QUELLO CHE DOBBIAMO FARE dicembre 2 0 0 8 , terza settimana Numero di fine e inizio anno EDITORIALE MULTIPLO 0a. Tra specchio e martello (WM4) 0b. "Realismo", il gigantesco malinteso (WM1) 0c. Estratto da La salvezza di Euridice (WM2) NIENTE RESTA UGUALE A SE STESSO 1. Ecco il progetto della "Wu Ming House" 2. Un libro su Wu Ming di Gaia De Pascale 3. Ricetta anarchica: PanGoccioli OpenSource [WM2] 4. Intorno a Manituana, Pontiac e Grand River 4a. Tutti i colori del giallo: Wu Ming, Yu Guerra!, Quadruppani 4b. Nuovi suoni su manituana.com 4c. Novità su Pontiac: storia di una rivolta 5. Un corso alla Scuola di Comics tenuto da Morozzi e WM2 TUTTI GLI INTERVENTI DEL CONVEGNO DI CUNEO SUL NEW ITALIAN EPIC 6. Wu Ming 1, Carlo Lucarelli, Letizia Muratori, Antonio Scurati, Wu Ming 2, Mauro Gervasini e Giuseppe Genna DUE IMPORTANTI COMUNICAZIONI DI SERVIZIO 7. Nandropausa slitta a febbraio, intanto qualche anticipazione 8. iQuindici, eroici lettori di inediti nati da una nostra defaillance, hanno bisogno di aiuto DEDICA A Leonard Duduianu, un anno dopo |
TRA SPECCHIO E MARTELLO di Wu Ming 4 L'unica allegoria perfettamente coerente è la vita reale; e l'unica storia pienamente intelligibile è un'allegoria. E uno scopre, persino nell'imperfetta letteratura umana, che l'allegoria migliore e più coerente è quella che più facilmente di tutte può essere letta proprio come una storia. - J.R.R.Tolkien, Lettera a Stanley Unwin, 1947 Soffia il vento, infuria la bufera, e ci si ritrova a chiedersi perché diavolo si scrivono romanzi. E' una domanda salutare, alla quale chi fa il nostro mestiere non dovrebbe mai stancarsi di rispondere. |
di Wu Ming 1 Prima di tutto voglio dire: la questione del "realismo", o del "ritorno degli scrittori alla realtà", è poco interessante. Mi rompe i coglioni. Otto volte su dieci è malposta; un'altra volta è posta bene ma non porta in alcun luogo; resta un'occasione ogni dieci, fortunata occasione in cui ascolto/leggo e alla fine imparo davvero qualcosa. Sì, capita che dentro il Gigantesco Malinteso si sentano pure cose intelligenti, ma in mezzo a troppa melma concettuale. Sabbie mobili: le cose intelligenti le vedi affondare, e non fai in tempo a gettare una corda o allungare un bastone, eccole confuse nella palude di cazzate, perse e non torneranno più. Ho questa sensazione, ad esempio, mentre leggo l'Almanacco Guanda 2008: ottimo l'intento, un buon lavoro, con punte di brillantezza, giusti distinguo preliminari quando si usano le parole "realtà" e "realismo"... Bella anche la puntata di Fahrenheit dedicata al volume... Tutto (o quasi) ok... ...finché la questione non viene riassunta (per faciloneria o malafede) nei soliti termini rozzi delle pagine culturali dei giornali, del commentario sui lit-blog, dei giochini di posizione su certe riviste. Insomma, pare che la "nuova" voga sia il realismo sociale (o socialista?), il romanzo che è politico perché "a tesi", come se gli autori italiani fossero tornati in blocco a Metello (senza nemmeno i riferimenti del partito marxista-populista e del popolo-proletariato). Il cosiddetto "impegno" è descritto come inerente alla scelta del tema, ergo una problematica sociale da descrivere in modo "oggettivo" e "aderente" alla realtà. Che idea si può fare uno, leggendo simili riassunti della questione? L'idea che gli autori italiani stianno sfornando romanzi di propaganda. Libri scritti in una lingua "di servizio", funzionale a una causa, una lingua che si vuole depurata da ambiguità. Per bene che vada: inchieste giornalistiche appena drammatizzate. E quando va male? Volantini accresciuti con dialoghi immaginari. Su questa premessa ci si divide tra apologeti e detrattori. E io i detrattori li capirei pure, se veramente le cose stessero così. Solo che stanno in tutt'altro modo. La domanda, al solito, è: i cronisti culturali e i commentatori compulsivi da blog le leggono, le opere che vengono scritte davvero