/Giap/#41 - Coincidenze e ritorni sgraditi - 27 maggio 2001

0. Breve preambolo
1. Coincidenze- In calce a Ribelli! di Pino Cacucci
2. La consultazione per il G8 - tre domande dalle tute bianche
3. Il ruggente ritorno del PM Lucia Musti. Indagare sottovento: dalla persecuzione dei Bambini di Satana in vista del Giubileo alle inchieste contro gli antifascisti dopo la vittoria della destra
4. Citazioni di fronte al pericolo
 

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Grazie a tutte/i per il brainstorming, i suggerimenti, le critiche, gli incoraggiamenti. Chiediamo scusa ma non possiamo certo riportarli tutti qui.
Pare ci sia un accordo generale sulle 2 settimane come periodicità (approssimativa) di /Giap/, e sul #40 come corretta impostazione "redazionale".
 

Diverse persone chiedono a /Giap/ cose che questa newsletter non può fornire. Ripetiamo: Wu Ming vuole dare un contributo originale al movimenti in corso. Vogliamo e possiamo darlo in quanto narratori che da anni studiano sul campo le dinamiche del mito. Si va dal micro- (riportare la nascita e la diffusione del saluto a mignolo alzato) al macro- (diffondere il proclama "Dalle moltitudini d'Europa", che tra l'altro sta circolando in tutto il pianeta tradotto in inglese e francese, e sono in corso le traduzioni in sloveno, tedesco e spagnolo). C'è anche un altro contributo che stiamo dando, e si esprime nella forma del diario/reportage (Bologna NO-OCSE e giorni successivi; carovana zapatista; contestazioni di Quebec City). Riga. Non vogliamo né possiamo diventare una mailing list di movimento. /Giap/ non è un forum per i delusi e gli abbacchiati post-elezioni. A questo proposito, riportiamo il testo speditoci da Claudio Coletta il 17 maggio scorso:

Quello che devo fare.
Nei corridoi dell'universita' gruppetti improvvisati risuonano di calcoletti meschini sul proporzionale, di
autocritica sadomaso. Una mediocre penombra attutisce le voci: Berlusconi ha vinto PERCHE'...La sinistra ha perso PERCHE'...
Perché un cazzo.
Le disquisizioni sui grandi valori, le pippe da indignazione le lascio ai coglioni o ai profeti.
Agire nel particolare, vedere su che base io e te ci possiamo incontrare, sondare il dubbio e fondere i diversi punti di crisi in un nucleo solido da sviluppare. Quello che devo fare. Tu sai scrivere, io so fare il fotografo, lui sa guidare qualsiasi mezzo, siamo tutti e tre insoddisfatti e incazzati e oggi andiamo in giro per l'Italia o per il mondo a raccontare quello che accade. Con altri che incontreremo faremo altro.
"Non rinnegare mai a te stesso ciò per cui hai combattuto, Peter. La sconfitta non rende ingiusta una
causa. Ricordalo sempre." (Q, Luther Blissett)
E quando le elezioni non sono il campo di battaglia, neanche c'e' sconfitta. Qui il voto diventa privazione
di libertà, riduzione unilaterale dei campi di scelta.
Non e' quello il campo di battaglia. Il vero impegno corre estraneo al voto, a quel tipo di politica, a
prescindere dal perdente o dal vincitore.


Non potremmo essere più d'accordo.

All'estremo opposto, c'è chi ci chiede di occuparci di arte, creatività etc.
Ci sono sicuramente ambiti più adatti di questo.
Continuiamo così e vediamo che succede.

Per quanto riguarda il sito, ecco le prossime aggiunte:
- nuovi commenti ad Asce di guerra
- nuove recensioni di Q e AdG nella sezione "Rassegna stampa"
- nuova sotto-sezione: rassegna stampa olandese
- commenti a Q dei lettori spagnoli
- traduzione in basco (!) della Dichiarazione dei diritti e doveri dei narratori
- una seconda pagina "Downloads" coi files scaricabili in .pdf anziche' in .rtf
Tutto questo nel giro delle prossime due/tre settimane.

Fatte le debite pulizie della lista, questo numero viene spedito a 1089 iscritti.

Buona lettura.
 
