org/bologna/>), chi ha visto il TG1 di ieri o ha letto i giornali di oggi capirà come ci si sente dopo aver contenuto una carica di sbirri simpaminizzati per un lunghissimo mezzo minuto, a scudi alzati e "testuggine" chiusa, arretrare in ordine senza perdere la calma, garantire l'incolumità di chi sta dietro, restare cool mentre davanti a te cadono in quattro, cinque e su di loro si accaniscono i manganelli rovesciati, setti nasali fratturati, calcioni nelle palle (e c'era chi mi diceva che non serviva mettersi la "conchiglia"!)...
 

Capirà come ci si sente,
 

dopo giorni di arroganza poliziesca e assedio militare con Bologna che sembra Santiago del Cile il 12 settembre 1973, le strade piene di neanderthaliani in divisa che non sanno nemmeno perché sono a Bologna o chi devono proteggere esattamente.
 

dopo una notte in bianco ad accogliere i compagni e le compagne da altre città;
 

dopo tre ore di blocco stradale imbottiti come giocatori di football americano, braccia e mani fasciate, tuta bianca, casco, occhiali da immersione e maschera antigas, un caldo da stramazzare al suolo però si rimane tutti lì, uomini e donne, centri sociali e intellettuali-massa, rompicoglioni storici e gente che fino a due giorni fa era iscritta ai DS...
 

E guardarsi intorno senza trovare tracce, nemmeno sforzandosi, né del vetero-machismo da servizio d'ordine che ci ha sempre fatto schifo, né della "non-violenza gratuita" da martirio para-cristiano: siamo qui per prendere le botte, ma vogliamo prenderne il meno possibile. Paura ne abbiamo, ma non ci faremo prendere dal panico.
Per non parlare di una dimensione che i media non sono ancora in grado di recepire: l'autoironia stoica, anche un po' amara, della tuta bianca: i manifesti e le T-shirt con la foto di uno scontro polizia-manifestanti e la scritta "PEACE & LOVE", poi avanzare a mani alzate come nipotini coglioncelli di Gandhi ma canticchiando: "Stiamo arrivando, bastardi...", o il commento generale dopo il training al Teatro Polivalente Occupato (una delle cose più ridicole a cui abbia mai partecipato): "Oggi le comiche, domani le mazzate".

 

C'è chi ha detto in giro che la carica era "concordata", o peggio "simulata", confondendo così l'indispensabile negoziato sul campo tra dimostranti, forze dell'ordine e - perché scandalizzarsi - giornalisti, con una sorta di truffa ai danni di chi stava dietro, per promuovere il prodotto "tuta bianca". Beh, che vengano in prima linea, costoro, la prossima volta. Tanto non c'è niente da rischiare.
La verità è che dopo due ore di trattativa lenta e snervante, abbiamo capito che non si potevano tenere duemila persone in mezzo alla via ancora per molto, che presto l'impazienza e la frustrazione avrebbero pervaso il blocco, così abbiamo deciso di interrompere il negoziato, avanzare piano e cercare noi il contatto. La polizia ha reagito con una carica che non era per niente "di alleggerimento", sparando anche un bel po' di lacrimogeni (a proposito, occhiali da nuoto & maschera anti-benzene sono un'ottima combinazione).

Tutto ciò si vede benissimo nei filmati disponibili on line, la testuggine viene a contatto e uno sbirro con accento ligure urla: "Badate bene di non cadere lì davanti, bastardi!", poi c'è la carica e si vedono dieci sbirri che massacrano una tuta bianca rimasta a terra, poi soccorsa dai fotoreporter.

 

Anche il prode Bifo - che ha affrontato la polizia nudo, a capo di una sparuta pattuglia, urlando agli sbirri che lo cingevano con un cordone pudico: "Capitano, ma non c'è niente da vedere, ho un uccello piccolissimo!" - parla di "simulazione", ma lo fa senza condannare, cogliendo l'elemento più importante della mobilitazione anti-OCSE:
 

"Il corteo delle tute bianche che salgono da via Irnerio col sole che li  illumina dietro le spalle nella nebbiolina dorata dell'alba, e poi la musica che sale di volume quando si avvicinano al punto designato per lo scontro, era una finzione. Il corteo che parte da san Francesco e si avvicina a via Ugo Bassi fin quando si aprono i cordoni di polizia, anche quello era una finzione. Anche gli spogliarelli erano una finzione concordata con fotografi e giornalisti.
Tutto è stato giocato in questa maniera, come in un video game. I cortei, gli scontri, i percorsi erano meticolosamente preparati [...] E proprio per questo hanno sconfitto la potentissima macchina organizzativa del potere.

