Giap n.1, 7a serie - Quota 8000, giro di boa - 29 agosto 2005


0a. Quota 8000, giro di boa
0b. "Lavorare con lentezza" su Sky Cinema
1. Operazione trasparenza 2005: quanto vendiamo
2. "Asce di guerra 2.0": tiriamo le prime somme [WM3, WM1, WM5, WM4, WM2]
2b. (con excursus: Il passaparola vero e quello finto)
3. Due interviste: l'editoria, la censura
4. I nuovi feed RSS di wumingfoundation.com
5. La ballata del Corazza - scarica il PDF! (+ Catwoman omaggia WM2!)
6. Dietro l'angolo: "Cat Chaser" di Elmore Leonard, Stile Libero Noir
7. Un viaggio: Muenster, la storia, la memoria (Annalisa, Forlì)



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QUOTA 8000, GIRO DI BOA

Pochi giorni fa, questa newsletter ha superato il traguardo degli 8000 iscritti. Meno di tre anni fa (novembre 2002) festeggiavamo Quota 3000 dicendo: "Non siamo più un piccolo comune!". All'inizio dell'avventura, nel 2000, gli iscritti erano una settantina. C'è ancora qualcuno di loro, tra chi sta leggendo queste righe? Scriveteci due righe, "giapster della prima ora".
Questo numero, il primo ad altezza Shisha Pangma (la quattordicesima montagna più alta del pianeta, 8013 metri), è il primo a uscire in pieno Sabbatico, cioè il periodo "off the road", senza presentazioni né incontri pubblici, principalmente dedicato alla stesura del nuovo romanzo collettivo. Ci lavoriamo dal 2004 e uscirà nella primavera 2007. Poiché il "calendario della coscienza" non coincide con quello "della scienza", per noi comincia ora (e non nel gennaio scorso) il secondo quinquennio della vita di Wu Ming. Occasione perfetta per avviare una nuova serie di Giap, la settima.
Durante il Sabbatico ci saranno comunque uscite importanti, a cominciare da Free Karma Food, romanzo solista di WM5, frutto di anni di lavoro e riscrittura. Daremo notizia di ciascuna uscita con abbondante anticipo. Ricordatevi che, come scriveva Nino G. D'Attis su Blackmailmag.com, "essere un giapster non significa avere un posto riservato in prima fila ma implica una chiamata all'intervento, alla letteratura-guerriglia". Continuate a intervenire, dunque.
Nei prossimi giorni supereremo in altezza il Gasherbrum II del Karakorum (mt. 8.035), poi il Broad Peak (8047) e il Gasherbrum I (8.068). Entro la fine dell'anno, dovremmo essere sulla vetta del K2 (8.611). Durante la spedizione sul Chomolangma (per gli occidentali: Everest), ci imbatteremo in cadaveri congelati e vi chiederemo di aiutarci a riconoscerli. Buona apertura di quinquennio, buona lettura.




0b.-------------------------


HOTBIRD
Mercoledì 31 agosto 2005, h. 21, il "flusso creativo" di Radio Alice verrà ripreso e amplificato da quella che le Sturmtruppen chiamavano "l'arma finale del doktor Goebbels". Bonvi era un ascoltatore della radio, e così il cerchio si chiude [*].
"Lavorare con lentezza" debutta in TV. Il segnale partirà dal tetto di via del Pratello 41. Affidato a un messaggero con ali di cera, sarà portato in palmo di mano fino al limite dell'atmosfera. Le ali non prenderanno fuoco: a quell'ora, il sole scalda l'altro lato del pianeta. Affidato al satellite Hotbird 2, ricadrà e giungerà nelle case, nei bar e negli alberghi sul canale SKY CINEMA 1 (e un'ora dopo su SKY CINEMA 2). Ringraziamo di cuore il compagno Murdoch, peraltro degno erede del doktor di cui sopra. Come sempre, potete lasciare commenti sul forum di http://www.lavorareconlentezza.com (ancora frequentato undici mesi dopo l'uscita del film).

*) Ascolta la celeberrima telefonata di Bonvi a Radio Alice, 12 marzo 1977 (con tanto di bestemmia!):
http://www.lavorareconlentezza.com/audiovideo/TrackNo20.mp3



1.--------------------------

OPERAZIONE TRASPARENZA 2005: QUANTO VENDIAMO.

