INDICE DI /GIAP/, n. 1, III serie - Una comunità aperta - 10 giugno 2002
(0) Scusate il ritardo. Rieccoci con una carriolata di notizie e aggiornamenti
(1a) Wu Ming e gli eroi: Spiderman & Maradona;
(1b) Novità sul sito (in diverse lingue);
(1c) Calendario presentazioni 54 seconda metà di luglio + errata corrige su Bolzano;
(1d) Curiosità a margine della presentazione di Macerata;
(1e) Il gruppo avant-jazz Switters omaggia Wu Ming nel suo cd di imminente uscita;
(1f) ATTENZIONE: Wu Ming a Festivaletteratura, Mantova, settembre 2002
(1g) quasi pronto "Nandropausa": i romanzi che consigliamo;
(2) Sardinian Tour - resoconto di Wu Ming 4
(3) Wu Ming presenta L'Istruttoria di Peter Weiss
(4) Cosa pensiamo del copyright e delle leggi che lo difendono
(5) Luigi Bernardi su certe calunnie ai danni suoi e nostri
(6) risposta a un lettore: Wu Ming come "logo"
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Molti di voi se ne saranno già accorti, trattandosi di libri che stanno vendendo tantissimo:
- Wu Ming 3 ha scritto la prefazione all'autobiografia di Diego Armando Maradona Io sono el Diego (edita da Fandango, Roma), prefazione "al termine della quale capita di commuoversi di autentica amarezza" (Stella Cervasio, "La Repubblica"-Napoli, 28/05/2002);
- Wu Ming 5 ha scritto la prefazione a Spiderman, raccolta delle migliori avventure del super-eroe in questi giorni onnipresente, edita da Einaudi Stile Libero. Il Corriere della Sera l'ha pubblicata integrale il 6 giugno u.s., ed è quindi possibile recuperarla nell'archivio di <www.corriere.it >.
Ovviamente, si tratta di un testo per nulla compiacente, dove l'ormai celeberrima puntata di Spiderman a Ground Zero viene definita "ignobile" e il Dottor Destino che piange "una trovata miserrima" :-)
Entrambi i testi proseguono e applicano a casi concreti la nostra riflessione sulla mitopoiesi, le narrazioni e le trasformazioni della cultura pop.
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Stiamo aggiornando il sito con alacrità. Nelle prossime ore dovrebbero essere on line:
- nuove recensioni di 54 e nuovi commenti dei lettori;
- nuove traduzioni in spagnolo di testi apparsi su /Giap/;
- la rassegna stampa su Q in lingua portoghese (brasiliana),
- infine, alla buon'ora scaricabile gratuitamente, il file integrale di Havana Glam, con un'introduzione inedita di Wu Ming 5.
Entro stasera il sito avrà raggiunto le 50.000 visite dal 10 ottobre 2000. Grazie a tutti/e.
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Presentazione di BOLZANO:
data e ora invariate (12 giugno h.21), ma non si terrà più alla libreria Ko-libri bensì alla sala parrocchiale di Piazza Duomo 3
Seconda metà di giugno 2002:
18 giugno h.?
NAPOLI
Castello Maschio Angioino (o Castel Nuovo), Piazza del Municipio
nell'ambito della rassegna "Cancion de libertad"
info: <info@tempozero.it >
24 giugno h.?
[nei pressi di] VIMERCATE (MI)
Auditorium della Biblioteca civica di Cornate d'Adda
[Via Manzoni,2 - Frazione di COLNAGO]
info: <a.agustoni@sbv.mi.it > tel. 039/6282726
26 giugno h.18
VIGEVANO (PV)
Librerià900
via Rocca vecchia 2/c
tel. 0381/78857
28 giugno h.21:30
FERRARA
Palazzo Muzzarelli Crema, via Cairoli 3
"54" - spettacolo a cura di Stefano Tassinari
voce narrante: Marco Baliani
musiche eseguite da Yo Yo Mundi
immagini di Dario Berveglieri
Ingresso: 5 euro (4 per i soci ARCI, ENDAS etc.)
[Le presentazioni fino al 13 giugno sono qui:
< http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/tour3.html >]
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dal Resto del Carlino/Quotidiano Nazionale, pagine di Ascoli e Marche del 5 maggio u.s.:
SPAZI PER MANIFESTI, LA PERIFERIA E' CARENTE
MACERATA - Come si fa a conoscere gli eventi della città se non si abita in centro? Questa è la domanda che si sono posti alcuni ragazzi, tra cui Ruggero e Filippo Gallo, quando hanno scoperto che il collettivo di autori Wu Ming era stato ospite di "Libriamoci", proprio il giorno prima di quello in cui leggevano il manifesto in corso della Repubblica. Il Comune e altri enti e associazioni pubblicizzano le attività con le affissioni, ma in alcune zone, come via Roma e via Martiri delle Libertà, non ci sono spazi espositivi. Stessa situazione a Sforzacosta e Piediripa, che spesso non sono coperte dal servizio. La responsabile del Comune per le affissioni, Roberta Pallonari, chiarisce la procedura: "Ogni manifesto viene affisso due giorni prima dell'uscita deve essere prenotato almeno quindici giorni prima. Del posizionamento si occupa làRapida Servizì che redige il piano di affissione". Per quanto riguarda l'incontro con il collettivo Wu Ming sono stati diffusi 50 manifesti, ma le proporzioni tra il centro storico e i quartieri periferici non è paritaria. "E' regolata in base agli spazi disponibili - spiega Roberta Pallonari -, tuttavia solo una grafica appariscente e una cospicua diffusione possono in questi casi attirare l'attenzione dei passanti".