La guerra che stiamo combattendo non ha nulla a che fare con la forza militare

o con il coraggio fisico dei manifestanti. C'e' bisogno anche di forza militare e di coraggio fisico (come ha dimostrato il comportamento vorrei dire eroico seppur simulato delle tute bianche). Ma la materialità dell'azione non e' che un elemento estetico-comunicativo del costrutto virtuale nel quale si gioca la vera (l'unica) battaglia."

Un'altra distorsione è che in piazza comandino invariabilmente i centri sociali del nord-est: certo a trattare con gli sbirri c'era Luca Casarini (che comunque non era solo, c'erano anche due parlamentari), ma nella "testuggine" non c'erano caporioni e i limiti entro cui muoverci erano stati definiti durante la notte da tutte le situazioni convenute al TPO. Non ho visto nessun "comandante en jefe" né alcuna gerarchia militare pre-definita.
 

Ciò che è più importante: è ormai compiuta l'evoluzione del nuovo soggetto conflittuale, quello che negli anni scorsi è stato etichettato nelle maniere più astruse: "intellettuale-massa", "cognitariato", "brainworker" etc.  C'erano gli "intellettuali" dentro la "testuggine", con corpetti, parastinchi e caschi; c'erano gli "intellettuali" immediatamente a ridosso, coi guanti da fonderia per raccogliere i lacrimogeni. E c'erano gli "intellettuali" che si fanno impresa e non per questo sposano le folli tesi del neoliberismo o vanno a braccetto simbolico coi signori dell'OCSE. Nel corteo, pronti a subire le cariche, ho visto i soggetti individuali e/o collettivi che hanno sottoscritto la dichiarazione "Piccole imprese globali contro il neoliberismo".
 

Incordonati con me, sotto e dietro gli scudi, c'erano Wu-ming Liang, Wu-ming San e Wu-ming Si'. Subito dietro di noi c'era Wu-ming Wu, che 48 ore prima, durante il training, aveva detto: "Per prima cosa, i celerini cercheranno di strapparvi gli scudi di mano" (e così è stato, tanto che due scudi laterali se ne sono volati via) poi aveva tenuto una disquisizione sul "Millwall Brick", l'arma degli hooligans inglesi, un giornale arrotolato e pressato fino a diventare piu' duro e pericoloso di un manico di piccone. Peace & Love. O meglio: Kick Out the Jams, Brothers & Sisters!
 

In questo momento il T3 regionale annuncia che, oltre ai quattro fermati, almeno cento persone verranno denunciate per manifestazione non autorizzata. Era da mettere in conto.
 

Sull'infame fogliaccio cripto-fascista "Il Resto del Carlino" c'è una ricostruzione della giornata falsa dalla prima all'ultima parola, traboccante di dettagli inventati di sana pianta e crassi errori storici come "la testuggine, formazione di macedone memoria" (Biagio Marsiglia). Quella era la Falange, coglione! La testuggine è tipicamente romana. Eppure, anche nello schifo e nella vergogna, si nota un articoletto di spalla che, al di là del titolo ridicolo e della retorica dozzinale, vale la pena riportare per la descrizione corretta di cosa sono state ieri le tute bianche:
 
 

GLADIATORI DEL 2000
di Raffaello Bolognesi

 

Scendono nell'arena sapendo di perdere la battaglia contro il "nemico" piu' organizzato. Si fanno chiamare "tute bianche" [...] Hanno paura, ma poiché credono fermamente in quello che fanno, non indietreggiano davanti al loro rivale (le forze dell'ordine). Per fronteggiarlo non usano armi ma "strumenti di difesa". Ed effettivamente, di bastoni o spranghe, ieri non se ne sono visti e gli scudi di plastica dura (un centinaio) sono serviti solo per riparare i propri corpi. I caschi (prevalentemente integrali, ma anche da operaio o da giocatore di hockey) tutti rigorosamente a protyezione della testa. Sugli occhi, occhialini da sub o da saldatore e in tasca, pronti all'uso, in caso di lancio di lacrimogeni, il collirio o il limone.
Sulla bocca invece la maschera antigas o più semplicemente un fazzoletto (naturalmente rosso). Alcuni indossano a protezione del corpo della gommapiuma, altri accessori da pattinatore e altri ancora dei salvagente da barca. Oltre alla tuta ("il bianco rende visibile chi non lo è", fanno sapere) maglietta, jeans e scarpe da tennis o anfibi, completano l'abbigliamento. Dietro le tute bianche, i compagni che non arrivano allo scontro con le forze dell'ordine, ma hanno il compito di fare numero e dare manforte ai ragazzi in prima linea.

[...] La loro strategia è stata quella di disobbedire civilmente e quindi avanzare verso l'obiettivo prefissato (ieri Piazza Maggiore) a mani nude e viso scoperto. Poi quando lo scontro era imminente, hanno indossato i caschi e alzato gli scudi davanti agli occhi e sulla testa, secondo un meccanismo che loro definiscono a "testuggine".

 
 

We did it! C U at NO WTO, Prague, September 27th, 2000.