Indice /Giap/#23 – Macro- e micro-fascismi – 28 novembre 2000

 

1. In morte di Carla Capponi & aggiornamenti presentazioni AdG

2. First we take Madrid

3. Bologna: contro i centri di detenzione per migranti

4. Neurodisney

 

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A 82 anni e’ mancata Carla Capponi, preclara esponente della Resistenza romana, protagonista del celeberrimo “attentato di via Rasella” (23/3/1944), una delle persone piu’ odiate dai neofascisti, proprio per questo ammiratissima e frequentemente menzionata da Vitaliano Ravagli.

L’avevamo incontrata qualche settimana fa al Teatro ITC di S. Lazzaro (BO), alla presentazione-reading del suo libro autobiografico *Con cuore di donna* (Il Saggiatore, Milano 2000). Le avevamo regalato una copia di *AdG*, ma c’eravamo scambiati solo un paio di frasi, perche’ la “proteggeva” un buffo cordone sanitario di anziane signore con occhiali a culo di bottiglia.

Stefano Tassinari, organizzatore della serata, aveva cercato di pungolarla, ricordando le controverse dichiarazioni di Violante sulla “pacificazione” e le ragioni dei “ragazzi di Salò”. Lei aveva svicolato, evitando di criticare il compagno di partito. Era una donna del PCI e del Kominform (dirigente delle associazioni Italia-URSS, Italia-Corea e Italia-Cina!), allineata anche *post mortem* (del Partito) e/o *in articulo mortis* (propria), ma si stagliava contro quel fondale antropologico, era anche ben altro e ben oltre. Su Il Manifesto di domenica 26/11, Alessandro Portelli la ricorda agitatrice (proto-femminista) nelle borgate romane del dopoguerra:

<<…arrivava la polizia, e allora… li insultavano, me difendevano se mi portavano al commissariato… E allora c’erano denunce veramente comiche, perche’ c’era scritto: “Carla Capponi con…” e tutti i nomi delle altre… allora, una veniva denunciata perche’ gli aveva detto: “Non ci rompete li…”, “insultando con parole oscene l’ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni”. Un’altra: “Ufficiale dei miei co…” e poi puntini puntini. Quelle, parole da borgatare – “Non ci rompete li…” – e quello metteva “c” puntini puntini… Erano comiche […] Io mi ricordo: occupavamo un autobus, e gli dicevamo: “Mo’ ce porti davanti alla Prefettura de Roma, hai capito?”. Tutte queste donne: “Aho’, t’avemo occupato l’autobus, tu c’hai da porta’, se no te rompemo la testa”.>>

 

Da anni la destra cerca di accollare ai gappisti che misero la bomba in via Rasella la responsabilita’ della strage delle Fosse Ardeatine. Ricostruzione fallace e disonesta, tentativo goffo eppure pervasivo. “Avrebbero dovuto consegnarsi alle SS, per evitare la rappresaglia!”, strillano gli imbecilli. Occhio all’ultima frase del comunicato del Comando tedesco:

“Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, elementi criminali hanno eseguito un attentato […] Il Comando tedesco e’ deciso a stroncare l’attivita’ di questi banditi scellerati. Nessuno dovra’ sabotare impunemente la coperazione italo-tedesca nuovamente affermata. Il Comando tedesco, percio’, ha ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati. Quest’ordine e’ gia’ stato eseguito.”

 

Non sappiamo se Carla Capponi abbia fatto in tempo a leggere il romanzo, ad ogni modo, su invito di Vitaliano, aveva accettato di presentarlo con noi a Imola il 6 dicembre (tant’e’ che il suo nome appare su flyers e manifesti).

Il Comune di Imola, che patrocina la serata, aveva proposto di farla accogliere dalla citta’ in pompa magna, con l’obispo, i caramba e la finanza; immaginerete la nostra reazione, dato che *AdG* e’ tutto un’invettiva contro la Chiesa e l’Arma. Se non altro, l’infausto evento taglia la testa al toro degli omaggi istituzionali.

Carla Capponi era si’ riconosciuta combattente col grado di capitano, e aveva ricevuto la “medaglia d’oro” [in realta’ una patacca verniciata] al valore militare”, ma a S. Lazzaro aveva raccontato con toni sarcastici quella grottesca cerimonia, con tanto di riconoscimento del suo “coraggio virile”! Il libro l’aveva intitolato *Con cuore di donna* proprio per prendere le distanze dalla stolida prosopopea militare.

Di certo la serata di Imola sara’ diversa.

