/Giap/#18ter - Prosegue il dibattito su Praga - 29/30 settembre 2000
Date: Fri, 29 Sep 2000 22:52:26 +0200
Subject: Re: Dibattito su Praga e /Giap/#18
From: "mqnfr@libero.it"<mqnfr@libero.it>
To: giap@wumingfoundation.com
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[risposta a Wu ming Yi]
Può darsi che io abbia sottovalutato gli effetti della
manifestazione/scontro di Praga, probabilmente è così, ed è bene, ed è ovviamente
scontata la partecipazione attiva alle vicende personali di chi, comunque sia, rischia se
stesso fisicamente animato da pulsioni che sono le mie. Ma rimane per me il problema del
movimento in sé: tu liquidi gli aspetti italiani della questione, non gli dai
importanza, e fai bene, da un lato, perché le cose importanti sono altrove, e più su, ma
io credo che per arrivare a rompere il cazzo là, veramente, quindi a costruire una nuova
entità politica e sociale, ci siano solo
due strade: le armi, e appunto la politica. Si tende ad
escludere la prima, anche se sarebbe meglio perdere qualche anima bella e accettare il
fatto che le grandi tensioni sociali si sono quasi sempre risolte nel sangue. Ma non ci si
può rassegnare allidea di non migliorare, e quindi escludiamo. Resta la politica. E
da questo punto di vista la situazione è secondo me sconfortante, al punto da impedirmi
ogni sincero entusiasmo, ogni speranza veramente sentita come tale. A maggio
in Italia si vota, e la cosa, nel movimento, non esiste, non
è presa in considerazione, e quindi nessuno lavora in questa direzione. Certo è
squallida la politica italiana, certo pare un tarparsi le ali, e sporcarsi le mani, ma
vuol dire che per altri cinque anni (io ero un altro uomo, cinque anni fa, è un tempo
enorme per una vita) le idee del movimento politicamente non esisteranno. A me pare,
questa, una sconfitta grave, unoccasione persa. In Inghilterra non è molto meglio
che in Italia. Germania e Spagna non so, Est non so, probabilmente è meglio in Francia,
anche se vorrei vedere, poi, movimento e contadini francesi confrontarsi sui diritti
civili e il libertarismo. Anche perché, e poi ti mollo, appena abbassi la guardia, su
questo, ti inculano: guarda cosa ha fatto la chiesa, guarda quali argomenti sono usati in
campagna elettorale (tu hai due mogli, tu sei sterile, sporcaccioni
. La volgarità
razzista e ipocrita dei protagonisti ben rispecchia quella dei loro rappresentati), guarda
la legge di Ombretta Colli che a Milano dà i soldi solo ai bianchi che fanno i bambini, e
nessuno dice un cazzo. Mentre noi pensiamo a Praga la nostra società, nei comportamenti
reali (che spesso tradiscono interessi e adesioni di facciata, vedi Repubblica), si
deteriora minacciosamente (e lItalia, in queste cose, è storicamente
allavanguardia). Non possiamo lasciare tutto il lavoro a Beppe Grillo.
X-Originating-IP: [151.26.130.138]
From: "francesco red"
<dandyred@hotmail.com>
To: giap@wumingfoundation.com
Subject: Re: Dibattito su Praga e /Giap/#18
Date: Sat, 30 Sep 2000 04:01:18 CEST
X-OriginalArrivalTime: 30 Sep 2000 02:01:18.0964 (UTC)
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Wu ming Yi, wu ming Si che ti ho intravisto a Praga, e a
tutti gli altri,
ho letto la mail sul dibattito e la vostra risposta. una
vittoria... una vittoria si diceva, lo dicevamo allo stadio la sera, lo ripeti ancora tu
stasera. va bene, la visibilità c'è stata, e ok, e c'è stato persino un qualche
giornale (soprattutto il Manifesto, ma non tralascerei neppure Repubblica di martedì) che
è stato stranamente oggettivo nel descrivere i fatti, dal blocco a hornycomecazzosichiama
a Praga. E va bene. Ma poi? è vincere che il Corriere (mi pare) pubblichi una foto delle
tute bianche in carica con didascalia "i giovani manifestanti hanno tirato molotov
etc...", ? chiameresti vittoria che l'azione delle tute bianca è stata
inevitabilmente coperta e confusa dai mass-media con l'azione anarchica del gruppoo blu
(peraltro coraggiosissima, ma non in grado di creare proselitismo e attenzione positiva al
problema. e poi il sangue faceva odienz), per cui fra l'altro mi devo sentir dire una
volta a casa "ma è vero che lanciavate pietre da dietro le prime linee sugli
sbirri?". se, come quei merdoni turchi. Qui non hanno avuto la benchè minima idea se
quel che ho fatto io o tu o gli altri, c'è poco da dire, le cose si sono confuse e
sovrapposte ed eccoci qui, come quei tifosi della fiorentina, teppisti casinari,
incendiari, che hanno ragione, quei poveri poliziotti, che sono loro, il vero
proletariato, che qualche figuro molto importante dica concitato alle camere di mezzo
mondo "dobbiamo ascoltarli, questi giovani, hanno molto da insegnarci..."
