/Giap/#4 n.s. - Un terremoto qua, un maremoto là - 18/11/ 2001
0. Pre-embolo
1. La parola ai Giapsters: florilegio su vari temi
2. Nuovi materiali on line ("Outtakes" e "Nandropausa")
3. news + calendario presentazioni HG fino a metà dicembre
0----
Tre milioni e trecento dall'inizio. Poco più di metà dell'obiettivo
minimo (6 milioni). Teniamo duro e contiamo su tredicesime, regali di Natale,
di Santa Lucia, della Befana & anno nuovo vita nuova.
Finora abbiamo speso: lit.600.000 per un anno di affitto sul nuovo server
+ lit.300.000 rimborso spese del webmaster.
Lo stimolo sul feedback è stato raccolto, e in parte equivocato. Raccolto,
perché molti giapsters ci hanno scritto: 'ragazzi, rientro proprio
nella categoria descritta, bollette arretrate, poca memoria, ufficio postale...'
e altri ancora: 'mi decido solo ora a contattarvi...'. L'invito è
a continuare, in particolare quelli che non si sono mai fatti vivi fino ad
ora.
L'equivoco, l'aspetto poco chiaro, è che noi non volevamo segnalare
una carenza di 'contattì tout court: molte persone ci scrivono, per
i motivi più diversi, e il livello dello scambio è piuttosto
alto, da sempre. In senso ampio, dunque, il feedback non manca. Quello che
sorprende, però, è che 'stimoli genericì (come nostre
impressioni, opinioni, commenti...) ottengano più 'reazionì
di 'stimoli specificì (richieste esplicite, 'questionarì su
Giap, romanzi collettivi...).
Forse qualche specialista di comunicazione potrà spiegarci l'arcano.
Nel frattempo, vediamo piuttosto di smentire l'analisi...
c.c.p. 30870521
intestato a Federico Guglielmi e Riccardo Pedrini
(è sufficiente indicare uno dei due intestatari)
Causale del versamento: "Libera sottoscrizione a /Giap/".
1-----
G. F., 30 ottobre u.s.
<[...] Maradona: niente da aggiungere a quello che avete scritto voi,
anzi, personalmente toglierei qualcosa. Condivido in pieno l'ultima parte,
anche se secondo me non fu l'esultanza luciferina a far cambiare il vento
(ricordo i giornali di allora con la foto sparata e titoli tipo "il più
forte e' ancora lui" eccetera), ma fu proprio un fatto tecnico: Maradona
ai mondiali 94, nei piani di Havelange, doveva essere la foca al circo. Un
nome, il nome da dare in pasto al pubblico americano (e fu spinto in tutti
i modi a partecipare), e invece era ancora il più forte, e con lui
l'Argentina era di gran lunga la squadra più forte (i cinque davanti:
Redondo, Maradona, Caniggia, Balbo, Batistuta). Questo non era nei piani,
e da qui tutto il resto.
Sono meno d'accordo circa la consapevolezza del nostro del suo ruolo pubblico,
secondo me mai molto spiccata e lucida, mai molto al di là di un facile
e tutto sommato comodo populismo. Non penso che basti contrapporsi a personaggi
squallidi come i dirigenti del calcio di ieri e di oggi, italiani e/o europei
per essere automaticamente dalla parte della ragione. Per essere apprezzabili.
Ma poi non e' nemmeno questo. Credo di aver sinceramente amato Maradona:
ho quasi pianto, quando in un Brasile-Argentina al Maracanà da centrocampo
calciò al volo, in mezza rovesciata, da centrocampo, un rinvio del
suo portiere, colpendo la traversa dall'altra parte e strappando l'applauso
entusiasta di centomila brasiliani; o quando fece gol al milan di testa da
trentacinque metri. Maradona e' stato una delle cose più belle che
io abbia mai visto, e ogni volta che sento parlare di com'era o cos'era lui
fuori dal campo, bene o male, mi sembra un po' che lo si tradisca.
Mi dicono che il libro e' in pubblicazione presso Baldini e Castoldi.
Lettera al Foglio: un soffio d'aria fresca in quest'autunno malato.
Ostinarsi a ragionare, in questo periodo, provoca sbandamenti, perdite di
consapevolezza. Io mi sento in pieno effetto acquario, boccheggio muto tra
opinioni irreali, prese di posizione scombiccherate, paragoni inauditi e
sconcertanti, ammorbanti discussioni su cose che, con la "guerra", non hanno
niente a che vedere. Da entrambe le parti, sempre che si possa parlare di
"parti".
Mi collego così all'ultimo pezzo, e poi vi lascio.
Il fatto che in Italia (e in Europa) non esista più una sinistra tradizionale
non vuol dire che il Movimento sia in un momento felice. Secondo me non lo
è. Parlo solo dell'Italia: abbiamo avuto Agnoletto alle veglie dei
pompieri, qualche pessima figura collettiva da Santoro, e vista la mancanza
di una posizione propria e originale una corsa precipitosa verso l'Amerika
con la K e il pacifismo ipocrita e peloso dei cattolici. Contemporaneamente,
almeno qui nelle nebbiose plaghe, il movimento pare affondare nelle burocrazie
del social forum, con una sostanziale paralisi dovuta al fatto che le "mille
anime", senza guida, e senza meta, si stanno accorgendo di faticare anche
a "camminare insieme". Spesso mi sono sentito dire che non importa dove si
vuole andare, ma con chi. Adesso però mi giungono voci che a molti,
sul pullman, puzzano i piedi, e che qualcuno vuole scendere.>
***
P.G., 4 novembre u.s.