 

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COINCIDENZE
In calce a Ribelli!, di Pino Cacucci

(by Wu-ming Si')
 
 

"Non siamo la moda passeggera che, passata,
si archivia nel calendario delle sconfitte
che questo paese ostenta con nostalgia.
Non lo saremo."
Subcomandante Insurgente Marcos


L'italiano dall'aria spaesata si guardava intorno senza capire cosa stesse succedendo. Gli uomini a cavallo erano piombati nel centro della cittadina, terrorizzando la scarsa guarnigione di federales, messa in fuga in pochi minuti. Erano uomini truci, con folti baffi neri e i sombreros che ne aumentavano le dimensioni, facendoli sembrare creature strane, emerse da qualche saga popolare. E più o meno era così. Ma quell'italiano, piccolo, col vestito impolverato, che conosceva sì e no cinque parole di spagnolo, questo non poteva saperlo.
Aveva attraversato la frontiera il giorno prima, con una valigia e un buona fortuna, pronunciato a denti stretti dal compagno che l'aveva guidato fino al Rio Bravo. Non aveva trovato un'idea migliore per sfuggire alla precettazione militare. Gli Stati Uniti, il paese che l'aveva accolto regalandogli lavori merdosi e discriminazione, pretendevano che andasse a farsi ammazzare in Europa, in una guerra tra potenze imperialiste che vedeva massacrarsi tra loro milioni di poveracci come lui.
Era il 13 novembre del 1917, quando Nicola Sacco, nato in un paesino della Puglia ventisei anni prima, vide sfrecciare davanti ai suoi occhi quello che rimaneva delle truppe scelte della Divisiòn del Norte, i famosi e famigerati Dorados di Pancho Villa.
Sacco poteva soltanto immaginare che quella scorribanda sarebbe stata uno degli ultimi fuochi della Revoluciòn tradita e che il cavallo nero petrolio che era sfrecciato a meno di un metro da lui, sulla strada polverosa, facendogli cadere il giornale dalla tasca della giacca, era montato dal Generàl Francisco Villa in persona.
Lui era un anarchico renitente alla leva, che di mestiere fabbricava scarpe e agitava gli animi degli sfruttati. Per questo aveva con sé una copia del giornale The Masses, anche se non era stampa anarchica. Perché l'articolo più bello, quello che aveva letto e riletto durante il viaggio, era una corrispondenza da Pietroburgo, dove i bolscevichi avevano spodestato il governo e instaurato il Consiglio dei Soviet. Era un buon articolo, appassionato e ben scritto. Firmato da John Reed, l'incredibile americano che quattro anni prima aveva conosciuto di persona Pancho Villa.

Quello stesso giorno, dall'altra parte dell'oceano, in una località imprecisata del Veneto, un carabiniere addetto a sparare sui militari italiani che si ritiravano sotto l'offensiva austriaca, veniva ucciso da un soldato dei reparti scelti dell'esercito, gli Arditi. Quel soldato si chiamava Argo Secondari, nato a Roma nel 1895, migrato in Sudamerica e tornato poi in Italia per arruolarsi. Schifato dalla carneficina a cui aveva dovuto assistere e dall'ottusità criminale degli alti comandi italiani, aveva organizzato una sorta di autodifesa nell'inevitabile ritirata dopo la sconfitta di Caporetto. Dopo aver tolto il moschetto al carabiniere, appese al collo del cadavere un cartello. C'era scritto: "aeroplano abbattuto dagli Arditi".
- Perché i Carabinieri vengono chiamati "aeroplani"? - chiese il cronista nordamericano, sorpreso e contento di aver trovato un connazionale in mezzo al marasma della ritirata.
- Perché portano quel cappello ridicolo, che sembra un aeroplano. - rispose quello in divisa.
- Ma com'è possibile che i reparti scelti dell'esercito italiano sparino sulla loro stessa polizia militare?
- Si chiama legittima difesa, amico. Una palla di piombo non ha nazionalità. Che te la spari un austriaco o un italiano, il risultato è lo stesso.
Il giornalista scollò la testa e chiese: - E come mai lei è venuto ad arruolarsi in questo esercito assurdo e sgangherato, mister...?
- Hemingway, Ernest Hemingway. E' una lunga storia. Se mi offre un paio di grappe, può essere che la lingua mi si sciolga.