Come l'anno scorso (e con tutta probabilità come l'anno venturo e via così), pubblichiamo i dati di vendita dei nostri libri aggiornati al 31 dicembre 2004. Il senso dell'operazione lo abbiamo spiegato e lo rispieghiamo nella premessa: è una questione di glasnost e - aggiungiamo qui - di approccio laico alla natura (anche) mercantile del libro, ossia allo scrivere come lavoro.
Tra gli scrittori "idealisti" (nel senso filosofico, cioè che antepongono l'Idea di Letteratura alla realtà concreta e terrena delle narrazioni) è uso fingere di non auspicarsi il successo, negare che il libro sia anche (orrore!) una merce, simulare disinteresse o addirittura disgusto per la prospettiva di vendere tante copie... Peccato che tale posa di indifferenza sia in contraddizione coi toni lamentosi usati dai medesimi nel descrivere la propria condizione di "poco-vendenti", "poco-cagati", "relegati ai margini", "incompresi" etc. Ecco che ci viene riproposta la sbobba del genio-che-soffre, accompagnata alla tirata sul popolo infingardo e bue. Ma perché soffre, 'sto genio, e perché mai inveisce, se è riuscito nello sbandierato intento di non vendere? Conseguendo l'insuccesso, ha avuto successo, e allora che altro vuole? Se vendere è per i venduti, se sono i lettori a non meritarsi certi libri, se l'ars è longa e la vita è brevis e sarà la storia della letteratura a capire quanto vale il tale scrittore etc., allora perché pubblicare in vita? Perché rivolgersi a un editore? Perché non lasciarlo nel cassetto, il sudato manoscritto? L'unico valido interlocutore non è forse l'archeologo che un giorno scaverà e troverà i resti della scrivania? Che senso ha lamentarsi del fatto che altri vendano, se vendere è cosa ignobile e il danaro è stercum diaboli?
In realtà, pare banale dirlo, non tutti i libri che vendono sono per forza banali o compiacenti o derivativi, e non tutti i libri invenduti sono incomprensibili, elitari o - semplicemente - brutti. Eppure, ancora troppa gente schifa chi vende solo perché vende ed esalta chi "floppa" solo perché "floppa". Occorre un approccio più laico e meno ipocrita. Se uno pubblica un libro è perché si auspica che altri lo leggano, possibilmente molti altri, più ce n'è meglio è. Se lo pubblica presso un editore, accetta che il libro rechi un prezzo in copertina e venga scambiato con denaro. Se firma un contratto in cui gli viene accordata una percentuale (bassa o alta che sia) del prezzo di copertina, vuol dire che si auspica di guadagnarci qualcosa pure lui (e ci mancherebbe altro, è stato lui a scrivere!). Quanti scrittori si sottraggono a questa trafila di loro spontanea volontà? Non ce ne vengono in mente: di norma, gli scrittori che pubblicano un libro vogliono anche venderlo. Quanti scrittori falliscono nel sottoporsi alla trafila poi vanno in giro a dire che l'uva non è dolce, anzi, è pure guasta? Troppi.
Quando parliamo di copie "vendute", c'è ancora chi trova la cosa "inelegante", sconveniente, venale, poco artistica. Dopo una presentazione di New Thing a Udine, un blogger si disse indignato per il fatto che Wu Ming 1 avesse usato la parola "vendite", ed è solo un esempio tra i tanti. Noi, al contrario, siamo contenti quando ci imbattiamo in colleghi che snocciolano numeri come fossero olive nere, laicamente, senza problemi né bigottismi. Incitiamo tutti i colleghi a rendere noto quanto vendono: per trasparenza, per condividere informazioni utili coi lettori, per dare un'idea di quanto si legga oggi in Italia, di quale sia la soglia oltre la quale un libro è considerato "di successo" etc...
Ad esempio, lo sanno i lettori che la tiratura media di un libro in Italia, best-seller compresi, è di 4.800 copie (dati AIE relativi al 2003), e che a tenere "alta" la media sono soprattutto i libri scolastici? La tiratura media di un libro di "varia adulti" è sotto le 3800 copie. Questo dato specifico non lo abbiamo a portata di mano, ma è notorio che la stragrande maggioranza dei libri pubblicati in Italia (circa 55.000 titoli all'anno) vende meno di mille copie (ovviamente non teniamo conto dei libri allegati a giornali e riviste). Il lettore si trova esposto solo all'occasionale cifra da capogiro, i due milioni di copie di Io uccido o le ottocentomila di Io non ho paura, e non riesce a farsi un quadro della situazione. Forse, se sapesse quanto vendono davvero certi grossi nomi e "mostri sacri" che se la tirano da mammasantissima e ras del quartiere, comincerebbe a chiedersi come mai li vede sempre in tv o sui giornali a cacare sentenze su qualunque argomento.
Ecco quanto vendiamo noi, tanto o poco chessìa:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/glasnost.htm




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ASCE DI GUERRA 2.0: TIRIAMO LE PRIME SOMME

Trascorso qualche mese e passata l'acqua sotto i ponti dell'estate (e in qualche caso sopra, vedasi piena del Danubio), vorremmo aprire la nuova stagione tirando le prime somme dell'operazione Asce di guerra 2.0. Della serie "Si faccia una domanda e si dia una risposta": Cosa abbiamo inteso fare?