<Le considerazioni sull'assenteismo dei giapsters mi sembrano un po' eccessive.
L'aumento del numero degli iscritti non è sempre proporzionale all'aumento
dei contatti *attivi*, è legge acclarata, i grandi numeri rispondono
ad un andamento da bestione pesante, sognare di essere gazzella con 1700
chili di peso sulla groppa è il sogno di ogni rinoceronte che si rispetti,
ma è pur sempre un sogno. Ciò non toglie tutta la bellezza
di essere rinoceronti. (1= si sta bene ancorati alla terra 2= ci si sporcano
zampe e coda 3= si carica l'avversario con buone possibilità di sfondamento
4= si emigra qua e là attraversando foreste e praterie, ecc. ecc.
ecc.) Insomma abbiamo il culo pesante (e la testa leggera).
Prendi alla posta il bollettino per i conti correnti, ti accorgi di non esserti
copiato i dati, torni a casa, accendi il computer, apri giap, copi l'intestazione
sul modulo, dimentichi il modulo sulla credenza all'ingresso, passano giorni,
pensi di tornare alla posta quando potrai pagare altre bollette, sei pieno
di bollette ma non hai tutti i soldi per pagarle, passano altri giorni, decidi
di fare il punto e affrontare la situazione, ti accorgi di essere in arretrato
con il condominio per cifre da capogiro, escono fuori multe per sosta vietata
risalenti al '96, ti deprimi, aspetti tempi migliori, passano altri giorni,
nessun introito all'orizzonte, inizi a temere i solleciti dell'italgas, ti
decidi a tornare alla posta, prepari
tutti i bollettini, metti per primo giap perché è l'unico pagamento
che hai scelto di fare, appoggi il mazzetto dei bollettini ben in vista sulla
solita credenza, impegni non previsti si aggiungono all'ultimo momento, rimandi
ancora l'andata alla posta, finalmente compi il passo fatidico, prendi il
mazzetto di bollettini, il primo è macchiato di sugo di pizza, togli
i residui ormai secchi, è quello di giap che avevi messo per primo,
l'intestazione è leggibile, sorridi, decidi di lasciarlo così
e ti avvii alla posta, prima passi in banca per ritirare il contante, hai
1.900.000 lire di bollette arretrate, fai una fila apocalittica perché
quasi tutti i funzionari hanno fatto il ponte dei morti, smadonni contro
le banche pensando ai black bloc, decidi che sarà il caso di trovare
il tempo per scrivere al direttore la lettera in cui si chiedono spiegazioni
sugli investimenti bancari che foraggiano il traffico di armi, ritiri in
contante e vai alla posta, cerchi di dimenticare l'esito dell'ultimo estratto
conto, ti rimetti in fila, un signore è invelenito perché non
funziona il pagobancomat, ha fatto una fila di 40 minuti per nulla, meno
male che hai il contante, accendi una discussione sulle disfunzioni del sistema
privatizzato, raccogli consensi facili, forse non proprio tutti sono lobotomizzati
dal Berlusca, arrivi allo sportello, temi che il terminale non funzioni,
ma no', FUNZIONA, ce l'hai fatta, ti danno anche 10.850 lire di resto, un
biglietto dell'autobus e un pacchetto di sigarette!
Ed eccoci qui.
Quello che fate è apprezzato/gradito, anzi molto apprezzato/gradito.
Dateci tempo di fare lo slalom tra macchie di sugo di pizza, italgas e Berlusca.
Il pachiderma si muove, lentamente ma si muove.
Lamentate scarsi feedback: pensavo foste intasati di posta (richieste, analisi,
auguri, insulti, proposte). Ad un certo punto avete persino chiesto pietà,
che no non potevate reggere il ritmo, che era impossibile rispondere a tutti,
che non siete un'agenzia di smistamento letterario, che giap non è
sede di discussione politica. Mi sono attenuta alle vostre indicazioni e
non ho infierito. Ho fatto male?
Oggi ho infierito. Ci sono. Ci siamo.
siempre adelante
>
[WM1:] Grazie per avere infierito. Sì, siamo
effettivamente intasati di richieste (anche e soprattutto balzane, ma è
proprio questo il bello), analisi, auguri (spesso laconici ma importanti),
insulti (tantissimi), suggerimenti tecnici e proposte letterarie. C'è
uno zoccolo duro di un centinaio di giapsters che scrive costantemente, e
altri che scrivono ogni tanto. Forse il 5% o il 6% è un campione sufficiente
a calcolare una sorta di indice di gradimento, ma il "feedback" di cui Wu
Ming 2 lamentava l'assenza riguarda quesiti specifici su come viene gestita
la newsletter (cfr. il "brainstorming" di qualche mese fa). A proposito del
numero delle iscrizioni: è vero, non possiamo pretendere che ci scrivano
con regolarità tutti i 1700 iscritti: l'ondata ci spazzerebbe via!
Ma questa settimana abbiamo cancellato quasi *un centinaio* di iscritti perché
/Giap/ tornava regolarmente indietro con la spiegazione: "spazio mailbox
esaurito". Significa che molte persone aprono un indirizzo su hotmail o qualche
altro server del genere, si iscrivono a diverse liste e poi non controllano
la mailbox con sufficiente regolarità. La mailbox si intasa e /Giap/
torna indietro. Se questo succede cento volte, a noi girano un po' le balle.