in Italia, oggi? Perché se non si legge quel che viene scritto, poi si fanno le domande sbagliate. E si discute di nulla. [C'è anche l'altro tipo di riassuntino, da cui sembra che, nel romanzo italiano, la novità stia nell'uso politico della "paraletteratura" e soprattutto del giallo, ultima e aggiornata versione del romanzo-che-descrive-il-reale. Cioè lo stadio a cui era la discussione cinque-sei anni fa. Nel frattempo si è andati avanti, e nemmeno di poco, ma i "mediatori" non se ne sono accorti.] A volte, anche al dibattito sul New Italian Epic è toccata la sorte di "riassuntini" del genere. Tempo fa, Girolamo De Michele ha risposto con un testo molto importante, benché su un aspetto specifico del Gigantesco Malinteso (ossia: gli idioti luoghi comuni su cosa sia stato il neorealismo). Anch'io, nella versione 2.0 del memorandum, ho scritto una lunga glossa al riguardo. C'è la tendenza a banalizzare, a ridurre la complessità e la ricchezza di quel che si scrive, mediante formule proposte e dibattute nel vuoto, basandosi non sulle opere ma sulle chiacchiere che circondano le opere. Tutto quello che - per dirla col mio socio Wu Ming 4 - eccede, che potrebbe mettere in crisi lo schemino, viene messo in secondo piano, o ignorato del tutto. Qualcuno sta provando a intorbidare le acque, proponendo un frame truffaldino. In questo frame, per dire, la fine del postmoderno avverebbe sotto l'egida di un ritorno al moderno (dal "fascismo come parentesi" di Croce al "postmoderno come parentesi" degli odierni scalzacani); Gomorra sarebbe poco più di un reportage scritto bene; l'io narrante di Gomorra corrisponderebbe sempre e soltanto all'autore implicito che a sua volta corrisponderebbe in toto all'autore reale, cioè a un Saviano eroico e onnipresente, e via di questo passo. Anche chi non è d'accordo con quest'impostazione finisce per accettare il frame, controbattendo su ontologia e topologia del realismo: cos'è il realismo, dov'è il realismo etc. In quest'ottica, si capisce come il "New italian epic" possa diventare, nella mente di qualcuno, sinonimo di "neo-neorealismo" (ergo: la nebulosa viene fatta coincidere con una delle tante soluzioni espressive praticabili). Si è travisato, così mi sembra, l'intento con cui Giancarlo De Cataldo aveva proposto il termine. Questa riduzione di complessità prescinde quasi del tutto dalle opere in circolazione, e ne rimuove l'elemento ucronico Elemento che è presente in molti dei libri che si scrivono in Italia. Presente, quando non preponderante, anche in buona parte dei libri che attraversano la nebulosa del NIE. |
[...] di Wu Ming 2 [Un breve estratto dal saggio "La Salvezza di Euridice", che chiude il libro New Italian Epic (gennaio 2009, vedi sopra).] In questo genere di trasformazione narrativa, storia e cronaca sono spesso gli ingredienti principali, non il modello. Il risultato contiene la realtà – come una scultura di pane contiene acqua e farina – ma non la rappresenta come una statua di Mosè rappresenta Mosè. Se per indagare i fatti usiamo la narrativa, e non la storia o le scienze umane, è perché vogliamo permetterci di essere visionari, di dimostrare per assurdo e per metafora, di concatenare gli eventi con simboli e analogie, di immaginare, quando ci mancano, quel che succederebbe se avessimo le prove. Anche se un romanzo tocca la realtà, la cosa più preziosa che posso trovare, tra le sue pagine, non è la verità dei fatti, ma il senso del loro intreccio. Negli anni Settanta, lo studioso americano Hayden White ha sostenuto che la storiografia è un prodotto letterario. Nel comporre i loro discorsi, romanzieri, storici e giornalisti usano le stesse strategie, basate sulla metafora, la metonimia, la sineddoche e l'ironia. È solo la ricchezza del linguaggio che ci fa preferire una determinata ricostruzione dei fatti. Il metodo storico è una tecnica narrativa, mentre gli appelli alla logica, alla causalità e alle