[Ragazzi, ci dispiace davvero. Sarà per la prossima volta. Ad ogni modo, /Giap/ e il nostro sito servono anche a sopperire - per quanto possibile - a certe carenze informative.]
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Ciascuna traccia dell'imminente nuovo cd del gruppo avant-jazz Switters avrà come titolo il nome di un personaggio di Q o di 54. Prossimamente maggiori dettagli.
SWITTERS
Gianni Gebbia - saxophone; Francesco Cusa - drums; Vincenzo Vasi - bass
Suoni asimmetrici per una realtà asimmetrica
"Switters è il nome del personaggio principale dell'ultimo romanzo di Tom Robbins dal titolo Feroci invalidi di ritorno dai paesi caldi : un libro seriamente premonitorio sull'attuale condizione umana e politica del mondo intero. Switters è un agente della Cia che ha preso una direzione delirante ed autonoma in seno alle cospirazioni che stanno dietro alle tragedie del mondo diviso in angeli e cowboy, Switters è uno degli angeli..."
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Festivaletteratura ha insistito molto per averci a Mantova, tra il 4 e l'8 settembre. Dopo le nostre iniziali perplessità, il pressing da parte di Salman della collana "Crawl" dell'Heynoughty e un palleggio di e-mail coi responsabili del festival, riteniamo di avere sufficienti garanzie per poter partecipare senza crisi isteriche o attacchi d'ansia: niente guitti dello spettacolo (vedi Patrizio Roversi che presentava William Least-Heat Moon senza avere la minima idea di chi fosse e cosa scrivesse), niente "tavole rotonde tra scrittori" o robe del genere, solo la presentazione del progetto Wu Ming, autogestita da noi, plain & simple.
Certo, ci sentiremo comunque almeno un po' a disagio e "sotto assedio", ma vogliamo provarci, vedere se ce la facciamo. A questo punto, inviteremmo quanti più iscritti e iscritte a /Giap/ a materializzarsi a Mantova, per impedirci di fare cazzate qualora perdessimo lucidità. Ulteriori dettagli nelle prossime settimane.
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Presto on line (nell'indice di /Giap/) il secondo numero di *Nandropausa*: Wu Ming segnala la narrativa che ha apprezzato tra quella uscita in Italia negli ultimi 6-8 mesi. Non siamo certo dei critici, ci limitiamo a dire cosa ci piace e perché (puo' anche trattarsi di semplici tiramenti di culo). Sono consigli da amici, nulla più.
In questo numero: Valerio Evangelisti, *Black Flag* - David Czuchlevski, *La follia delle muse* - Jim Nisbet, *Prima di un urlo* - Joe R. Lansdale, *Maneggiare con cura* - Javier Marias, *Un cuore così bianco*. Non abbiamo ancora letto *Ritornano le ombre* di Paco Ignacio Taibo II° (autore a cui dobbiamo moltissimo), ma ce ne attendiamo grandi cose.
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SARDINIAN TOUR
di Wu Ming 4
Intro: Tre uomini in barca
Partiamo da Bologna all'alba del 29 maggio, su una Citroen AX blu con la fiancata sinistra ammaccata. Destinazione: porto turistico di Livorno, dove ci attende il traghetto che deve portarci in Sardegna. Il mini-tour sardo è stato organizzato mettendo insieme gli sforzi di alcuni giapsters, di due impavidi librai e di un collega scrittore residente sull'isola. Sono previste cinque presentazioni in una settimana: Sardinian tour de force. L'umore è buono, anche se non abbiamo una lira e non sappiamo cosa la vita ci riservi dietro il prossimo angolo o la prossima onda. E infatti le sorprese cominciano presto. Dopo esserci imbarcati senza intoppi ed essere salpati con un bellissimo sole, la nave non fa in tempo a percorrere poche miglia di mare che l'altoparlante annuncia l'immediato rientro a Livorno per motivi tecnici. Uno dei motori ha tirato gli ultimi. Il viaggio comincia sotto una buona stella! Risultato: rimaniamo prigionieri a bordo della Moby Magic (un nome un programma) fino a pomeriggio inoltrato, in attesa di essere fatti sbarcare e trasferiti su un'altra nave. In compenso ci offrono il pranzo a bordo per tenere buoni gli umori dei passeggeri. Ci trastulliamo un po' con l'idea di scatenare una sommossa in stile Bounty, ma il materiale umano non ci dà fiducia: pochi turisti obnubilati dal pasto gratuito, un nucleo di lumpen-veneziani che non parlano altra lingua che il loro dialetto, coppie di pensionati col cane. No, meglio lasciar perdere e attendere gli eventi. Gli sforzi di Tre per cercare un marittimo con cui litigare cadono nel vuoto.