[WM3:] Prima di tutto: garantire al titolo la permanenza in catalogo, la sua reperibilità e disponibilità negli anni a venire. Impedire l'oblio del testo generato da un rapporto non andato a buon fine con l'editore originale. AdG è un libro che potrà suscitare dibattito e interesse anche in futuro, al riemergere ciclico delle questioni legate alla memoria profonda del Paese, ai nodi irrisolti, tanti, dei periodi cruciali della sua storia dal dopoguerra in avanti. Scongiurarne l'assurda scomparsa è apparso al collettivo punto irrinunciabile della propria politica editoriale.
Poi: l'occasione di tornare su un nostro testo "a bocce ferme" e con la dovuta distanza, per poter sviluppare una rivisitazione critica, nuova introduzione e postfazione, che d'ora in avanti entra a tutti gli effetti nel corpo del testo. Un passaggio di crescita per tutti noi, la possibilità di ridiscutere "in pubblico" ciò che si è scritto e fatto, rimetterlo in prospettiva, osservarne i limiti. Una priorità importante se si ha l'ambizione di migliorare. Wu Ming ha quest'ambizione.
Ancora: sancire, forse in maniera definitiva, la "vittoria" del copyleft, altro che nocività e altre cazzate; la ripubblicazione in cartaceo di un testo "libero" da quasi un lustro è il più sonoro e necessario pernacchio ai mercatisti, cantori della proprietà intellettuale così com'è e di presunte regole auree e inviolabili sulla circolazione dei prodotti dell'ingegno. Sappiamo che questo non basterà a stoppare discussioni oziose o peggio ancora provvedimenti e leggi queste sì nocive e contro l'intelligenza, ma almeno il ridicolo per i loro propalatori è garantito
Infine, ma non certo in ordine di importanza: tributare ancora una volta il dovuto omaggio al nostro vietcong romagnolo, Vitaliano Ravagli. Portatore di una storia straordinaria e di una carica vitale certo non inferiore, Vitaliano ci ha permesso di intraprendere un viaggio nella storia, seguendo le sue tracce, che ben presto si è rivelato per noi esperienza umana di grande spessore, fatta di storie vibranti e soprattutto di incontri e conoscenza diretta di uomini e donne di un'altra generazione, e forse di un'altra tempra. Oggi non sapremmo fare a meno di quei racconti, di quei nomi, di quei volti. Motivo ulteriore per serbargli profonda e duratura gratitudine.

[WM1:] Quando proponemmo il libro a quell'editore milanese, pensavamo a un'operazione tipo: Vitaliano Ravagli racconta la sua storia in collaborazione con Wu Ming. L'attribuzione autoriale che avevamo in mente era "VITALIANO RAVAGLI / con Wu Ming".
La primissima stesura della prima metà del libro si limitava a quello che sarebbe divenuto il filone narrativo "Sentieri dell'odio" (dal titolo del primo memoriale di Vitaliano), e tenevamo da parte l'ipotesi della "Storia disinvolta delle guerre d'Indocina". L'editore lesse e valutò il tutto troppo "smilzo", inoltre ci parve avesse in mente un'attribuzione tipo Vogliamo tutto (NANNI BALESTRINI racconta la storia di Alfonso Natella) o il non ancora uscito La banda Bellini (MARCO PHILOPAT racconta la storia di Andrea Bellini). Noi ("gli autori di Q") dovevamo essere i narratori e Vitaliano il "narrato". Va tenuto conto che all'epoca non era ancora uscito nessun libro firmato "Wu Ming", per tutti quanti noi eravamo ancora "Luther Blissett" o "gli autori di Q". Facemmo due controproposte:
1) avremmo "rimpolpato" il libro inserendo il filone di Daniele Zani (che purtroppo sarebbe rimasto irrisolto, traballante);
2) Sulla copertina, pari dignità autoriale tra noi e Vitaliano e nomi in ordine alfabetico: prima Vitaliano, poi Wu Ming.
Al momento di definire i termini contrattuali, stabilimmo che Vitaliano avrebbe incassato il 50% della percentuale riconosciuta agli autori. Noialtri ci saremmo divisi l'altra metà. Si parla di briciole: a ciascuno di noi sarebbe arrivato in tasca l'1,25 % del prezzo di copertina. Per la vecchia edizione: 350 lire a ciascuno di noi, 1500 a Vitaliano, che viveva e vive di pensione minima. Proiettate sull'anticipo che ci venne pagato (cinquanta milioni di vecchie lire), tali percentuali fecero sì che Vitaliano prendesse venticinque milioni e noialtri sei milioni e duecentocinquanta a testa (per un anno di lavoro: cinquecentoventi sacchi al mese). Era giusto che fosse così, e così è stato.
In parole povere, fin dall'inizio optammo per un ridimensionamento del nostro ruolo e decidemmo di non guadagnarci più di tanto. Un'operazione come "Asce di guerra" non la si fa per diventare ricchi (!), ma per dotare noi stessi e i lettori di un'arma culturale, da usare in risposta all'offensiva non semplicemente "revisionista", ma riabilitazionista nei confronti del fascismo, di Salò e dei momenti più fetidi della storia d'Italia.
Quando abbiamo deciso di vendere i diritti all'Einaudi, abbiamo mantenuto tutte le caratteristiche del vecchio contratto. A tutt'oggi, AdG è un libro fatto principalmente "per la causa". Siccome in giro c'è chi dice che noi avremmo "sfruttato" Vitaliano, era il caso di spiegare due cosette.

