Giap/#7n.s. - Ai "negri dei campi" :-) - 11 feb 2002
1. Gli astronauti di chi?
2. Intervista (mai pubblicata) a Le Temps (quotidiano di Ginevra)
2. Ali: il piu' grande, un grande film + novità sul sito e su 54
3. I giapsters sulla questione Vanna Marchi
4. Sette, pedofili, satanisti. Ricominciano le cazzate?
5. Sul "giorno della memoria", Perlasca etc.
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[Anteprima per i giapsters: un breve saggio sulla nuova fase della produzione di mito nel movimento. Uscirà sul n.0 della rivista mensile Brecce, presto in edicola allegato al quotidiano Liberazione. La rivista intende essere un'intersezione tra il dibattito sul futuro del movimento globale e il dibattito pre-congressuale del PRC. Oltre al nostro, contributi di Niccolo' Ammaniti, Lello Voce, Peppe Lanzetta, Harry Cleaver, Massimiliano Fuksas, Christian Marazzi, Alessandro Dal Lago, Sandro Mezzadra, Scienziati contro la guerra, James Petras, Hebe de Bonafini, Naomi Klein, Edoardo Sanguineti, Enrico Baj etc. "oltre a Fausto Bertinotti, of course".]
GLI ASTRONAUTI DI CHI?
Immaginazione e moltitudine in Italia
nei giorni del cacerolazo globale
di Wu Ming
E' vero che in Italia e nel resto del pianeta il "movimento dei movimenti", benché duramente provato, è sopravvissuto alle "mattanze" del 2001 (Goteborg, Genova etc.) ed è ripartito nonostante il tentativo di spazzarlo via manu militari.
E' vero che nemmeno il post-11 settembre, l'intruppamento ideologico da Quinto Reich (parlare del Quarto è ormai un anacronismo), è riuscito a fermare la partecipazione di centinaia di migliaia di persone, che anzi, hanno trovato nell’opposizione alla enduring war planetaria una ragione in più per scendere in piazza e organizzarsi.
E' vero che milioni di profughi della sinistra ex-"storica" premono ai confini tratteggiati di questo nuovo movimento, variegato e multiforme, con una domanda di argomentazione e di partecipazione, di idee, gesti e parole che restituiscano loro la dignità dell'opposizione allo stato di cose presente, ma anche un principio-speranza per immaginarne il superamento.
Proprio per questo è sotto gli occhi di tutti un primo problema che potremmo scrivere con la maiuscola e potremmo definire, appunto, come il Problema dell’Immaginario. O meglio: del rapporto tra l'immaginario e l'immaginazione di questo movimento, rappresentazione di sé e dell'altro mondo possibile a cui si vuole alludere.
Fino ad ora è stata principalmente la spinta etica, psicologica, morale (in certi casi specificamente religiosa), a serrare le file del dialogo e della condivisione delle lotte. Questo proprio a causa dei diversissimi punti di partenza delle varie anime del movimento e per la sua connotazione realmente globale. Ma dato che questo movimento è sorto in risposta alla concretissima materialità dei problemi provocati dal capitalismo, è impossibile non porsi il problema del superamento della spinta etica, e dell'approdo a una critica materialistica diffusa.
Ciò non implica alcun "tirare le somme", ridurre quella molteplicità argomentativa che costituisce la sua ricchezza e novità, ma sicuramente occorre interrogarsi su come rappresentare e comunicare, in primis a noi stessi, la condivisione della precarietà esistenziale collettiva. Un’esistenza che conosce certo macro-aree geografiche di parziale tutela, che però vanno sempre più riducendosi, mentre la precarietà insidia anche i reclusi "di lusso" nelle fortezze settentrionali del pianeta.
Nessuno finora è riuscito a interpretare la moltitudine. Al massimo, come a Genova, si è riusciti a evocarla, sempre semi-consapevolmente, come apprendisti stregoni.