Vent'anni dopo, in un bar di Barcellona, si recitava la stessa scena, ma a ruoli invertiti. Questa volta era il cronista Hemingway che chiedeva a un giovane miliziano come mai i comunisti e gli anarchici si sparassero tra loro, invece di tirare ai franchisti.
Il ragazzo si chiamava Eulalio Ferrer e forse, data la giovanissima età, non era la persona più adatta per rispondere a quella domanda. Anche perché lui agli anarchici non aveva mai sparato ed era lì per difendere la repubblica.
Forse una risposta avrebbe potuto ottenerla dall'anonimo internazionalista seduto due tavoli più in là. Avrebbe potuto essere italiano, diciamo di Faenza, sì, comunista, arruolato nelle Brigate Internazionali ad appena ventidue anni.
Come avrebbe potuto chiamarsi? Non lo so. Forse avrebbe avuto uno di quegli assurdi nomi che davano allora in Romagna: Marx, Libero, Ideale, Robespierre...
Comunque, a guerra finita e rivoluzione persa, sarebbe potuto tornare in Italia, avrebbe subito per dieci anni le angherie dei fascisti, per poi ritrovarsi ad appoggiare i "ribelli" dopo l'8 settembre del '43. A soli 29 anni. E magari, avrebbe potuto essere testimone oculare delle rocambolesche gesta di Silvio Corbari, la Primula Rossa della Romagna. Quel geniale partigiano che ridicolizzava i nazi-fascisti con le burle più belle di tutta la guerra di resistenza. E proprio seguendo il suo esempio avrebbe potuto decidere di non stare più a guardare, ma di unirsi ai GAP di pianura ed entrare in clandestinità. Avrebbe così conosciuto Irma, una staffetta che aveva la sua stessa età, innamorandosene perdutamente. Al punto che a guerra finita, quando l'amnistia mandò liberi quasi tutti i fascisti, avrebbe potuto decidere di farla pagare ai suoi aguzzini, che per giorni l'avevano torturata e seviziata, prima di buttarla davanti al portone di casa, con una raffica di mitra in corpo. E siccome un paio di quei figli di puttana sarebbe sicuramente riuscito a raggiungerli, avrebbe poi dovuto espatriare in fretta, per non finire in galera.
Così si sarebbe ritrovato a lavorare in una fabbrica cecoslovacca.
E alcuni anni più tardi, nel 1961, avrebbe potuto recarsi a Cuba con una delegazione internazionalista ad aiutare la giovane Revoluciòn di Fidel Castro.
E lì, oltre a visitare la casa di Hemingway e il monumento a Camilo Cienfuegos, scomparso meno di due anni prima in un incidente aereo, avrebbe incontrato Tania la guerrigliera.

Tania, al secolo Tamara Bunke, classe 1937, tedesca, di famiglia comunista, cresciuta tra l'Argentina e la Germania Est, proprio nel '61 raggiungeva l'isola caraibica per dare il suo contributo alla rivoluzione cubana. Lì diventò amica di Ernesto Che Guevara, mettendosi in luce per la sua intelligenza, le doti di tiratrice e la conoscenza delle lingue. Al punto che il Che la volle come agente infiltrata in Bolivia, per preparare il terreno all'ultima spedizione guerrigliera della sua vita. La stessa in cui anche Tania trovò la morte.
Era l'ottobre del 1967. Il mondo stava cambiando. Agli "idoli" guerriglieri si stavano aggiungendo quelli della cultura pop, in grado di cavalcare la più incredibile rivoluzione dei costumi del XX secolo.