[WM5:] All'indomani dell'uscita della prima edizione di AdG, tornavamo da Milano con Vitaliano dopo una presentazione. Io avevo appena traslocato. Venne fuori che non avevo i piatti e i bicchieri; me li sarei procurati al più presto.
Due giorni dopo Vitaliano mi chiama. Era a Bologna, voleva che lo guidassi fino a casa mia perché doveva dirmi una cosa importante. Do le indicazioni, e dopo un po' Vitaliano appare nel cortile con un servizio completo IKEA: piatti, bicchieri, tazzine, pentole, posate, tovaglie e tovaglioli.
Vitaliano fa parte di una generazione lontana dalla nostra, ancor più lontana da quelli più giovani, o meno vecchi, di me. Una generazione capace di scelte, di gesti. Nella piccola vita del quotidiano, in quella grande e tragica a cui chiamano i tempi che ti son toccati in sorte.
Asce di Guerra è e resta la storia di Vitaliano. Quello è l'unico modo corretto di intendere il romanzo. I limiti hanno a che fare con la nostra impostazione, i pregi filtrano quasi necessariamente dalla portata della vicenda che vive nelle pagine.
Ristampare AdG era doveroso per molti motivi. Per rendere ancora una volta omaggio; per rimettere in circolazione una storia importante; per non lasciare quella storia divenuta libro nelle mani di un editore che non sapeva che farsene. E' un libro molto amato.
Tutte le volte che vedo certi miei amici musicisti, come il Rude, loro mi chiedono com'è Vitaliano, se è come la persona ritratta nel libro. Mi viene in mente la scena dei piatti, tra mille altre. Mi viene in mente Genova, anche, e rispondo di sì.

[WM1:] AdG continua a viaggiare grazie al passaparola. Non è certo sulla spinta di recensioni illustri o vistosi articoli di giornale che seguita a farsi spazio e a mettere in collegamento le persone. La nuova edizione di AdG non è stata recensita da nessuno, fatta eccezione per Tommaso De Lorenzis (su "L'Unità"), che ha colto alcuni aspetti importanti dell'operazione.
Del resto, il primato del passaparola è qualcosa che si verifica spesso, coi nostri libri. New Thing ha venduto più di 20.000 copie in due mesi senza essere recensito sui due più importanti quotidiani nazionali ("Repubblica" non ha mai pubblicato la recensione scritta da Loredana Lipperini) e nell'indifferenza del "Manifesto", che si suppone raggiunga un pubblico coincidente con lo "zoccolo duro" dei nostri lettori. Comparsate in tv abbiam scelto - e da quel dì - di non farne MAI, dunque cosa rimane? Rimane la rete, anzi le reti, rimane la repubblica democratica dei lettori, quella che abbiamo incontrato in duecentocinquanta presentazioni e incontri pubblici dall'uscita di Q a oggi.
[Segue excursus sul passaparola] E' importante rimarcarlo: la diffusione della cultura passa sempre più per canali diversi da quelli consueti, le dinamiche reali sfuggono alla comprensione di chi è abituato alla comunicazione uno>molti : vertice>base. Una "lenzuolata" del trombone di turno fatica sempre più ad andare oltre se stessa, rimane l'autoreferenziale articolessa d'un trombone, produrrà stanco dibattito in qualche cenacolo (all'insegna del "Che tempi!") e forse ci saranno risposte sullo stesso giornale, ma ricadute concrete? Zero. Al contrario, il consiglio di un lettore - magari affidato a un blog, a una newsletter, al commento su un forum - può avviare innumerevoli circoli virtuosi.
Se ne sono accorte le varie agenzie di PR salite sul carrozzone del "buzz marketing" con strategie in fondo banali. Cercano di imitare il vero passaparola, di produrne uno a circolazione forzosa, sguinzagliando persone che, in rete e non solo, si fingano lettori o clienti soddisfatti. Molte recensioni entusiastiche su Amazon sono opera di "buzzers" [passaparolisti] ingaggiati da qualcuno. La discussa BzzAgent di Boston dichiara di avvalersi dell'apporto di novantamila persone in giro per gli States. Certo, BzzAgent afferma che i suoi buzzers si offrono volontari perché "amano il passaparola", e chi siamo noi per dubitarne? Peccato che, leggendo con attenzione il sito ufficiale, si scopra l'ovvio, cioè che l'agenzia offre "ricompense in segno di apprezzamento del tuo lavoro", ricompense "che faranno sembrare insipido il miele". Chi è più bravo a convincere il prossimo della bontà di un prodotto accumula un punteggio che dà diritto a forniture gratis o premi in denaro.
Il bello è che, stando alle "Linee di condotta" del sito, un bzz agent è "libero" di rivelare il proprio status (anzi, dev'esserne "fiero"). Sarebbe interessante verificare quanti lo fanno. Molto pochi, secondo me [Giusto quelli che finiscono a fare i "modelli" in homepage, sempre ammesso che siano veri buzzers e non semplici figuranti].Torna in mente lo spettatore-complice dei medicine show ottocenteschi, quello che si "offriva" per provare il miracoloso elisir.
Il ricorso a simili strategie ha sollevato un dibattito sull'etica del "buzz". Max Lenderman, esperto di marketing, sul suo blog Experience The Message ha condensato il dibattito in una sola frase: "Buzzing the book - without disclosing that the buzz is fabricated and the intentions are concealed - is deceitful marketing". [Parlare in giro di un libro celando le vere intenzioni e senza rivelare che il passaparola è fabbricato è marketing ingannevole].
In effetti, un conto è stimolare il passaparola con iniziative intriganti, anche ricorrendo a beffe, scandali, performances. Questa è comunicazione-guerriglia (cfr. la storia di Luther Blissett, o le pratiche inventariate su guerrigliamarketing.it). Tutt'altra cosa è sostituire il passaparola, col rischio di erodere la base di fiducia che sorregge quello vero [vero= spontaneo e autoregolato].
Presto non funzionerà più tanto bene, dopo un po' diventa facile sgamare un replicante (cfr. "Blade Runner"). La credulità è inesorabilmente tallonata dal sospetto e prima o poi dovranno inventarsi altro. Ce n'eravamo accorti da un bel pezzo che troppe recensioni su Amazon non sembravano genuine, e qualcuno aveva iniziato a farlo notare. Inoltre, se un prodotto non soddisfa, già sul medio periodo non c'è passaparola - vero o finto - che tenga.
Ad ogni modo, anche queste derive hanno luogo nel contesto di un cerimoniale che marca un passaggio di fase. Il falso passaparolista è come uno che, in fila all'ingresso di una camera ardente, tocchi il culo alle tipe: la sua presenza è spiacevole, ma non significa che il deceduto sia ancora vivo. Dobbiamo ancora sentirli tutti, i contraccolpi del decesso. E' morta la vecchia modalità di creare, promuovere e vendere i prodotti culturali. Se ne faccia una ragione chi di dovere. [Fine excursus]