Poi ci sono gli imbecilli, che passano lì per caso, si iscrivono,
si scordano di averlo fatto oppure si aspettano tutt'altro, e quando ricevono
/Giap/ ci infamano e dicono di voler essere cancellati! L'altro giorno una
tizia ci ha scritto questo messaggio: "Considero ogni riferimento negativo
allo stalinismo una manifestazione occulta di anticomunismo. Non interessandomi
ricevere propaganda anticomunista ti prego di esimermi da ricevere le tue
elucubrazioni." Risposta: "Considero ogni stalinista un nemico di classe
e chiunque si iscriva a /Giap/ *sua sponte* poi chieda A NOI di cancellarlo
una patetica testa di cazzo." La tizia ha replicato di non essersi iscritta
di sua spontanea volontà. Balle. Iscrivere altre persone per scherzo
o per regalo era possibile fino a qualche mese fa. Ora la procedura permette
di iscrivere solo sé stessi. Insomma, l'elenco dei /Giapsters/ pullula
di falsi contatti, e a noi piacerebbe ripulirla per semplificarci la vita.
***
G.C.M., 4 novembre u.s.
< [...] Si parla spesso nei vostri testi di teoria delle catastrofi contrapposta
ad una teoria della continuità o dei piccoli passi. Prendere in prestito
teorie scientifiche per spiegare le vicende umane è sempre un po'
un azzardo; si rischia di fare come per la teoria della selezione naturale
di Darwin che è stata ripresa per giustificare la legge del più
forte, quando invece la teoria darwiniana parla di sopravvivenza del più
adatto alle mutate condizioni ambientali, che è appunto un concetto
completamente diverso dal concetto del più forte.
In ogni caso con le opportune pinze mi permetto di segnalare la teoria dei
frattali come modello: se i fenomeni vengono osservati con il microscopio
si rilevano grandi turbolenze, caoticità e variabilità; se
vengono visti con il telescopio si rilevano delle dinamiche assolutamente
opposte, caratterizzate da continuità, sedimentazione e piccole variazioni.
La vostra letteratura mi è piaciuta proprio per questo: rilevare continuità
con fatti e dinamiche sociali di secoli precedenti, non limitarsi all'orizzonte
del microcosmo quotidiano ma riuscire a fare tesoro di quelle sedimentazioni
della memoria che sono il patrimonio (le asce) da riscoprire.
Certo che poi nel quotidiano gli strappi ci sono eccome. Un po' come la deriva
dei continenti: visto nell'ottica dei millenni o dei milioni di anni ne hanno
fatta di strada, ma nel breve periodo sembrano immobili, salvo qualche turbolenza
ai confini delle zolle; un terremoto qua, un maremoto la, eruzioni vulcaniche,
ecc.
Ciao>
***
P., 6 novembre u.s.:
<[...]Riguardo invece alla sensazione che il "feedback" non sia così
ampio come i 1700 iscritti fanno credere, forse in parte può essere
vero. In parte però. Sicuramente c'è chi riceve Giap e non
ha il tempo per "sfogliarla" o leggerla tutta e quindi men che meno di intervenire
in una interazione più stretta (la cosa del sondaggio -ammetto- è
un po' avvilente). Però è anche vero che il "feedback" non
è soltanto verticale (lettore-wu ming), ma è soprattutto orizzontale
(lettore-lettore). Per quanto mi riguarda mi capita spessissimo di prendere
degli interventi che vengono fatti su Giap e di postarli a varie mailing
list o a indirizzari più allargati di presunti interessati. Mi capita
di mettere pezzi di Giap sulla mailing list del Bergamo Social Forum o di
Lilliput-Bergamo, quindi in contesti in cui vengono presumibilmente letti.
E lo so perché mi vengono spedite risposte e commenti, si creano discussioni.
Mi ricordo di aver sentito citare Wu Ming anche in un paio di assemblee del
Bergamo Social Forum. E oltre a questo c'è anche tutto il "feedback"
al di fuori di Giap che magari non sempre vi immaginate. "Asce di Guerra"
-a Bergamo e per quello che posso vedere- è girato per un sacco di
mani, molte più del numero di copie vendute. Io pur avendone regalate
una decina di copie non ne possiedo più una perché non so dove
sia finita. E così molti altri l'hanno prestato, fatto leggere, passato
di mano. Insomma, per quanto ne possa avere percezione io. Il feedback c'è.
>
***
E.P., 12 novembre u.s.
<...dopo mesi mi decido a scrivervi, oggi, all'indomani di una manifestazione
che per la seconda volta in pochi mesi mi ha fatto sentire orgoglioso dei
compagni e della moltitudine tutta in italia. qui in inghilterra ormai sono
tutti convinti che in italia la situazione sia pre-insurrezionale, tanto
più da quando sanno che ci sarà probabilmente uno sciopero
generale e si sono fatti appelli alla diserzione...occhi sgranati, sguardi
che si incrociano; lo sciopero generale qui è pura mitologia, un sogno
esotico. l'ultimo è stato nel 26... [...]