Una volta sbarcati, veniamo lasciati a cuocere sotto il sole del porto fino a sera, quando arriva l'altra nave e finalmente possiamo partire. Questa volta è la Moby Wonder, l'ammiraglia della flotta Moby, probabilmente comandata da Achab in persona. Una specie di transatlantico titanico a bordo del quale ci offrono cena e cabine di lusso per passare la notte. Così dormiamo e facciamo un viaggio da gran signori.
Prima parte: Tre uomini a zonzo
All'alba del giorno dopo siamo in vista di Olbia. Partiamo subito alla volta di Cagliari, dove ci aspettano gli amici che ci hanno organizzato la presentazione per il pomeriggio stesso insieme a Massimo Carlotto. E qui comincia la vera prova di forza, anzi di "valentìa". Il corpo a corpo con l'ospitalità sarda.
Il pranzo che ci viene offerto è luculliano. Dopo esserci sbafati i salumi, le olive, le fave e i formaggi, ci rendiamo conto troppo tardi che si trattava dell'antipasto. Seguono ravioli ripieni, carne a volontà, frutta e dolce.
Ci alziamo per raggiungere il luogo della presentazione non senza difficoltà psicomotorie. Entra in campo un personaggio mitologico inventato sul momento da Uno, controllandosi la pancia: il marchese di Mongolfier, che ci accompagnerà fino alla fine del tour.
La presentazione si tiene in una sala teatro presso l'Università di Cagliari. Il collega Carlotto ci introduce con elogi quasi imbarazzanti, sollecitando una bellissima discussione che si protrarrà per tre ore, davanti a settanta persone. Il libraio che ha portato le copie dei nostri libri ci confessa che siamo gli scrittori preferiti dal capo della chiesa mormone di Cagliari. Costui ha comprato ben 30 copie di Q, una dopo l'altra, per regalarle ai fedeli. Pare entrasse in libreria ordinando. "Il solito!". Certo che abbiamo degli strani ammiratori…
Alla fine, stanchi ma felici, veniamo invitati a cena dagli studenti organizzatori, allo studentato appunto. Il bis del pranzo ci schianta. Malloreddus, salsiccia e vino a otri. Ciliegina sulla torta: la grappa di prugna donata da uno studente rumeno, la cui gradazione alcolica deve aggirarsi sui 75°. Quando il sottoscritto ormai strascica le parole, il marchese di Mongolfier ci carica tutti in macchina e ci porta a dormire nelle due case in cui veniamo ospitati.
La mattina dopo partiamo per Villacidro, ridente cittadina del Campidano, a ridosso dei monti, guidati dal nostro sherpa locale, che per comodità chiamero' John Grady Cole. John è riuscito a coinvolgere l'assessorato alla cultura del suo paese nell'organizzazione della presentazione, che si tiene alla biblioteca comunale. Ma prima siamo invitati a pranzo a casa sua. Le abili mani della sua gentilissima genitrice ci offrono la terza prova di forza gastronomica. Olive, funghetti, salame, prosciutto, formaggio, malloreddus, carne rossa e bianca, macedonia. Tutto buonissimo, tutto tantissimo. Poi il marchese batte l'indice sull'orologio e dice che è ora di andare al lavoro. Ringraziamo chi ci ha sfamati e andiamo.
Alla biblioteca il pubblico è poco, ma buono. L'assessore alla cultura arriva in ritardo e non puo' introdurci, perché essendo anche assessore al turismo ha dovuto inaugurare la sagra della ciliegia. Quando arriva ci invita a partecipare al premio letterario di Villacidro, di cui ignoravamo l'esistenza e che invece pare sia piuttosto prestigioso a giudicare dal palmares. Gli diciamo che prenderemo in considerazione l'ipotesi, pero' se non vinciamo vogliamo almeno tornare a casa con una valigia di ciliegie perché ne andiamo ghiotti. Nonostante il poco pubblico, la discussione è avvincente e il banchetto dei libri viene ripulito. Very good.
Finita la presentazione ci mettiamo di nuovo a tavola. Questa volta al ristorante, insieme al bibliotecario. Menù a base di pesce, con la solita esclusione di Uno, che è vegetariano. Mongolfier si alza più enfio che mai e ci porta a dormire in albergo.
Seconda Parte: Dal tramonto all'alba
Il risveglio è a base di caffe', cornetti e partite del mondiale. Il tempo di avere la mente sgombra e risaliamo in macchina. Destinazione Macomer. Dove arriviamo nel pomeriggio.
La libraia Luciana, i suoi soci e gli amici dell'associazione letteraria sono splendidi. Per noi continentali sembrano un po' degli impavidi pionieri della cultura in un paese dei monti sardi, ma in realtà, che sia così o no, hanno idee e capacità organizzativa al di sopra della media continentale. La presentazione questa volta si tiene direttamente in un ristorante, tanto per non doversi nemmeno alzare da tavola, e ci vede davanti a una settantina di persone. Dura almeno due ore e mezza. A cui seguono sei ore di strascico. Sì, perché la presentazione diventa cena e la cena diventa dopocena con chitarra e litri di vino, limoncello, mirto e chi più ne ha… Verso le quattro di mattina la ristoratrice vuole chiudere e ci viene proposto di proseguire la nottata in un locale.