[WM4:] Ricapitolando: ci sono alcune (poche) cose di cui uno può andare fiero nella vita. Per me una di queste è avere salvato dal dimenticatoio la storia di Vitaliano Ravagli. Nonostante le vicissitudini editoriali di AdG, siamo riusciti a portare alla superficie della narrativa la vicenda del "vietcong romagnolo" e di quello sparuto pugno di italiani che combatterono in Laos negli anni cinquanta. Siamo riusciti a lucidare il tomahawk e a rimetterlo a disposizione di chi vorrà brandirlo. Questo grazie alla disponibilità e all'umanità di Vitaliano, che ha accettato di collaborare con noi e di ripercorrere/riscrivere la sua avventura. Questa è una cosa che nessuno potrà toglierci. Una cosa di cui essere sempre onorati e orgogliosi. Poco importa che la stampa di settore non si sia filata la ripubblicazione di AdG. Sappiamo bene che è nella natura stessa delle storie utilizzare ogni mezzo necessario per propagarsi e sopravvivere.
Oggi il libro sta lì, nel catalogo Einaudi, per chiunque vorrà ripercorrere "i sentieri dell'odio" con gli occhi di Vitaliano e compiere un lungo viaggio di andata e ritorno, che alla fine riconduce al presente e lascia più agguerriti di prima. Una sfida vinta, anche contro la malasorte, le difficoltà e chi ci vuole male.

[WM2:] Concludo la serie con il giochino marzulliano dell'inizio, prendo spunto da WM4 e mi faccio una domanda: Asce di Guerra è davvero una sfida vinta?
Non del tutto, mi rispondo. Al di là dell'orgoglio per averla tentata e di tutte le persone che ci hanno ringraziato per averlo fatto. La storia di Vitaliano ( e quelle dei partigiani che abbiamo incontrato) meritavano un pubblico più vasto. AdGuerra è diventato un libro di culto, ma nonostante l'operazione con Einaudi, rimane un libro per pochi. E' giusto non dare peso al silenzio della stampa e in buona parte è altrettanto giusto non starsene lì a contare le migliaia di copie dei rendiconti (o farlo con la dovuta leggerezza). Tuttavia, da qualche parte, c'è qualcosa che tocca. L'Italia, mi verrebbe da dire, ma non è mai elegante sparare sull'ambulanza o indulgere in piagnistei. Il nostro modo di scrivere e raccontare, certo, e su questo dice già molto la postfazione Einaudi, l'autocritica fatta (talmente inusuale in questo paese - ci casco comunque, eh? - da non suscitare alcun commento, minuscolo dibattito, breve riflessione).
Forse sono lo stesso Vitaliano Ravagli e Mirco Zappi, Teo e il comandante Bob a non funzionare. Credevamo che i tempi fossero più maturi di cinque anni fa per questo romanzo: ci siamo sbagliati. I tempi non saranno mai davvero maturi per storie come queste. Altrimenti Teo non si sarebbe sparato, Bob non sarebbe morto povero in canna e Vitaliano non dovrebbe campare con la pensione minima. C'era una contraddizione in termini nel voler rendere "pop" - se capite cosa intendo - le vicende di queste persone. La loro forza sta proprio nel loro essere indigeste, un pugno nello stomaco. Puoi essere bravo fin che vuoi (e noi lo siamo stati solo fino a un certo punto), ma non puoi convincere gli stomaci delicati a ingoiare spade. Ti daranno retta i fachiri, qualche curioso che-è-lì-solo-per-guardare, e basta.
Resto orgoglioso. C'erano fachiri che non avevano mai assaggiato scimitarre così buone e altri che s'erano dimenticati di saperle ingoiare. Per loro ne è valsa la pena. Per tutti gli altri, le asce di guerra stanno bene dove sono. Sepolte. Sotto una spanna di indifferenza.