Non è un caso che, dopo Genova e dopo la Perugia-Assisi, le scadenze nazionali più riuscite siano state quelle su cui le realtà più organizzate avevano investito meno energie e meno convinzione (10 novembre contro la guerra, 19 gennaio contro la Bossi-Fini). E' vero anche l'inverso, cfr. la "Giornata della Disobbedienza" del 17 dicembre scorso.
Le realtà organizzate del movimento sono ancora troppo prigioniere di due difetti. Innanzi tutto del trionfalismo di parte, miopismo tragico che porta a vedere nel rafforzamento e nella riproduzione a oltranza della propria “parte” - del “proprio” movimento all’interno del più vasto movimento dei movimenti - un necessario successo. Questo rischia di riprodurre logiche avanguardistiche novecentesche, a nostro avviso obsolete. Per citare il Subcomandante Marcos: “Non sapremmo cosa farcene di un'avanguardia talmente avanti da non poter essere raggiunta da nessuno".
Ai fini di vincere la battaglia dell'immaginario è altresì necessario liberarsi dello sconfittismo, malattia atavica della sinistra. Ovvero il predominio - nel migliore dei casi - di un "cristianissimo" (absit iniuria) spirito di testimonianza, dell'assunto decoubertiniano che la "partecipazione" sia piu' importante della vittoria, oppure - nel peggiore dei casi, occorrenza più rara, per fortuna - di un iper-radicalismo dogmatico e parolaio che a livello "strategico" privilegia una livorosa inazione e a livello "tattico" la contumelia telematica. L'unico contenuto di costoro è la condanna - in quanto "inadeguata" o "riformista" - di qualunque campagna politica o forma d'azione, e soprattutto di qualunque innovazione linguistica e comunicativa.
E invece bisogna saper vincere le battaglie ed essere all'altezza delle proprie vittorie concrete (per quanto parziali: ma in fin dei conti quale vittoria è "totale"?). Occorre saper riconoscere le proprie vittorie, se necessario dar loro nuovi nomi e rilanciare, tenendo sempre presente che il bacino d'ascolto è più vasto e più ampio dei numeri della piazza.
Cosa vuole questa moltitudine? E a chi lo chiede?
Noi crediamo che la moltitudine esprima un bisogno di nuovi miti fondativi. Radicalmente nuovi, con l’accento posto su entrambi i termini, tanto sulla necessaria radicalità (un andare alla radice, alle radici), quanto sulla novità (post-novecentesca). Perché un altro mondo sia possibile, deve essere possibile immaginarlo e renderlo immaginabile da molti.
Non useremo pezze d'appoggio "immaterialiste" e post-fordiste per affermare che la questione dell'immaginario e quella delle basi materiali della critica sono esattamente la stessa questione. Lo diciamo e basta. Per poter superare la testimonianza occorre riflettere su quale sia la composizione sociale, tecnica e politica di questa "moltitudine" che nominiamo a ogni pie' sospinto, e quale immaginario, quali miti di lotta essa porta e riproduce.
Senza un immaginario di riferimento, senza una narrazione "aperta" e "indefinitamente ridefinibile" a cui sia possibile partecipare e attingere liberamente, il movimento non può che faticare a sedimentare la propria esperienza, che è nuova, sperimentale appunto, per molti versi inedita. Non si tratta di cristallizzare tale epos, bensì al contrario di condividerlo, renderlo accessibile, "pubblicizzarlo", trasformandolo in un’arma culturale efficace, potenzialmente egemonica e quindi vincente, oltre la semplice testimonianza.
Si tratta di descrivere un percorso, un cammino costellato di domande, ma anche di punti di forza e di frattura, di scarti e salti che hanno consentito di arrivare fino a qui e di proseguire.
Giocoforza, qui ci limiteremo a indicare un primo grumo di materia mitica: la cosiddetta "anomalia italiana". La tanto stigmatizzata "ingovernabilità". E' da quest'ultima che occorre ripartire.