Vicenda di repubblica. sinceramente credo che il movimento, e quindi anche
wu ming, non abbia più bisogno, per ottenere visibilità, di
finire nel tritacarne dei media "molari". abbiamo indymedia che è
di una vitalità unica, almeno tra quelle che frequento io. abbiamo
decine e decine di ml di movimento, giri di e-mail tra amici, telefonate,
chiacchiere, azioni di piazza di tutte le dimensioni. abbiamo i mezzi e le
intelligenze per diffonderci in maniera rizomatica, per contaminazione. non
abbiamo bisogno della cassa di risonanza (e distorsione) di Repubblica. siamo
abbastanza forti da poterne fare a meno. e se non saremo abbastanza forti,
non sarà per colpa di un'insufficiente copertura dei media [...]
4. l'impero siamo noi. non fa una piega. l'ho sempre pensato. e ho sempre
risolto la questione del dove si svolgono "i processi reali" con la risposta:
dove sono io e ovunque. la domanda stessa appartiene ad un mondo che era
diverso, o era percepito diversamente, il che è praticamente lo stesso.
è senso comune ormai dire che il mondo è attraversato da flussi
di tutti i tipi e in tutte le direzioni. oltre ai capitali, ciò che
transita sono informazioni. e le informazioni significano consapevolezza.
consapevolezza di dove e come vengono prodotte molte delle cose che consumiamo,
che se una discarica non viene impiantata qui, lo sarà in qualche
altro punto, e ci arrivano le e-mail dei comitati che laggiù si battono
per evitarlo a loro volta ecc. ecc.
la consapevolezza volendo c'è: manca l'alternativa praticabile che
non sia l'"esodo" puro e semplice in micro-comunità autosufficienti
ed isolate, o unj primitivismo sterile, e fondamentalmente reazionario.
ricordo un libro vecchio ormai di dieci anni di Bihr, qualcosa come "Dall'assalto
al cielo all'alternativa". bisogna creare reti di socialità produttiva,
capaci di permettere alle persone di vivere bene.
sono passati praticamente 25 anni da quando Negri ha teorizzato l'operaio
sociale, e ancora non si è riusciti a mettere bene a frutto il portato
di quella definizione. esiste nella società un rifiuto del lavoro,
di questo lavoro, molto più diffuso di quanto si creda. in generale
si lavora solo per mantenersi in questa società, o meglio, si lavora,
anche molto, perché non c'è altro a portata di mano per cui
valga la pena. a quel punto consumare è una gratificazione necessaria.
non ho mai creduto al valore morale della privazione. per noi non sarebbe
un rinunciare a qualcosa. quella che chiamo rete di socialità produttiva
è dimostrare che si vive meglio come viviamo noi piuttosto che come
vive la maggioranza adesso, se è fortunata da poterselo permettere.
sui modi in cui praticarla non lo so, è complesso, e non può
esistere una linea unica. però penso: quanti laureati in medicina
esistono che sono praticamente a spasso? proprio mentre sta diventando sempre
più costoso e rischioso ammalarsi, perché non pensare a creare
un sistema sanitario locale, comunitario, nazionale, dove-arriva-arriva?
pagamento in tempo, prestazioni, valore d'uso, denaro chi può quanto
può. al di fuori del sistema stato.
è il principio del dono. senza di questo non ci può essere
disobbedienza sociale efficace. perché le conseguenze del non collaborare
arrivano, e sono dure senza questa rete protettiva. e a fare i martiri non
si va molto avanti.
lo stesso discorso si potrebbe fare per i laureati in giurisprudenza. sono,
credo, troppi rispetto ai lavori fighi che li aspettano.
una delle conseguenze di questa guerra e delle prossime sarà l'aumento
nel flusso di immigrati e le politiche saranno sempre più nazistoidi.
vogliamo aspettare sino a quando vivremo in quarteri con inferriate e poliziotti
che sparano a vista, come in un incubo andato a male di Carpenter, o peggio,
in certi quartieri di città come los angeles? io credo che insieme
ai lavori sui cpt come quello che state facendo al teatro, bisogna andare
in direzione di una solidarietà attiva. cose come assitenza logistica
in caso di occupazione di case, sanitaria, fornire lavoro per chi può
assumere. non potrebbe essere un sistema che regge sul piano dell'economia
di mercato. sarebbe altro, misurato con altri parametri e compensato con
altri valori. bisognerebbe riacquistare coscienza del fatto che il denaro
è solo l'equivalente generale delle merci, e le merci sono beni, con
un valore d'uso e di scambio. mandare a quel paese quest'ultimo e tenrsi
l'utilità.
una diversa socialità priverebbe molte merci della loro aura feticistica,
e le aprirebbe ad un nuovo significato: cioè pezzi di plastica (o
quel che è).
altrimenti non mi spiego perché, quando leggono i libri sul nazismo,
molti si chiedono: come è possibile che i tedeschi abbiano potuto
lasciare che gli ebrei, i rom, i sinti ecc venissero discriminati, segregati,
internati e sterminati senza aiutarli? sarebbe astato ospitarne di più,
aiutarne di più. poi gli chiedi come mai lasciamo che gli immigrati
vengano rimandati a morire nei loro paesi e non sanno cosa risponderti.