3.--------------------------

DUE INTERVISTE: L'EDITORIA, LA CENSURA

Abbiamo messo sul sito due nuove interviste. Capita che nelle interviste finiamo per dire le cose in modo più chiaro, icastico e conciso che in qualunque articolo abbiamo scritto. E' la forza della maieutica, le domande giuste tirano fuori le parole giuste. L'intervista, poi, è un vero e proprio genere letterario, una forma d'arte improvvisativa, anche quando le risposte sono scritte.
La prima intervista è molto recente, è uscita sul giornale di strada (e casa editrice) Terre di mezzo, e riguarda i libri, l'editoria in Italia, quali strategie dovrebbero adottare i piccoli editori per resistere, l'importanza delle narrazioni etc. Ecco uno stralcio:

"... bisogna avere fantasia. Occorre saper combattere la guerriglia. Bisogna saper adottare strategie e tattiche per ottenere il massimo con un budget limitato. Il 'libero mercato' è una fandonia, non è mai esistito: non c'è speranza che un libro pubblicato da un piccolo editore, per quanto buono o addirittura buonissimo, arrivi da solo nelle palle degli occhi di chi lo leggerà e lo amerà. Per farsi spazio, occorre creare canali alternativi. Se per queste opere le grandi catene di librerie sono una partita persa (troppa competizione sugli scaffali, tempi bulimici che divorano le chances di farsi vedere, personale poco o zero competente), occorre inventarsi altro.
I piccoli editori devono aiutare i piccoli librai a resistere, organizzando presso di loro le presentazioni dei libri che pubblicano.
I piccoli editori devono aiutarsi tra loro, sviluppare la 'coopetizione' (collaborazione tra concorrenti).
I piccoli editori devono cavalcare l'innovazione: a minore massa corporea corrispondono migliori riflessi.
I piccoli editori devono abbracciare la filosofia del copyleft, non devono temere la rete, il file sharing, i download gratuiti. Anzi, devono usare tutto questo. La rete offre l'opportunità di aumentare a dismisura il passaparola intorno ai libri (se i libri valgono, beninteso). Se l'oggetto-libro è curato, se vale la pena possederlo o regalarlo, verrà comprato e regalato comunque.
I piccoli editori, inoltre, dovrebbero considerare il valore aggiunto (in termini di immagine, soprattutto) del pubblicare su carta riciclata al 100% e sbiancata senza uso di cloro, e più in generale prendere parte a qualunque iniziativa punti a ridurre l'impatto ambientale del produrre libri."

La seconda intervista risale agli ultimi mesi del 2004 e ha come tema la censura e il controllo sull'informazione. Ci è stata chiesta per un libro collettaneo sulla censura, progetto che poi non è andato in porto. La chiacchierata è rimasta in freezer, è stata proposta a qualche giornale e rivista ma forse era troppo densa e specifica, così gli intervistatori ce l'hanno rispedita perché potessimo utilizzarla, e noi l'abbiamo messa sul sito. Ecco uno stralcio:

"Oggi ogni ambito della vita associata è aggredito dalle "privatizzazioni", il profitto ueber alles, e chi vuole limitare questo processo è messo alla gogna mediatica come nemico della libertà. Guai a esprimere una critica anche parziale della proprietà: diranno che vuoi lasciare la gente in mutande, rubargli l'orologio o il telefonino come un qualunque teppista di strada. Parleranno della Russia, del "libro nero del comunismo", di Stalin, di qualunque cosa possano usare come diversivo. Intanto loro, i difensori della libertà, si appropriano di ciò che era comune, terra, acqua, aria e linguaggio, e fanno del mondo un inferno. La voce più censurata oggi è quella di chi dice che la proprietà privata deve avere dei limiti certi e invalicabili."

Entrambe le interviste qui:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/interviste_terre_e_censura.htm




4.----------------------------

FEED RSS
Da qualche giorno wumingfoundation ha nuovi feed RSS. Chi ricorre a questo modo di ricevere informazioni (comodissimo, cambia in modo radicale il modo di usare la rete) può essere aggiornato in tempo reale sui nuovi materiali presenti sul sito. Chi non sa cosa siano i feed RSS e come funzionino, può armarsi di santa pazienza e leggersi la tecnicissima spiegazione di Wikipedia oppure saltare tutti i passaggi, andare al sodo e leggersi la spiegazione di repubblica.it.
Il servizio è disponibile in italiano, inglese, spagnolo e portoghese, ai rispettivi indirizzi:
http://feeds.feedburner.com/wumingnews_ita
http://del.icio.us/rss/wumingnews_en
http://www.wumingfoundation.com/news_es.xml
http://www.wumingfoundation.com/news_pt.xml
Questi quattro canali si aggiungono a quello speciale dedicato a "New Thing", già attivo da diversi mesi all'indirizzo:
http://www.wumingfoundation.com/ourbooks/e107_files/backend/news.xml




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LA BALLATA DEL CORAZZA - SCARICA IL PDF!