prove sono tutti artifici retorici. In maniera più prudente, Paul Ricœur ha voluto sottolineare quanto la lingua possa essere uno strumento di conoscenza: La funzione di trasfigurare la realtà che riconosciamo alla finzione poetica, implica che noi critichiamo la nostra idea convenzionale di verità, e cioè che cessiamo di limitarla alla coerenza logica e alla verificazione empirica, così da tener conto della pretesa di verità legata all'azione trasfigurante della fiction. La letteratura non può certo sostituire il metodo scientifico, ma ha il diritto di affiancarlo. È un modo per comprendere la realtà, specie dove le altre imprese falliscono o sono costrette a tacere. Spesso riusciamo a capire un concetto, o un evento, solo se troviamo le parole giuste per descriverlo. Una similitudine può farci comprendere il legame tra due fatti molto più di una spiegazione causale. I nostri stessi pensieri si chiariscono nel monologo interiore e non abbiamo davvero un'idea finché non riusciamo a dirla. La cronaca, l'attualità, la storia sono scritte per lo più in una lingua povera, spesso impoverita proprio in nome della verità (perché la metafora è ritenuta menzogna, informazione vaga, spreco e tertium datum che spezza le catene della logica). Occorre allora usare la lingua come strumento estetico ed epistemologico. Perché solo dicendo meglio possiamo capire di più. Pier Paolo Pasolini, riferendosi ai misteri d'Italia, scriveva: «Io so, perché sono uno scrittore». Ci sono segreti che si possono dire solo trovando le parole giuste e una storia per raccontarli. Non si tratta di sensibilità particolare, ma della dimestichezza a usare un attrezzo del mestiere. Lo scrittore non è l'albatro di Baudelaire, capace di grandi voli nel cielo, ma goffo, con le sue ali, sul ponte della nave. Lo scrittore è un marinaio che ha imparato a volare con le parole. |
NIENTE RESTA UGUALE A SE STESSO, LA CONTRADDIZIONE MUOVE TUTTO [Martedì 16 dicembre, presso la facoltà di architettura del Politecnico di Milano è stata presentata e discussa la tesi di laurea di Andrea Battocchi e Francesco Corna dal titolo Wu Ming House - architettura della narrazione, narrazione dell'architettura. Relatore: prof. Lorenzo Consalez. Il terreno sale dolcemente dalla strada. Sulla costa, campi arati, interrotti dai sentieri di servizio e da qualche casa colonica trasformata in villa col senno e con i soldi di poi. C'è un viottolo semiasfaltato, che diventa sterrato e porta fino al cancello della proprietà. Alberi a delimitare i confini, una vigna prima della vetta. Sembra impossibile che la città sia proprio lì sotto, dietro Monte Donato, a un chilometro in linea d'aria. E' lì, ma non si vede, si intravede soltanto, perché il centro storico rimane nascosto dal colle. Al posto delle torri cartolinesche e della skyline della Fiera c'è un quartiere popolare, palazzi e architetture regolari, moderne, espansione sud-est per i nuovi arrivi di decadi ormai trascorse. Un'impresa che ha spinto gli autori del progetto, Andrea Battocchi e Francesco Corna, a intervistarci sulla nostra storia, sul nostro modus operandi e vivendi. E' così che sono giunti a focalizzare il tavolo. Il tavolo di lavoro, quello delle riunioni, dove si discutono gli elaborati, attorno al quale vengono letti a voce alta, commentati, emendati gli scritti del collettivo. Se "Merlino istituì la Tavola Rotonda a somiglianza della sfericità del mondo, in essa perfettamente rappresentato" (Thomas Malory, La morte di Artù, 1485), allora niente più del tavolo rappresenta il lavoro di Wu Ming, che abbiamo sempre definito artigianale piuttosto che artistico. Il valore simbolico dell'oggetto in questione è amplificato dal fatto che si tratta dell'unico bene del collettivo, l'unica costante materiale che ne accompagna le vicende fin dalla nascita. Un modesto tavolo Ikea, carico di significato e di storia, che nel corso degli anni è stato spostato almeno