5. il reddito di cittadinanza universale. bisogna puntare su questo. è
un'idea-forza (parlo da old-fashioned anch'io) potentissima. e non me ne
frega nulla se il capitale è in fase recessiva e non si può
permettere una cosa del genere. appunto per questo lo chiedo. non voglio
farmi spremere, buttare la mia vita, sentire il tempo scivolare dalle mie
mani per finire in quelle di qualcun altro, solo per riprodurmi.
noi non usiamo armi. ma stiamo comunque combattendo una guerra di senso.
ognuno fa quel che sa. io faccio lo storico/faccio la storia e frugo nella
memoria in cerca di storie che concorrano a dare un senso a ciò di
cui ho scritto.>
[WM1:] Powerful. Solo un'osservazione su Indymedia
e le mailing lists di movimento: da quelle parti, nei mesi scorsi, hanno
ricevuto immeritata amplificazione alcune tra le più idiote e controproducenti
leggende metropolitane (tipo gli ebrei delle Twin Towers avvertiti il giorno
prima dell'attacco etc.) Certe liste sono vere e proprie discariche di rifiuti
organici e vengono tenute in piedi solo per alimentare scazzi interni. Indymedia
funziona bene (molto bene) a ridosso delle scadenze, come nei giorni di Genova
o domenica scorsa, ma in periodi di tran tran quotidiano la qualità
delle discussioni e delle news scende a livelli Fossa delle Marianne. Inevitabilmente
Indymedia riflette lo stesso difetto del movimento: lo "scadenzismo". Tre
fattori ci portano a dire che l'informazione autogestita, allo stato attuale,
porta più spesso all'entropia che alla chiarezza: 1) la constatazione
che gli esseri umani non sono "buoni" per natura 2) la nostra esperienza
di moderatori "politici" del defunto forum su tutebianche.org e 3) per tutto
il 2001, il vorticoso circolare di calunnie su di noi e sulle t.b. fabbricate
su una certa mailing list di ultrasinistri. C'è ancora da lavorare
parecchio.
[WM2:] Condivido, è necessario <... vivere
diversamente, senza chiudersi nel proprio Idaho privato, ma dimostrando al
mondo che così si è più felici, più fighi, più
sereni. Il boom del biologico, per quanto sia, nasce proprio dal fatto che
chi vende un certo tipo di prodotto è riuscito a far passare l'idea
che quel cibo è più sano di un altro, fa stare meglio. Senza
questo, non c'è gara. Le schegge di frassino nel nostro cuore vanno
bene solo se riusciamo a viverle e a comunicarle come un'agopuntura salutare.
L'essenzialità può essere uno stile di vita, anche *cool*,
la privazione è priva di fascino, digiuno cattolico, senza alcun appeal...>
***
P.B., 12 novembre u.s.
<[Wu Ming 2 scrive:] "Se mi è permessa un'autocritica, è
per questo che dobbiamo chiedere scusa. E' questa l'ingenuità: l'aver
messo da parte queste pratiche, ostentando sicumera."
troppo cattivo.
sicuramente vi esponete troppo. Vi ricordavo più sfuggenti e meno
esposti. certamente meno disponibili. rispolverando questa abitudine ve ne
diranno di tutti i colori (stile: il reply su indymedia di xxx che conteneva
il "peccato che, dopo uno scritto così, si scada nel più classico
degli atteggiamenti da superstar intellettuale: non sono convinto, quindi
me ne sto a casina, per non confondermi con i bru bru piazzaroli che magari
mi fanno fare brutta figura: che fatica fare il colto di sinistra!").
torneranno a dirvi che "è troppo comoda". "sbàt-ee-càz
signori!" ripsonderei. troppe pogne e tutte a due mani! quella discussione
su Indymedia e le vostre ultime newsletter mi hanno convinto di una cosa:
da quella newsletter siete nel giusto con tutti e 12 i piedi.
l'ultimo numero di rumore contiene una recensione all'ultimo lavoro dei Technogod
e riporta una frase a loro attribuita: (la ricordo così...) "i giovani
non riescono a ballare e pensare nello stesso istante": be' non solo i giovani.
c'è un sacco di gente che si fa troppe seghe mentali o fancazzismi
completi.
dite che "E' questa l'unica punizione possibile. Sbeffeggiarli. La qual cosa
è possibile solo sbeffeggiando un pò anche sé stessi,
evitando di prendersi troppo sul serio, inventando sempre nuovi 'miti delle
originì". ho usato questo passaggio impropriamente (dato che rigurdava
il rapporto con la stampa...) perchè nonostante tutto vedo delle similitudini.
nelle risposte su indymedia ho letto molte strumentalizzazioni di tutto ciò
che siete e non ne capisco il fine. non so se è utile che la sinistra
sia sempre d'accordo ma discutere sul COME essere di sinistra lo trovo francamente
imbarazzante. sono pippe.
cmq sia approfitto dell'occasione per dichiararmi assolutamente felice nell'assistere
alla decomposizione inconsapevole di quelle fetide mezzeseghe che occupano
il "centrosinistra". probabilmente puzzo di più io però mi
"piglia bene" immaginarli convinti e fieri delle loro scelte, inconsapevoli
dello sfascio che si stanno lasciando alle spalle.
in questi ultimi anni tutti gli amici che fanno politica sono un po' più
tristi (inteso nel senso: "il calcio è un gioco e tu sei fondamentalmente
una persona triste"). ci sarà un motivo? io li ri-vedo sempre così,
con una carenza preoccupante di praticità, di visione lucida e netta
delle cose. molte pogne insomma. di quelle che dopo qualche minuto si maledice
già di avere chiesto "come sta la situazione del partito su a bologna".
sicuro di avere scritto molte puttanate: saluto.>
***
C.M., 12 novembre u.s.