Due mesi dopo la morte di Tania e di Che Guevara, a New Haven, Connecticut, Stati Uniti, un capellone ventiquattrenne veniva trascinato giù dal palco di un concerto dai poliziotti locali, ammanettato e arrestato per oltraggio a pubblico ufficiale. Schedato n° 23.750. Il suo nome era James Douglas Morrison, per gli amici Jim. Era figlio di un ufficiale della marina americana che lo aveva rinnegato, aveva una passione per l'alcool, la poesia, il rock e il peyote.
Doveva la conoscenza della pianta sacra a un viaggio nel deserto messicano, fatto alcuni anni prima, e a un vecchio indio che in gioventù aveva combattuto col grande Pancho Villa e versato un po' del proprio sangue per la Revoluciòn.
Poco tempo dopo, Jim tornò in Messico da rock star, per cantare davanti a un pubblico di ragazzini impazziti. E una sera, ubriaco marcio, mentre usciva da una bettola del centro di Città del Messico, si imbatté in un vecchio emigrato che ebbe il buon cuore di riportarlo in albergo. Jim non seppe mai chi fosse quel tale. E Eulalio Ferrer, che un giorno di trent'anni prima era scappato dall'Europa e da una sconfitta per approdare in quel rifugium peccatorum centroamericano, non poté certo riconoscere il cantante che faceva impazzire suo figlio, mentre lo aiutava a salire le scale.

Ma sono dovuti passare ancora trent'anni, perché Eulalio, ormai ottantenne, potesse sentire di nuovo nell'aria l'odore vago della primavera catalana.
Il pomeriggio del 12 marzo 2001, Eulalio ha seguito il consiglio di uno strambo guerrigliero mascherato, giunto il giorno prima in città, accolto da un milione di persone. Quel tale, che si fa chiamare "Sub", consigliava di andare in piazza, nello zocalo, ad ascoltare della buona musica.
E il vecchio l'ha preso in parola, per curiosità e voglia di vedere. E' arrivato giusto in tempo per ascoltare gli ultimi pezzi di una band piuttosto nota, La Maldida Vecindad. La musica però era troppo alta e c'era un mare di ragazzini, nel quale era decisamente difficile muoversi. Così il vecchio Eulalio si è seduto al tavolino di un bar, al margine della piazza e ha osservato quella distesa di gente.
C'erano bandiere rosse e nere, effigi di Zapata, di Villa, del Che, perfino di Bob Marley e di Jim Morrison. Ma soprattutto in quei giorni, c'era il senso della storia che si compiva.
Eulalio ha sorriso, sorseggiando la sua bibita. E ha pensato che in fondo quel guerrigliero mascherato aveva ragione: la lotta è come un cerchio, può cominciare in qualsiasi punto e non si ferma mai.
 

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Da oggi collegandosi al sito www.tutebianche.org è possibile partecipare alla consultazione lanciata dalle tute bianche zapatiste che hanno accompagnato a marzo la carovana dei 24 comandanti dell'EZLN in vista del G8 di Genova.
I tre quesiti su cui siete invitati a esprimervi sono:

1-E' giusto praticare la disobbedienza civile?

2-E' giusto esprimerla con l'invasione dei nostri corpi nelle zone off-limits?

3-E' giusto pensare a forme di autodifesa se la polizia cercherà di massacrarci e violerà palesemente i diritti umani?

All'indirizzo http://www.qwerg.com/tutebianche/it/maggio/contenuti/consultazioneIndizione.html
è possibile leggere il documento integrale che promuove la consultazione.
 

