54 - commenti dei lettori - Prima metà di aprile 2002

 

A.T., dalla lista Libridine:

Wu ming ha fatto un altro centro.
Un'autentica girandola di personaggi e almeno tre storylines principali  che  si intreciano e si separano nuovamente, una lettura inebriante, divertente come non erano stati i romanzi precedenti  dell'atelier  di  produzioni  narrative Wu Ming, un'immersione in un periodo poco noto della storia italiana.
Non  sarei  in  grado  di fornirvi una sintesi nemmeno delle fasi  iniziali del romanzo, tanto è vulcanica l'attività dei personaggi,   meglio  inviarvi  direttamente  la  quarta  di copertina  (copiata  fedelmente  dalla sezione dedicata a 54 del  sito  http://www.wumingfoundation.com, che troverete in calce).
Cosa  succede  invece  leggendo il romanzo? Innanzitutto che macinerete  pagine a tutto  spiano  per  non  rischiare di arrivare in ritardo alal conclusione. In secondo luogo che vi troverete a ridere a crepapelle per i deliziosi sipari (tra il demenziale e l'iperrealistici) messi in scena dagli amici del  bar Aurora e dal formidabile Kociss. Poi che vorrete disperatamente rivedere  tutta la filmografia di Cary Grant partendo dai film con Hitchcock passando per "Ero uno sposo di  guerra"  e  finendo con l'indimenticbile, almeno per me,
sommergibile   rosa.  Ancora,  metterete  mano  al  web  per ricercare  riferimenti  alla  filuzzi,  a meno ché non siate bolognesi,  dato  che  da  noialtri al massimo si ballava il liscio figurato, non questa specie di lindy-hop bassopadano.
Quindi, rimetterete mano al web per cercare di capire quanti dei   personaggi   sono   veri:  se  infatti  Cary  Grant  è decisamente  reale e Kociss può aspirare alla versomiglianza ma  poco di più, che dire del compagno Montroni (che a me ha fatto  venire in mente tanto ma tanto il dottor Spallone...)?
Per  finire,  se siete alla vostra prima lettura di Wu Ming, metterete mano a "Q" e ad "Asce di guerra".

***


P. Bianchi, dal newsgroup it.cultura.libri:

A me è capitato a volte di leggere Ellroy e di dirmi che bello se qualcuno in italia scrivesse così con materale narrativo nazionale, invece delle pippe alla De Carlo. Detto e fatto: i Wuminghi che hanno Ellroy fra le loro muse ispiratrici (loro esplicita dichiarazione), hanno prodotto un bel librone ambientato negli anni 50, anzi nel 1954, un po' "alla maniera di" American Tabloid.

Un certo numero di sottotrame partite separatamente converge verso un finale che, nella tradizione wuminghiana della storia che deve soddisfare il lettore, è un abbastanza lieto fine; anche chi muore, muore bene; dal brulichio iniziale e indistinto di personaggi, alcuni a poco a poco si mettono a fuoco e si ingrandiscono fino a incontrarsi e fare l'ultimo pezzo di viaggio assieme.

Veri attori hollywoodiani vengono mescolati con agenti dello spionaggio inventati, mafiosi storici hanno rapporti con caratteristi vestiti da scagnozzo o da scugnizzo, compaiono il maresciallo Tito e lo spettro di Goli
Otok, c'è anche un tizio che si chiama Bondurant. Ed è la metà internazionale della storia. Poi c'è la metà nazionale della storia, anzi bolognese, anzi del bar Aurora di Bologna, che io non lo so ma scommetto che
esiste davvero. Chi dice bar dice la fauna del bar, ovvero personaggi quanti ne basterebbero a un Benni o a un Guccini per fare un libro interamente dedicato al bar (infatti li hanno fatti, Benni addirittura più d'uno:
compagni perdigiorno). Compagni e partigiani, disciplina di partito e balere, macchiette da bar e ex partigiani ora contrabbandieri, ex soldati poi partigiani in iugoslavia poi titini poi ex titini, telemaco alla ricerca del
babbo, il trattamento di fine rapporto accantonato sotto forma di chilogrammi 15 di eroina pura (che nel '54 bastavano per fare mezza europa per due anni, ma transeat) che però sparisce e che urge recuperare, Archibald Alexander Leach meglio detto Cary Grant  e Hitchcock.

Naturalmente però non è Ellroy, non c'è nessuna ossessione, ci sono frammenti di immaginario come ci si sono stratificati fra la via emilia e il West, assemblati in forma di bel romanzone polifonico di consumo, che
consiglio e che non delude.

