da: "PULP Libri n.20", luglio-agosto 1999, pag.28. A un cut-up di precedenti recensioni, firmato con lo pseudonimo Giovanni Mescola, segue la recensione vera e propria, firmata "Luther Arkwright" (protagonista eponimo di un noto fumetto S-F, creato dall'inglese Bryan Talbot).
 

LUTHER BLISSETT
Q
Einaudi, pp. 652, lire 26.000

Una storia di eresie e di roghi, in cui un uomo dalle mille identità, un ex-studente di teologia che a volte si fa chiamare Gert Dal Pozzo, riesce a sopravvivere alle stragi di eretici e a condurre la sua battaglia contro il traditore Qoélet, occhio e spia del Grande Inquisitore e futuro papa Giovanni Pietro Carafa. Chi comincia a leggere Q si ritrova prigioniero di un sortilegio. Corre a staccare il telefono, disdice gli appuntamenti con gli amici, mugugna e digrigna i denti se qualcuno osa solo interromperlo. Q è sintetico solo nel titolo: sono 643 pagine dense di avvenimenti storici, date, protagonisti e comprimari, comparse e personaggi inventati, di quella fervida, terribile stagione che sconquassò l'Europa del Cinquecento: l'epoca delle guerre di religione e delle eresie, della rivoluzione di Gutenberg e della Riforma di Lutero, del credo anabattista e della guerra dei contadini e dei pezzenti contro gli eserciti vestiti di ferro dei vescovi e dei principi. Il grande prologo della modernità, la sua ombra inscindibile.
Colta, avvincetne, asciutta pur nella sua complessità, la storia sembra essere piaciuta ai lettori. Q si è rivelato un colpo di scena letterario: solido, solidissimo, al di là di ogni possibile e previsto successo di scandalo. E un misto di scandalo e di mistero ha accompagnato il libro prima ancora della sua uscita. Mistero sull'autore: Luther Blissett è un nome d'adozione, già usato a coprire autori anonimi. Chi sarà stato questa volta? Umberto Eco (che ha subito smentito)? Bifo? Un gruppo di giovani dell'università di Bologna? No, gli autori si sono svelati presto: sono quattro aderenti al "Luther Blissett Project" fin dai suoi esordi, tra i ventisei e i trentacinque anni. Ma i loro nomi sono già dimenticati. Scandalo, fra l'altro, per il parziale no-copyright dichiarato nel colophon. Alberto Castelvecchi, già editore di Blissett, ha commentato gelido verso Paolo Repetti, che pubblicando il libro nella collana "Stile libero" ha messo a segno un colpo basso verso il suo rivale: "Chiunque può ristamparlo e di sicuro finirà in rete. Per me Luther Blissett è una storia vecchia. Evidentemente all'Einaudi riescono a lavorare sulle idee degli altri con quattro anni di ritardo."
Gli autori di Q hanno lavorato per anni alla documentazione della loro storia: sono entrati in una delle gallerie dove lo scavo degli storici è stato più intenso, si sono imbattuti in un autentico mistero storico e lo hanno affrontato con gli strumenti del loro mestiere, quello del romanziere. Ma qualche riserva la si può nutrire. Nel rimarcare la propria inclinazione sovversiva, gli autori non si sono fatti scrupolo di usare le ricostruzioni demonizzanti dei masacratori, per esempio nell'episodio della Nuova Sion anabattista di Muenster. E il finale? Dopo aver attraversato genocidi infiniti ed essere sopravvissuto alla morte dei maestri, dei compagni e degli amici, il nostro eroe si conforta e si appaga nel rilassante happy end di un bagno turco e tirare "un'ampia boccata di narghilé". Siamo alle canne, dunque. Trattasi di saggezza acquisita o di rincoglionimento supremo?

GIOVANNI MESCOLA

Vorrei solo aggiungere qualcosa alla recensione dell'amico Mescola stampata qui a fianco. Aggiungere e forse anche correggere. Non che ci siano notizie scorrette o giudizi immotivati (a parte le considerazioni finali che poteva proprio risparmiarsi, oltretutto ingenerose verso le sostanze psicotrope). Ma in questa recensione tutto è come un po' sfocato, non si capisce bene lo scopo e la sostanza del libro. Manca l'essenziale. E l'essenziale è che Q è il miglior libro politico comparso in Italia negli ultimi quarant'anni, dopo Autobiografie della leggera di Danilo Montaldi. Molto meglio di Operai e capitale, per intenderci. Certo che il Cinquecento di Blissett è il prologo e l'ombra della modernità. Ma non solo per la diffusione della stampa, per la strapotenza dei banchieri e per le ideologie (religiose o laiche) che coprono interessi più corposi e meno confessabili: anche, e soprattutto, per le sconfitte dei movimenti di opposizione, di cui il Novecento è stato prodigo. Inevitabile che un giornalista più interessato alla dimensione letteraria, come Mescola, ci abbia capito poco. Poteva andare giù anche più duro, e dire che i personaggi di Q a volte parlano come i fumetti di Bonelli (forse per questo a un bonelliano come Gianfranco Manfredi il libro non è piaciuto). Ma questo non conta nulla. Date retta a me, che Blissett lo conosco bene: a lui non interessa nulla della letteratura. E anche il nome della rosa non c'entra per niente. Costruito come un inappuntabile fumetto popolare, Q non è altro che un manuale per oppositori in periodi di riflusso: spiega come si può trarre vantaggio anche dalle sconfitte, e come intanto si possono fottere capitalisti e governanti (con qualche vantaggio anche individuale) in attesa della prossima ondata. Ben scavato, vecchia talpa!

LUTHER ARKWRIGHT