tre volte, a seconda del luogo che veniva scelto come "sede”. Allora ecco l'idea: salvaguardarne sia la caratteristica fondativa sia quella dinamica; mantenere il tavolo come pilastro simbolico del collettivo e allo stesso tempo renderlo trasferibile, compatibile con ogni momento e luogo della nostra attività. Attraverso la modularità e la trasferibilità del tavolo, cioè della scrittura e del brainstorming, si ottiene una malleabilità delle strutture, dei volumi che può creare di volta in volta situazioni, ambienti, interazioni diverse. Non già intorno al tavolo quindi è stata progettata la Wu Ming House, dimora pubblica e privata, bensì complementariamente a esso e alle sue varie funzioni. Contestualmente troviamo altri elementi letterari: il bosco, il labirinto, l'acqua come flusso e come ciclo, che riportano le metafore e le simbologie allo spazio calpestabile e fisico da cui sono scaturite. Alla fine l'insieme dà vita a una narrazione avvincente, che racconta di noi, della nostra storia e della nostra attività, con la serietà di un saggio e l'immediatezza di un'intervista. Qualcosa che ha tanto poco a che spartire con il buon ritiro collinare di uno scrittore arrivato, quanto più con il luogo d'elezione di un gruppo di scrittori in cammino. Wu Ming, Bologna, dicembre 2008 Non soltanto. E allora che altro siamo? Lo scopriremo leggendo. Usiamo futuro semplice e prima persona plurale perché il libro sarà una sorpresa anche per noi. Abbiamo ricevuto il PDF appena ieri, soltanto uno di noi è già riuscito a scorrerlo, soffermandosi qui e là. La mail spedita al resto del gruppo è comunque eloquente: "Si è fatta un culo i-per-cu-bi-co!" Nostro contributo diretto al progetto, le risposte che WM1 ha dato ad alcune domande. Compariranno in fondo al libro, in una sorta d'appendice. Non avendo da offrirvi anteprime della trattazione, anticipiamo lo stralcio di una risposta. Tema: peculiarità di quanto accade nella letteratura italiana. ...senz'altro esiste una spinta globale, trans-nazionale. Considerate una per una, le caratteristiche [...] sono rintracciabili anche altrove. Il punto è che io non voglio considerarle una per una, bensì nel loro insieme, con uno sguardo complessivo, perché è proprio l'ineffabile "miscela", è il modo in cui si sono incontrati i reagenti a essere distintamente e peculiarmente italiano. [...] E va tenuto conto di un altro aspetto, quello che vorrei chiamare il "ritardo trasformativo". Il rock'n'roll esplode in Europa con diversi anni di ritardo, quindi incontra un altro zeitgeist, quindi diventa un'altra cosa. In Italia, poi, le sintesi che si producono sono stranissime, e questo prosegue nel tempo. Nessuna band europea di rock progressivo somiglia agli Area. In nessun paese l'arrivo della disco produce fenomeni (a mio avviso orrendi, ma certamente peculiari) come quella che all'estero chiamano "Italo Disco" (il Raf di Self Control, i Righeira, Gazebo, Den Harrow etc.). Ecco, i caratteri di novità e di peculiarità di un fenomeno culturale si possono cogliere solo a partire dalla sintesi che tale fenomeno ha prodotto, non cercando di separarne gli elementi costitutivi. [...] in nessun altro paese europeo mi risulta esista una simile risonanza di così tante opere, un campo di forze come quello che stiamo descrivendo. E non mi risulta che esista una comunità di autori altrettanto conscia del proprio agire. Questo dipende probabilmente dal fatto che la scena italiana (qualunque scena italiana) è mediamente più "politica". Siamo un paese così. Quando dico "distintamente italiano" intendo questo, intendo le sintesi che qui e soltanto qui si possono produrre. E' un cliché, ma i clichés non sono falsità, sono verità logore: l'Italia è un laboratorio. UNA RICETTA ANARCHICA DI WU MING 2. E' uscito da poche settimane, per le edizioni La Fiaccola di Ragusa, il libro Ricette Anarchiche, a cura di Rino de Michele et alii tra cui Luther Blissett.