Questa è l'opinione pubblica, questa.
Guarda, io lì c'ero, in tuta bianca, con le mie brave
protezioni e il cartello di luther, ho preso le mie botte, ne restitituita qualcuna, e
bene. Sono tornato in campeggio. Carico. Felice, occhei, perchè avevamo fatto un'ottima
prestazione e ottenuto buona visibilità. ok. Ma come nascondermi quella strana sensazione
alla sera, tipo pensando a quelli che si sono rotti il cazzo stando dietro, quelli che
"ah, ma se lo sapevo che era una cosa violenta... (commento tra l'altro
cretino)" oppure a quelli che si sono fatti prendere, coem un ragazzo ceco che
conosco, che non si sa più dove cazzo sia da tre giorni, e che se lo chiede sul serio
adesso chi glielo ha fatto fare. Insomma, quelli li abbiamo già persi alla causa. Ma non
si tratta di potenziale nuovo consenso dall'esterno. si tratta di consenso dall'interno
già preesistente. In questi 5 giorni una buona parte di noi ha cementato amicizie e
obiettivi. ma un'altra buona parte ne è rimasta disgustata, esplicitamente o no. e questo
non va bene. per cui, io direi che sì, abbiamo vinto in trasferta per 2 a 1, certo,
ma c'è come un qualcosa che mi dice che al ritorno ci siamo fatti dare un bel 3 a 0 in
casa. ma lo dobbiamo ancora sentire alla radio.
anche io spero di sbagliare. questa è un adi quelle
situazioni dove non si può ammettere una sconfitta, intera o parziale che sia, in quanto
sarebbe terribilmente autoproducente, ma si può invece vedere di cominciare a discutere
seriamente di questo "qualcosa di nuovo" che dobbiamo assolutamente tirare fuori
in fretta, partendo da qui, da una concreta valutazione di entrambe le facce della
medaglia
perchè non fare, per cominciare, una specie di inchiesta fra
gli abbonati di GIAP? Spero di non averti annoiato, alla prossima.
R
From: "Mario" <mario363@supereva.it>
To: giap@wumingfoundation.com
Subject:
Date: Sat, 30 Sep 2000 09:28:33 +0200
X-Mailer: Microsoft Outlook Express 5.00.2314.1300
Ho chiuso con la disobbedienza civile all'italiana nel
1983 a Comiso, però ammetto che in Argentina ed in altri paesi si spariva per molto meno.
Sicuramente Praga non è Padova e penso che la rappresaglia sarà durissima, perchè lì
c'è la necessità di stroncare sul nascere ogni contestazione.Ed è quello che faranno.
Credo doveroso sostenere i compagni che hanno manifestato,
tutti e senza distinzioni perche come dice il Grande Poeta "..se il tuo nome è mucca
devi avere latte e mammelle....." ma resta in me la arcaica certezza che quello di
cui abbiamo bisogno è di fare "cose grandi in pochi o piccole cose in tanti",
purtroppo ed è vero, facciamo piccole cose in pochi. Auspico una lega globale che attui
piccole azioni, boicottaggi, ecc.ecc. m
X-Sender: gadda@popmail.iol.it
X-Mailer: QUALCOMM Windows Eudora Light Version 3.0.5 (32)
Date: Sat, 30 Sep 2000 00:47:09 +0200
To: giap@wumingfoundation.com
From: Antonio Caronia <gadda@iol.it>
Subject: Re: Dibattito su Praga e /Giap/#18
E' difficile dire qualcosa di sensato dall'Italia a chi
sta in Italia e si deve ingoiare (piu' o meno) la merda sulle dimissioni di Lerner e
dell'altro, l'emergenza pedofilia, la romantica discesa in campo del giovane Rutelli e
cazzate varie. E Praga arriva solo dalle cronache dei tg, dalle rodomontate (rimangiate)
di Bertinotti, e intanto (suppongo) si deve lavorare otto ore in ufficio, o dodici a casa
propria, e ci si sente circondati dalla coltre di ovatta della "societa' civile"
padana, che poi
e' piuttosto incivile, e sembra che dal nostro punto di
osservazione niente cambi. Se cerco di rispondere qualcosa a Giovanni Francesio e' solo
perche' il suo tono e le sue preoccupazioni mi ricordano qualcosa che ho dentro anch'io,
che non sono andato a Praga, che ho piu' anni di due Wu Ming messi insieme, e che i miei
scontri di piazza li ho fatti, anche prima del 68. Forse da quelli e dalle altre cose che
ho vissuto ho imparato poco, ma in questo poco che ho imparato c'e':
1) la posizione dei media fa presto a rovesciarsi. Quando un
movimento ha abbastanza forza (non militare, ma di posizionamento nella società) non
conta tanto che il giornalista capisca precisamente quello che questo movimento ha da
dire, ma che ne registri le esigenze, che faccia circolare le tracce del desiderio
disseminate dalle soggettivita';
2) la forza dei movimenti, in ultima istanza, non sta nella
bonta' e nella raffinatezza delle loro tattiche, ma nel radicamento profondo e intuitivo
(il che vuol dire che puo' anche, per un certo periodo, esimersi dalla precisione
dell'analisi) nelle contraddizioni della societa' e nei bisogni degli strati sociali da
cui proviene;
3) nei momenti di emergenza e di trapasso il "buon
senso" è un nemico mortale.