<...Vi seguo da un po'... sono stata a sentire anche perché il
progetto Wu ming così come lo avevate esposto al Bulk di Milano all'atto
della sua nascita mi pareva interessante, dissacrante, di una logica stringente,
pane adatto ai denti di un'industria culturale che fa del libro un "prodotto
marketing"... e noi glielo diamo! Lo costruiamo e nel frattempo ci mettiamo
anche contenuti dirompenti... insomma, un'ottima idea. Ebbene, forse gli
scivoloni capitano quando si comincia un po' troppo a credere nelle gare
di tabelline - vai con il concorsino tra i fedeli lettori, il più
bravo verrà premiato e avrà diritto a scribacchiare con noi
qualcosina, venghino signore e signori, omini e donnine! - che implica -
ça va sanz dire - credere un po' troppo in quella trista figura del
maestro che sonnecchia in ciascuno di noi - penna rossa inclusa.
I media, per altro, li conosciam benone ciao
C. M.>
[WM2]: Siamo sempre pronti a fischiare i falli degli altri, quindi se l'arbitro
è severo, non mi lamento, anzi.
Sull'atteggiamento da 'maestrinì, voglio riflettere bene, interrogarmi,
perché è un modo di fare talmente ripugnante, che faccio molta
fatica a riconoscermelo, e tendo ad auto assolvermi subito. Ti saprò
dire.
Rispetto all'esempio del concorso, però, credo davvero che la critica
sia immeritata. Il progetto nasce dalla voglia di scrivere e confrontarsi
con altre persone: ci sono arrivati un sacco di capitoli e non è niente
affatto roba da omini e donnine. Può essere fastidioso il meccanismo
del concorso, ma vorrei chiarire che sono io che desidero incrociare idee
e parole con gente diversa: quello che ho scritto l'ho buttato giù
con questa motivazione, non pensando, al contrario, che altri dovessero sentirsi
lusingati, o cos'altro, dallo scrivere con noi [...]. Sinceramente, non ci
vedo penne rosse (visto 'Cuore' l'altra sera?), cattedre e professorini del
cazzo. Niente 'scuola di scrittura creativà o roba del genere... E
nessuno che pensi, qui dentro, che scrivere con Wu Ming debba essere considerato
un premio. Io considero un premio poter interagire con tante voci: grazie
a Giap, alle presentazioni, alle assemblee, al Romanzo Totale, alle mail....
A questo proposito, ricordo a tutti che sabato 24, su Xaiel.com (Sezione
Idee), comparirà il terzo capitolo della serie. Tutti coloro che volessero
cimentarsi con il quarto capitolo sono caldamente invitati. Cercate solo
di essere buoni e di non complicare troppo la trama: il quinto capitolo tocca
di nuovo al sottoscritto.
***
P., 13 novembre u.s.:
<Cari Wu Ming,
prendo spunto dall'intervista fatta a Roberto Bui a Monaco per farvi partecipi
di un paio di riflessioni/dubbi quando si parla di Impero. Della sua teoria
e del suo "mito propulsivo". Nella prima parte dell'intervista Roberto Bui
dice:
"[al Qaeda] è una vera e propria multinazionale e fa parte dell'Impero,
anche perché è stata foraggiata dalla Cia per anni, Osama bin
Laden è stato uomo degli americani [...] Osama bin Laden non è
un nemico dell'Impero, è una cosca dell'Impero che sta combattendo
con un'altra cosca, questa è una guerra tra mafie."
Poco sotto però Roberto Bui dice anche:
"Nel gioco dello scontro tra civiltà vince lui [Bin Laden], può
essere solo una forza militare sproporzionata a dare l'illusione di una vittoria
di Bush e dell'Impero. In realtà, dal punto di vista simbolico, l'Impero
non può che perdere, ma perdendo si trascina dietro anche tutti noi."
Mentre nella pirma parte Bin Laden viene visto come una delle cosche dell'Impero
nella seconda viene visto in contrapposizione alla forza militare di Bush
e dell'Impero. Che sono due cose ben diverse. Al Qaeda è una cosca
dell'Impero? Oppure stiamo vedendo una lotta tra un gruppo di pseudo-guerriglieri
dai modi un po' medioevali che annebbiati dal fondamentalismo stanno mettendo
in crisi le elites tecno-finanziaria del mondo?
Ovviamente nell'intervista è un passo assolutamente secondario per
il senso generale del discorso, per di più in un contesto come quello
di una conversazione "orale" in cui ci possono scappare imprecisioni di ben
altra portata. Ma la poca chiarezza di fondo rimane. Non è certo il
passo di Bui il centro del problema, è quello che intendiamo quando
parliamo di Impero e la poca chiarezza del passo mi serve da esempio per
parlare di altro. Il mio discorso nasce innanzitutto per un esigenza di chiarezza
mia personale e per il bisogno di mettere nero su bianco le idee.
