da "Alias" (supplemento de Il Manifesto) n.37, 29 settembre 2001, numero interamente dedicato ai cambiamenti nell'immaginario dopo l'attacco alle Twin Towers, pag.17:
Letture apocalittiche sulle ceneri di New York
Filo d'Arianna fino ad "Havana Glam"
di Andrea Colombo
Non saranno saggi e studi ponderosi ad aiutare gli smarriti lettori di tutto il mondo a capire cosa sia successo l'undici settembre nel cuore dell'impero, e perché. Non quanto i lavori di alcuni scrittori più profetici e profondi di qualsiasi studioso, primo fra tutto il James G. Ballard di Condominium e Crash .
Se c'è un autore a cui bisogna rivolgersi per ritrovare le pulsioni di distruzione che hanno fatto seguito alla guerra fredda è lui, ed è ancora lui - probabilmente - ad avere anticipato nei suoi libri più recenti, Cocaine Nights e Super Cannes , cosa succederà adesso dentro i bastioni dell'Occidente minacciato, quali nuove tendenze di controllo sociale prenderanno la rincorsa (l'hanno già presa), spinte dagli aerei fondamentalisti assassini di New York.
Se Ballard è inarrivabile per lucidità e precisione, l'immaginario apocalittico domina una parte sostanziale della narrativa - di fantascienza e non solo - degli ultimi decenni, quelli della prima e della seconda guerra fredda. Deus Irae , scritto a quattro mani da Philip Dick e Roger Zelazny, due tra i grandi scrittori visionari americani degli anni sessanta, è uno di questi (ed era anche uno dei più introvabili nelle librerie italiane). Fanucci lo ha ripubblicato adesso (pp.250, L.25.000), nel quadro della riproposizione delle migliori opere di Dick, coordinata da Carlo Pagetti. Per portare a termine Deus Irae i due autori di misero quattordici anni, dal '64 al '76 [in realtà così sono dodici, N.d.WM.].
Ambientato dopo la distruzione nucleare, è il racconto di un viaggio allucinante e fondamentalmente grottesco tra le creature mutanti che abitano l'America post-atomica, alla ricerca del dio dell'ira, il dio distruttore adorato dai sopravvissuti dopo l'olocausto. L'aspetto più attuale e migliore del libro riguarda proprio il rapporto degli americani con l'universo religioso. Di paesi altrettanto integralisti, dice Noam Chomsky, nel mondo forse non ce n'è nessun altro, almeno a livello di cultura popolare. Come Dick e Zelazny dimostrano. Ma siamo tutti americani, lo eravamo anche prima delle Twin Towers distrutte. Così non è proprio un caso se uno dei migliori libri recenti di fantascienza apocalittica ambientati negli states (e a Cuba) sia di un autore italiano. Anzi del laboratorio narrativo (e sovversivo) italiano che ha già prodotto Q (a firma Luther Blissett, Einaudi Stile Libero) e Asce di guerra (a firma Wu Ming, Fanucci [no, Tropea, N.d.Wm.]).
Havana Glam (sempre Fanucci, pp.408, L.29.000) è di Wu Ming 5, pseudonimo di Riccardo Pedrini, già autore di Libera Baku ora , e gioca con i viaggi nel tempo, con la minaccia atomica degli anni cinquanta, ma anche con Cuba, con la Giamaica, con il reggae e con un David Bowie ispirato ai ritmi dell'Avana. E' una sagra delle cione prodotte da cinquant'anni di interminabile dopoguerra, e come tale ha una sua precisa coerenza (non solo narrativa). L'America del 2048 è distrutta, e c'è un solo modo per cambiare il corso delle cose. Tornare indietro nel tempo, convincere gli Stati Uniti a concludere la seconda guerra mondiale con la distruzione dell'Unione Sovietica. Non perché il paese di Stalin sia un pericolo, ma perché è il solo modo per bloccare il '77 italiano, e le sue fatali conseguenze.