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Il sostituto procuratore Lucia Musti è una vecchia conoscenza del Luther Blissett Project, dei centri sociali e della società civile bolognese.
Nel periodo 1996-99 fu protagonista dell'inchiesta sull'associazione culturale esoterica/neo-pagana "Bambini di Satana".
L'inchiesta fu presentata dalla stampa locale e nazionale come un assalto a un network internazionale di pedofili e organizzatori di stupri rituali. Marco Dimitri, presidente dell'associazione, fu sbattuto su tutte le prime pagine in manette. Dietro l'inchiesta (da più parti definita una vera e propria "montatura") c'erano la Curia di Bologna, un pugno di esorcisti e il Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette (facente riferimento alla Congregazione per la difesa della fede di Joseph Ratzinger - per capirci, l'ex-Sant'Uffizio di Gioan Pietro Carafa).
La vicenda è narrata nel *famigerato* libro di Luther Blissett Lasciate che i bimbi (Castelvecchi, 1999, facilmente reperibile on line) & studiata più a fondo nel saggio di Luther Blissett  Nemici dello Stato (Derive Approdi, 1999, disponibile anche sul nostro sito).
Grazie anche alla contro-inchiesta militante "di movimento", il processo si concluse con una doppia assoluzione in primo grado e in appello, il castello di false testimonianze crollò in modo tanto evidente che persino il forcaiolo "Resto del Carlino" arrivò *quasi* a scusarsi con Marco Dimitri & Co. La sentenza d'assoluzione di primo grado smontò parola per parola un impianto accusatorio stupefacentemente debole.
Dimitri, oltre ai traumi psicofisici di un anno e mezzo di carcere preventivo e "mostrificazione" a mezzo stampa, ha subito gravissime conseguenze economiche, tant'è che è indebitato fino al collo, a rischio di sfratto da parte dello IACP, impossibilitato a trovare un lavoro decente, precariamente assistito dai servizi sociali del Comune.
Nel frattempo, si trascina da tre anni la causa civile intentata da Lucia Musti contro editore e presunto autore (Roberto Bui, a cui toccò la "paglia corta" per firmare il contratto) di Lasciate che i bimbi, libro di cui Musti ha chiesto il sequestro e della cui diffusione telematica si è più volte lamentato il prete "cacciatore di pedofili" don Fortunato Di Noto.
Lo stesso PM che per mesi rilasciò ai giornali dichiarazioni incredibili sugli imputati si è ritenuta "diffamata" dalla ricostruzione della sua "inchiesta", e ha chiesto un risarcimento di centinaia di milioni per fantomatici danni morali. Le udienze sono finite, si attende la decisione del giudice.
Alcune delle persone che due anni fa, al Teatro Polivalente Occupato, allestirono uno spettacolo ("Il caso Musti") in solidarietà con Marco Dimitri (Musti chiese lo sgombero del centro sociale per impedirne l'allestimento!), ora si ritrovano indagate dallo stesso sostituto procuratore per tutt'altre faccende.
Si tratta della grande manifestazione contro Forza Nuova, 13 maggio 2000, descritta nei dettagli nel capitolo 59 di Asce di guerra.
Quel giorno noi di Wu Ming ci trovavamo a Milano per la presentazione di un libro. Ma allo stesso tempo eravamo in via Farini, a Bologna, a ricevere le cariche della polizia che difendeva i fascisti di Forza Nuova da migliaia di antifascisti. Abbiamo rivendicato la nostra presenza ideale a quel corteo, inserendone
una chiara apologia nel nostro romanzo. Dato che oggi si pretenderebbe di perseguire penalmente come "adunata sediziosa" quella che è stata un'azione di antifascismo militante, va da sé che Wu Ming è non solo complice del reato, ma soprattutto è responsabile di "apologia di reato", come si evince dalle pagg. 302-309 del suddetto libro.
Qui di seguito: il trafiletto apparso sabato 25 su La Repubblica-Bologna, uno dei comunicati-stampa spediti lo stesso giorno e infine una nota di Marco Dimitri.

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<<AVVISI di garanzia per 57 manifestanti del corteo del 13 maggio 2000, che marciò contro i neofascisti di Forza Nuova e venne caricato dalla polizia in via Farini. Tra i destinatari dei provvedimenti firmati dal pm Lucia Musti il consigliere comunale di Rifondazione Valerio Monteventi, il leader dei centri sociali del Nord Est Luca Casarini, che organizzò il corteo, i due leader dell'ex Tpo Carlo Bottos e Domenico
Mucignat e don Vitaliano Della Sala, il prete dei centri sociali. Indagato anche il leader dell'autonomia Giuseppe De Biasi: lui e un'altra decina di persone sono accusati di aver portato in piazza bastoni e caschi. Il grosso degli indagati, costituito da aderenti ai centri sociali, dovrà invece rispondere solo di partecipazione a manifestazione non autorizzata e di non aver sciolto il corteo dopo l'ordine del vicequestore Fulvio Della Rocca.>>


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<<COMUNICATO STAMPA

Abbiamo appreso oggi che 57 cittadini sono stati denunciati per aver preso parte, il 13 maggio dello scorso anno, qua a Bologna, ad una manifestazione antifascista alla quale anche noi abbiamo partecipato. Vi abbiamo partecipato e ne condividiamo tuttora le ragioni e le finalità, anche se oggi scopriamo che si trattava di una "adunata sediziosa".

Innanzi tutto, vogliamo esprimere la nostra piena solidarietà a chi oggi è costretto a pagare per una aperta e inaccettabile provocazione.