Abbiamo detto più volte (uso la prima plurale) che l'Impero è
una "dinamica" e non uno stato di cose immutabile. Un tessuto connettivo
di poteri di diversa natura in dilettica spesso contradditoria tra di loro
che si completano l'un l'altro. L'Impero è da una parte la dimensione
globale degli organismi sovranazionali di governo e di polizia ma sappiamo
anche che dall'altra è la giustificazione che questi trovano in quel
territorio grigio che è la biopolitica in cui a essere messa a valore,
o sussunta al capitale, è la nostra stessa vita e i dispositivi della
riprodizione sociale. Come avete chiarificato sull'ultimo /Giap/ quello dell'Impero
contro le moltitudini è poco più che un mito propulsivo, che
però a volte può essere fuorviante dato che il termine Impero
ha avuto un certo successo ma forse non sempre viene inteso in tutta la sua
complessità (lo usa ormai anche Curzio Maltese) e a volte può
diventare fuorviante perché rischia di far ricadere l'analisi nella
dimensione di "massa"(che come avete detto voi poi ti lascia col culo per
terra), del Noi-Società-Civile-dei-Buoni contro l'elite-Tecno-Finanziaria-Cattiva.
Forse bisogna davvero far ricadere le cose nella loro materialità
per una nuova "genealogia univoca della resistenza". Se no non ci capiamo
un cazzo.
A me è sempre parso di capire meglio le cose con il metodo dell'inchiesta
che con la teoria politica. Capisco di più la biopolitica con Naomi
Klein che con Toni Negri e mi sembra di capire meglio il passaggio dalla
società disciplinare alla società di controllo leggendo Nemici
dello Stato piuttosto che Foucault. Ma forse non ci sto capendo un cazzo
[...]
Se diciamo che l'Impero è un tessuto connettivo di poteri di diversa
natura e genealogia, vuol dire che il suo punto centrale è proprio
la dinamica dialogica, contradditoria ma complementare dei diversi poteri.
Ognuno necessita l'altro. La biopolitica, la messa a valore del General Intellect
qui da noi come il regime teocratico dei Taliban in Afghanistan. Due facce
della stessa medaglia. Gli accidenti sono diversi ma la sostanza è
la stessa. L'Impero è tale proprio perché mette insieme e comprende
in sé tutte queste forme di dominio. E' questa la sua natura, la flessibilità
della sua forma di dominio. La stessa flessibilità che gli permette
di mettere a valore tutte le forme di resistenza. Mi viene in mente Fumagalli
quando dice che la vera natura del lavoro postfordista non è solo
il General Intellect ma la compresenza e complementarietà su scala
mondiale di lavoro atipico, autonomo, indipendente ma anche di quello subordinato,
para-subordinato, eterodiretto fino alle forme servili e schiavili del cossiddetto
"terzo mondo". L'insieme dei colori che compongono la tuta bianca.
Forse bisogna davvero scrostare dall'immaginazione l'Impero come elite tecnofinanziaria
del mondo occidentale che governa controllando la globalità da una
stanza dei bottoni. Abbiamo in mente troppe immagini di zone rosse da violare,
di organi da de-legittimare, di spazi democratici da riconquistare facendo
sentire la nostra voce. "Miti propulsivi" che -intendiamoci- sono assolutamente
necessari e sarebbe folle farne a meno, ma che non devono rubare troppo la
scena. Se no non riusciamo più a capire che cosa è davvero
la composizione della moltitudine. Chi è la moltitudine? Chi fa parte
dell'Impero? Il 24enne studente di economia che si fa 4 milioni in una settimana
giocando in
borsa come se fosse la PlayStation o il muratore bergamasco con la terza
media che si spacca la schiena 45 ore a settimana per comprarsi la Mercedes?
Il mio amico kossovaro che guadagna 300 marchi al mese ma che li mette via
per comprarsi le Nike o la signora della Bergamo bene che si invasa per il
consumo critico e che compra il caffè al commercio equo boicottando
le multinazionali?
Qui al nord proprio la perversa comunione di condizione di precarietà
e di ricchezza a portata di mano ha ridefinito i confini della condizione
materiale e "di classe". Possiamo dire che nell'interiorizzazione di un "mito"
di soddisfazione personale (l'american way of life) troviamo una condizione
"materiale"? Se la materialità è anche biopolitica quanto una
presa di posizione "etica"
(come il commercio equo o come una qualunque campagna sulla tobin tax o sui
diritti di propietà intellettuale sui farmaci) è anche una
prima risposta al bisogna di "genealogia univoca della resistenza?" La condizione
della materialità "di classe" e l' "imperativo etico" sono davvero
due cose così distanti in un contesto come quello biopolitico in cui
viene messa a valore anche la nostra corporeità e il nostro linguaggio?
L'articolo (tra l'altro bellissimo) che Federico [Martelloni, N.d.R.] ha
scritto su ZIC n.135 [quindicinale di Bologna, N.d.R.] sui Social Forum mette
in luce involontariamente un ambiguità di fondo sul ruolo delle tute
bianche nel movimento.
Parlando del fatto che i Social Forum dovrebbero basarsi sulla condivisione
delle proprie specificità dice: " Se mi occupo di ambiente devo avere
a disposizione l'archivio e l'esperienza dei comitati antismog, i materiali
di Legambiente e la sede dei Verdi; se lavoro sull'immigrazione devo poter
fruire delle competenze dell'Asgi, delle relazioni che ha il forum sull'immigrazione,
delle forme d'azione di Ya Basta! e così via". Al di là della
modestia di Federico, dato che Ya Basta a Bologna sui CPT/immigrazione è
stata la realtà che ha fatto più da "traino" e che quindi ha
un esperienza che va ben al di là della pratica di piazza, c'è
comunque una difficoltà di fondo ad individuare, dopo due anni vissuti
intensamente, quale sia la vera "base materiale" del movimento ex-tute bianche.