Abbiamo messo on line il fumetto La ballata del Corazza di Onofrio Catacchio e Wu Ming 2, tratto dadll'omonimo racconto open-source, già pubblicato come albo da BD e incluso nell'antologia Alta criminalità di Mondadori. E' un file zippato, con il pdf del fumetto e un breve file rtf con un breve riassunto di tutta la faccenda e una nota biografica di Catacchio. Poco più di 7 mega. Si scarica cliccando qui:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/ballata_corazza.zip


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A proposito di comics: chi segue gli albi dell'universo DC e ha sfogliato il n. 41/42 dell'edizione americana di Catwoman (maggio 2005), avrà notato che c'è un combattimento tra uomo e cane quasi identico a quello che apre Guerra agli Umani di WM2. L'arcano è presto svelato: lo sceneggiatore è l'italiano Matteo Casali (autore anche dell'ottimo BoneRest, Magic Press edizioni), che ha voluto rendere omaggio al libro di Giovanni. Qui potete dare un'occhiata alle due tavole:
http://www.wumingfoundation.com/Catwoman.jpg
http://www.wumingfoundation.com/Catwoman2.jpg





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"CAT CHASER" DI ELMORE LEONARD

[WM1:] A fine ottobre Einaudi Stile Libero Noir manderà in libreria Cat Chaser di Elmore Leonard. Si tratta del terzo tentativo di rendere in italiano la lingua e il ritmo di Leonard. Le tappe precedenti di questo percorso che spero ancora lungo - Tishomingo Blues (2003) e Mr. Paradise (2005) - mi hanno regalato soddisfazioni e momenti di pura gioia creativa, ma hanno anche registrato limiti, sbavature, piccole sviste, vedasi il mio testo "Tradurre Elmore Leonard" su blackmailmag.com:
http://www.blackmailmag.com/Tradurre_Elmore_Leonard_di_Wu_Ming_1.htm
La traduzione di "Cat Chaser", al momento, mi suona molto "musicale". Spero sia la volta buona.
E' un libro del 1982 e si svolge l'anno prima. George Moran è proprietario di un motel a Pompano Beach, Florida. E' un ex-marine. Nel 1965 lo zio Sam lo ha spedito a invadere Santo Domingo (episodio semi-dimenticato, ci fece una canzone Phil Ochs). Sedici anni dopo, decide di tornare da quelle parti per rivedere i posti e cercare una persona, Luci Palma, la guerrigliera che correva sui tetti e ha cercato di ammazzarlo. Da quel momento succede di tutto, con voli avanti e indietro dalla Florida ai Caraibi, tentativi di truffa, manipolazioni, finti attentati terroristici etc. Sullo sfondo c'è la politica di Reagan in America centrale (il "cortile di casa"): la rivoluzione sandinista è del 1979, l'arcivescovo salvadoregno Oscar Romero viene assassinato l'anno dopo, l'Irangate è ancora di là da venire.
Un breve estratto, giusto una pillola:

- Forse è un altro de Boya, un parente...
- Quanti Andres de Boya ci sono? Era nella giunta militare una ventina d'anni fa, quando spararono a Trujillo mentre andava dall'amichetta.
- Ventisette colpi andati a segno - disse Tyner - Meglio essere sicuri, con un bastardo del genere.
Moran, senza preoccuparsi dell'interruzione: - De Boya è scappato qui a Miami, portandosi dietro qualche milione, mi immagino. Era un generale, un comandante in capo, non so bene...
- Lo so io: capo della polizia segreta, i Cascos blancos. Se sei un dominicano povero e vedi un tizio con un elmetto dipinto di bianco, scappi a gambe levate.
- Non possedeva degli zuccherifici? - disse Moran.
- Anche. E' così che ha fatto i soldi. Trujillo regalava zuccherifici a chi si comportava bene. Tre giorni dopo la morte dello stronzo, de Boya era già sul suo yacht, in rotta verso Miami. - Tyner guardò di nuovo le scarpe di Moran. Manteneva un'aria pensosa, ancora scettica. Guardò in faccia Moran: gli ricordava uno di quei barboni da spiaggia.
- Come mai lo conosci?
- Leucadendra Country Club. Ho giocato a golf con lui, qualche volta. No, due volte nello stesso foursome, poi ne ho avuto abbastanza.
- Troppo ricco per i tuoi gusti, eh? Scommesse troppo forti?
- No, è che bara. Pazzesco, no? Un tizio come quello, con un patrimonio di quaranta-cinquanta milioni minimo, bara in un round da cento dollari, e lo sanno tutti quelli che giocano con lui. Non ci potevo credere. Non solo pagano, ma gli leccano pure il culo, è tutto un: "Accidenti, signor de Boya", "Ma come gioca bene, signor de Boya"...
- Ah, sì? - fece Tyner, ancora sospettoso - E tu? Glieli hai dati, i soldi?
- No. Io no - rispose Moran - Mio suocero, all'epoca... Credevo gli venisse un infarto. "Sei impazzito? Ma lo sai chi è quello, Cristo santo?" e io: "Sì, è uno che imbroglia, che vada affanculo". "Sono solo cento dollari, Cristo, te li dò io", e io ci ho provato a spiegargli che il punto non era quello, ma mio suocero era nervoso perché de Boya investiva nei suoi progetti residenziali e io lavoravo per lui. Per mio suocero, intendo. Aveva paura che de Boya ci credesse d'accordo. Gli ho detto che mi dispiaceva, ma io non lo pagavo, un mezzatacca che si apre la strada nel rough manco stesse tagliando le erbacce, fa tre put in green prima di imbucare e dice di aver fatto cinque.