Nel locale veniamo identificati come stranieri, ma ci vogliono tutti bene. Cerco traccia del marchese, ma ha deciso di prendersi la serata libera. è la fine. Uno ha dato forfait e si è fatto portare in albergo. Io resisto ancora un'oretta, poi, prima di svenire a peso morto sul tavolo, lo seguo. Tre invece, colto da loggorea etilica, si lancia in una discussione con tal "Dannazione", che lo mette alla prova continuando a offrirgli whisky e birra fino alle sette della mattina dopo, quando andranno in un bar a vedere la prima partita della giornata e tal "Angelino" lo riporterà a casa. Io e Uno incontreremo Tre sulle scale dell'albergo mentre usciamo per raggiungere il mare e lui torna a dormire. Sono le dieci di mattina passate. Lui sembra aver retto la prova di valentìa. L'onore di Wu Ming è salvo.
Tre ci raggiungerà in spiaggia nel pomeriggio, accompagnato da Luciana e dalle sue amiche. Io faccio il primo bagno della stagione e prendo il sole. La sera ceniamo in pizzeria e andiamo a letto presto, che abbiamo tutti bisogno di dormire.
Il giorno dopo: visione collettiva della partita dell'Italia, poi salutiamo tutti con baci e abbracci e prendiamo la strada di Alghero. Quella panoramica. La costiera. Non tenendo conto che Uno soffre il mal di macchina. Dopo 40 chilometri di curve, raggiungiamo la cittadina, apriamo la portiera e Uno rotola fuori accasciandosi sul marciapiedi davanti agli occhi attoniti del libraio Vittorio. Il tempo di posare i bagagli nella casa che ci ha gentilmente offerto e via, di nuovo on the road per raggiungere Sassari.
Alla presentazione c'e' una ventina di persone. Tre comincia a parlare, ma dopo qualche minuto viene colto da malore, si interrompe, si piega, chiede scusa, si alza e raggiunge un bagno dove puo' gettare la testa sotto l'acqua. Io e Uno raccogliamo il microfono, quasi fosse una bandiera, e andiamo avanti. Per fortuna dopo poco Tre ritorna ed è come nuovo. Così riusciamo ad arrivare in fondo anche questa volta. La discussione è animata dalla presenza di tre ragazze che mettono in crisi la nostra visione del mondo. Sono nostre lettrici, ma anche sperticate ammiratrici di Baricco. I toni si scaldano, ma alla fine finisce a tarallucci (anzi pizza) e vino.
L'ultimo giorno in Sardegna lo passiamo a zonzo per Alghero, asfissiati dall'afa e assaliti da nugoli di moscerini. Dormiamo molto e la sera ci presentiamo puntuali all'ultima presentazione. Il pubblico non supera le dieci persone. E ciononostante tra quei dieci c'e' un giapster! Queste sono soddisfazioni. Un poeta algherese che scrive in catalano ci regala il suo libro. L'ultima cena si consuma al Pub Giamaica (dove pero' cucinano ottimi spaghetti ai frutti di mare) e poi a nanna.
Alle 9.00 della mattina dopo siamo al porto di Olbia per imbarcarci. Questa volta ci tocca la Moby Fantasy (mmmmmhhh….), una bagnarola di cui siamo pressoché gli unici passeggeri. Il marchese ci saluta dal molo sventolando un fazzoletto bianco con cui si asciuga anche le lacrime. Lo lasciamo lì, certi di ritrovarlo alla prossima occasione.
Un sentito ringraziamento a tutti coloro senza i quali questo viaggio non sarebbe stato possibile o sarebbe stato molto meno lieto: Fabrizio, Giacomo, Francesco e tutti gli amici di "Studenti a Sinistra" dell'Università di Cagliari; Massimo Carlotto; il signor Melis, bibliotecario del comune di Villacidro; Luciana, Paolo, Agostino, Matteo, Grazia, Giusy, Muschio e tutta l'associazione "Verba voglio" di Macomer; Vittorio della libreria "Il labirinto" di Sassari e Alghero, l'informale Baricco/Wu Ming Fan Club (!!!) di Sassari. Speriamo di rivedere tutti molto presto.
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Il 7 giugno u.s., a chiusura dell'anno scolastico, gli studenti degli istituti tecnici-professionali aggregati Aldini-Valeriani e Sirani (Bologna) hanno messo in scena L'Istruttoria di Peter Weiss (pubblicata in italiano da Einaudi), adattamento e regia della professoressa Carla Pratella. Ci era stato chiesto di scrivere una breve introduzione all'opera, da leggere subito prima della rappresentazione. Detto fatto. Ricordiamo che Weiss trasse il suo dramma dai verbali di un processo ad alcuni aguzzini del lager di Auschwitz. Ecco il nostro testo:
<<In questo dramma di Peter Weiss, solo pochi squarci di luce calda e violenta, sottili come lamine, penetrano il buio per mettere in crisi - anche solo per un secondo - la burocrazia cieca divenuta sistema di annientamento.
Sono i pochi momenti di resistenza, una resistenza tanto più fiera quanto è disperata: "Non mi ficcherete lì dentro prima di aver rotto ogni osso del mio corpo; finché in me ci sarà un refolo di vita, sarete costretti a tenermi fermo; faro' il massimo di casino che queste povere membra possono ancora concedermi, fino all'ultimo spasmo."
