da La Gazzetta del Mezzogiorno, 6 settembre 2003:
INTERVISTA Con Wu Ming
GIANCARLO DE CATALDO
Quando si chiamavano Luther Blissett, come il calciatore più simpatico e fasullo del secolo scorso, stregarono il pubblico (giovanile e non) con Q, poderoso affresco storico-avventuroso ambientato al tempo della Riforma Luterana e destinato a diventare un best-seller, fra l'altro, nella rigorosa e coltissima Germania. Diventati Wu Ming (ossia L'Anonimo), hanno ripetuto il colpo con 54, incrocio fra western, noir e spy-story dove i destini di sconosciuti eroi solitari e litigiosi si confondono con il glamour di Cary Grant e i traffici di Lucky Luciano e del Maresciallo Tito. Ora, con il recentissimo Giap! (a cura di Tommaso de Lorenzis, ed. Einaudi Stilelibero, pp. 302, euro 8,50) i cinque scrittori/pensatori bolognesi che si celano (ma mica poi tanto) dietro lo pseudonimo collettivo, hanno deciso di dare veste, per così dire, «ufficiale», a quel «wu-ming pensiero» che anima il sito ufficiale del gruppo (o banda? O «posse»?), www.wumingfoundation.com: una frequentatissima galassia cultural/mediatica nella quale confluiscono umori antagonisti e fermenti giovanili (mai giovanilisti, fortunatamente) dei «non rassegnati».
Cominciamo dalla storia. «Q» approdò, destando una certa sorpresa, al Premio Strega. Come vi sentiste, nel salotto buono della letteratura nazionale?
«Non ci sentimmo "allo" Strega semplicemente perché non ci andammo. La sentimmo come una cosa totalmente estranea. È un rituale bolso che non ha nessun senso, intorno al quale si affanna gente che non ha la minima idea di che cosa debbano essere oggi l'editoria e la letteratura. È un po' come Sanremo, l'opposto di ciò che oggi davvero dà popolarità. Eppure in tanti inseguono questa chimera! Ma oggi, chi si ricorda più chi era in "cinquina" con noi e con la Maraini nel '99? D'altronde, circolano, nel mondo dell'editoria, concetti ancora più obsoleti dello Strega.».
Per esempio?
«Il copyright. I tempi sono maturi per una riforma della proprietà intellettuale, al mondo sono già attivi organismi che premono in quella direzione, come il gruppo di giuristi americano Creative Commons o la rete internazionale Intellectual Property Justice».
Sia «Q» che «54» sono grandi esempi di romanzo popolare: «anti» o forse «meta» letterari. Ma credo di aver capito, leggendo «Giap!», che se li si definisse «romanzi di genere», le vostre dieci mani correrebbero alle pistole.
«Un fatto è che secondo noi non esiste più il romanzo di genere, al singolare. Ma quello "di generi". Diciamo che nella letteratura popolare si va verso uno sfaccettatissimo "metagenere" che ha come archetipo il western e ha come base, ossia come accumulazione di capitale narrativo primitivo, il noir, lo spionaggio, il romanzo d'azione/avventura, ma ci mette sopra un sacco di altre cose. Un altro fatto è che gli editori, sulla scia del successo del noir, si ostinano a contabbandare per "noir" libri che in realtà non lo sono per niente».
«Giap!» affronta spesso il tema del rapporto fra cultura globalizzata e pensiero unico.
«Il pensiero unico è finito con la bancarotta fraudolenta della religione neoliberista. Oggi siamo in piena recessione, e i meccanismi diventano trasparenti: la "mano invisibile" del "libero mercato" esiste solo perché c'è il pugno, ben visibile, degli eserciti. Non c'è nulla di libero in questo mercato che si regge a stento su un'imposizione tirannica della legge del più forte».
So che detestate le definizioni, ma mi interessa sapere come reagite quando si parla di "cultura di Destra".
«Con un esempio, anzi due: Matrix e Matrix Reloaded. Ecco due tipici esempi di cultura di destra, per quanto trasversale e forse inconsapevole. Paranoia spinta, terrore o sospetto nei confronti di ciò che non è "autentico" o "naturale", un costante rimbalzare confusionista fra luddismo viscerale e tecnocrazia di fatto, delega della salvezza a un Eletto al cui dominio ci si deve piegare a dispetto di ogni precedente pluralismo, "sconfittismo" e continua sfiducia nelle possibilità "concrete" della ribellione, predilezione per le scorciatoie intellettuali e la "pappa pronta", come il microchip che ti insegna in due secondi il Kung Fu. È tutta una costruzione reazionaria, con l'aggravante di una trama banale che i redattori di Nathan Never avrebbero scartato anche in mancanza di altre idee».
Vi ritenete dei provocatori?
«Il concetto di provocazione ci è radicalmente estraneo. È un concetto tipico di chi vuole mantenere lo status quo fingendo di accogliere le critiche e considerarle benefiche».