Forse capisco quello che intende Giovanni Francesio quando
dice: "Si vince solo in tanti e, almeno per il momento, votando: non si può fare
politica rifiutando la politica, non si migliora la società rifiutandola ed
estraniandosene", ma mi sembra che questo discorso di "buon senso" accetti
troppo acriticamente le visioni correnti di "politica" e di
"societa'". Se
dovessimo basare le nostre speranze per il futuro
sull'autorappresentazione che la maggioranza della società oggi ha di se stessa, dei suoi
bisogni, delle sue esigenze, la conclusione non potrebbe essere che la sua: "bisogna
scegliere fra due destre". Se i puntelli dell'analisi sono questi, non c'e' tattica
che tenga: si puo' solo scegliere con quale condimento ingoiare la merda, e quindi (nel
suo, o nel nostro caso) scegliere di votare il blocco DS-centro sperando che il ruolo di
"coscienza critica" ci valga qualche credito nell'improbabile
"paradiso" o nel più probabile "inferno" che seguira' le elezioni del
2001 (parlo dell'Italia; la stessa cosa vale per Gore e Bush negli USA, ovviamente, e
ognuno puo' moltiplicare gli esempi).
Se la "politica" e' questa (e non ne vedo altra
possibile, adesso), che cosa ha a che fare con le pratiche e le teorie dell'opposizione
alla globalizzazione capitalistica?
Ecco perche' e' centrale il ruolo dell'analisi. Se essa ci
dice che il capitalismo ha vinto davvero, che la nuova economia "linguistica",
la produzione flessibile just in time, la nuova stella polare del "consumo",
hanno la forza di soddisfare i bisogni delle persone, della grande maggioranza degli
abitanti anche solo dell'occidente, va bene: solo un pazzo potrebbe "rifiutare la
politica" ed "estraniarsi dalla societa'", e quindi faremo bene a
contrattare il condimento della merda. Ma se l'analisi ci dice che non e' cosi', che il
capitalismo flessibile ha gia' creato piu' problemi di quelli che ha risolto, che umilia e
che emargina dalla dialettica decisionale le stesse forze dei lavoratori cognitivi su cui
basa la sua crescita (escluse le elite superpagate), che non e' capace di risolvere i
problemi distributivi nonostante l'aumento della ricchezza piu' che proporzionale rispetto
all'aumento della popolazione, che l'estensione del processo di valorizzazione all'intera
societa' non lascia neppure uno spiraglio di autogestione ai singoli, che insomma il
lavoro morto continua a tiranneggiare il lavoro vivo, be', la si puo' mettere come si
vuole, ma non ci si puo' convincere che tutto lo spazio che ci resta e' quello di mediare
"politicamente" questa tirannia.
Il movimento di Seattle e dopo non e' altro che l'espressione
di questi vuoti, di queste ferite provocate dall'esplodere febbrile delle nuove condizioni
in cui si sviluppa il capitalismo postindustriale. E' un coacervo di esigenze disparate,
di esistenze lontanissime, di tattiche divergenti e di rivendicazioni forse incompatibili.
Ma abbiamo altri campi
su cui le contraddizioni laceranti dei nuovi modelli di
sviluppo si siano espresse con più incisività, abbiamo altri terreni su cui sperimentare
le risposte che di volta in volta si costruiscono e si confrontano? E possiamo negare che,
da Seattle ad Okinawa a Genova a Praga, le tattiche si siano affinate e la discussione sia
cresciuta? I problemi che ci sono sono
tantissimi e gravi, e' vero, e Wu Ming li ha indicati bene:
sono i contenuti, è la necessita' di indicare delle soluzioni concrete e praticabili per
la redistribuzione della ricchezza e la valorizzazione autonoma del lavoro, e' il salario
sociale o una prospettiva di questo tipo. Ma se non siamo convinti che questo movimento e'
radicato in tendenze e in contraddizioni reali, piu' reali dei teatrini politici nazionali
e della miserabile autocoscienza sociale oggi in circolazione, non ci sara'
tattica, non ci saranno contenuti che tengano. Non è
nostalgia, ve lo giuro, ma non riesco a togliermi dalla mente la massima cinese che girava
nel 77: "quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito." Il dito
fara' anche un po' schifo, ma la luna non è affatto scomparsa, anzi semmai si e' fatta
piu' grande.