Crediamo sia questa una delle lezioni da trarre: se ti verranno a prendere dovrai resistere, dimenarti, tirare calci, mordere la mano che vuole imbavagliarti. Anche quando ti metteranno in fila per la fucilazione, fino all'ultimo dovrai cercare con la coda dell'occhio una via di fuga, qualunque via di fuga. Addirittura, se ti faranno l'iniezione letale, dovrai far forza sulle braccia e cercare di rialzarti: "Ci vorrà molto più di questo".
è in fin dei conti la lezione del ghetto di Varsavia, di Karameh 1968, di Tall El Zaatar 1976 e di Nablus e Jenine 2002.
La lezione per chi sta dall'altra parte della canna del fucile, o della canna del gas, è invece: disobbedire, obiettare, disertare, comunque rifiutarsi. I colpevoli di crimini di guerra, anche e soprattutto di quelli che sfidano la descrizione e la comprensione, si giustificano dicendo: "ho solo eseguito degli ordini". A costoro va contrapposto l'esempio dei refuseniks, quei quasi 500 soldati d'Israele oggi in carcere militare per aver dichiarato: "Noi non faremo più gli aguzzini", ci sono ordini a cui non si puo' e non si deve obbedire.
Occorre fare attenzione, sulla faccia della Terra c'e' chi vuole estendere logiche da campo di concentramento a sempre nuovi settori della vita sociale. Costoro troveranno sempre i Kapo' (vittime disposte a salvarsi la vita partecipando all'umiliazione e alla soppressione dei loro compagni di sventura), ma troveranno sempre anche chi resisterà e chi disobbedirà.
Tuttavia, occorre anche essere pronti a resistere e disobbedire ai "falsi buoni", di qualunque schieramento facciano parte. I falsi buoni sono sempre zelanti nel processare i crimini di guerra altrui, nel condannare i crimini contro l'umanità solo se li ha commessi il Nemico, l'Altro da noi. Se a commetterli sono loro, li definiscono "danni collaterali".
Se oggi non stiamo zitti, sarà possibile denunciare un orrore ipocrita come quello dell'agosto 1945, quando lo Statuto del Tribunale di Norimberga definì "crimini contro l'umanità" quelli "commessi ai danni di una qualsiasi popolazione civile, prima o durante la guerra", e proprio negli stessi giorni - sebbene il Giappone fosse in ginocchio e avesse già manifestato l'intenzione di arrendersi - venivano sganciate due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, uccidendo ben 120.000 civili, crimine che ci si guardo' bene dal processare, come oggi non si processano i responsabili dei bombardamenti all'uranio.
Se oggi non ci facciamo ingannare, sarà possibile evitare che il pianeta si trasformi in una grande Guantanamo.>>
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[Abbiamo rilasciato un'intervista sul copyright ad "AIB notizie", newsletter dell'Associazione Italiana Biblioteche (www.aib.it ). Dovrebbe uscire sul numero di questo mese. Ci sembra l'occasione in cui abbiamo spiegato la nostra posizione nel migliore dei modi, è quasi un addendo alla "Dichiarazione d'intenti" del gennaio 2000. Per questo motivo, ve la proponiamo in anteprima assoluta.]
1. Cosa pensate della recente legge sul diritto d'autore che impedisce (anche nelle biblioteche) la riproduzione di testi in commercio per oltre il 15%? Puo' essere questo un modo effettivo per tutelare gli autori e per favorire il mercato del libro e la diffusione delle lettura?
<<No. La diffusione della lettura si favorisce permettendo la diffusione dei testi, non restringendola. Se uno non ha i 20 e più euro necessari a comprare un libro, non ce li ha e basta. Che fa, interra una monetina nel Campo dei Miracoli? Il divieto di riproduzione va a colpire un target di persone che le case editrici (e quelle discografiche) hanno già perso, a causa di politiche miopi, del continuo rialzo dei prezzi e del generale calo di qualità. Nell'ambito universitario, si pensi ai numerosissimi testi messi in programma anche se mediocri o addirittura pessimi, soltanto perché scritti da amici o compagni di cordata...
Più in generale, va osservato che tutta la legislazione sul diritto d'autore a livello planetario è espressione di una mentalità oligarchica e repressiva, sempre più raggomitolata a difendere i privilegi di obsolescenti lobbies, multinazionali e potentati che campano sull'appropriazione indebita di ciò che dovrebbe essere di tutti.>>
Quali possibili soluzioni alternative?
<<Per quel che riguarda l'università, il problema è ben più a monte, è che i libri fanno schifo eppure costano l'ira d'iddio. Parlando più in generale, siamo per la libertà di riproduzione. La libertà di riproduzione non limita le vendite in libreria: sono circuiti diversi, approcci diversi, supporti diversi. Lo sperimentiamo ogni giorno coi nostri libri, che recano questa dicitura: "E' consentita la riproduzione parziale o totale dell'opera e la sua diffusione per via telematica a uso dei lettori, purché non a scopo commerciale".