INTORNO A MANITUANA (E A PONTIAC, E A GRAND RIVER). Da lunedì 16 gennaio, presso la Scuola Internazionale di Comics - Sede di Reggio Emilia, parte un laboratorio semestrale di narrazioni. Gianluca Morozzi e Wu Ming 2 si divideranno i 48 incontri previsti: il primo si occuperà di scrittura creativa e individuale, mentre WM2 lavorerà sulla trasformazione (collettiva) di un testo qualsiasi (fonti d'archivio, cronache, articoli di giornale, racconti d'autore, epica classica) in un testo narrativo (romanzo "storico", non-fiction novel, spin off, fan fiction...). L'iscrizione è aperta a tutti ma i posti sono molto limitati (max. 10). Per info ci si può rivolgere a Jessica Ferrari: reggioemilia@scuolacomics.it oppure 0522 /455063. |
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NEW ITALIAN EPIC: GLI STATI GENERALI DELLA NARRAZIONE Tutti gli interventi al convegno sul NIE, festival Scrittorincittà, Cuneo, 16 novembre 2008. Ecco com'era annunciato l'incontro nel programma del festival: Nell'aprile 2008 Wu Ming 1, membro del collettivo Wu Ming, diffonde in rete un saggio breve sulla narrativa italiana degli ultimi anni. L'intento non è individuare una nuova "scuola", ma evidenziare alcuni elementi ricorrenti - sotto l'aspetto poetico e stilistico - che accomunano libri a prima vista molto diversi. Un tratto condiviso è individuato nel respiro "epico". New Italian Epic, infatti, il titolo del testo. La sortita dà inizio a un intenso dibattito, in rete e su alcuni giornali, nel quale molti scrittori si interrogano sulla nostra narrativa e sulla direzione nella quale si sta muovendo. Fino a oggi. Per fare il punto, infatti, la discussione si fa "fisica" ed è ospitata da scrittorincittà. Ad animare un incontro che ha l'ambizione di essere un momento importante nel ragionamento sulla nostra letteratura, con Wu Ming 1 e Wu Ming 2 (tra gli ultimi titoli "collettivi" 54 e Manituana, usciti per Einaudi SL, e, nel 2008, Grand River, Rizzoli, e Previsioni del tempo, Edizioni Ambiente), intervengono alcuni tra gli autori italiani che più si interrogano sul proprio compito: Carlo Lucarelli (L'ottava vibrazione, Einaudi 2008), Giuseppe Genna (Hitler, Mondadori 2008), Antonio Scurati (Una storia romantica, Bompiani 2007), Letizia Muratori (La vita in comune, Einaudi 2007) e il critico Mauro Gervasini. Modera l'incontro Loredana Lipperini. [In realtà trattenuta a Roma da motivi di salute, N.d.R.] Per lo streaming, cliccare sull'icona-play. Per salvare i file, cliccare sul link testuale col tasto destro del mouse (PC) oppure ctrl + click (Mac).
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DUE COMUNICAZIONI DI SERVIZIO: NANDROPAUSA SLITTA, iQUINDICI HANNO BISOGNO DI TE! |
Ho notato che dedicate i numeri di Giap! alle vittime del (Bel?)Paese semplice. P.A. |