Malcolm X differenziava gli schiavi afro-americani tra "negri domestici" [house negros] e "negri dei campi" [field negroes]. I primi vivevano sotto lo stesso tetto del padrone, la loro mentalità era più schiavista di quella dello schiavista, dicevano: "la nostra piantagione", "la nostra casa", si preoccupavano quando il padrone si ammalava, se c'era un incendio si prodigavano per spegnerlo. I secondi erano sfruttati nei campi, odiavano il padrone, quando il padrone si ammalava pregavano che morisse, se la fattoria prendeva fuoco pregavano che il vento soffiasse più forte. Riproponendo questa distinzione negli USA degli anni Sessanta, Malcolm X distingueva tra chi diceva "il nostro governo" e chi, semplicemente, diceva "il governo". "Ne ho sentito addirittura uno che diceva 'i nostri astronauti'! Quel negro è un negro fuori di testa!"
Si e' parlato molto dell'Italia come paese turbolento, di fatto ingovernabile. A questo proposito, la sinistra italiana ha sviluppato un'attitudine esterofila e autoflagellatoria, di feticismo legalitario, ottemperando così ai diktat provenienti dal capitale mondiale, dalla Trilateral Commission in avanti. Ma cosa significa essere "ingovernabili"? A nostro parere, significa che, per quanto in basso possiamo scendere, ci è impossibile ridurci come sono ridotti ora gli Stati Uniti (inutili gli ipse dixit, Chomsky e Gore Vidal li abbiamo letti tutti). Ecco, quella è una società governabile , dove pare prevalgano i "negri domestici". In Italia, nonostante tutto, ancora molta gente prega che il vento soffi più forte, e se ne fotte altamente dei "nostri astronauti". C'è un persistente sfasamento tra paese rappresentato e paese reale. Più che mai in questo momento.
Da tanto tempo si sente definire l'Italia "il Sudamerica d'Europa". Si usa quest'espressione dandole una connotazione razzista, cioè: siamo incivili, bananari, ci facciamo cagare in testa dal primo caudillo che passa. Si dimentica che l'America Latina è sì luogo di violente contraddizioni ma anche di incessante mitopoiesi della sinistra, è un universo dove nemmeno la violenza più atroce ha spezzato gli innumerevoli "fili rossi". E' un universo in cui la resistenza continua underground e riemerge in forme nuove, dallo zapatismo alle mobilitazioni per il piccolo Elian Gonzales, dalla Colombia al cacerolazo argentino. Idem per l’Italia, la cui sinistra - anche quella che aborre il "terzomondismo" - ha molti legami con quelle del subcontinente mestizo , fin dai tempi di Garibaldi. Anche qui il mito si sedimenta, come in Sudamerica, appunto, e diventerà la leva per scardinare l’impasse.
Il brutto è che l'attitudine auto-denigratoria è filtrata, almeno in parte, nella sinistra antagonista. Si tende a mitizzare movimenti e gruppi nord-europei o nord-americani che non riescono a mobilitare il 10% delle persone che mobilitiamo noi.
Viaggiando, ci si rende conto che i compagni e le compagne di altri paesi guardano all'Italia con stupore. A parte la tattica recente, esportata con un certo successo, della "disobbedienza civile protetta", va detto che:
- Genova e la Perugia-Assisi sono state le due più grandi manifestazioni di movimento del Pianeta. A Seattle c'erano 70.000 persone e fu un boom. Idem per le 60.000 di Quebec City. A Londra e a Berlino ritengono un successone portare 20.000 persone in piazza, e si parla di manifestazioni nazionali in grandi capitali mondiali.
- Il costituendo New York Social Forum è composto da gente che rimane sbalordita quando gli parli dei Social Forum italiani, che a molti di noi sembrano poca cosa, e indicibilmente noiosi.
- La mobilitazione contro i centri di detenzione per migranti "clandestini" prosegue da anni in tutta Europa, ma nessuno era riuscito a irrompere in un CPT e smontarlo pezzo per pezzo com'è successo a Bologna.
- In nessun altro paese i centri sociali autogestiti esistono nella forma che conosciamo, né con l'impatto sul territorio che qui da noi diamo quasi per scontato. Dove esistevano, c'è stato un grande repulisti (cfr. Germania e Olanda). In Spagna ce n'è qualcuno, ma privo dell'influenza culturale dei nostri. Fino a due anni fa, a Londra ce n'era uno solo, il 121 Centre di Brixton, ed era grande come i gabinetti del Leoncavallo!