[wmy]

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Ricordiamo che il calendario delle presentazioni fino alla meta’ di dicembre e’ alla pagina:

http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap22.htm

 

Integrazioni e modifiche:

 

- E’ saltata la presentazione dell’1 dicembre a Legnago (VR).

 

- in compenso il 15 dicembre, h.21, saremo alla biblioteca comunale “Cesare Pavese” di Casalecchio di Reno (BO), via Cavour 4. Per informazioni piu’ dettagliate, tel. 051/572225

 

- il 20 dicembre saremo ad Asti, presso la sede dell’Associazione Diavolo Rosso (in una chiesa sconsacrata!), Piazza S. Martino, 4. tel. 0141/355699, info@diavolorosso.it

 

 

2.------------------------------------

 

Siamo stati cinque giorni a Madrid, per il *lanzamiento* dell’edizione spagnola di Q.

Tre volte in Spagna per lavoro nel giro di un anno, ma stavolta siamo capitati in pieno venticinquennale della morte di Franco e dell’incoronazione di Juan Carlos. Un paese in piena frenesia da modernizzazione, banche e centri commerciali a ogni incrocio, eppure – o proprio per questo? - fortemente diviso sul passato, non c’e’ stata una rottura netta col regime (tant’e’ che gli ex-franchisti sono al governo). D’altronde, non c’e’ mai stata nemmeno qui da noi.

Certo, questo non giustifica l’ETA, che e’ in pieno trip nichilista, spara “in do’ cojo cojo”, e’ lontana e incomprensibile come un’astronave di alieni autistici in orbita intorno a Urano, somiglia sempre piu’ agli Zwarardgesten di Jan Batenburg descritti in *Q* (ma senza pseudogiustificazioni apocalittico-teologiche).

Solo alla lontana si puo’ rendere l’idea di quanto l’editore abbia investito nel libro: una prima tiratura di oltre 30.000 copie, doppia edizione hardcover e paperback, copertina bellissima, sito dedicato con tanto di mappa interattiva dell’Europa del XVI° secolo <http://www.q-blissett.com/viaja.htm .> e un’edizione cartacea della stessa in regalo per chi compra il libro alla FNAC ecc. ecc.

Abbiamo constatato che il livello medio di preparazione e curiosita’ dei periodistas spagnoli e’ di gran lunga superiore a quello dei loro colleghi italiani. Anche l’eta’ e’ in media piu’ bassa, tanto nell’editoria quanto nel giornalismo: e’ un paese giovane, non c’e’ un editore che abbia piu’ di un ventennio di storia alle spalle, c’e’ entusiasmo intorno all’operazione. Potete farvene un’idea dando un’occhiata alla rassegna-stampa (parziale),

 <http://www.wumingfoundation.com/italiano/rassegna/Qespanol.html>

Molto buono l’articolo di *Babelia*, a parte alcuni equivoci (soprattutto nel finale), che abbiamo chiarito nelle interviste – le piu’ interessanti sono quelle rilasciate a elfoco.com e notodo.com.

 

 

3.------------------------------------

 

Presentazione dell’appello contro l’apertura del Centro di Permanenza Temporanea di via Mattei agli scrittori e intellettuali bolognesi

 

di Wu Ming

 

 

Una questione di cultura giuridica

 

Il gigantesco passo indietro che la prassi giudiziaria e la cultura giuridica hanno compiuto con l’approvazione della legge Turco-Napolitano non è questione che può riguardare soltanto chi si occupa dei problemi dell’immigrazione. E non è nemmeno questione di mero “umanitarismo”:  non si tratta soltanto di essere solidali con i drammi dei migranti a fronte dell’emergenzialismo e della demonizzazione dilaganti. Al centro della questione c’è appunto il problema dell’imbarbarimento della cultura giuridica di questo paese e dello stato di diritto. Un problema che “gli uomini e le donne di cultura” dovrebbero essere in grado di riconoscere nitidamente.

Esiste oggi in Italia e in Europa una categoria di individui di serie B. Costoro lavorano, producono, abitano in questo continente e in questo paese, ma poiché non possono vantare “diritti di nascita”, sono esclusi da quelli civili. Se un cittadino extra-comunitario viene trovato sprovvisto di permesso di soggiorno, può essere recluso in un Centro di Permanenza Temporanea. Ovvero può essere privato della libertà, senza aver commesso alcun reato e senza che un giudice abbia formulato un’accusa o emesso una condanna. Tutto è lasciato nelle mani delle autorità di pubblica sicurezza, delle questure. Ciò significa che di fatto si è creata una legislazione parallela per i cittadini extra-comunitari. La legge non è più uguale per tutti. La gravità di questo precedente e le ripercussioni che può avere anche sulla nostra vita (di bianchi, europei, liberi di circolare) sono lampanti.