Contestiamo il principio secondo cui il diritto di cinquanta fascisti ad esprimere pubblicamente la propria ideologia (con la quale, se non sbagliamo, la nostra Repubblica aveva chiuso i conti nel '45) valga di più di quello di migliaia di cittadini antifascisti.

Le denunce di oggi, inoltre, si inseriscono perfettamente nel clima di tensione e intimidazione che, a mezzo stampa, il governo e le forze dell'ordine stanno creando attorno alle contromanifestazioni previste a Genova, in occasione del vertice del G8 di Luglio.

In quest'ottica, diciamo chiaramente che noi, a Genova, ci saremo comunque, e che prenderemo parte ad ogni "adunata sediziosa" che miri a tutelare i diritti dei più deboli, e il diritto universale alla giustizia, alla libertà e alla democrazia.
 

Gli studenti e le studentesse nati/e dalla Resistenza,
gli studenti e le studentesse dell'Unione degli Studenti dell'Emilia
Romagna,
gli studenti e le studentesse dell'Unione degli Universitari di
Bologna,
in marcia verso Genova con le moltitudini sollevate d'Europa.

Bologna, Penisola Italica, Pianeta Terra,
il 25 Maggio di un anno che non è più di nessun signore>>


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<<UNO BIANCA SATANA E ANTIFASCISTI

il vecchio ariete della Curia torna alla ribalta. Lucia Musti, magistrato fallito dell'inchiesta sulla Uno Bianca, dell'inchiesta/farsa sui Bambini di Satana è tornata a colpire; questa volta non dichiara sui giornali d'avere
comprato col suo primo stipendio una pelliccia (e quindi di avere in antipatia gli animalisti su cui indaga), non afferma al TG 3 "cittadini guardate se nel panettone c'è un buco" coinvolta anima e corpo nell'inchiesta sui fantomatici "panettoni avvelenati", non fugge in lacrime durante un'udienza... Nulla di tutto ciò, questa volta si è limitata a spedire CINQUANTASETTE avvisi di garanzia ai cittadini la cui colpa è quella di avere preso parte, il 13 maggio del 2000  ad una manifestazione antifascista svoltasi a Bologna (allora capitale europea della cultura), Ebbene alla manifestazione ho presenziato anch'io! Non sono fra i 57 fortunati anche se condivido fino in fondo tutte le loro motivazioni e do loro  la mia più grande solidarietà. Ancora una volta ci troviamo di fronte a cittadini cui sono negati diritti e opinioni, deve fare riflettere l'operato della Procura, deve fare riflettere il fatto che il magistrato di turno sia la spenta Lucia Musti, magistrato antigarantista per eccellenza. Le lotte per la libertà d'opinione non devono spegnersi, oggi più che mai nessuno deve lasciarsi intimorire.

Marco Dimitri
(infiniti avvisi di garanzia dalla musti e altrettante assoluzioni "perchè
il fatto non sussiste")>>

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CITAZIONI DI FRONTE AL PERICOLO
 

<<SCRIVO DI GETTO. La lettera del "cinico darwinista destrorso" [http://www.wumingfoundation.com/gallery/commentiAdG5.html] è veramente entusiasmante e meriterebbe forse qualche commento supplementare da parte vostra.
La cosa divertente è che in buona parte dell'analisi, diciamo fino a quando non arriva a compiacersi troppo della sua cazzutaggine, il punto di vista del nostro amico è condivisibile. Non è forse vero che D'Alema e Walter il "faccia di merda" sono dei "loro"? Quante volte abbiamo pensato, scendendo in piazza, che comunque le armi e chi le sa usare non stanno dalla nostra parte? La sovranità che si esercita attraverso il monopolio sull'uso della forza. E' cosa nostra?
E allora? Verrebbe da dire. Il nodo, forse, sono i fondamenti del ragionamento: evidenziano un gap comunicativo tra noi e "loro" che è quasi antropologico. Quando mai ci è fregato qualcosa della presa del potere, del dominio del mondo, di plasmarlo, il mondo, a nostra immagine e somiglianza? Ma che sbattimento!
D'Alema, sì, e il "faccia di merda", loro pensano che per cambiare il mondo bisogna prima governarlo. E se per governare si deve rinunciare a cambiare, va bene lo stesso. Da quelle parti si aggirano anche i "cugini scemi", quelli del Kway rosso. Forse io nasco dove si esaurisce l'immaginario della sinistra storica, quella che arriva dritta dritta dalla sala della pallacorda. Noi siamo quelli del Beneficio di Cristo, magari un po' più sgamati per evitare di farci troppo male. Ecco, vanno bene i gommoni e gli scudi. Rifiuto ogni accusa di ingenuità, le anime belle naif e un po' borghesi che fanno sempre la Resistenza. Invece, se la posta in gioco è il senso comune e la deviazione del moto unilineare della storia, beh, allora anche noi ci contendiamo il centro del ring. E portiamo combinazioni interessanti, dal Chiapas a Seattle, al prossimo G8. Ma questa è già mitologia, portiamo diretto-diretto-gancio-montante anche nel quotidiano, individualmente, in allegra compagnia e in impresa; e  ne vediamo i frutti. Da questo punto di vista, il governo è tutta un'altra faccenda. Ma queste cose c'è bisogno di ribadirle?
Bacioni a tutti
G.B.>>