Potremmo citare decine di esempi, presi più o meno a casaccio dalla storia dell'ultimo cinquantennio. In Italia il '68 è durato più di un lustro. Qui c'è stato il più grande Partito Comunista dell'Occidente, e questo ha significato molto, nel bene e nel male. Qui si sono sviluppati i filoni più innovativi del marxismo "eretico" contemporaneo, che sono potuti fiorire e - almeno in parte - hanno potuto riscrivere il lessico della politica anche grazie al fall-out della riflessione gramsciana sulla "egemonia".
Proprio per tenere a bada questa marea inquieta l'Italia è diventata - ed è ormai stereotipo - "laboratorio della repressione" e della "prevenzione", luogo dove si sperimentavano e si sperimentano metodi che poi verranno applicati nel resto del mondo (vedi la Strategia della Tensione).
A questo si aggiunga il fatto che nell'attuale fase l'Italia si trova ad essere davvero, mutatis mutandis, l’Argentina d’Europa: un paese in cui il capitale extra-legale ha preso il sopravvento politico; in cui le istituzioni sono in guerra tra loro (esecutivo vs. magistratura); in cui alla crisi di credibilità e affidabilità del governo sul piano internazionale corrisponde una crisi irreversibile di rappresentatività dell’opposizione sul piano interno; un paese paradossale quanto paradossalmente privo di “alternative” plausibili; e in cui un movimento di massa fortemente impegnato (e minacciato) nelle piazze allude, almeno simbolicamente, a un nuovo potere costituente.
Giocoforza, ci limitiamo a esporre fatti, non scandagliamo i fondali della Storia in cerca di motivazioni.
Il passaggio di secolo ci ha consegnato un movimento radicalmente discontinuo. Ogni resistenza locale parla, si riconduce e ispira migliaia di altri grumi che rivestono l’intero pianeta. Centinaia di milioni di esseri senzienti in animalesca transumanza verso una salvezza possibile avvertono d’istinto che richiamarsi gli uni agli altri, sentirsi fratelli, da un continente all’altro, di specie e aspirazioni, può dargli l’unica possibilità che resta. Urgono le narrazioni aperte e corali, i racconti da far viaggiare di bocca in bocca, le canzoni che permettano di riconoscerci ovunque saremo. Non ci sono santoni in collegamento diretto con la moltitudine per comporne il mantra. E’ vero il contrario: il mantra della moltitudine canta un flusso incessante, una mare inquieto e ribollente. Dobbiamo attingere, pescare, distribuire, raccontare. E poco altro, in fondo. Pretendere la dignità, per tutti.
Solo su queste basi può ergersi il nuovo mito fondativo, la nuova auto-rappresentazione chiesta a gran voce da questa moltitudine.
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[Intervista a WM (mai pubblicata) al settimanale ginevrino Le Temps. Doveva uscire il 27/01]
1) Nel campo dell'informazione e della cultura, cosa pensate dell'Italia di Berlusconi?
La situazione è grave, ma lo è da prima delle ultime elezioni. Nasce dal famigerato conflitto d'interessi, che il precedente governo non ha voluto affrontare; dal puntuale servilismo nei confronti del potente di turno, si chiami Berlusconi, Craxi o Mussolini; da una cultura che ha abdicato alla sua funzione e ormai da tempo si è rifugiata nel minimalismo; dalla mancanza di coraggio della maggior parte dei giornalisti, che si limitano ad attaccare il Governo per questioni futili [es. per il gesto delle corna, N.d.R.], temendo di essere bollati come 'faziosi' o 'paranoici'.