Ma la mitopoiesi è un'altra cosa, significa creare i miti e non parodiarli, riciclarli, ammiccare. Se hai pretese di mitopoiesi e ammicchi, sei fregato.
Facciamo un esempio. Un certo paleo televisore McGuffin Electric compare più volte lungo il romanzo, e va recuperato a tutti costi, pesante com'e' (oltre 15 kili). Addirittura dà il nome alla seconda metà del romanzo. Ebbene (che io sappia non è mai esistita una McGuffin Electric)  questo è né più né meno che una citazione cinefila,  un ammiccamento a un mito ricevuto, ricevuto guarda caso proprio da Hitchcock:  "Mc Guffin", nella mitologia hitchcockiana, è il sarchiapone, il pretesto, l'oggetto misterioso che tutti rincorrono e che giustifica le corse dei personaggi lungo il film.

In un romanzo scritto da gente che teorizza il ritorno alla mitopoiesi io mi aspetto né più né meno un loro tentativo di fabbricare miti, ossia di scolpire personaggi memorabili tali che dieci o vent'anni dopo li si possa definire (seriamente o ironicamente) appunto "mitici". Mitopoiesi, nella mia lettura del tutto ingenua del termine e nei relativi ambiti, fanno Stevenson quando propone John Silver e Benni quando propone la Luisona. Già in Q, il protagonista e l'antagonista sono due personaggi che si ricordano. Da un romanzo non mi aspetto inserti saggistici su quanto e perché siano mitici certi personaggi o situazioni contemporanei alla storia descritta.

Il libro è un buon libro, lo ripeto e lo consiglio, ma non si può pretendere di voler reinventare la mitopoiesi e poi tale mitopoiesi fabbricarla parodiando miti altrui di quarant'anni fa. Si torna al problema originale
della letteratura, l'incapacità di fare una storia che si riferisca al mondo invece che riferirsi regressivamente ad altre storie.

54, dei Wu Ming, Einaudi Stile Libero, un sacco di pagine, un sacco di soldi, ma molte più pagine che soldi, ergo: comprare.

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"Hobbes", dal newsgroup it.discussioni.giallo:


Wu Ming, "54".

"Ho preso l'LSD un centinaio di volte prima che diventasse illegale".
Cary Grant

Nel nuovo libro degli ex Luther Blisset, ora che il collettivo si è allargato, aumentano le ambizioni. Il confronto con gli autori che più li hanno influenzati si fa diretto, nel testo compaiono, a volte solo citati, J. P. Mesplède (Sei pezzi da mille), poi un J.J. Bondurant, poi dei personaggi di Le Breton, Fenoglio, Malet, poi la Marsiglia di Jean-Claude Izzo.
Il libro non solo mescola storie e Storia, ma fa incrociare il cammino dei suoi personaggi con nomi provenienti
da altri romanzi, proseguendo il loro intreccio, aggiungendo nuovi tasselli ad una storia della narrativa e del cinema che procede di pari passo alla Storia, fatta di guerre, titoli di giornale, politica e collegamenti mancanti ricostruiti attraverso la  "verosimiglianza senza scrupoli... in grado di rimettere tutto in prospettiva" (J. Ellroy, "American Tabloid").
Il '54 del titolo è un anno di cambiamenti: la battaglia di Dien Bien Phu in Vietnam, Trieste ancora contesa tra Jugoslavia e Italia, esperimenti atomici in URSS, traffici di droga che inaugurano la French Connection e poi i personaggi reali e inventati di un affresco vasto, ma mai caotico: Cary Grant, contattato dai servizi segreti
inglesi e poi alle prese con il nuovo film di Hitchcock, Vittorio Capponi passato nell'esercito di Tito nel '43 e ora solo su un'isola della Dalmazia, suo figlio che vuole rivederlo, ex partigiani, contrabbandieri, Lucky Luciano ritornato forzatamente a Napoli (vende elettrodomestici...) e un televisore, anche lui tra i protagonisti di questa storia: un McGuffin Electric, modello Deluxe, "vede, ascolta, riflette. Ma non funziona".
Un grande romanzo lanciato a intrecciare le sue vicende al nostro passato, per trovare un filo che ci conduca attraverso una Storia colma di zona d'ombra. La narrativa...
E poi capita che mentre leggi il libro apri un giornale: un esperto del RIS trovato morto. Indagava su omicidi, oscure stragi, segreti sussurrati. Impiccato. Un'altezza improbabile per un suicidio. Le ginocchia piegate sopra il divano. Un suicidio in punta di piedi. Un suicidio?
La realtà e i suoi cedimenti strutturali da un lato, e dall'altro la narrativa, quella vera, e la sua epica scavata nel fango.