 

Una questione politica

 

Se ha senso scandalizzarsi perché qualcuno propone di ripristinare gli indici dei libri proibiti, o di eliminare dal mercato i “libri comunisti”, o di riabilitare la Repubblica Sociale Italiana; se ha senso levare gli scudi contro le pericolose sparate di Storace, Berlusconi o Formigoni, che lasciano intravedere scenari quanto mai cupi; allora è altrettanto prioritario prendere posizione rispetto all’istituzione di campi di reclusione per clandestini. Non c’è soluzione di continuità: nell’attuale contingenza politica, non comprendere la portata di una questione come quella dei CPT, significa abdicare all’intelligenza e al proprio ruolo di “lavoratori della cultura”.

Non pretendiamo che gli scrittori e gli intellettuali bolognesi condividano il nostro radicale rifiuto dell’attuale politica sull’immigrazione, e nemmeno che compiano plateali gesti di protesta, anche se ce lo auguriamo. Quello che chiediamo con forza è che prendano una posizione, che si esprimano, a favore o contro la prossima apertura del CPT di via Mattei. Tutto fuorché il silenzio.

Per questo vi inviamo il testo dell’appello contro l’apertura di un Centro di detenzione nella nostra città, steso da una serie di associazioni, gruppi politici, operatori sociali e singoli individui. Vi chiediamo di sottoscriverlo o, in caso contrario, di motivare il vostro rifiuto.

 

Bologna, 13 novembre 2000

 

 

 

Il testo dell’appello:

 

No all’aberrazione umana e giuridica

dei centri di detenzione per migranti

 

No all’apertura del centro di detenzione di Via Mattei

 

 

Sono luoghi nascosti, alla periferia delle città, del tutto, o quasi del tutto, invisibili.

Sono luoghi in cui le persone trattenute non hanno commesso alcun crimine.

Sono luoghi di sospensione del diritto.

Sono luoghi in cui nessuno può entrare, se non coloro che vi sono rinchiusi e coloro che li gestiscono: non far sapere e non far vedere per non far reagire.

 

Luoghi di questo genere sono stati creati a Milano, Roma, Trapani e in altre città ancora.

In questi luoghi sono già morti uomini e donne che avevano attraversato il mare fuggendo dalla miseria o spinti dal desiderio di una vita dignitosa, talvolta per mancanza di cure e di assistenza sanitaria, tal altra per atti estremi di autolesionismo determinati da una condizione assurda e disumana.

 

Recentemente alcuni giudici del tribunale civile di Milano si sono rifiutati di convalidare i provvedimenti con i quali Prefetto e Questore disponevano la misura di internamento nel centro di Via Corelli e l’accompagnamento coatto alla frontiera per alcuni immigrati sprovvisti di documenti, e hanno sollevato eccezione di costituzionalità per gli articoli della Legge Turco-Napolitano che prevedono tali procedure, in quanto contrastanti col dettato costituzionale in materia di libertà personale.

 

Nonostante tutto questo in Emilia-Romagna è prevista la costruzione di altri due centri, uno dei quali dovrebbe sorgere a Bologna, al posto dell’ex-caserma Chiarini di via Mattei.

Istituiti dall’articolo 12 della Legge 40 del 1998, i "Centri di permanenza temporanea e assistenza"- che altri paesi europei definiscono, meno ipocritamente, "Centri di detenzione amministrativa" -, sono il sintomo di una determinata concezione politica, comune all’Italia e all’Unione Europea. Quella che nella gestione dell’immigrazione tende a creare invalicabili barriere tra "cittadini di sangue europeo", beneficiari di diritti, e uomini e donne che, perché nati altrove, non possono godere nemmeno del diritto alla libertà.

Essi rappresentano il portato più infausto di un ingiustificato quanto strumentale delirio emergenzialista che non trova riscontro nei dati sui flussi migratori (ben al di sotto della media europea) né tantomeno nei dati ministeriali sulla commissione di reati (stabili o in diminuzione). Fatto sta che il teorema strampalato e indecente: immigrazione uguale criminalità, continua a mietere vittime incolpevoli giorno dopo giorno e in suo nome si mettono in discussione diritti civili e principi giuridici che sono stati posti a fondamento della nostra civiltà dopo due secoli di lotte sociali. Questa guerra securitaria, mentre finge di garantire la sicurezza dei cittadini che hanno diritti per nascita, in realtà alimenta l’insicurezza di tutti, spingendo sempre più persone nell’irregolarità e rendendo l’attraversamento delle frontiere il più cinico e lucroso affare nelle mani del crimine organizzato.