Quest'ultima precisazione ha un significato anche politico: il diritto convenzionale, di stampo liberal-borghese, si costruisce intorno a un soggetto che, a ben guardare, è un soggetto astratto, non calato nel sociale: è il cosiddetto "individuo proprietario", descritto come perennemente uguale a se stesso a prescindere dai contesti. Noi invece crediamo ci sia una differenza enorme tra soggetti e soggetti, e quindi tra diritti e diritti. Vale a dire: non vanno messe sullo stesso piano le libertà di cui deve godere il singolo lettore che vuole leggersi un nostro libro ma non ha i soldi per comprarselo e i vincoli che invece vanno imposti ai grandi potentati economici. Per scrivere un romanzo dei nostri occorrono tre anni di lavoro durissimo, tra ricerche, stesura, revisione e centinaia di presentazioni in giro per l'Italia. Ai pescecani della grande industria cinematografica o televisiva non dev'essere consentito parassitare questo nostro impegno e - senza cacciare un centesimo - trarre un film dalle trame che abbiamo elaborato, fare ulteriori miliardi e rafforzare la propria posizione di predominio. In questi anni abbiamo realizzato quanto sia stato importante piantare nel terreno questo paletto, anche se qualche "purista" del no-copyright ci ha criticati, ignaro dei rischi che si corrono facendo questo mestiere e, in fin dei conti, ignaro del fatto che la società è divisa in classi :-)
Siamo sempre alla ricerca di diciture e soluzioni più concrete, soddisfacenti e utilizzabili da altri. Intanto, potete lasciar fotocopiare i nostri romanzi e sbattere la dicitura in faccia agli ispettori SIAE o agli agenti della GdF :-)>>
Appunto, WM di fatto mette in crisi la figura stessa dell'autore come singolo individuo e di conseguenza della proprietà letteraria in quanto tale. Come nasce questa scelta e quale visione della letteratura sottintende?
<<Non facciamo che rendere esplicito l'implicito. In realtà nessun autore inventa o scrive da solo, e non ci riferiamo solo all'editor o al ghost writer di turno, ma al fatto che le idee sono nell'aria e non appartengono a un singolo individuo. L'autore, qualunque autore, è più che altro un "riduttore di complessità", e svolge una funzione temporanea, cioe' trae una sintesi precaria da flussi di informazione/immaginazione che vengono trasmessi dall'intera società e la riattraversano in lungo e in largo, senza sosta, come le onde elettromagnetiche.
In linea di principio, è assurdo voler imporre una proprietà privata della cultura. Se al fondo tutto è prodotto dalla moltitudine, è giusto che ogni "prodotto dell'ingegno" sia a sua disposizione. Non ci sono "geni", quindi non ci sono "proprietari". C'e' lo scambio e il riutilizzo delle idee, cioe' il loro *miglioramento*. Lo diceva già Lautreamont: perché le idee progrediscano è necessario il "plagio" (e quindi anche la sua pre-condizione, cioe' la "pirateria", la riproduzione libera).
Nella storia recente questa posizione - fino a pochi secoli fa considerata ovvia e naturale - è stata sostenuta solo da esponenti delle correnti radicali e antagoniste [...] Oggi torna ad essere una visione egemone, grazie alla rivoluzione digitale e, nello specifico, al grande successo del software "libero", GNU, Linux etc.
Dall'altra parte della barricata c'e' tutto quello contro cui la sinistra, in tutte le sue sfumature, si è battuta fin dall'Illuminismo: la rendita nobiliare, la "manomorta" aristocratica, lo sfruttamento dei risultati del lavoro da parte di ceti abbienti parassitari.
Ma, come dicevamo, si tratta di ceti e interessi *obsoleti*: anche alla luce di come funziona l'odierna produzione di ricchezza, il copyright è ormai uno strumento superato, un rottame ideologico la cui esistenza castra l'inventività, limita lo sviluppo del "capitale cognitivo", sviluppo che oggi richiede cooperazione sociale in rete, *brainstorming* a tutto campo. Per essere *produttive*, le idee devono essere libere di circolare.
Se volessimo usare una terminologia marxiana classica, diremmo che oggi lo sviluppo delle forze produttive mette in crisi i rapporti di produzione. Pensiamo ai programmi peer-to-peer che permettono la condivisione dei files MP3. Pensiamo a tecnologie di riproduzione come i masterizzatori. La loro stessa esistenza è la prova che la Convenzione di Berna sui diritti d'autore è superata *nei fatti*, dallo stesso sviluppo delle forze produttive. In parole povere: non si possono mettere in commercio tecnologie come campionatori, computer, scanner, masterizzatori, fotocopiatrici, e poi far intervenire i governi e le forze di polizia perché la gente li utilizza... nel modo "sbagliato".
Contro questo vasto (e ancora non del tutto consapevole) movimento, viene messa in campo una resistenza feroce da parte delle mafie della proprietà intellettuale, col peggioramento delle leggi vigenti. Non solo: si sferra anche un contrattacco su vasta scala, per estendere la logica della proprietà intellettuale a esseri viventi e sequenze genetiche umane. Dal che si capisce che quella del copyright è la principale linea del fronte dell'attuale conflitto socio-ecologico.