***

L., dal newsgroup it.cultura.libri:


Avevo amato molto "Q" di Luther Blisset. Per questo buon ricordo ho acquistato anche il recente 54, pubblicato cun il brutto pseudonimo di Wu Ming. Che delusione...
"Q" infatti era in molti punti un miracolo di prosa italiana, con le sue frasi secche, elettriche, spesso acuminate come lame; aveva la forza di riportare in vita figure storiche come quelle di Thomas Muntzer con una
vividezza stupefacente; sapeva costruire una cornice di ambientazione totalizzante.
Tutto ciò invece non avviene in "54" che, pur nell'ambizione del progetto di costituire un'opera onnicomprensiva, finisce troppo spesso con il ridursi a un insieme non organico di nozioni e informazioni, accostate l'una all'altra senza il cemento linguistico che aveva fatto la forza del romanzo precedente, senza la tensione morale che aveva tenuto in vita Muntzer e Gert.
Soprattutto senza la forza estetica che è la misura del pregio di ogni opera letteraria, e che in "Q" era spesso devastante e magnetica.
"54" invece annoia, talvolta è insopportabile e, ammiccando consapevolmente a molti generi e stili letterari diversi, finisce con lo smarrirsi in una terra di nessuno, la cui vittima principale è il lettore.
Al quale gli autori sembrano volere impartire una lezione di storia alternativa, con il rischio di cadere in un malcelato tono d'insegnamento, ossia nel peggior difetto che un'opera letteraria può presentare.
Anche i personaggi (eccezion fatta forse per un simpatico Cary Grant e per il corrusco Steve Cemento) sono deboli e si riducono troppo spesso a bozzetti che ricordano più certe figure delle canzoni di Ligabue che non lo zoccolo duro della Resistenza. Anche se è sicuramente pregevole l'attenzione che gli autori danno, nel caso ad esempio dei personaggi bolognesi, alla quotidianità e alla banalità di molte loro abitudini, pur a fronte di una visione politica eretica e clandestina, che certamente stride con l'immagine dell'Italia cattolica e bacchettona che talvolta ci viene tramandata.
Ma questo non è a mio avviso sufficiente per riscattare le troppe pause, la troppa inutilità di tante parti e il fondo di "militanza" che viene sempre sotteso.

***

Ciao, sono rapita dalla lettura che , a tratti, è intensa, curiosa, bizzarra , informativa e anche molto divertente. Cerco di far durare il piacere il più a lungo possibile ( leggo in fretta ma senza divorare )
Ci sono personaggi in cui mi riconosco, come la zia Iolanda che fa crescere i figli degli altri senza confonderli con quelli che non ha, come Angela con il suo fratello/bagaglio e come Odoacre che è nato vecchio e forse non è mai stato bambino ( nonostante il mio aspetto di eterna ragazzina, anch'io sono nata vecchia e sono ringiovanita crescendo: non mi ricordo un gioco).
Ho letto poche pagine ( un po' più di 200 ), devo finire. Ciao,
[...] Mi mancano una manciata di pagine, ma voglio dormirci sopra; le leggerò domani mattina  prima della  scuola. è un lavoro generoso, intenso e anche molto armonioso, scritto in uno stato di grazia. Veramente bello!
 E'  anche una chiave di lettura  per capire il tempo che stiamo vivendo e spero  che avrà successo soprattutto fra i giovani.
Personalmente, come per Asce di guerra,  questo vostro libro  per me è anche un'occasione  per rivivere la mia infanzia e  ricordare la figura di mio padre. I suoi ( loro ) discorsi su Tito, sull'Indocina, sulle botte di Scelba. A questo proposito, mi ricordo un episodio avvenuto proprio a Bologna, durante un comizio di Pajetta: mio padre e un suo amico/compagno  il Triestino erano stati caricati dalla celere.Ma Trieste aveva reagito e così lo avevano massacrato di botte e arrestato ed era rimasto in carcere per parecchio tempo.  Mi ricordo i viaggi in moto ( un guzzetto ), per andare  dalla moglie a portare i soldi della colletta.
Ma il vostro libro mi dice molto di più e se non ti disturbo troppo fra qualche giorno ti scrivo ancora.
Un abbraccio,
M.

 

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