Soltanto qualche intellettuale ottantenne, senza più nulla da perdere, ha l’onestà di dire le cose come stanno: il capitale mafioso è ufficialmente al potere in Italia ed è in corso una guerra all'ultimo sangue tra spezzoni delle istituzioni, esecutivo e magistratura. Il governo non ha alcuna credibilità. L'opposizione vera non è più rappresentata, col risultato che il Parlamento è a tutti gli effetti virtuale, per quanto legittimamente eletto. Questa è la fotografia dell'Italia che è appena entrata nell'Euro.
2) C'è qualche pericolo? E di cosa?
Il pericolo è l'involuzione autoritaria, una specie di autarchia politica, derivante proprio dai problemi dell'attuale Primo Ministro.
E' ormai chiaro che per Berlusconi l'unica alternativa al potere è la galera. I magistrati lo aspettano fuori da Palazzo Chigi con un lungo elenco di imputazioni. Questo lo spinge a conservare il potere ad ogni costo. E a tentare la guerra lampo, a colpi di decreti e riforme, fino a modificare la costituzione e accentrare i poteri. Ma i tempi del blitzkrieg si allungano, e l'inverno russo insegna quali siano i rischi di un attacco rapido che non sbaragli il nemico ai primi colpi. L'opposizione parlamentare è annientata, distrutta, in rottamazione. Non vedevamo l'ora che succedesse. Il governo mostra i muscoli proprio perché si sente debole, allo stesso modo in cui sbandiera sondaggi per incanalare consenso. La riforma della scuola pubblica è rimasta in sospeso grazie alla protesta di insegnanti e studenti. L'attacco ai sindacati mette i lavoratori sul piede di guerra. La legge sull'immigrazione viene criticata da un corteo di duecentocinquantamila persone. L'appoggio incondizionato a un conflitto inutile, dove la partecipazione italiana ha toccato lo zenith dell’inutilità non è servita a rinforzare la fiducia nel governo Berlusconi. Tutto questo suona positivo, anche se delinea un possibile scenario di 'guerra fredda civile', con un'opposizione reale in rivolta, un opposizione parlamentare inesistente e un governo incollato alle poltrone.
2) Tutto ciò ha delle conseguenze per il vostro collettivo?
Fino ad oggi l'unica conseguenza è che come romanzieri veniamo considerati "brutti, sporchi e cattivi" e trattati con le pinze. Ma questo è comprensibile. Nel deserto circostante, il fatto di continuare a dire certe cose ti fa apparire come un sovversivo, anche quando quello che dici è sotto gli occhi di tutti. Nel prossimo futuro invece tutto può essere... Anche che si debba lasciare il paese per climi più caldi.
3) Ci sono focolai di resistenza?
Certo, e non piccoli. Essere pessimisti sarebbe un grosso errore. L'Italia è anche il paese d'Europa (e forse dell'Occidente) in cui il movimento anti-liberista, cosiddetto "No Global", e' piu' forte. Questo proprio perché è cresciuto in un panorama desertico, di svuotamento della politica, e quindi ha potuto riempire la voragine della sinistra con i propri contenuti. Il movimento ha dimostrato che si possono ancora dire certe cose, che si può praticare il conflitto sociale, che si possono ottenere dei risultati, che si può fare politica dal basso, senza la mediazione di un Parlamento che non rappresenta più nessuno. Questo ci rende molto più simili all'Argentina che, ad esempio, all'Olanda..., ma è segno della volontà di reagire a quello che sta accadendo in Italia, in Europa e nel mondo. E' un buon segno. L'unico nei tempi che stiamo vivendo.
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Wu Ming 1 recensisce il film dedicato al più famoso "field negro" del XX° secolo.
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/ali_wm11.html
[Il discorso di Malcolm X "I'm A Field Negro" e' facilmente reperibile in formato MP3 usando programmi come WinMX, Morpheus etc. Le recenti dicerie sulla "falla" anti-privacy trovata in quest'ultimo programma parrebbero infondate, cfr. < http://zeusnews.com/news.php3?cod=1070 >]
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Novità sul sito:
- nella sezione dedicata ad Havana Glam, aggiornamento della rassegna stampa e nuovi commenti di lettori.