Ad ogni modo, nell'industria culturale stiamo vincendo "noi", basti pensare alla musica: oggi le grandi case discografiche piangono miseria, si scagliano con violenza contro "la pirateria", vedono drasticamente ridotti i loro margini di profitto. Perfetto! Le bolle di sapone scoppiano, si ridimensionano fenomeni di parassitismo che avevano assunto proporzioni ridicole: guitti che si ritrovano miliardari solo perché nei piano-bar da trent'anni si suona la loro unica canzone di successo, una ben nota società che monopolizza l'amministrazione del "diritto d'autore" estorcendo soldi grazie a balzani cavilli legali e dividendoli tra le Grandi Famiglie che la gestiscono etc. etc.
La fruizione della musica (e non solo) sta cambiando, la "cultura di massa" lascia il posto a una nuova forma di cultura "popolare", in cui contano sempre di più le esibizioni dal vivo, le reti solidali , la condivisione, il do-it-yourself (auto-produzione, auto-distribuzione, passaparola), e in fin dei conti importerà poco sapere *chi* ha composto o scritto che *cosa*. L'artista sarà sempre meno Divo (o Autore) e sempre più cantastorie, menestrello, bardo, griot.>>
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Luigi Bernardi, 49 anni, già editore (la leggendaria Granata Press), scrittore e pubblicista, editor e talent scout, direttore di collane per diverse case editrici (Einaudi, Derive Approdi, Hobby & Work etc.), si toglie - e toglie anche a noi - un sassolino dalle scarpe, usando la sua rubrica sul quindicinale felsineo "Zero in condotta":
ZIC n.148, 3 maggio 2002, rubrica "Parola di Gaijin":
LADRI DI IDEE
Proprio in questi giorni sono ventiquattro anni che mi occupo di storia e di editoria. è una cifra ragguardevole, ma non ne parlo per vanto o compassione, ne parlo perché in tutto questo tempo non mi era mai accaduto di ricevere un'accusa che non saprei neanche come chiamare. Plagio? Delazione? In breve, un certo Marco Monina, editore di una casa editrice che si chiama Pequod, mi imputa di aver passato a Riccardo Pedrini la trama di un romanzo. Questa trama mi sarebbe stata fatta leggere da Michele Monina, fratello di Marco, perché gli dessi un parere. Da questa trama, Riccardo Pedrini avrebbe elaborato poi il suo ultimo libro uscito a firma Wu Ming 5. Non ho idea da quale confusione mentale sia potuta venir fuori un'accusa del genere. è vero, Michele Monina ogni tanto mi mandava dei soggetti da leggere, ma se ci penso non ne ricordo nessuno, segno che più di tanto non mi devono avere colpito. In quanto a Pedrini, non ho letto il romanzo in questione e con lui ho solo avuto contatti sporadici e formali, tanto che non ci siamo mai incontrati da soli, senza altri intorno. Del resto, ci sono ventiquattro anni di lavoro che attestano che queste cose io non le faccio, semmai ci possa essere qualcuno che le fa. E comunque mi pare che Pedrini sia uno che le idee le ha già tutte nella sua testa [...]
[WM1] Anch'io ho un fratello minore sovente attraversato da buone idee e intuizioni brillanti (tanto che gli abbiamo dedicato Totò, Peppino e la guerra psichica 2.0). Posso capire l'istinto di protezione e tutto. Posso anche capire che tale istinto possa "far scappare la mano" (e dimenticare lo stile).
A farmi ribrezzo è pero' il killeraggio praticato tramite la ciacola diffamatoria da salotto.
A rivoltarmi lo stomaco è l'esistenza stesso di certo sottobosco editorial-letterario in cui si radicano mediocri figuri, tristi "uomini del risentimento" (penso al cretino che nell'autunno scorso fu il primo a rendere pubblica tale "accusa").
A procurarmi nausea non è solo l'attacco volgare e gratuito a Riccardo (e quindi a tutti noi), ma anche la concezione gretta e piccolo-borghese della letteratura e dello scrivere che traspare dal ricorso a simili calunnie.
Questo spazio è a disposizione dei fratelli Monina, qualora volessero chiarirsi (o scusarsi).
Per quel che ci riguarda, la questione è c-h-i-u-s-a.
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<<...ho avuto il piacere di confrontare le mie idee su letteratura e politica con le vostre venerdì 24/5 al "Rivolta" [VE] . Non sono riuscito pero' a farvi la domanda che mi è venuta in mente dopo gli ultimi interventi [...], così ve la faccio adesso: sono perfettamente d'accordo con voi quando parlate di "mitologia dinamica". Credo che il bisogno di avere dei miti comuni, dei punti di riferimento (seppur con un approccio critico nei loro confronti) non sia una sorta di "malattia infantile" della moltitudine ma sia anzi un dato imprescindibile che, come tutti i fatti umani, non è positivo o negativo a priori ma va, una volta presa coscienza di ciò , gestito per andare verso una società migliore.
