da Fernandel, rivista bimestrale, autunno 2001


Wu Ming 5 - Havana Glam

Fanucci (408 pagine, 29.000 lire)

Wu Ming 5 è Riccardo Pedrini (già autore di Libera Baku ora, per DeriveApprodi, anno 2000). Wu Ming è anche l’atelier di scrittura in cui si è evoluta l’identità collettiva Luther Blissett, atelier che ha già prodotto, lo scorso anno, il notevole Asce di guerra (Salani) [?]. Va infine sottolineato che, pur scrivendo questo libro da solo, Pedrini lo fa uscire sotto il nome dell’intero atelier, ma poi ci mette quel 5, che sta per quinto membro, cioè lui, e in tutti i comunicati stampa si specifica che Havana Glam l’ha scritto Pedrini e non il gruppo, ma che il gruppo ugualmente lo ritiene un prodotto da far uscire sotto il marchio collettivo… Ma insomma, io non voglio assolutamente, qui, mettermi a discutere delle complesse strategie artistico-commerciali-legali di Wu Ming: preferisco dire che il romanzo conta oltre 400 fitte pagine e che io me le sono lette tutte, senza mai provare la tentazione di lasciar lì. Questo è un punto importante, una prova superata, una verifica con esito positivo: il romanzo va, e col progetto (strutturale, linguistico e d’intreccio) che ha dietro, davvero non è poco. Anche se, devo subito dire, mi pare che non sia nemmeno abbastanza…
Comincio dalla storia. Dire che si tratta di fantascienza è riduttivo. Anche se: tra i vari piani temporali c’è quello di un futuro intorno al 2050, col nostro pianeta devastato da una guerra nucleare e chi può (chi ha mezzi e soldi) rifugiato sotto terra. Gli Stati Uniti dispongono però di un Arma Finale: una macchina del tempo che può inviare nel passato esseri umani. Agenti preparatissimi e invincibili, che hanno lo scopo di tornare indietro per cambiare il disastroso futuro. Come? Evitando l’olocausto nucleare grazie a un altro bombardamento nucleare… Ma fatto per così dire per tempo, e sull’Unione Sovietica, prima che questa potesse dotarsi - sul finire degli anni cinquanta - di un proprio arsenale atomico. Ecco allora un primo agente spedito negli Stati Uniti dei fifties. Fallisce. Un altro è spedito subito dopo. Percorrerà tutto il libro. Un terzo, con una missione diversa (per così dire sociologico-culturale) finirà nella Londra sixties a fare da manager (e a manovrare occultamente, per i complessi fini degli States del futuro) nientemeno che la futura rockstar David Jones, alias David Bowie…
Ora, raccontata così “di fretta” la vicenda potrebbe apparire rozza e inverosimile, ma non lo è. È, invece, credibile, benchè complessa e sofisticata. E si apprezza, poi, lo sforzo di Pedrini sul linguaggio: faticoso - perché studiato per dar conto di estrema razionalità, funzionalità, straniamento -  quello del primo inviato del futuro. Sciolto e da perfetto gioco citazionista (si citano spy stories, hard-boiled, miti del rock… e si usano persino personaggi di altri scrittori) quello degli altri protagonisti, messi in campo negli States anni cinquanta o nella Cuba - e in parte anche in Giamaica - nei 70. Quindi: grande e riuscito sforzo scrittoriale, che consentirebbe la messa in campo di sintesi e illuminazioni che attraversano la storia internazionale degli ultimi cinquanta anni, che consentirebbe un ampio ragionare sul nostro futuro, che consentirebbe il gioco consapevole con alcuni feticci della cultura - e controcultura - della generazione di chi oggi ha quarant’anni. Costruito così, pensato così, questo ricco e complesso libro potrebbe essere una bomba per le nostre coscienze. Un grimaldello per entrare nelle zone più oscure della nostra memoria. Un attrezzo per rivoltarci, scuoterci, provocarci, illuminarci. Ma non è niente di tutto questo. Posso provare a metterla così: l’intreccio si mangia tutto. E i ruoli e gli atteggiamenti che i personaggi devono assumere tolgono a ciascuno qualsiasi spessore. Ne fanno degli stereotipi. Per loro nessuna evoluzione psicologica, nessuna empatia col lettore. Bella e divertente macchina, insomma, questo Havana Glam. Funzionante risultato di un complesso esperimento di laboratorio. Che si chiude soddisfatti e che ci si dimentica di aver letto, però, il giorno dopo.

Piersandro Pallavicini