- foto "ufficiali" di WM nella pagina di presentazione e a corredo della "Dichiarazione d'intenti" :-)
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54 - in libreria il 5 marzo. Prima presentazione pubblica: TPO, Bologna, 22 marzo, a conclusione della rassegna "Diablogues". Stay tuned.
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<<Scusate un attimo, da quando sono iscritta questo [Giap#6n.s.] è il giap che mi è piaciuto più di tutti, ma quelle quattro cavolate su wanna marchi perché? quando vi viene la botta da anticonformista del bar dovreste trattenervi, dai... allora siccome qualche vecchietta ha votato berlusconi è una cosa carina telefonarle la notte dicendo che se non sgancia dieci milioni la figlia che già è malata morirà di sicuro per colpa sua?? mah. poi è evidente che anche il cardinal giordano andrebbe arrestato. e che striscia la notizia e' correntemente vomitevole. questo discorso che i truffati se la sono cercata perché sono stupidi mi suona fino a un certo punto. noi siamo intelligenti, colti, belli e pieni di stile, però non mi convince questa cojonarella nei confronti dei lumpen di vario genere e grado. e poi le avete mai sentite le due imbonitrici tenere banco? i loro discorsi sugli immigrati, sui politicanti e compagnia? io sì. non mi è piaciuto. detto questo, aspetto con ansia il 5 marzo. byez.>> B.P., 31/01/02
<<[...] Vanna Marchi è stata arrestata sostanzialmente per truffa: sono d'accordo che chi si è fatto fregare è fesso, ma ciò non toglie che lei mentiva (esattamente come Berlusconi).>> G., 01/02/02
<<Nelle spigolature del sommario 2002 di Biblioego ho inserito una breve considerazione su Wanna Marchi. Riguardo a quanto pubblicato da Giap sulla vicenda, ci sarebbe da osservare che "striscia la notizia" - del cosiddetto "situazionista" ingauno (di Albenga) Ricci - altro non è che una trasmissione delatoria.>> Carlo Romano, 31/01/02, < http://digilander.iol.it/biblioego > [sito zeppo di materiali interessanti, N.d.R.]
[WM1:] La "botta" non e' venuta a noi ma a diversi giapsters ed era giusto renderne conto. Le Marchi Sr. e Jr. e il loro "maestro di vita" sono personaggi laidi ed è giusto stroncarne l'attività, ma un conto è accusarli di truffa, la "corretta" fattispecie di reato, un altro paio di maniche è parlarne come se fossero colpevoli di plagio, reato che nel nostro codice penale non esiste più. Nella seconda parte di Nemici dello Stato c'è una lunga riflessione sulla questione del plagio. Dopo di che, io credo che R. (cfr. /Giap/#6ns) abbia ragione, in particolare sul paragone tra ciarlatani e clericume vario, e faccio l'esempio di Padre Pio. Perché tutto il business che fiorisce intorno a lui, con tanto di falsi miracolati, non viene perseguito mentre do Nascimento si'? Sono truffatori tutti sì o no? Sì, certo. Solo che do Nascimento è "pagano", e per di più ... negro.
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<<Dopo aver letto "BackPages" e "Lasciate che i bimbi" mi sono imbattuto in questo testo che vi segnalo: <http://www.disinformazione.it/pedofilia.htm > Immaginerete il trasalimento! Ho gia' denunciato 3 miei vicini di casa che (li ho visti con i miei occhi!!) giocavano a "volavola" con i loro figlioletti pronunciando formule rituali agghiaccianti quali "anghingòtrigalinietrigapon" e tante altre.
Altroche', diceva bene mia nonna "ueiciò unspòmaistètranquell!!!">> D., 01/02/02
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05/02/02 16:24 COGNE: COSCO IPOTIZZA PISTA SATANICA, FORSE OMICIDIO RITUALE
''NEL GIORNO DELLA TRAGEDIA E NELL'ARMA LA CHIAVE DI LETTURA''
Roma, 5 feb. - (Adnkronos) - ''Dietro l'orribile delitto di Cogne si può nascondere un omicidio rituale''. Ne è convinto Giuseppe Cosco, investigatore privato, studioso di nuove forme di religiosità e consulente della polizia giudiziaria di Catanzaro che legge il tragico fatto, nel quale ha trovato la morte il piccolo Samuele di tre anni, in chiave esoterica.