<<.è possibile lavorare con quasi tutti, con gli anarchici pensanti, coi cattolici del dissenso, coi riformisti conseguenti, ma è impossibile comunicare con gli ultra-dogmatici dei micro-partiti e gruppiccioli sub-trotskisti, para-bordighisti e affini, che parlano come se li avessero programmati con schede perforate di parecchi decenni fa, ed è proprio così! La tragedia è incontrare ventenni che ripetono a menadito cose che ci stomacavano quindici, venti, trent'anni fa, come se in mezzo non fosse successo niente, come se il capitale non fosse diventato qualcosa di radicalmente altro, come se la composizione di classe fosse rimasta inalterata, ferma come un fossile nell'ambra, come se tutto fosse già stato scritto e detto e occorra soltanto ribadire. Trieste, 25 maggio, conferenza all'universita' [.] Ecco il classico giovane automa che - mentre il pianeta è al collasso e il turbocapitalismo semina morte ogni giorno - si lancia in richiami astratti al proletariato, accusa gli zapatisti di "riformismo", dice che l'esperimento di "bilancio partecipativo" di Porto Alegre è "funzionale al capitale" e "controllato dalla borghesia", afferma che il movimento "di Seattle" dovrebbe "separarsi dai borghesi e dai riformisti", che bisogna "smetterla coi miti come quello di Marcos" e "fare politica in modo serio". Il ragazzino saccente e satollo impartisce lezioni di serietà rivoluzionaria agli indios che si auto-organizzano in reti di comunità per resistere al liberismo e riprendersi la parola dopo mezzo millennio di carneficine e sfruttamento. Grottesco. Conclude criticando chi pensa che l'obiettivo non sia piu' "la presa del potere statale". Merda secca condita con aria fritta. La memoria indotta delle sfighe altrui diviene "romanzo di formazione" da rivivere capitolo per capitolo. C'è la possibilità di far crescere un movimento ampio e determinato, e noi dovremmo girare col kit da dottorino del marxismo, verificare quanti centilitri di proletarietà e borghesità viaggiano nelle arterie dei corpi che insorgono. Tra l'altro, nessuno di questi dottorini passerebbe il test! La stessa classe che seguitano a evocare se ne è sempre strafottuta della dicotomia riformismo/rivoluzione, le sue conquiste sono tutte dovute a una commistione creativa e pragmatica tra i due approcci. E oggi sono i due corni di un dilemma che non esiste piu'! La presa del potere, poi... Con l'economia globalizzata, un Impero la cui polizia è sovranazionale e decisioni prese miglia e miglia sopra le teste dei fantocci che fingono di governare gli stati-nazione. A che pro prendere il Palazzo d'Inverno? Dentro non c'è niente e nessuno. Hanno ragione gli zapatisti, che applicano senza saperlo ciò che ha sempre detto l'Autonomia pensante del nostro paese: allargare la rete delle autonomie, favorire i processi di aggregazione sociale orizzontale, "federare" le comunità dal basso fino a fare emergere la nuova società lacerando i nessi amministrativi di quella in cui ci tocca vivere.>> (wmy, Intercity notte Trieste-Napoli, 26 maggio 2001)