7.----------------------------

[Riceviamo e volentieri pubblichiamo:]


Sono rientrata da un viaggio in Danimarca che, dato il mio terrore degli aerei, si è svolto in macchina, come tutti gli altri viaggi che ho fatto, del resto. Io e mio marito adoriamo la vecchia Europa, ed il percorrerla "on the road" resta per noi il modo più affascinante di scoprirne gli angoli noti o meno noti, e di entrare in contatto con la gente.
Per andare e tornare, dunque, abbiamo fatto tappa in Germania, meta della nostra vacanza l'anno scorso nonchè attraversata in lungo e in largo mille volte per andare verso altri lidi. Ci siamo fermati a Bergen-Belsen, ennesima "tappa della memoria" nei nostri viaggi. Ogni anno, infatti, cerchiamo di inserire nel nostro itinerario proprio la visita ad un ex campo di concentramento, perchè crediamo fermamente che l'andare a vedere quei luoghi sia fondamentale e necessario, oggi più che mai, per imprimersi nella mente fino in fondo cosa siano stati in grado di fare esseri umani ad altri esseri umani secondo il principio della superiorità della razza e per passarlo alle nuove generazioni. Sono un'insegnante e sono molto sensibile a questo. Siamo stati ad Auschwitz, Terezin, Treblinka, Mauthausen, Dachau, e qui da noi alla Risiera di San Sabba e a Fossoli. "Visto uno visti tutti", potrebbe dire qualcuno.
E invece l'orrore e lo sgomento che io provo ogni volta sono diversi. E' comunque difficile spiegare a parole quello che si sente andando a visitare questi posti...e il sollievo quando si torna nel paesino o nella bella città in cui hai l'albergo. Un sollievo che ti fa sentire in colpa, ma anche fortunata al pensiero di non essere nata in quei tempi bui, per quanto anche in questi ci sia ben poco da ridere.

Siamo andati al castello di Wewelsburg, la misteriosa "scuola" delle SS in cui venivano svolti misteriosi e folli riti esoterici. Abbiamo visto la cripta in cui veniva messo "l' iniziato", circondato da dodici ufficiali mentre dall'alto un misterioso "fuoco sacro" doveva scendere su di lui. Pratiche che oggi ci fanno scuotere la testa, sorridere ed etichettare i nazisti come "un branco di pazzi", mentre in realtà nulla è più lontano dalla verità.
Perchè quel fuoco sacro che le SS si sentivano infondere dentro dava loro il potere di far sì che Bergen-Belsen esistesse. Mi guardavo intorno, dentro il freddo e l'umidità di quella cripta e mi chiedevo come sia stato possibile poter concepire un piano tanto perfetto e meticoloso per modellare il mondo alle immagini mentali di un solo uomo.

E infine siamo andati a Munster. Desideravo vederla da quando ho letto "Q" e finalmente ce l'ho fatta. Mi sono soffermata sotto il campanile della chiesa di San Lamberto ad osservare le tre gabbie: di sera non c'è alcuna illuminazione, al contrario che in altre chiese tedesche sapientemente illuminate, ma ci sono solo tre lucine dentro le gabbie, il che rende il tutto ancora più suggestivo.
E lì tutto quello che avevo visto mi si è ricomposto davanti agli occhi in un unico, grande quadro. Si finisce nelle gabbie perchè certi sogni non si possono realizzare, e non solo per via del potere costituito che non lo permette, ma anche perchè la natura umana prima o poi prende il sopravvento e arriva a distruggere tutto quello che di buono si è arrivati a costruire. Quella stessa natura umana che ha ucciso milioni di persone nei campi di sterminio e sessanta milioni nella seconda guerra mondiale, servendosi anche della "cripta" delle SS per indottrinare, offuscare le menti, insegnare l'odio e la sopraffazione degli "esseri inferiori".

Un ultima annotazione la devo alla Germania. In ogni luogo dove sono stata, dai campi sul suo territorio, ai musei o siti commemorativi (non ultimo il grande complesso per le parate del partito a Norimberga) ho notato la presenza di ottimi centri di documentazione, ben organizzati, completi, curati, spesso gratuiti o ad un prezzo molto accessibile, dotati di fornitissimi book-shops e frequentatissimi. Tutto questo, unito alle ottime condizioni di tutti i siti, mi ha dato l'impressione di trovarmi in un paese in cui, pur faticosamente e con certe contraddizioni ( vedi i movimenti neonazisti) si cerca di fare i conti con la propria storia, non si nasconde agli occhi del mondo quello che è nato in quel paese e le conseguenze che ha avuto. Si cerca di informare e di lasciare a chi adesso è troppo giovane una testimonianza concreta di ciò che è stato.
E da noi? Qui nessuno è stato fascista. La tomba di Mussolini, però, ha sempre fiori freschi. Guai a ricordare cos'è stato il ventennio per il nostro paese. A volte mi chiedo cosa resterà del nostro passato quando gli ultimi testimoni se ne saranno andati.
A Dachau e Bergen Belsen ho trovato libri e depliants di ogni genere, non c'era un pezzo di carta per terra e l'erba sulle fosse comuni era ben rasata perchè non le nascondesse alla vista. Sono stata a Fossoli e lì ho trovato sono un minuscolo opuscolo informativo e la sterpaglia mi arrivava al mento.

Un saluto a tutti, Annalisa-Forlì


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