Da cosa deriva la sua convinzione? ''Innanzitutto -dice Cosco- dal giorno in cui Samuele viene colpito con furia selvaggia: si tratta di mercoledì 30 gennaio, tre giorni dopo è il 2 febbraio, festa della Candelora, giorno in cui si svolge un importante festival stregonesco''. Come spiega l'investigatore ''questa festa è considerata una delle quattro più importanti festività del calendario satanico''.
Altro elemento che ricollegherebbe al rito satanico è la modalità con cui è avvenuto il delitto. ''Si è appurato -osserva Cosco- che il bimbo è stato colpito ferocemente diciassette volte con un oggetto contundente''.
E poi dice sempre Cosco per suffragare la sua tesi: ''si è riferito che sul posto, nei boschi della vallata, sono stati trovati strani e inquietanti reperti di rituali satanici''. ''Esiste la tradizione -annota ancora- secondo cui il sacrificio migliore, per evocare i demoni, è quello degli esseri umani, in particolare dei bambini''.
Cosco riporta una frase contenuta nel Liber legis in cui si diceva che ''il sangue migliore è quello mensile della luna; poi il sangue fresco, di un bambino, sgocciolante dalla schiera celeste''. Per sostenere la sua tesi, Cosco annota un altro fatto legato al giallo sull'arma. ''La lettura esoterica -spiega- dei tragici fatti di Cogne spiegherebbe anche perché l'arma del delitto non si trova. Essa sarebbe stata conservata per essere ritualmente utilizzata come un 'feticcio'''.
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In chiusura di /Giap/ ci giunge notizia di quella che ai nostri occhi allenati appare una nuova campagna d'odio, calunnie e False Memory Syndrome. Stavolta il bersaglio sono gli Hare Krishna. Epicentro della caccia alle streghe, i "governabili" Stati Uniti.
Back Pages e Lasciate che i bimbi:
< http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/lasciate.htm >
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<<Egregio dottor Ming,
Le scrivo per avere il conforto di un suo parere su uno strano caso che mi è accaduto...
Mi sono rotto un polso. Il gesso mi semra che pesi una settantina di kg, e soprattutto pare avere la misteriosa capacità di sottrarmi la voglia di fare qualsiasi cosa. E' per questo che mi sono sottoposto ad un sovraddosaggio di Tele, una terapia alquanto rischiosa, perché sebbene siano ormai accertate, nella comunità scentifica, le doti analgesiche e sedative del farmaco, appare altrettanto evidente il rischio di pesanti controindicazioni, soprattutto a livello neuronale, a cui una lunga esposizione al mezzo può portare. Sicuramente ricorderà il caso di quel paziente di Treviso, che, ormai distrutto dal trattamento, venne soffocato con un cuscino da un gigantesco indiano taciturno. Comunque adesso ne sto uscendo, sto molto meglio, anche se ancora porto i segni di quello che ormai giudico un azzardo...
Il caso ha voluto che, proprio in quei lunghi e grigi giorni di terapia, si stessero svolgendo le commoventi celebrazioni de "Il Giorno della Memoria" e fu inevitabile per me seguire e partecipare a quella solenne manifestazione di cordoglio e di rinascita della coscienza popolare.