Detto questo, bisogna anche dire che non solo i vostri libri ma voi stessi siete diventati per un certo gruppo, sempre più consistente, di persone un "mito", un punto di riferimento. Vivete dunque anche voi quel paradosso per cui, se non volete essere un "mito statico", nel momento in cui vi create in un certo modo siete pronti a distruggervi. Leggo in questo modo il passaggio (a questo punto sì necessario e non contingente) da "Luther Blisset" a "Wu Ming": ma - ed ecco finalmente la domanda - una volta giunti al punto di essere "senza nome", cosa puo' spiazzare per andare oltre e rimanere un "mito dinamico"? Forse tornare ad avere un nome? Forse vivere l'ironico destino di "No logo" di divenire un logo a sua volta? Forse senza nome non lo siete mai stati e non potrete mai esserlo?>> M., 26/05
[WM4] è evidente che Wu Ming è un logo (abbiamo perfino lo stemma con i due ideogrammi cinesi...) e che noi abbiamo dei "fans". è evidente che certi meccanismi non sono del tutto smantellabili, ma noi cerchiamo di dimostrare che sono radicalmente modificabili e che "si puo' fare". Quel che importa è ciò a cui Wu Ming, come logo e come collettivo di lavoro sulla narrazione, allude.
Definirsi "senza nome" non significa nascondere i nostri nomi anagrafici come facevamo al tempo del Luther Blissett Project, proprio perché è il concetto generale quello che conta, cioe' l'allusione al fatto che l'opera è più importante dell'autore, non che noi non esistiamo e non facciamo quello che facciamo o che non siamo noi a farlo. è evidente che non apparire in tv o in fotografia non significa nascondere le nostre facce, dato che incontriamo di persona centinaia di lettori in tutta Italia, ma appunto allude all'opacità verso i media e alla trasparenza assoluta versoi lettori. Insomma è l'allusione a uno STILE DIVERSO, al ribaltamento del canone comportamentale dello scrittore classico e dello star system e di conseguenza alla concezione della letteratura e della narrativa che andiamo esponendo nelle nostre presentazioni pubbliche.
Nella fattispecie, l'analisi che fai del passaggio da LB a WM è corretta (anche se non esaustiva). In effetti la giusta fine dell'eroe Senza Volto che ha voluto annientare e assorbire tutti i nomi, che ha voluto paradossalmente nominare tutto e tutti, è il seppuku, è la cancellazione dell'ultimo nome rimasto: il proprio. Ecco perché non ci è sembrata affatto una contraddizione emergere alle cronache con i noistri nomi anagrafici nei panni di scrittori (rifiutandoci pero' di schiaffarli sulla copertina dei nostri romanzi). Se dopo aver "rifiutato" i nostri nomi anagrafici per tutta la durata o quasi del progetto Blissett fossimo rimasti vittima della paranoia della nominazione, avremmo negato tutto ciò che Blissett stesso rappresentava. Noi abbiamo dichiarato che i nomi NON SONO IMPORTANTI, o comunque non più di quelli di chiunque altro partecipi direttamente o indirettamente alla costruzione delle narrazioni collettive che viaggiano per il mondo. Occorreva quindi liberarsi dell'ultimo vincolo che il nome ti pone: la necessità di negarlo e di nasconderlo. Se si rimane prigionieri di quella paura e di quel vincolo, si è ancora schiacciati dall'importanza e dall'imponenza del nome, anzi, del non-nome, che a quel punto diventano la stessa cosa.
è un paradosso, ovviamente, ma è un paradosso importante che alla fine del Progetto Blissett non è forse stato indagato abbastanza. Forse quindi hai ragione tu, non ci si sbarazza mai del proprio nome-logo, e quindi un margine di contemplazione da parte dei "fans" rimane aperto, ma non bisogna commettere l'errore di fermarsi davanti a questa paranoia. Se i nomi non sono importanti, e noi lo dimostriamo da anni con la nostra attività blissettiana prima e wuminghiana poi, allora non deve essere troppo importante nemmeno negarli o nasconderli. ciò che è importante, direi imprescindibile, è che la PRATICA, il METODO, lo STILE, ovvero la coincidenza di etica ed estetica, dimostrino sul campo quello che ti porti dietro e che affermi. Ecco per esempio perché il nostro sito non è impostato come Wu Ming Fan Club, ma come un mezzo di interscambio tra noi e i nostri lettori e di diffusione di materiali nostri o che noi riteniamo interessanti. Idem dicasi del nostro bollettino telematico "Giap". Se ci limitassimo a non andare in tv, ma poi non girassimo in lungo e in largo per incontrare i lettori, non potremmo parlare di Repubblica Democratica dei Lettori e delle sue assemblee permanenti. Se fossimo noi i primi a separarci dalla comunità che ci legge o a non recepirne gli input interessanti confuteremmo quello che andiamo dicendo da anni. Il problema di non diventare "statici", ma rimanere "dinamici", come dici tu, è risolto soltanto nella pratica e dalla pratica. Se vuoi la sfida è tutta qui. Essere parte di una comunità aperta, immettere storie e a nostra volta raccoglierne a man bassa. La contraddizione che segnali rimane, ovviamente, ma fa parte della complessità delle cose con cui confrontarsi. Guai se dovesse diventare motivo di paranoia o di paralisi. Ci trasformerebbe in stracchi situazionisti. Scusa la prolissità, ma lo stimolo è interessante.
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Iscritti giap in data 10 giugno 2002: 2462
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