Come avete detto voi il ruolo di Ya Basta / Tute bianche negli ultimi tempi
si è necessariamente, visto la contingenza, concentrato sulla pratica
delle disobbedienza civile protetta in piazza, a scapito della "vera" (si
fa per dire) natura del simbolo della tuta bianca che era quella nata intorno
alla rivendicazione del reddito di cittadinanza. Si è quindi prediletto
la dimensione molare del conflitto a scapito di quella molecolare, dimensione
che è invece diventata centrale in una struttura come quella dei Social
Fourm strettamente legata al territorio. Se a questo punto vogliamo che i
Forum diventino davvero dei luoghi di produzione di conflitto che abbia una
certa incisività bisogna necessariamente tornare a quel filo interrotto
che porta al '98 e a quella "incarnazione del lessico postfordista" che la
tuta bianca sembrava poter avere. Anche perché il contesto in cui
ci muoviamo in questo momento è ben diverso, e le possibilità
di inclusività e di "messa in rete" di un discorso come quello sul
ruolo dei saperi, della produttività del non-lavoro, del general intellect
etc. sono senza precedenti ed enormemente superiori al 98. Le possibilità
di un lavoro "di livello", visto soprattutto che sembra esserci una rinascita
dei movimenti studentesci medi, sono tante ed eviterebbero di schiacciare
le analisi sulla ristrutturazione del mondo del sapere sull'ottica Cobas-Rifondazione
che invece sono spesso portati a riproporre il classico modello sfigante
della rivendicazione indifferenziata del diritto allo studio-lavoro.
Stando ai dubbi che ponevo sopra su quale sia la materialità "di classe",
questa materialità in un modo o nell'altro bisogna trovarla, come
diceva Christian Marazzi su Rekombinant il 10 ottobre scorso. La messa in
rete funzione se, non solo le ex-tute bianche, ma tutti i soggetti che compongono
la moltitudine del movimento riescono a trovare la loro ragion d'essere al
di là delle ricomposizione sulle singole rivendicazioni. Forse davvero
la quantità si può trasformare in qualità. Forse davvero
i problemi si possono risolvere se puoi contare su una moltitudine. Ma non
aspetterei troppo tempo.
13.11.01 Dalla provincia dell'Impero di Cork (Irlanda)>
2----
Sul sito c'è una nuova sezione, "Out-takes", che raccoglie i nostri
testi più riottosi a qualsivoglia classificazione.
Per ora ci sono la rubrica "Sottoterra" curata da WM2 su Sabato Sera
, la rubrica "Lo stile come arte marziale" curata da WM1 su Riviera Beat
e l'articolo "Novosibirsk brucia!" scritto da WM5 per Vogue.
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http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/outtakes.html
>
***
Qualche mese fa il Guerin Sportivo ci propone di curare una rubrica
di recensioni di libri. Proposta accettata. "Ci assicurate che va in porto?
Possiamo già chiedere agli uffici stampa delle case editrici di metterci
negli indirizzari?". "Sì, sì, va in porto sicuramente." Troviamo
il nome: "Nandropausa". Gli uffici stampa ci spediscono diversi libri. Altri
li abbiamo già letti o li compriamo per i cazzi nostri. Le recensioni
sono pronte. Poi la rubrica viene affidata a un altro (l'incolpevole Michele
Pompei, a cui auguriamo buon lavoro). Ci scusiamo con gli uffici stampa.
Siccome molti dei libri ricevuti andavano dal buono all'eccellente, decidiamo
di segnalarli coi nostri mezzi, come già s'era fatto in /Giap/#42
vecchia serie. "Nandropausa" diventa un appuntamento semestrale, una specie
di inserto di /Giap/.
Su questo numero: Emidio Clementi, Remo Remotti, la coppia Dick-Zelazny,
Thom Jones, David Peace, Miles Davis, Howard Baker, M.Y.Joensuu, Phil Patton,
Cristina Morini, Aliens in Roma, Rudi Ghedini, John Brunner.
<
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/nandropausa.html
>
3----
Il mese scorso Q è arrivato al secondo posto in classifica
in Cile. Il paese di Allende e Victor Jara supera così l'Olanda, dove
eravamo arrivati all'ottavo posto.
Sempre di Q è appena uscita l'edizione danese, per i tipi di
Forlaget Hovedland.
Sempre di Q, è nelle librerie italiane la quinta edizione (in
tutto fanno dieci: 5 dell'edizione originale, 5 di quella "fuori collana").
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Il brano tratto dal libro collettaneo La sfida al G8 (Manifesto Libri,
2001) e proposto a chiusura di /Giap/#3 n.s. era di Toni Negri.
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Hechos contra el Decoro! Vogliamo i vostri CD!
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Calendario presentazioni Havana Glam metà novembre - metà
dicembre 2001
20 novembre
PERUGIA (l'ultima volta ci abbiamo rimediato una denuncia!:-))
Info: luca_ceccarelli@katamail.com
25 novembre
BRESCIA
Centro sociale Magazzino 47, via Industriale 10
Info: <urtobs@ecn.org>, all'attenzione di Thomas
2 dicembre
MILANO
Centro sociale Leoncavallo, via Watteau 7, Milano
Info: 02-6705185
15 dicembre
ROMA
Centro sociale Corto Circuito, via F. Serafini 57
tel. 06/7217682