Le racconto come ho percepito quei fatti e soprattutto come li ricordo per evidenziare gli effetti che il farmaco sembra provocare sulla mia psiche. In primo luogo accuso degli strani disturbi della memoria; è come se il mio cervello, con un bizzarro ma al tempo stesso preciso ordine, selezionasse gli avvenimenti di quel terribile periodo denominato "Il Nazi-Fascismo". E' evidente che il mio inconscio ha operato uno sconvolgimento delle informazioni che le interessanti e sempre puntuali ricostruzioni del Tele, i reportage, gli speciali, i film-in-occasione-di, per tre giorni consecutivamente mi hanno esaustivamente fornito. Di tutto ciò che ho visto grazie al Tele, ho ricordo solo delle atrocità dell'olocausto, di quelle orribili immagini in bianco e nero di bambini ebrei e di lager, mentre dagli studi che feci in gioventù, ormai è passato tanto tempo e conservo solo poche nozioni (del resto lei sapra' meglio di me come si insegna la storia da noi...), mi affiora alla memoria questa immagine di un fascismo così vicino al nazismo, queste deportazioni, questi omicidi politici, certi assassini degli scioperanti, e cose del genere. Invece niente, sotto effetto del Tele, la mia mente s'è rifiutata di assimilare numerose sequenze che lo stesso Tele immancabilmente mi ha offerto. Certamente deve trattarsi di una rimozione freudiana legata al forte senso di colpa che provo in quanto italiano. Ma anche dei ricordi di gioventù ormai mi trovo a dubitare, perché, ahimè, anche la memoria a lungo termine appare seriamente danneggiata. Pensi ad esempio che mi ero completamente scordato dell' umile-eroe-Perlasca, di come scacciò gli invasori e i fascisti, con un'indomita sua resistenza, fatta di astuzie, stratagemmi e umanità! Mi ha commosso ritrovare la storia di questo grande italiano, che, con le sue sole forze, riuscì a rovesciare il regime. Come potevo essermene dimenticato?! Se non ci fossero questi grandi eroi, chi mai potrebbe avere la forza di risollevare un intera nazione!? E' proprio vero che la grande storia si compie con le imprese dei grandi uomini! Ma mi accorgo di essermi lasciato trasportare troppo a largo dalla corrente delle emozioni.
Per tornare al caso che le voglio esporre, c'è un ultimo punto che ci terrei a segnalarle. Mi ritorna in mente continuamente una frase ossessionante, che deve essersi per qualche ragione impressa, come uno stemma nella ceralacca bollente, nella mia mente confusa e stordita di quei giorni. E' una frase senza senso, che invano cerco di decifrare, che ho provato a ricondurre ad una ancestrale terrore della morte, che forse alberga nel mio cuore come in quello di tutti gli uomini, e che risuona dentro di me come un simbolo oscuro o come un monito della coscienza di un uomo che si avvia ormai verso l' autunno dolce della vita: "i morti sono morti, da tutte e due le parti". Le chiedo cosa mai possa significare questa assurda sentenza, che mi angoscia con la sua tautologica banalità, e che ha finito ormai per togliermi il sonno. Certo che i morti sono morti, che vuol dire?
Confido nella premurosa attenzione che mi ha sempre dimostrato e spero che voglia concedermi un poco del suo tempo per esporre l'opinione che si sarà formato a proposito di questo singolare caso che mi è accaduto. Affezionatamente e cordialmente suo...>> M.G., 31/01/02
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<<...noi poveri Ciompi-Volanti dobbiamo sentire le cazzate dei Ciampi-Violante; quando le pagg. 36/38 di Remo Remotti (*) sono un vero e proprio Aleph (oppure vero e proprio Attrattore Strano) definitivo sulle polemiche Salò/Resistenza.
Vi consigliavo lo spettacolo 'Radio clandestina' di Ascanio Celestini su Roma/Via Rasella/Fosse Ardeatine: lo avete visto l'11/12? (**) Ciao, L.>>
(*) [cfr. recensione di Remotti (by WM5) su Nandropausa#1, http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/nandropausa.html ]
(**) [spettacolo della compagnia "Teatro dell'Agresta", basato (anche) sull'ottimo libro di A. Portelli L'ordine e' gia' stato eseguito]
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A proposito di shoah, memoria e memorie, consigliamo di [ri]-leggere il punto 2 di /Giap/#36, "Dai lager nazisti al G8 di Genova", 8 aprile 2001:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap36.html
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Dopo le periodiche pulizie nell'indirizzario (eliminazione degli indirizzi che "rimbalzano") risulta che /Giap/#7ns viene spedito a 1771 iscritti/e