 

Sul piano giuridico i Centri di detenzione amministrativa mostrano palesi violazioni costituzionali e dei diritti fondamentali della persona: i luoghi e le modalità del trattenimento, l’assenza di una piena tutela giurisdizionale, la generalità della misura di internamento, che si configura ormai come il perno dell’intera politica di contrasto dell’immigrazione clandestina, violano sostanzialmente la riserva di legge prevista in materia di condizione giuridica dello straniero dall’art. 10, comma 2 della Costituzione; il principio di intangibilità dei diritti di libertà per effetto di provvedimenti di polizia non sottoposti al pieno controllo giurisdizionale di cui all’art. 13; e il diritto di difesa previsto dall’art. 24 della Costituzione.

Oggi qualcuno parla della necessità di "umanizzare" i Centri, garantendo la tutela dei diritti fondamentali, quasi fosse possibile introdurre un effettivo sistema di garanzie laddove il diritto più importante, quello alla libertà, è arbitrariamente negato, vanificando il dettato costituzionale e compromettendo irrimediabilmente ogni pratica possibile di riconoscimento e valorizzazione delle soggettività migranti.

Noi, estensori di quest’appello pensiamo che i centri di detenzione costituiscano un’aberrazione umana e giuridica; ne domandiamo con forza la chiusura immediata e ci batteremo per impedire che ne sorgano di nuovi, a Bologna e altrove, sostenendo tutte le iniziative e le forme di disobbedienza civile indirizzate a impedirne la realizzazione.

Invitiamo tutti a sottoscrivere quest’appello.

· Alle singole persone, agli intellettuali, agli artisti, ai professori, ai docenti universitari chiediamo di aderirvi e di farlo conoscere leggendolo in ogni occasione pubblica.

· Agli avvocati e ai giuristi chiediamo di denunciare l’incostituzionalità degli articoli che istituiscono i Centri e regolano le espulsioni.

· A tutti i magistrati chiediamo di seguire l’esempio dei colleghi del tribunale civile di Milano, sollevando eccezione di costituzionalità per gli articoli 13 e 14 della Legge 40, in quanto contrastanti con il dettato costituzionale in materia di libertà personale, e a tutti loro chiediamo di estendere l’eccezione all’articolo 12 della legge medesima.

· Ai parlamentari, ai consiglieri comunali, provinciali e regionali, a coloro che intendono candidarsi alle prossime elezioni politiche, chiediamo di intervenire pubblicamente nelle forme più rapide ed efficaci, affinché i Centri vengano aboliti e non ne nascano di nuovi.

 

 

4.---------------------------------------------

 

Stimolato dal nostro *Pantegane e sangue*, l’amico Tito Gandini ci ha spedito un racconto ispirato alle sue esperienze di lavoro a Eurodisney (1995-97). Straziante. Una denuncia resa piu’ forte dall’understatement, una descrizione delle condizioni di lavoro presso la regina delle multinazionali americane. McDonald’s, Disney e compagnia trapiantano in Europa la loro in-cultura ultraliberista e antisindacale, prodotto storico di una borghesia storicamente priva di controparti, che ha avuto la briglia sciolta dopo aver delegato ai Pinkerton e all’FBI la metodica distruzione del movimento operaio, fino all’ l’eliminazione fisica dei delegati sindacali e dei leader degli scioperanti. Non c’e’ da stupirsi che i managers ci rimangano di merda quando nei McDonald’s italiano partono scioperi di portata epocale!

 

Metteremo il racconto downloadabile assieme a *Pantegane e sangue*. Chi ha gia’ letto quest’ultimo puo’ ricevere il racconto in allegato spedendoci un messaggio con subject “Neurodisney”.

 

Tito Gandini vive in Germania, dove scrive (in tedesco) e pubblica per l’editore Teiresias Verlag, http://www.teiresias.de/gandini.htm.

 

 

5.----------------------------------------------

 

Grazie alle decine di persone che ci hanno spedito commenti, recensioni personali, agganci storici e biografici ad *Asce di guerra*. Noi siamo il vostro tam tam, non c’e’ altro da aggiungere.